giovedì 30 agosto, ore 15
VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA
PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA
Partecipa:
Enzo Boschi
Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica
Modera:
Mario Gargantini
M. Gargantini:
Benvenuti a questo incontro che farà da introduzione per chi non c’è ancora stato o da commento ed approfondimento per chi ci sia stato a visitare la mostra "Viaggio al centro della terra". Mi limiterò ad una breve introduzione che può fungere da chiave di lettura o fornire alcune suggestioni di quelle che ci hanno mosso, con Mario Gallo e gli altri amici, nell'allestimento della mostra, che può aiutare ad inquadrarla anche nel contesto generale di questo Meeting e dopo quest’introduzione lasceremo posto al piatto forte dell’incontro che sarà l’intervento del professor Boschi. La mostra, come hanno visto quelli che l’hanno già potuta visitare, è la storia, semplificata ovviamente, di un'indagine che riguarda una realtà molto vicina a tutti noi, qualcosa che c'è proprio sotto i nostri piedi, che quotidianamente tocchiamo. Qui riportiamo alcuni dei principali risultati conseguiti in questo viaggio, in questo percorso. Allora ci possiamo chiedere: per quali ragioni l’uomo è mosso ad indagare, a cercare di capire cosa c’è dentro la nostra terra? Oltre al desiderio di risalire alle origini del nostro mondo e quindi anche dell’uomo, oltre a questi moventi più di tipo culturale e speculativo ci possono anche essere nelle scienze della terra, come in altre scienze, in altre discipline, esigenze di tipo pratico legate per esempio alle modalità con cui l’uomo s’insedia sul pianeta, conoscere certi cicli naturali, conoscere bene e possedere, sapere in qualche modo dominare tentativamente alcuni fenomeni. O ancora l’esigenza di tentare di prevedere fenomeni che potranno verificarsi in futuro, l’esigenza di proteggersi dalle calamità di cui l’uomo, fin dall’inizio della sua presenza, sulla terra si è reso conto a volte in maniera anche drammatica. Ecco tutti questi moventi sono uniti, concorrono a determinare quella che è la molla, la spinta che porta il ricercatore ad intraprendere questo viaggio e analogamente, in miniatura per tutti noi, quello che può muoverci a visitare la mostra, ad indagare, ad entrare in contatto con questa disciplina. Per portare avanti questa ricerca, questo viaggio l’uomo ha indagato esprimendo la propria attività conoscitiva in una pluralità di forme che sono le forme tipiche della ricerca scientifica e che però nelle scienze della terra sono un po’ tutte presenti e quindi danno una particolare suggestione. Cosa ne ha ricavato allora, da quest’indagine, da questo viaggio? Ha ricavato teorie interpretative, teorie che permettono di ricostruire la storia del pianeta, di spiegare il presente e tentare di dare previsioni per il futuro. E ultimo punto di questa mia breve presentazione: cosa resta alla fine di questo viaggio? Ognuno di voi dirà la sua, però io vorrei suggerire alcuni spunti, vorrei elencare semplicemente alcune dimensioni che mi pare siano difficilmente negabili e quindi v’invito anche un po’ a coglierle a percepirle anche all’interno e al di sotto magari del dettaglio tecnico di certi punti o della particolare curiosità di certi oggetti che abbiamo esposto. La meraviglia di fronte ad uno spettacolo di questo tipo che quanto più lo si conosce tanto più desta stupore e meraviglia nella persona che lo conosce. O ancora contrasto tra spettacoli affascinanti che lasciano a bocca aperta e altri che sono più normali e a volte anche semplici, banali che non dicono gran che. O contrasto tra disordine e armonia, tra grandi mutamenti e momenti di stabilità: pensate alle montagne che sono soggette a grossi rivolgimenti improvvisi e poi invece per tanto tempo restano apparentemente nella stabilità. Allora la prima dimensione è il senso della meraviglia. Poi una certa sproporzione che l’uomo sente di fronte a questi spettacoli, un’inadeguatezza; si sente che l’uomo in fondo, nonostante tutta la sua presunzione, una cosa così non l’avrebbe mai saputa fare e non la sa riprodurre; ma nello stesso tempo anche un senso d’ammirazione per lo stesso uomo che tenta di scoprire le leggi di questa natura, che sente distante, ma che tenta di avvicinare, tenta di rendersi un po’ meno estranea proprio attraverso anche, non soltanto per fortuna, ma anche attraverso l’indagine scientifica e l’attività conoscitiva. Un senso d’ammirazione per quest’uomo che tenta di scoprire le leggi e di fronte a fenomeni che non è lui a determinare, che non può determinare, tenta almeno di prevedere e di controllare, pensate appunto al caso dei terremoti. Il professor Enzo Boschi, che abbiamo la fortuna e il piacere di avere qui tra noi, è presidente dell’istituto Nazionale di Geofisica ed è la persona più qualificata in assoluto in Italia per aiutarci ad approfondire le tematiche indicate nella mostra e per fornirci ulteriori informazioni e conoscenze sul tema in particolare del rischio sismico. Darci la parola al professor Boschi, dando poi a voi la possibilità al termine di fargli delle domande.
Il professor Boschi prosegue la presentazione della mostra, illustrando e commentando alcune diapositive sul fenomeno dei terremoti. Segue un ulteriore dibattito col pubblico presente.
