Giovedì 24 agosto, ore 15
LA MINIATURA ARMENA
Presentazione della mostra
Partecipa: Nerses Dernersessian.
Modera: Franco Campana.
F. Campana:
La miniatura è il modo artistico di esprimersi di un popolo che è appartenuto, e che appartiene, al ceppo razziale indoeuropeo: con sforzi sovrumani ha saputo mantenere in vita lo spirito della civiltà occidentale e la fede cristiana, contro le forze asiatiche, sul territorio che va dal Caucaso fino alla Mesopotamia e dal mar Caspio fino all'Eufrate. La mostra è dunque dedicata all'arte di questo popolo, in particolare all'arte sacra. Padre Nerses è un esperto dell'arte della miniatura e soprattutto della cultura armena. Lui stesso armeno, è Priore della Congregazione Mechitarista di San Lazzaro degli Armeni, un'isola davanti al bacino grande di San Marco a Venezia (…).
N. Dernersessian:
(…) Si tratta di una serie di miniature che provengono dal Monastero di San Lazzaro degli Armeni di Venezia, dove una comunità armena, la mia, vive da tre secoli ospite dell'allora Repubblica Serenissima che concesse una piccola isoletta di circa 7000 metri quadrati. Attualmente ha una superficie di circa 30000 metri quadrati, dove è stato fondato il nostro monastero, il chiostro, la biblioteca e successivamente il museo, dove sono raccolti tesori di arte armena. Questa grande collezione di circa 5000 manoscritti armeni è stata raccolta dai nostri padri in questi tre secoli della nostra esistenza, girando per le varie regioni dell'Armenia antica, cioè l'Anatolia: un patrimonio culturale immenso che è la quinta parte di tutto quanto esista nel mondo di manoscritti armeni. Contando le cifre di altri Istituti, infatti, si arriva fino a 25000 manoscritti armeni, la metà circa dei quali si trova in Armenia, nella grande biblioteca dei manoscritti dedicata all'inventore dell'alfabeto armeno, all'inizio del quinto secolo, che viene considerato anche il nostro secolo d'oro per la lingua e la letteratura (…). Dopo l'invenzione dell'alfabeto, si traducono in armeno quasi tutte le opere principali delle varie Chiese della letteratura bizantina e siriaca, di San Giovanni Crisostomo, San Basilio, Sant'Efrem, San Gregorio Nazareno ed altre omelie o esegesi sulla Sacra Scrittura (…) Dai 25.000 manoscritti che ci sono rimasti, deduciamo l’esistenza di almeno 250.000 volumi di manoscritti: gli altri sono andati perduti nelle grandi stragi e devastazioni. Per dare un esempio, nell'anno 1046, quando arrivano dall'Estremo Oriente i barbari, nel cortile di un monastero 10.000 manoscritti vengono dati alle fiamme, tutta una cultura. Certo voi saprete che la famosa biblioteca di Alessandria fu incendiata e centinaia di migliaia di manoscritti perduti per sempre: della letteratura greca non ci sono pervenuti che pochi versi. Lo stesso avvenne, tragicamente, per l'Armenia. Comunque questi zelanti monaci hanno tratto dalle antiche macerie o raccolto dai privati questi manoscritti (…). È stato possibile, attraverso lo studio di questi manoscritti, ricostruire tutta la storia del popolo armeno, pubblicata nel 786, circa una sessantina d'anni dopo la nostra fondazione, in tre grossi volumi. Ci sono pochissime lacune nella storia armena, forse dovute a guerre a causa delle quali i monaci dovevano abbandonare il loro monastero, girare negli altri e perdevano spesso i loro manoscritti (…). Tra i manoscritti salvati a San Lazzaro, ci sono alcuni originali greci, scritti in greco o siriaco, delle opere, per esempio, di San Giovanni Crisostomo, di Filone l'Alessandrino, di Eusebio di Cesarea, tramandate per tutta la nostra tradizione armena. La loro scoperta, e la successiva pubblicazione, nel 1820/30, con traduzione latina, ebbe una grande eco in tutto il mondo europeo che si occupa di letterature antiche orientali. I manoscritti armeni sono interessanti anche dal punto di vista storico in quanto gli amanuensi, al termine del libro, danno moltissime notizie cronologiche dell'epoca, degli avvenimenti civili che in quegli anni si manifestano, anche del tempo meteorologico (…). Oltre a queste notizie, il copista da il suo nome, il nome dei suoi fratelli, dei suoi genitori, se sono morti o vivi, da notizie sul luogo in cui ha lavorato e racconta perfino quanti giorni ha impiegato a copiare. Di un manoscritto della metà del IX secolo sappiamo in quanti giorni fu rilegato, 45, abbiamo il giorno, il mese e l'anno, perfino il giorno della settimana (…). Questi manoscritti, specialmente i testi sacri, sono pieni di miniature che riguardano l'Antico e Nuovo Testamento (…). Per venerazione al sacro testo del Vangelo, si usavano le lettere maiuscole, mentre per gli altri libri è stato creato un altro tipo di carattere che si chiama corsivo, quadrangolare. Dal tipo di carattere, possiamo risalire alla datazione di un manoscritto. All'inizio di ogni Vangelo ci sono dieci pagine dette di "concordante", ogni pagina l'altare si chiama altare, in quanto è presentato l'altare di Noè, del sacrificio di Abramo, del re Davide; poi alcune scene dal Vangelo, miracoli o varie tappe della vita del Signore. Le principali sono l'Annunciazione, la Natività, l'arrivo dei Magi, il Battesimo, la Trasfigurazione sul monte Tabor, l'entrata in Gerusalemme, l'Ultima Cena, la Crocifissione, la discesa nel limbo, la Resurrezione, l'Ascensione, la Pentecoste e l'ultimo giudizio. Già nel XIII, XIV secolo, entrano anche altre immagini nel testo stesso. Nel XIII secolo abbiamo un celebre miniaturista armeno che taglia il testo, per esempio mette una scena del profeta Giona, mette la predicazione di Cristo sulla montagna e altre cose. Dall'XI in poi, vengono in scena anche gli ornamenti marginali che originariamente avevano un carattere molto pratico e servivano a designare gli inizi delle varie letture divise durante tutto l'arco dell'anno. Pian piano diventano oggetti di ornamento, uccelli, vari fogli colorati, si aggiungono scene di cui si parla nel testo e così il Vangelo stesso diventa un oggetto d'arte. La mostra presenta vari tipi di miniature, manoscritti non solo evangeliari ma anche calendari o rituali, libri di ordinazione sacerdotale, dal IX al XVIII secolo. Vari manoscritti ci provengono dalla diaspora armena dell'XI secolo, Istanbul, Crimea, Trebisonda, e anche da colonie armene lontane, per esempio l'Italia, già dal 1250. Ci sono alcuni manoscritti rarissimi, copiati in Spagna per lo più, in Francia, nei Balcani, altri in Polonia, in Crimea e in Astrakan, a formare il grande patrimonio culturale armeno (…).
Segue il dibattito