Chi siamo
Da New York a Calcutta … e oltre
‘Congdon è nato nel 1912 a Providence, Rhode Island, negli USA. Dopo il BA all’università di Yale studia pittura, disegno e scultura. Durante la guerra, per non usare le armi, sarà autista volontario di ambulanze sul fronte africano, italiano e in Germania. Proseguirà dopo il conflitto a lavorare per la ricostruzione di paesi sinistrati negli Abruzzi. Alla fine degli anni ’40, tornato a New York, entra nella galleria di Betty Parsons dove erano già raccolti i principali artisti dell’Action Painting (la pittura del Gesto). Realizzerà in quegli anni e all’inizio dei ’50, varie opere oggi presenti nei maggiori musei dagli Stati Uniti e di New York. Il suo grande tema americano è la città, New York stessa. Congdon però non si stabilisce negli USA, dopo il ’48 i suoi soggiorni americani saranno sempre più brevi. I quadri che espone nelle mostre organizzate dalla Parsons Gallery sono una testimonianza dei suoi viaggi. Il suo, infatti, è un lungo viaggio nel mondo. Un itinerario che oggi possiamo vedere teso alla ricerca della pace. La pace che può essere perseguita proprio da chi, come gli artisti dell’Action Painting, ha fermato sulle tele e sui pannelli l’urlo di fronte a un mondo avanzatissimo e invivibile. Congdon passa in mezzo alle bellezze delle civiltà e ai luoghi di miseria del mondo. Il suo è un lungo esilio, non dalla realtà, ma dalla società dello spettacolo e delle apparenze. L’Italia diviene la sua nuova abitazione. Lasciato definitivamente il contesto puritano, da lui sempre contrastato dalle origini, si fa cattolico. Negli anni ’60 la sua pittura ha degli arresti. L’artista è occupato dal suo cambiamento di vita, l’impegno con una fede ritrovata e mutata viene pagato da una difficoltà nel dipingere, anche se nascono alcune grandi opere e, tra queste, il tema di Cristo crocifisso. Con il ’70, quello che era stato il più giovane tra gli artisti dell’espressionismo astratto americano ritrova pienamente la forza espressiva del dopoguerra e facendo base in Italia riprende a percorrere il mondo, ma non espone più. Nascono opere e cicli importanti. L’urlo e la pace non contrastano, anzi coabitano in un’arte che da sempre, per Congdon, nasce dall’affidarsi dell’artista a chi dà la vita. Come l’arte per Congdon è sempre stata un dono, così la realtà che la sua arte espone è carica di dono. In ogni opera, dall’oasi africana alla tragedia di Calcutta nella stazione ricoperta di miseri corpi, l’opera di Congdon esprime sempre la presenza, nel momento, dell’assoluto: morte e resurrezione l’antico messaggio delle sue città nere. Questa ampia mostra di un grande maestro, che da tempo ha preferito evitare di esporre, se non per qualche amico, la propria opera, è un gesto di amicizia e un contributo eccezionale, e straordinariamente consonante, al tentativo di questo Meeting.’