E. Boschi:
Io vorrei innanzi tutto ringraziarvi per quest’invito. E’ stato per me motivo di grande gioia, essere invitato in un Meeting così importante, poi sotto la sezione Einstein, e poi per uno che fa il sismologo, il geofisico, una disciplina che non solo in Italia ma sostanzialmente in tutto il mondo è abbastanza dimenticata, mentre invece altre discipline sembrano essere più affascinanti, come la cosmologia, l'astrofisica, la fisica delle particelle elementari. Mi è piaciuta molto l’introduzione di Gargantini e se avessi saputo che avrebbe fatto un’introduzione di questo tipo mi sarei preparato un discorso diverso, avrei parlato dell'unicità di questo pianeta dove viviamo della sua estrema bellezza. Pensare che basterebbe allontanarlo di una cinquantina-sessantina di chilometri in media dal sole e non sarebbe più possibile avere acqua allo stato fluido e quindi non sarebbe più possibile la vita; basterebbe avvicinare di una cinquantina di chilometri e non avremmo più acqua semplicemente perché evaporerebbe tutta e quindi non sarebbe più possibile la vita, basterebbe che l’asse di rotazione non avesse una certa inclinazione che non sarebbero possibili le stagioni; basterebbe che la temperatura media aumentasse di una certa quantità che si scatenerebbe tutta una serie di fenomeni... quindi sembra proprio un ambiente, creato apposta affinché vi nascesse la vita. Io parlerò oggi in particolare di terremoti, anche perché i terremoti sono stati quelli che maggiormente hanno permesso questo viaggio all’interno della terra, e cercherò di mettere in evidenza alcuni aspetti anche se devo dire quello che è ricreato nella mostra, non lo dico per gentilezza, è estremamente ben fatto e consente nel giro di un’oretta di farsi un’idea chiara di quanto si conosca oggi sull'interno della terra. Noi ne registriamo circa 40 mila all’anno, di varie magnitudo ed è la caratteristica tipica che fa sì che sia così com’è, com’è una caratteristica tipica l’esistenza d’oceani e d’atmosfere, dell’atmosfera e tante altre cose. La prossima: ecco questa è un'altra immagine fondamentale nella storia della sismologia, anche se non era proprio questa l’immagine storica, comunque è fondamentale perché rappresenta, questo è un frutteto in California sopra la famosa Faglia di Sant’Andrea di cui forse avrete sentito parlare, e come vedete c’è uno spostamento, i filari degli alberi sono spostati diagonalmente nella figura; questo è avvenuto in seguito ad un terremoto e dopo il terremoto si è visto questo fenomeno. Da qui è partito ai primi decenni di questo secolo, è partito quella che si chiama Teoria del Rimbalzo Elastico che ha consentito poi la comprensione di quello che era veramente un terremoto. Il chiaro della figura ve lo dovete immaginare come la superficie della terra, la linea verticale è una faglia, una zona di debolezza che ha nella crosta, ha le stesse caratteristiche di tutta la crosta però in quella particolare zona normalmente su superfici piane il legame fra le rocce è molto più debole. Supponete adesso di fare in qualche maniera dei segni trasversali, perpendicolari alla linea verticale, quella che rappresenta la faglia, cosi com’erano i filari del frutteto che abbiamo visto prima, se si aspetta un po’ di tempo si vede e passo alla fase successiva, si vede che questi filari incominciano ad incurvarsi e si incurvano sempre di più fino a che in un certo punto, e lo vedete nella terza figura, in qualche punto di questa zona si ha una frattura, una piccola frattura che poi si propaga velocemente su tutta la faglia, come vedete nella fase finale la faglia, i filari, quei segni orizzontali che avevamo fatto si sono spostati gli uni rispetto agli altri, questo è un terremoto. Un terremoto è una frattura che nasce da qualche parte all'interno di una zona particolare che chiamiamo faglia, si propaga molto rapidamente e durante questo propagarsi genera onde meccaniche, onde che poi vengono e arrivando sugli edifici mal costruiti creano i problemi che sappiamo. Quello che succede è questo: da qualche parte dovrà esistere una forza che determina questo stato di deformazione rappresentato dalle linee orizzontali curve, quindi questa zona ha in qualche maniera assorbito un’energia meccanica, quindi avendo assorbito energia si trova in una situazione instabile, quindi come tutte le cose della natura tende a ritornare ad una situazione stabile e il processo che la natura ha scelto affinché si ritorni ad una situazione stabile è quello della frattura. Quindi l’energia che si era caricata in questa zona è liberata attraverso questo processo di frattura, è liberata in tutte le direzioni. Dopo di che si arriva appunto ad una situazione di stabilità rappresentata dalla figura finale ma poi il processo continua perché le forze in gioco che nascono dall’interno della terra, poi vedremo come, continuano ad esistere, continuano a deformare, continuano ad accumulare energia in quella zona. La prossima. Ecco questa è la faglia di Sant’Andrea, è una faglia che è sempre citata dai sismologi perché è una faglia che si vede, a differenza per esempio delle nostre faglie, le faglie in Italia che non si vedono, oppure si vedono pochissimo in superficie perché sono in profondità e poi sono orientate, sono oblique in un certo senso rispetto alla superficie terrestre. La prossima. Ecco qui c’è la rappresentazione dei vari tipi di faglie, lo stato A è uno stato iniziale con la faglia indicata genericamente, vedete il piano messo in una situazione obliqua all'interno di questo blocco di crosta. Il primo caso di spostamento è quello tipico della faglia di Sant’Andrea, mentre invece gli altri due casi sono per esempio scientifico delle nostre zone si chiama faglia normale, cioè come se una parte del blocco crollasse rispetto all’altro, oppure in altre zone abbiamo il terzo caso, il D, dove una parte sovrascorre all’altro. La prossima. Questo è l’insieme di stazioni, ogni puntino nero che vedete è un sismografo, una stazione sismica, ed è l’insieme di stazioni con cui noi studiamo la sismicità italiana ma non solo perché praticamente registriamo tutti i terremoti che si verificano sulla terra. La prossima. Questo è un tipico sensore che usiamo, lo potete vedere anche nella mostra, vorrei solo farvi notare quella colonna su cui s'appoggia che è a diretto contatto con le rocce in modo da avere un segnale pulito. La prossima. Questa è la parte esterna, ve la faccio vedere per farvi capire quanto poi sia difficile costruire queste piccole case, è per noi una cosa estremamente complicata da un punto di vista economico, anche da un punto di vista di ottenere permessi per farvi capire come poi sia difficile far i sismologi. La scienza è molto bella, poi ci troviamo di fronte a queste problematiche. La prossima. Questa è la sala che si trova a Roma dove arrivano tutti i segnali da tutti i sismografi sparsi per il paese, ne abbiamo un centinaio, sono collegati via cavo telefonico e presto anche via satellite a una centrale a Roma. Il cavo telefonico trasmette un segnale elettromagnetico, cioè il sensore, il sismografo sente un segnale meccanico, in qualche maniera lo trasforma in un segnale elettromagnetico che invia tramite cavo a Roma, qui è decodificato da un calcolatore e sono fatte tutte le analisi in maniera automatica. Oltre a questo poi è mandato ai classici tamburi dove si vede il pennino che si agita quando c’è una scossa. Questo per evitare che l’automazione del calcolatore possa indurre in errore, qualche volta succede. La prossima. Questo è il pennino che si sta scuotendo, ma alla mostra potrete vederlo meglio facendo un salto di fronte al sensore e vedendo automaticamente come si verifica tutto. La prossima. Questo è il calcolatore, i terminali, si vede un sismogramma così come è registrato dal calcolatore che