Corpi e anime

Presentazione del libro di Maxence Van Der Meersch

Mercoledì 27, ore 18.30

Relatore:

Manlio Gessaroli, medico

Il tema di questo libro è l’umano; si potrebbe quasi dire che il tema del libro è il senso religioso, uno spaccato, un quadro, un affresco del senso religioso; è l’umano spolpato di tutti gli strati che si trova sopra, come quei cadaveri che vengono descritti nella camera dell’anatomia patologica in cui gli studenti si trovano a giocare con le viscere, con le parti più intime dell’uomo che hanno sul tavolo operatorio, e strato dopo strato arrivano a ciò che cercavano. Il libro è proprio questo: arriva a descrivere, a vivere l’umano, andando strato dopo strato al cuore della questione. Il libro descrive l’impatto dell’uomo così costituito, con tutta la sua carnalità, tormentato, mosso, arso dall’altro fattore irriducibile al primo, che si chiama anima o biblicamente cuore; è il senso e il livello del senso religioso, quell’insieme di esigenze e di evidenze elementari con le quali siamo buttati inevitabilmente nel rapporto con la realtà. La grandezza di queste domande, pur sepolta, pur evitata, censurata, riemerge sempre fuori, sotto l’impeto assoluto della realtà: questo è documentato in moltissimi punti.

C’è ad esempio un personaggio, un chirurgo eccezionale, il migliore in assoluto, ossessionato dal terrore di perdere la mano – perdere la mano vuol dire che la mano mentre opera comincia a tremare –, sposato con una moglie tremenda, e con un figlio non proprio ben riuscito, che i genitori tenevano nascosto: questo chirurgo viene descritto proprio nel suo terrore di questo figlio, di quello che potrebbe salvarlo. È solo un modo di far fuori le domande ultime, ma anche con tutti gli sforzi queste ritornano fuori, perché la realtà, deborda anche la volontà assoluta di negare tutto quello che di più caro abbiamo.

Tutti i personaggi del libro sono intenti a costruire la propria ipotesi, e vengono tutti percossi da avvenimenti sconvolgenti: tutto quello che hanno pensato, ipotizzato, è sconvolto da colpi di scena che vanno al di là dell’immaginazione. Tanti di questi eventi sono quelli che capitano tutti i giorni, che però sono coinvolgimenti dentro la persona, cose serissime, che portano poi a delle conclusioni impressionanti, come il politico, che pur dentro la grandezza di quello che era, dentro la sua potenza, riconosce di essere triste, nonostante abbia tutto. Oppure il padre di Doutreval, che si ritrova questo figlio, del quale aveva programmato tutto l’avvenire secondo la mentalità del mondo, innamorato di un amore straziante per una tubercolotica.

La realtà non sopprime le domande, il contraccolpo c’è, ce l’hanno tutti, ma la posizione originale di fronte alla realtà può permettere o di farlo fuori, di censurarlo, oppure di prendere sul serio quello che accade. Andando al fondo della realtà, si percepiscono due fatti, che sono drammatici, ma che sono la verità di quel che siamo: il fatto che da una parte tutto nella vita è effimero, è passeggero; e dall’altra il fatto che ci troviamo dentro un desiderio di infinito irrefrenabile. Il problema allora è buttarsi nella realtà per capire che cosa corrisponde ad un io fatto in questo modo e che cosa invece non corrisponde.

La realtà deborda, e allora i casi sono due: o si scopre la vertigine assoluta sulla quale la realtà ci porta, la vertigine del mistero (come Michel Doutreval, che si ritrova a chiedersi: "Sono forse pazzo?", senza terreno sotto i piedi, perché tutto il mondo andava dall’altra parte, e si sente da solo a seguire quello che gli veniva suggerito dal cuore), oppure l’altra posizione, si comincia a ridurre tutto; e nel libro si ritrovano descritte tutte le posizioni irragionevoli di fronte agli interrogativi ultimi.

Anche quando tutto è contro, diventa possibile poter tener duro con il cuore solo per un incontro, per un incontro con qualcuno: è stato così per Michel, è stato così per Evelina, il personaggio chiave. Questa tubercolotica, in fase aperta, con i bacilli che uscivano da tutte le parti, che non poteva uscire dalla stanza, viene visitata dal figlio del professore: è il personaggio che più ricalca la autentica posizione umana, in cui il nostro umano straziato, quasi tubercolotico, si ritrova visitato dall’avvenimento di Cristo, allo stesso modo. Per questo lei riesce quasi ad arrivare alla soglia dell’offerta e riesce in qualche modo ad uscire e a guarire da quel che ha fatto, a mantenersi dentro questa forza, datagli da questo avvenimento, e a tenere viva se stessa e il suo uomo, Michel, che nonostante tutti i dubbi viene tenuto in piedi proprio da lei.

Quello che è inesplicabile, che viene detto come inesplicabile, rimane mistero, rimane mistero anche per noi, ma ha svelato il suo volto: la verità dell’uomo è darsi, come Eveline mostra, perché il volto umano si è svelato nella storia. Il volto umano si chiama Cristo.

In una lotta così, tra una affermazione di sé ed il reale, da soli non ce la si fa; in qualche modo è necessaria una presenza con la quale fare i conti e che sostenga la vita.