noi possiamo poi verificare per fare tutte le analisi di dettaglio e poi dare tutte le informazioni necessarie alla protezione civile oltre che per i nostri scopi di ricerca. La prossima. Questo è un segnale, un piccolo terremoto così come lo vediamo sul video e questo sistema di acquisizioni dati è stato elaborato dall’istituto nazionale di geofisica, ci abbiamo messo circa tre anni e adesso lo stanno utilizzando anche negli Stati Uniti. La prossima. Questo è un classico sismogramma dove si vedono i vari arrivi, ognuno di quei fenomeni che abbiamo visto, questi processi di frattura, cedono vari tipi di onde, onde di compressione cioè quelle che in sostanza il segnale che viene trasportato e una variazione nella densità e sono le più veloci e sono quelle che arrivano per prime al sismografo; poi le onde di distorsione, dove la densità è mantenuta costante, ma si varia la forma dell'elemento di materiale e poi le onde superficiali, cioè onde che hanno un effetto su una superficie di discontinuità, esistono solo se esiste una superficie di discontinuità come per esempio la superficie della terra che ha una discontinuità tra la parte solida e la parte gassosa della terra. La prossima. Questo è tutto un sistema che non vi sto a spiegare, fa vedere come funziona la protezione civile in questo settore, il nostro sistema di protezione civile può essere considerato uno dei più avanzati al mondo almeno nel campo dei terremoti. La prossima. Questo è un diagramma che sta a rappresentare le perdite di vite umane che abbiamo avuto nei terremoti di questo secolo e purtroppo siamo il paese con il maggior record, siamo secondi soltanto rispetto alla Cina che ha avuto un terremoto terrificante nel 1977, il terremoto di Tangshan, però abbiamo avuto terremoti come quello di Messina nel 1908 e quello di Avezzano nel 1915, e ancora per esempio c’è lì riportato il terremoto di Kanto del 1925-26, un terremoto in Giappone. Dopo quel terremoto i giapponesi hanno deciso che non avrebbero più avuto né vittime né danni, hanno fatto una politica estremamente seria nel campo dell’edilizia e dell’educazione di massa e effettivamente adesso, pur avendo fortissimi terremoti di magnitudo 7.7, superiori per esempio a quello dell’Irpinia del 1980, sono soltanto poco più che curiosità. Infatti non se ne parla mai perché non vi sono vittime, non vi sono tragedie. Quindi sta a dimostrare che dal terremoto ci si può difendere molto facilmente. La prossima. Ecco, questa è una rappresentazione di quello che diceva prima Gargantini: lo strato esterno della terra, quello che noi chiamiamo litosfera o crosta terrestre, comunque uno strato che ha uno spessore di circa 100 km, uno strato rigido, cioè uno strato freddo, lontano dal punto di fusione, che è freddo quindi rigido, è fragile nel senso che vi si possono propagare fratture e quindi terremoti, questo strato contiene tutta la terra però non è uno strato unitario, un tutto unico, è come un mosaico le cui enormi tessere sono quelle che noi chiamiamo placche o zolle, le quali, lì vedete la zolla euroasiatica, si muovono le une rispetto alle altre e lungo i bordi si concentra tutta l'attività geofisica, quindi abbiamo praticamente tutti i terremoti, tutti i vulcani, le catene montuose che, come diceva Gargantini, sono un fatto dinamico nonostante la loro apparente staticità. Soltanto l’esistenza di forze interne alla terra fanno sì che le catene montuose esistano perché altrimenti la stessa erosione atmosferica nell'arco di qualche decina di milioni di anni le azzererebbe. In particolare vorrei farvi notare nella zona centrale, dove si trova l’Italia, c’è molta confusione, sono molte curve non precise, non chiare. Cioè il Mediterraneo, la zona dove noi ci muoviamo, la zona dove maggiormente la storia della civiltà è stata colpita da terremoti, non riusciamo ancora, pur credendo abbastanza fermamente nei principi su cui si basa la Teoria della Tettonica a placche, non riusciamo ad applicarla, cioè dobbiamo fare tutta una serie di accorgimenti per riuscire ad applicare, almeno per mantenere valida la filosofia. Ma il problema fondamentale è che siamo sostanzialmente ignoranti, non conosciamo molte cose, anche perché nel passato strumenti, studi sono sempre stati fatti da nord, cioè dai paesi sviluppati, l’Italia, la Francia, l’Inghilterra specialmente che per un certo numero di anni fino agli anni 60 è stata un po’ la madre delle scienze geofisiche, ecco mentre invece non si sono mai avuti studi seri né strumentazioni serie nella zolla africana. E per questo tante cose non riusciamo a capirle, non conosciamo tante cose, per questo stiamo adesso sviluppando un progetto nell’ambito del world lab, un progetto col quale andiamo a mettere stazioni su tutto il nord-Africa fino al Pakistan proprio per capire questa interazione in questa particolare zona e per riuscire a capire anche il perché dei nostri terremoti e come avviene questo scontro fondamentale dal punto di vista scientifico fra la zolla africana e la zolla euroasiatica che genera tante cose, come gli Appennini, le Alpi, l’Himalaya, l’Etna, il Vesuvio e via dicendo. La prossima. Questa è una mappa che rappresenta la sismicità della terra, sono vent'anni di attività: ogni puntino bianco è un terremoto e praticamente la localizzazione dei terremoti si trova i terremoti si distribuiscono secondo appunto quei margini di placca che si vedevano nella figura precedente. La prossima. Questa è una rappresentazione in sezione di quella che è la Teoria della Tettonica a placche, vedete il fondale oceanico, una parte della litosfera che è lo strato più scuro, lo strato marrone è il mantello, lo strato grigio scuro è la litosfera che si va a incuneare sotto altra litosfera, questo praticamente dovrebbe essere il tipo di scontro che si ha fra la placca africana sulla sinistra, naturalmente queste sono indicazioni, questa figura non ha nessun valore, è puramente schematica e va ad inserirsi appunto, va ad infilarsi sotto la placca che si trova a destra e in questo scontro nascono le catene montuose, i vulcani, i terremoti, le stesse fosse oceaniche, cioè tutte le manifestazioni geofisiche superficiali più importanti. Una cosa interessante è il fatto che nel fondo oceanico, interessante per i problemi di cui si parla molto oggi, ci sono i sedimenti che vanno anch’essi ad infilarsi nel mantello, arrivando fino a profondità di 6-700 km nei primi strati della terra, questi sedimenti trasportano con sé molta parte, per esempio, dell’anidride carbonica in eccesso che si ha nell’atmosfera, questo è un processo di pulitura naturale che ha il pianeta. Oggigiorno però la quantità di anidride carbonica che facciamo entrare nell’atmosfera è talmente elevata che probabilmente questo processo non è abbastanza veloce. Comunque è interessante notare questo fatto: cioè che la stessa terra possiede un suo sistema di pulitura, di equilibrio ecologico. La prossima. Ecco questa è sempre una figura che rappresenta le placche, le frecce che vedete stanno ad indicare le direzioni con cui si muovono queste placche e in particolare vedete nella placca gialla, quella che contiene l’Africa, una freccia che va verso nord-est anche se non ben identificata ancora, cioè i valori in gioco non sono ancora abbastanza chiari perché i dati che abbiamo a disposizione non sono ancora sufficienti, e da questa spinta dovrebbe nascere tutta l’attività geo-fisica che si riscontra nel Mediterraneo e in particolare nel nostro paese. La prossima. Dai dati che abbiamo riusciamo a costruire un'immagine dell’interno della terra e appunto abbiamo questa litosfera, che è il guscio che contiene la terra, che ha uno spessore medio di circa un centinaio di chilometri, poi dalla litosfera fino a circa 2.900 km di profondità abbiamo il mantello costituito sostanzialmente da silicati, il mantello che pur essendo in uno stato solido si comporta in queste condizioni su tempi lunghi come un fluido. Mi spiego: mentre la litosfera è decisamente fredda, cioè nel senso che la sua temperatura è decisamente lontana da punto di fusione e per questo è fragile e vi si possono propagare fratture quindi sostanzialmente è un oggetto rigido, nel mantello la temperatura che si ha all’interno del mantello è abbastanza vicina alla temperatura di fusione e sotto certi aspetti si può considerare su tempi lunghi come un fluido, quindi vi sono possibili modi di materiale all’interno del mantello, lì viene chiamato appunto mantello viscoelastico, moti di materiale con velocità molto basse ma persistenti. Le velocità sono nell’ordine di 5-6 centimetri all'anno, quindi una velocità bassissima, una velocità inferiore alla velocità con cui crescono le unghie, tanto per fare un esempio. Quindi se uno si guarda le unghie non le vede crescere, tanto per intenderci. Questi moti, che sono organizzati, ma sono moti di convezione, nel senso che verso l’interno, dove comincia il nucleo, quello che lì è scritto coack, si ha un riscaldamento e quindi il materiale tende ad andare verso l’alto, invece il materiale che si trova in alto si raffredda, quindi diventa più pesante tende ad andare verso il basso; questi moti di convezione sono tali da trascinare, quando arrivano appunto, in prossimità della litosfera, di trascinare gli enormi blocchi, le enormi placche, che costituiscono appunto la crosta, lo strato esterno della terra. Poi abbiamo il nucleo, quella parte gialla; il nucleo è fluido perché la temperatura di fusione.... il nucleo è un corpo completamente diverso. Mentre il mantello è costituito per lo più da silicati, il nucleo è fatto praticamente di ferro, almeno al novanta per cento di ferro, cioè di un metallo. Ed è nella parte più esterna, quella che lì è indicata dalla parte gialla, allo stato fluido, perché a quelle condizioni di pressione, che sono enormi, la temperatura di fusione del ferro è inferiore alla temperatura in gioco a quelle pressioni. Non so se mi sono spiegato, la temperatura a cui si trova il materiale a quelle pressioni è superiore alla temperatura di fusione e quindi è fluido. Ma non è tutto fluido, c'è una parte interna, che lì vedete in viola, che è allo stato solido, è sempre sostanzialmente ferro, però si trova allo stato solido e sta crescendo, ma di questo ne parleremo poi. La prossima. Ecco qui c'è una rappresentazione un po’ schematica, un po' artistica che fa vedere quelle frecce nere, che rappresentano i moti di convezione, anche nel nucleo fluido che vedete, sono possibili moti di convezione. Essendo fluido i moti sono estremamente facili, perché praticamente la viscosità è simile a quella dell’acqua, quindi è estremamente fluido. Ecco questi moti di convezione, cioè moti organizzati, sono un po’ all’origine dell’esistenza del campo magnetico, perché sono cariche elettriche che si muovono, ed ogni carica elettrica che si muove genera un campo magnetico. E all'interno c'è sempre il nucleo interno solido, sostanzialmente fatto di ferro. La prossima. Vi volevo fare un altro discorso sulle misure che facciamo, quella di prima era la Valtellina, ed era la frana della Valtellina. Volevo citare il fatto che abbiamo fatto poi il più piccoli monitoraggio affinché sempre con sismografi e altre apparecchiature, abbiamo fatto un sistema di monitoraggio per far sì che gli operai lavorassero sotto la frana Altre misure che facciamo sono quelle con laser: cioè lanciamo con l’apparecchiatura che si vedeva prima nella diapositiva precedente, lanciamo un raggio laser, anche ad una decina di chilometri, dove si trova uno specchio - la prossima - che rilancia, vedete il puntino rosso in mezzo alla figura, che rilancia l’immagine, e conoscendo la velocità con cui si muove la luce, conoscendo la velocità con cui si muove la luce laser, si riesce a determinare con estrema precisione la distanza, quindi tenere sotto controllo anche i movimenti più piccoli. La prossima. Questa è fondamentale per studiare i processi di deformazione che precedono un terremoto. Vorrei fare un rapido discorso su altri studi che facciamo, che vengono fatti nel mondo, in particolare in Italia, sulla ricerca storica sui terremoti. I dati strumentali, cioè basati su strumenti, ne abbiamo soltanto di questo secolo, sostanzialmente, anche se seri e validi ne abbiamo solo per gli ultimi trent'anni. Però la terra, specialmente paesi come l’Italia che sono sempre stati abitati anche da gente colta, e che quindi lasciava tracce, ha lasciato tracce scritte in varia maniera dei terremoti. Noi siamo riusciti, l’ambiente geofisico nazionale con la collaborazione anche di storici di altri paesi, siamo riusciti a ricreare un po’ la sequenza sismica del paese, guardando e studiando documenti come questi. Questa è in realtà abbastanza recente, del secolo scorso, che rappresenta già, dà già un’indicazione con i puntini marroni, che poi diventano di un colore abbastanza diffuso, sono i terremoti che si sono verificati in quest’area, questo è uno dei tentativi. La prossima. Altri documenti che troviamo sono di questo genere, io sto chiaramente semplificando. Questa è la "Domenica del Corriere", credo che rappresenti un terremoto del 1905, un terremoto che ha preceduto quello del 1908, quello distruttivo di Reggio Calabria, di Messina. Oppure troviamo di queste lapidi che stanno ad indicare che sono state fatte delle opere di ricostruzione, magari anche millecinquecento, duemila anni fa. Questo è il tipo di documenti che osserviamo. La prossima, velocemente. Ecco anche di questo tipo. La prossima. Si sta creando una vera e propria disciplina nel campo delle ricerche storiche, che contribuiscono enormemente a ricreare la sequenza di terremoti che si sono verificati nel nostro paese e in paesi limitrofi, cioè laddove c’era gente che osservava le cose e che poi lasciava dei documenti scritti. La prossima ancora. Ecco questo è uno spostamento della Colonna Traiana, dovuto ad un terremoto. Come vedete ci sono delle figure in cui la parte del tronco è spostata rispetto alle gambe. La prossima. Ecco ancora documenti di questo tipo: questo rappresenta l’origine del Monte Nuovo, l’ultima eruzione che è stata fatta ai Campi Flegrei, che ha creato questo monte, che si chiama Monte Nuovo, appunto perché all'epoca era nuovo: è del 1538, e quello che si teme è che fenomeni di questo tipo si verifichino ancora in questa zona. La prossima. Ancora figure di questo tipo possono essere di grande interesse, sono figure coeve con fenomeni, in particolare vedete quelle fratturazioni in basso a sinistra. La prossima. Queste sono figure dei nostri giorni, che stanno a dimostrare come le nostre costruzioni, molte delle costruzioni del nostro paese, specialmente nelle zone sismiche, non siano in grado di resistere ai terremoti, e quindi si creano dei problemi purtroppo tragici che tutti conosciamo. La prossima. Ancora. Questa è l’Irpinia. La prossima. Questi sono danni invece, ve li voglio mostrare, sono piccoli danni, questo è un terremoto che si è verificato nel 1984 a Valfabbrica, che è nell’Appennino abruzzese, se non mi sbaglio. Sono piccoli terremoti, che creano piccoli danni su costruzioni sostanzialmente fatiscenti. La prossima. La prossima ancora. Sono costruzioni sostanzialmente fatiscenti che poi diventano, ai tempi nostri, costosissime, cioè sono decine di migliaia di miliardi, che vengono pagati dallo Stato per ricostruire cose che avevano uno scarso valore. Mentre, invece, sarebbe estremamente più fruttuoso utilizzare gli stessi danari per fare della prevenzione, per far sì che gli edifici resistano ai terremoti. Ecco questa è una rappresentazione, è una figura che abbiamo creato all’Istituto Nazionale di Geofisica, sulla base di terremoti storici e sulla base di questi terremoti storici si vedono quali sono le zone che statisticamente sono maggiormente colpite da terremoti. La prossima. Questa è invece sostanzialmente corrispondente: è la mappa che è stata fatta all’indomani del terremoto dell’Irpinia dal Ministero dei Lavori Pubblici, per indicare le zone di seconda, terza, prima categoria, dove si devono rispettare certe tecnologie nelle costruzioni, altrimenti gli edifici non reggono. Vi faccio presente che è stata fatta nel 1980, dopo il terremoto dell’Irpinia. Prima di questa legge veniva dichiarata sismica una zona soltanto dopo che era stata colpita da un terremoto. Per esempio, visto che Catania l'ultimo grande terremoto lo ha avuto circa tre secoli fa, non era considerata sismica fino al 1980. Il che significa che una grandissima quantità di costruzioni del nostro paese sono fatte senza tener conto di poter essere colpite da terremoti e quindi di crollare. La prossima. Questa è una rappresentazione più accurata sempre sulla base statistica; in realtà questa rappresenterebbe la probabilità sulla base dei terremoti che si hanno, che si verifichi un terremoto di magnitudo superiore quattro, in questo caso, nel nostro territorio. Naturalmente il blu rappresenta la probabilità zero, poi andando verso il basso, cioè al rosso cupo, la probabilità aumenta. La prossima. Ecco sempre una considerazione di questo tipo. Naturalmente questa non è una revisione dei terremoti, sono semplicemente nate volutamente mute, senza precisazione di dove sono le zone particolarmente sismiche, anche se si possono facilmente indovinare, che potrebbero essere utilizzate per questo tipo di operazioni, cioè per andare ad intervenire in maniera tale da poter far sì che gli edifici resistano ai terremoti. La prossima. Ancora questo è per terremoti sempre più forti, sempre crescenti. Sotto certi aspetti questo tipo di considerazioni ha alcuni problemi, che il nostro catalogo, che abbraccia circa duemila anni di storia, per quanto abbastanza completo non lo è e ci sono dei problemi. Quindi questo tipo di considerazioni ha un valore piuttosto limitato dal punto di vista scientifico, però possono essere utilizzati per gli scopi che dicevo prima. La prossima. Questa rappresenta invece le zone che sono state colpite almeno una volta da un terremoto di intensità superiore a nove. La prossima. Questo è un maremoto, una rappresentazione artistica di un maremoto, altro problema che affligge il nostro paese. La prossima. Tutto questo per dirvi sostanzialmente che quello che succede nel nostro paese, dal 1968 al 1987, su dati ufficiali del Ministero dei Tesoro, il nostro paese ha speso circa novantottomilaseicentoquaranta miliardi, per tutti i terremoti che si sono verificati dal Belice al 1987, con valore del denaro al 1987. Vorrei citare il fatto che in un numero del Sabato di alcune settimane fa, erano indicate tutte le spese per ogni terremoto. Sono cifre colossali che potrebbero essere utilizzate per studiare, per far sì di eliminare la possibilità di aver catastrofi, avere cioè edifici talmente sicuri da poter resistere a scosse nel nostro paese. Qui è spiegato come funziona un maremoto. In un fondo del mare c’è un terremoto, in un certo modo c’è una specie di sprofondamento, oppure un innalzamento di una parte del fondo del mare che dà uno schiaffo, oppure determina come un improvviso crollo sulla superficie dell’acqua. Questo determina una grande onda, un'onda molto elevata, anche fino a venti, trenta metri di altezza, che quando si abbatte sulle coste crea problemi ovviamente drammatici. La prossima. Ecco qui sono le zone questa è la Sicilia per esempio, le zone in rosso sono tutte quelle zone che sono state colpite da maremoti. Nel 1908 in realtà non fu il terremoto a creare grandi drammi, ma fu in realtà il maremoto. Ed è un problema che pare essere dimenticato. I punti rossi sono le zone del Mediterraneo che sono state colpite da maremoti. La prossima. Questa rappresenta la nostra rete sismica mobile. Tutto questo materiale scientifico è dentro una roulotte. La prossima. Ecco qui ancora una rappresentazione della sismicità del mondo. La prossima. Qui c’è un’indicazione di quanti sono i terremoti all’anno: sono circa cinquantamila quelli registrati, possono essere di più, ma quelli che riusciamo a registrare sono di questa grandezza. Di questi circa ottocento sono superiori a magnitudo cinque, che corrisponde all’esperimento che fu fatto nel 1946 con la prima bomba H. Oppure ne abbiamo circa centoventi all’anno di magnitudo sei, che è l’energia equivalente all’energia necessaria per il lancio di due milioni di Shuttle della NASA. Ne abbiamo circa diciotto all’anno di magnitudo sette che è l’energia, per esempio, generata in quattro mesi dalle Cascate del Niagara. Poi ne abbiamo in media uno all’anno di magnitudo otto o superiore, che è l’equivalente del terremoto di San Francisco, o in ogni caso è circa mille volte superiore ad un terremoto di magnitudo sei, cioè come quello del Friuli del 1976. La prossima. Questo per far vedere che la sismicità è una caratteristica tipica della terra. Qui ogni puntino giallo rappresenta un terremoto del Mediterraneo: in venti anni sono circa trentamila eventi che abbiamo registrato di magnitudo superiore a quattro, ed è uno dei grandi problemi della moderna sismologia, della moderna fisica della terra, perché molti aspetti di questo non riusciamo a capire. La prossima. Questo si inquadra nell’attività sismica dell’intero pianeta. Non mi dilungo su questo. Scusate ma Ecco questi sono terremoti recenti. Questa primavera, maggio, giugno, ci sono stati tutta una serie di terremoti, concentrati nell’arco di due mesi, vi ricorderete in particolare quello dell’Iran, che ha provocato circa centocinquantamila vittime, di magnitudo 7.7, ma anche ne abbiamo avuti in Romania, un altro ne abbiamo avuto in Cina molto forte, a Manila e anche nella zona del Giuba, in Africa. Tutto questo e avvenuto nell’arco di due mesi, ed è una cosa abbastanza rara. Noi abbiamo potuto registrarli molto bene, e stiamo cercando di capire il perché. Ed è una cosa abbastanza rara avere un insieme di terremoti in lasso di tempo così concentrato. La prossima. Ecco questi sono i terremoti più disastrosi della storia, non mi dilungo su questo. La prossima. Circa tre milioni di morti si sono contati nei terremoti che vi ho indicato prima. Qui vedete il Mediterraneo: quei quadretti rossi rappresentano i punti dove abbiamo messo le nostre stazioni. Questa non è più la rete sismica di cui vi parlavo precedentemente, ma è la rete sismica del Mediterraneo, che stiamo facendo nell'ambito dell'iniziativa del World Lab di Antonino Zichichi, voluta e incoraggiata personalmente da Giulio Andreotti, ed è un risultato straordinario questo, perché attualmente è la rete sismica più avanzata esistente al mondo. Gli strumenti che abbiamo posto sono il massimo della tecnologia esistente, e riusciamo a vedere e fare cose, questa è stata conclusa sostanzialmente alcuni mesi fa, cinque o sei mesi fa, riusciamo a fare cose che prima non si erano mai viste. La prossima. Ecco riusciamo, per esempio, a registrare sia terremoti piccoli, come quello che vedete in alto - naturalmente le scale sono tali da far vedere tutti uguali - terremoti piccoli, come quello registrato. li sensore si trova vicino a l’Aquila, e quello è un piccolo terremoto dei Colli Albani, vicino Roma. Mentre invece il terremoto che vedete sotto, anzi sono tre terremoti sovrapposti, si sono verificati uno in Cina e gli altri due alle Isole Fiji. Questo lo facciamo sempre soltanto con lo stesso strumento. Naturalmente è difficile adesso rapidamente rappresentare, spiegare tutti i dettagli, comunque il sistema funziona in questa maniera Beh saltiamo. La prossima. Velocemente Tutte queste diapositive per far vedere come funziona il sistema. Cioè i dati vengono mandati, in linea di principio, via satellite sempre a Roma, dove vengono analizzati, e riusciamo a vedere anche terremoti piccolissimi, che si verificano anche a distanze enormi. Questo, ad esempio, è un evento che si è verificato in Cina e riusciamo a vederli in maniera abbastanza precisa. Li sono tre scosse che riusciamo ad identificare. La risoluzione è talmente elevata che riusciamo a vedere caratteristiche della sorgente sismica, della faglia che finora non riuscivamo a vedere, e questo fa molto ben sperare anche in vista della previsione di terremoti. La prossima. Ecco questo è un risultato interessante che abbiamo ottenuto. In alto è rappresentato un terremoto, mentre in basso un’esplosione nucleare. La parte sinistra che è nel campo delle alte frequenze, sia il terremoto hanno sostanzialmente lo stesso aspetto. Qui abbiamo paragonato l’ultima esplosione nucleare fatta dai sovietici, il 22 gennaio 1989, un'esplosione corrispondente ad un terremoto di magnitudo 6.2, cioè un terremoto più forte di quello del Friuli, però è l'ultima che hanno fatto, perché hanno deciso unilateralmente di non fare più esperimenti nucleari sotterranei, paragonata con un terremoto russo, non necessariamente lì vicino, comunque un terremoto del Kazachistan. Si può vedere, nel campo delle alte frequenze, cioè dove normalmente operavano gli strumenti tradizionali, che le due figure hanno molta similarità. Se però andiamo alle basse frequenze, cioè nei lunghi periodi, il terremoto mantiene sostanzialmente, sempre nella figura in alto a destra, la sua caratteristica, mentre l’esplosione nucleare ha un aspetto completamente diverso. Questo è fondamentale, siamo riusciti, questo, a farlo dall’Italia, con uno strumento che si trova all’Aquila e uno in Sardegna, quindi da una distanza notevole. Si può in questa maniera discriminare estremamente bene un’esplosione nucleare da un terremoto, che era un grande problema, e questo riusciamo a farlo nell'ambito di questa rete del Mediterraneo, con questo tipo di strumentazione estremamente avanzato. Inoltre riusciamo anche a determinare, con grande precisione, quanta è la carica nucleare usata durante l'esperimento. La prossima. Questo è russo, ma lo abbiamo fatto anche per gli americani. Gli americani continuano a fare esperimenti; fanno esplosioni molto piccole, probabilmente si tratta di quelle che gli esperti chiamano bombe nucleari tattiche. Quest’esplosione è del 13 giugno di quest'anno, è quella in basso, e vedete come andando a vedere nel campo delle basse frequenze, cioè dei lunghi periodi, come si differenzia dalla ... Queste esplosioni vengono fatte in Nevada e vengono confrontate con un terremoto californiano, ma come si differenzi in maniera sostanziale dal fenomeno sismico. Questo è fondamentale, dicevo, perché con gli attuali patti di pace che si stanno verificando, diventa estremamente importante la verifica, perché se uno produce armi nucleari, per essere sicuro che queste armi funzionino devono provarle. Per provarle l’unica maniera di farlo è sottoterra, e per farlo sottoterra l'unica maniera per studiarle è farla con sismografi abbastanza evoluti, come sono i nostri, riusciamo a vedere anche esplosioni che si verificano in Nevada, e riusciamo a fare le misurazioni necessarie . Questo sta cambiando sostanzialmente tutta una serie di problematiche. La prossima . Ecco questa vorrei farvela notare: sono misure che facciamo in vista della previsione dei terremoti. Sono piccolissimi terremoti, non so se riuscite a vedere un cerchietto con una freccetta sopra, e dentro c'è un puntino. Ecco quello è un terremoto di magnitudo negativa - la prossima - che opportunamente ingrandito diventa così. Quindi riusciamo a misurare magnitudo negative, energie liberate piccolissime. Questo è fondamentale, perché prima del verificarsi di un terremoto l’attività sismica varia, varia in funzione dell’avvicinarsi della grande scossa. Per tutta una serie di questioni fisiche, che non sono ancora completamente capite, ma che sotto certi aspetti da un punto di vista abbastanza empirico hanno una fondata ragionevolezza, se noi riusciamo a discriminare quelli che sono reali piccoli terremoti, cioè piccole fratture da altri rumori di fondo, riusciamo probabilmente a fare un passo fondamentale verso la previsione dei terremoti. La prossima. Queste sono analisi che facciamo continuamente dei terremoti italiani e non solo italiani nel Mediterraneo. La prossima. Anche con la Turchia collaboriamo in maniera attenta. La Turchia è da un punto di vista sismologico, geofisico, geologico un banco di prova molto interessante. Tutti i terremoti si verificano lungo una linea a nord della Turchia, si spostano avanti e indietro e non ci si riesce a capire nulla. Queste sono analisi che facciamo sulla sorgente sismica, in particolare andiamo a vedere come si comporta, come avviene tutto questo processo di frattura, per esempio si è scoperto che tutta questa frattura che dura complessivamente la durata del terremoto, in altre parole quindici, venti secondi, in realtà si arresta e riprende, si arresta e riprende: questo è un fatto fondamentale per capire i processi di liberazione dell’energia, e quindi l’innesco della frattura, che è ciò che maggiormente c’interessa. La prossima Questo è solo per indicare l’unico terremoto previsto nella storia dell’umanità. terremoto che si verificò a Ykeng, nel 1975, però fu la natura stessa ad informare che stava per avvenire il terremoto. Infatti, circa ventiquattro ore prima che si verificasse la grande scossa, ci furono circa sessanta scosse, di magnitudo superiore a quattro. Quindi la gente era terrorizzata e scappò. Comunque è un fenomeno che si racconta, che si ricorda, perché è estremamente interessante. La natura, sapendo leggere i dati che sono forniti dalla natura, ci permette di poter arrivare alla previsione del terremoto. Naturalmente ogni zona sismica si comporta a modo suo pertanto non tutte le zone hanno questa facilità d’interpretazione. La prossima. Questa figura sta a rappresentare il progetto di previsione dei terremoti che vorremmo fare per la Sicilia orientale, per la Calabria, che è una delle maggiori zone a rischio sismico del mondo, dove per rischio s’intende il prodotto della probabilità che si verifichi un terremoto per la grandezza del danno che esso provoca, data la grande densità di popolazione. In Sicilia orientale abbiamo la maggior concentrazione d’industrie chimiche, forse la maggior concentrazione d’industrie chimiche, tutte costruite senza criteri antisismici. Quindi potete immaginare quale dramma sarebbe un terremoto in questa zona, e poi sarebbe seguito da un maremoto. La prossima. Ecco rapidamente, per concludere, questo è il viaggio all'interno della terra così come noi sismologi lo immaginiamo, almeno con i dati più avanzati. Questa è la terra, le righe gialle sono i margini delle placche. La prossima. Supponete di tagliare uno spicchio come si fa su un cocomero, ciò è indicato dalle righe rosse, apriamo la terra e cominciamo a sfogliarla. Avanti la prossima. Quello che si scopre a 150 km di profondità è che non è perfettamente. Fino a pochi anni fa pensavamo che oltre i 150-200km la terra fosse sostanzialmente lateralmente omogenea. Ciò significa che soltanto aumentando la profondità o la distanza dal centro della terra, cambiavano le proprietà. Mentre si hanno anche variazioni laterali, e questo è estremamente importante, perché sono in concomitanza con le placche, con tutta l’attività sismica, geofisica, vulcanica che si riscontra in superficie. La prossima. Qui siamo a 350 km di profondità. I colori che vedete sono naturalmente colori falsi, stanno ad indicare variazioni nelle costanti elastiche, cioè le quantità che descrivono le caratteristiche meccaniche del mezzo che costituisce la terra. La prossima. Qui siamo a 550 Km. Qui le cose sono abbastanza interpretate. La tecnica - la prossima - usata per fare questo tipo di analisi è stata quella della tomografia sismica: abbiamo usato tutti i terremoti registrati - io parlo al plurale, ma è stato fatto da un gruppo, di cui io non ho fatto parte e si è fatta come una specie di tomografia assiale computerizzata, quella che si chiama TAC in medicina, l’abbiamo fatta per la terra, e si sono scoperte queste variazioni nelle proprietà fisiche della terra. La prossima. Andiamo velocemente a 1500 km. La prossima. Queste variazioni poi andrebbero rappresentate in altra maniera per potergli dare un significato. La prossima, solo per vedere che questo viaggio all'interno della terra, di cui parlava Gargantini, è stato fatto in un certo qual modo e che si sono verificati tutta una serie di fenomeni. La prossima. Qui finisce il mantello e comincia il nucleo, e tuttora si mantengono delle variazioni laterali e che quindi sta ad indicare una fortissima dinamica interna. Un pianeta che è sostanzialmente vivo, vivo sotto molti aspetti. La prossima. Qui il rosso-bordeaux che vedete è il nucleo fluido, che è sostanzialmente omogeneo. Le variazioni delle proprietà all’interno dipendono dalla distanza dal raggio della terra, quindi è lateralmente omogeneo, perché naturalmente è fluido. Però all’interno compare un nucleo solido, che è un nucleo che ha una caratteristica fondamentale. Qui non si vede benissimo, sono dati con una risoluzione non eccezionale, ma il nucleo sta crescendo con una simmetria, come un cristallo esagonale, e questo è un grande mistero. A questa che forse è la scoperta più importante degli ultimi decenni, ha partecipato anche un mio ex-alunno, adesso un ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica, che ha lavorato ad Harvard con alcuni altri geofisici ad altissimo livello, in questo particolare progetto. E questo è estremamente importante, cioè in realtà il nucleo interno della terra si sta raffreddando, e questo significa che il nucleo interno del nucleo si sta solidificando. Ma non si solidifica a caso, ma a simmetria, quella dei cristalli esagonali. Questo è un grande mistero che non riusciamo a capire. La prossima. Ecco io chiuderei qui perché credo che sia sufficiente. Vi ringrazio per l'attenzione e scusatemi se ho parlato più del necessario. Grazie
M. Gargantini:
Ringraziamo moltissimo il prof. Boschi per questo intervento che mi sembra essere stato un prezioso complemento della mostra, utile e necessario, soprattutto per le ultime cose che ha detto, anche credo, per tutti una fonte di ulteriore curiosità. Non so se avete notato come nell'alternarsi di immagini, di grafici, di immagini altamente scientifiche, immagini anche di preoccupazioni pratiche, abbia mostrato anche un po’ l’anima di questa scienza, di questa disciplina, che sono le scienze della terra, ma tutto sommato, come all’interno di questi aspetti apparentemente diversi l’atteggiamento sia sempre quello: quello, per dirla alla Einstein, dell’attenzione, piena di rispetto per questo prodigio che è la realtà. A questo punto direi che abbiamo a disposizione venti minuti per delle domande che possiamo fare al prof. Boschi. Penso che la possibilità di potergli rivolgere le domande sia facilmente sfruttabile da chi aveva già interesse precedentemente e da chi se lo è visto suscitare dalle cose che ha detto. Prego
Domanda:
Volevo sapere se si conosce qual è la composizione del nucleo centrale della terra, perché mai è solido nonostante la pressione e quindi il calore fortissimo che ci sarà.
E. Boschi:
La composizione del nucleo della terra è considerato essere il 90% di ferro, probabilmente con l’aggiunta di qualche altro metallo. Però vorrei precisare che questo tipo di affermazioni vengono fatte, come dire, non abbiamo mai, per confronto cioè, sulla base di dati sismologici si riesce a determinare una curva pressione-densità e temperatura, e questo è per l’interno della terra. Dopodiché andiamo a guardare tutte le sostanze, ogni sostanza, per esempio il ferro, ha una sua caratteristica curva pressione densità temperatura. Questa è la più simile a quella della terra. Quindi, sempre allacciandomi al discorso sulla realtà che faceva Gargantini, noi diciamo che è ferro perché è come se fosse ferro. Il ferro è la sostanza che maggiormente si avvicina a quelle che sono le caratteristiche dell’interno della terra. Poi siccome il ferro puro non basta, si immagina che ci siano altre sostanze come il nichel ecc. Poi andiamo a cercare altrove queste prove, per esempio dai meteoriti, andiamo a vedere come sono fatti i meteoriti perché pensiamo che i meteoriti rappresentino un pianeta esploso miliardi di anni fa e quindi in qualche maniera rappresentino l’interno di un possibile pianeta, e vediamo che queste nostre osservazioni sono abbastanza confermate. Poi andiamo a vedere la distribuzione possibile in quantità degli elementi del sistema solare, vediamo che il ferro è uno dei più presenti. E quindi questo ci fa pensare che effettivamente il ferro, se non è il ferro è qualcosa che gli assomiglia molto. La seconda domanda, cioè come può esserci a quelle temperature una parte solida e una parte fluida, immaginate che il nucleo sia fatto tutto dello stesso materiale, mettiamo ferro puro, per semplificare, e una parte solida e una parte fluida, perché? Perché la curva di fusione, cioè l’andamento della temperatura di fusione in funzione della pressione, e dire in funzione della pressione è equivalente a dire in funzione della profondità o in funzione del raggio cioè della distanza dal centro, ha una pendenza tale che si interseca con la curva dell’andamento della temperatura reale esistente all’interno della terra. Nel punto dove si interseca si ha la transizione tra la parte solida e la parte fluida. Per pressioni crescenti o per distanze dal centro della terra decrescenti, si ha la temperatura di fusione sopra la temperatura reale, cioè la temperatura reale è inferiore alla temperatura di fusione per il tipo di curvatura che hanno che è a due curve, e quindi non fonde ed è solido, mentre invece nella parte interna succede l’inverso e quindi fonde e si trova allo stato fluido, perché la temperatura reale è superiore alla temperatura di fusione. E’ una cosa semplicissima basterebbe fare due …
Domanda:
Io volevo sapere qualche cosa su quello che hanno previsto che sarà il più grande terremoto della storia: il big one, se è vero che sarà una cosa così distruttiva come dicono.
E. Boschi:
Il "big one" è un termine, vuol dire il grande, è un termine che sostanzialmente è stato inventato dalle casse di assicurazione, dalle ditte di assicurazione della California. In California, come sapete, nel 1906 c’è stato un fortissimo terremoto, il terremoto di San Francisco, che però non ebbe morti, o meglio ci furono un centinaio di morti per l’incendio che ne conseguì: il tipo di costruzioni sono case a un piano fatte di legno, plastica, la temperatura è mite quindi non c’è bisogno delle costruzioni che abbiamo noi in Europa, fa sì che i danni siano sempre estremamente ridotti. Comunque, il terremoto, la questione del big one che viene sempre fuori ogni qualvolta venga colpita una zona della California, è molto improbabile che avvenga a tempi ravvicinati sulla base di una serie di considerazioni che sarebbe qui troppo lungo fare. L’unica via, che poi è quella che ci ha insegnato Galileo, è cercare di capire come funzionino i terremoti, cosa è, quali sono le cause, qual è il funzionamento. E questo si può fare con strumentazione, con studi, seguendo la filosofia, la metodologia che nella sua bella introduzione citava Gargantini.
Domanda:
Perché si verifichi un grosso terremoto ci vuole del tempo, cioè, bisogna caricare le rocce di energia. Ora, se noi in una determinata zona registriamo delle piccole e medie scosse vuol dire che l'energia si libera gradualmente e quindi siamo più tranquilli, o no?
E. Boschi:
Questa è una domanda molto intelligente, in linea di principio dovremmo essere più tranquilli nel senso che è meglio avere mille scosse di magnitudo tre, che una sola scossa di magnitudo sei. Infatti quello che succede per esempio nel nostro paese, noi non abbiamo grandi scosse, le scosse più grosse sono state di magnitudo sette, che naturalmente provocano dei drammi paurosi come abbiamo tante volte visto, perché le case sono fatte male, ma questo è un altro discorso. Perché? Perché la nostra zona è estremamente fratturata, cioè non è abbastanza omogenea, la crosta su cui poi poggia l’Italia è estremamente fratturata, è estremamente rotta quindi non è bella compatta, quindi non può assorbire per lunghi tempi quantità di energia elevata, e quindi piuttosto che aspettare molto tempo e fare un terremoto di magnitudo nove come si verifica per esempio in certe zone fortunatamente disabitate, vicino all’Australia, in mezzo agli oceani, sono zone belle, compatte, pulite, quindi si deformano tutte compatte, assorbono una enorme quantità, e scaricano un enorme terremoto. Da noi abbiamo una situazione estremamente fratturata quindi possiamo avere numerose scosse piccole e quindi evitare le scosse forti, le scosse enormi che poco fa citavamo. Tuttavia però, le scosse piccole o meglio le scosse piccolissime, il loro variare, specialmente come varia il loro numero in funzione del tempo, sta a rappresentare l’evoluzione di un fenomeno nella zona sismica, in particolare nella faglia attiva che stiamo considerando, e può essere uno dei metodi migliori per.. probabilmente un giorno si verrà a considerarlo come uno dei migliori fenomeni propulsori. Per gli scopi appunto della previsione dei terremoti.
Domanda:
Volevo chiederle, la zona di Rimini e Forlì è una zona sismica, in base a quale criterio è stata scelta, perché alcune province, per esempio, Bologna, Modena non sono sismiche. Alcuni dicono appena l’hanno scelta ha cominciato ad attirare i terremoti, gli uomini hanno fatto delle leggi e Dio, come battuta, manda il terremoto dove non è sismico. Circa la previsione alcuni dicono non so se è attendibile, le bestie, il muggito delle mucche, o l’ululato dei cani. Però dicono che quelli lì pochi minuti o alcune ore prima, se attendibili. E dal punto di vista sociale se la scienza riesce a prevedere, qualcuno dice che sarebbe bene avvisare la gente, e qualcun altro dice che sarebbe un male perché si susciterebbe un panico, un allarme sociale. Quali sono le sue opinioni? E circa le costruzioni, per esempio, fatte in zona sismica, sono fatte in generale per resistere proprio o per dare un riparo e poi uscire all’aperto, non per abitare?
E. Boschi:
Per quanto riguarda il fatto che Forlì e Rimini sono state classificate sismiche è molto semplice: si basa semplicemente sul fatto che queste zone sono state colpite da terremoti nel passato. Per esempio Rimini è stata colpita da un forte terremoto il giorno di Natale del 1786, e un forte terremoto di intensità nove, e Forlì risente molto della attività sismica che si ha verso l’Appennino, Predappio, Santa Sofia, le zone tipicamente appenniniche. Mentre Bologna non è stata mai colpita seriamente da terremoti, per questo non e stata inserita. La classificazione, invece, è stata fatta in maniera abbastanza rozza, io ho seguito e quindi lo posso dire tranquillamente, anche perché bisognava fare in fretta perché all’indomani del terremoto dell’Irpinia, un po' ci si vergognava che non ci fosse una legge, allora fu una cosa fatta rapidissima, allora per individuare le zone si presero i confini dei comuni. Cioè un comune o era sismico o non era sismico questa e anche una cosa abbastanza assurda perché come tutti ben sappiamo, la geologia, i fenomeni geologici non conoscono le suddivisioni amministrative del Paese. Comunque, per fare velocemente si è fatto questo, poi si pensava di rifarla, si pensa sempre di rifarla in maniera più seria, ma ancora non è stato fatto. Per quanto riguarda poi gli animali, io non me ne intendo, onestamente, una volta lo chiesi a un famoso etologo che si chiama Danilo Mainardi, e lui disse che assolutamente non è vero, cioè gli animali sentono più o meno quello che sentono gli uomini, forse sentono qualcosa di più e quindi qualche processo che si verifica qualche minuto, qualche ora prima, in ogni caso il pensare di utilizzare gli animali per prevedere i terremoti non credo che regga, nessuno accetterebbe in realtà di sgombrare due milioni di persone, chiudere ospedali, chiudere industrie, per un mese, due mesi perché una serie di animali si comportano in maniera strana. Quindi noi non possiamo seguire questo fatto. Per quanto poi riguarda la previsione, certamente se uno fa una previsione all’improvviso senza che la gente sia adeguatamente in formata, senza che siano state fatte esercitazioni, tenendo conto che qualunque previsione è soggetta all'errore, cioè può essere sempre un falso allarme, falso nel senso che poi la natura segue il suo corso e quindi può darsi benissimo che il terremoto non venga, e quindi può darsi benissimo che il fuggi fuggi generale determini più vittime del terremo io da cui si cercava di difendersi. Chiaramente un arrivare a fare delle previsioni, in realtà non arriveremo mai a fare delle previsioni, arriveremo ad avere dati sempre più precisi che ci consentono di informare la popolazione sui rischi che sta correndo, la popolazione poi saprà come comportarsi dopo essere stata adeguatamente allenata, preparata a questo, come viene fatto in Giappone. Si sempre il Giappone, però i giapponesi sono fatti hanno una mentalità molto io ci sono stato, io ho visto queste esercitazioni, io non ce li vedo gli italiani fare questo tipo di esercitazioni. Si dice sempre, bisognerebbe fare come i giapponesi però non si fa mai. In ogni caso si vuole arrivare a una previsione, si vuole assolutamente la popolazione deve essere coinvolta fin dalle prime fasi. Cioè tutti gli studi che si fanno, bisogna trovare dei modi di coinvolgimento e di informazione, in modo chela gente sappia quello che si sta facendo. Cioè non ci sarà mai una previsione, non esisterà mai una previsione con una probabilità di riuscita del 100%, ci saranno dei margini di probabilità. Sarà del 50, del 60, del 70 a seconda dei casi.
Domanda:
Vorrei un chiarimento su due fatti. Prima lei ha parlato di magnitudo negativa. Cosa significa questo in breve. E, nella mostra si parla di una piccola inversione di polarità sulla terra, anche su questo vorrei un chiarimento.
E. Boschi:
Per quanto riguarda la magnitudo negativa, mi scuso, siccome la magnitudo del logaritmo, sostanzialmente il logaritmo dell’energia in base dieci, allora se l’energia ... allora per un numero molto piccolo, la magnitudo può essere un numero negativo. Per quanto riguarda la seconda domanda ci vediamo alla mostra.