Lunedì 26 agosto ore 17

I GIGANTI AFFONDANO NEGLI ARCIPELAGHI

partecipano:

Walter Kasper,

teologo, docente di Dogmatica presso l'Università di Tubinga

Stanislaw Grygiel,

filosofo

Le potenze mondane si infrangono non nello scontro con potenze più grandi, ma soltanto di fronte ad esperienze di vita autentica, capaci di collegarsi nella libertà, di riconoscere la storia e i legami che le uniscono, di non essere soltanto isole, ma arcipelaghi. Solo un'esperienza di solidarietà e unità tra gli uomini minaccia le realtà che si fondano unicamente sulla forza. Queste esperienze, vincendo la violenza e la volontà di potenza presenti in ognuno di noi, rendono possibile sperare nel naufragio di tutti i giganti.

W. Kasper:

Permettete che inizi con un racconto. E’ la storia di un cavaliere medioevale. Lo chiamavano Parsifal, il cavaliere rosso. Fin da ragazzo qualcosa lo spingeva a partire, voleva cercare e costruire da solo la propria fortuna. Così procedeva in cammino senza trovare pace. Dove sia diretto nemmeno lui può dirlo. Ma egli è alla ricerca del Graal, cioè alla ricerca dell'essenza dell'uomo: sulle tracce della Fortuna, della Verità e dell'Amore, alla ricerca della Salvezza. Alla fine giunge al castello di Re Artù e là viene nuovamente allontanato dal Graal, è maledetto. Poiché egli pensa di poter trovare il Graal senza l'aiuto di Dio, addirittura senza la coscienza di dover essere salvato, viene condotto, attraverso il cammino del dolore e del peccato, al dubbio ed alla disperazione. Finalmente il pio eremita Trevrizent gli indica la giusta via al Graal. Non è la via della battaglia che nasce dal baldanzoso vigore giovanile, non è la via dell'ambizione egoistica ed arbitraria. E’ anzi la Grazia e dono di Dio, ciò di cui egli abbisogna. Per questa via egli trova alla fine il Graal. Così giunge a fondare una nuova stirpe, una nuova cultura: la cultura cavalleresca. Perché vi racconto questa storia? Perché in essa si rispecchia qualcosa della nostra stessa storia. Perché noi siamo alla ricerca di una vita piena e felice. Ma numerosi, illustri scienziati e filosofi, i più grandi del nostro tempo, sono dell'idea che l'umanità sia giunta ad una profonda crisi. E’ una crisi completamente diversa da quella del passato. Finora si trattava sempre di crisi limitate a singoli uomini, alle singole famiglie, ai singoli popoli. Oggi non è più così. E’ come se l'umanità intera si trovasse nella stessa barca. L'uomo sta attraversando una crisi globale ed universale. Per la prima volta nella sua lunga storia, il genere umano oggi si deve chiedere innanzitutto se ha ancora un futuro. Si deve chiedere se può lasciare il pianeta terra indenne, abitabile e vivibile ai suoi figli e discendenti. Per la prima volta nella nostra storia siamo arrivati al punto di distruggere ed avvelenare tutto ciò che vive, addirittura di far saltare in aria la terra. All'inizio di questa situazione apocalittica, si ritrova l'atteggiamento che caratterizzava il giovane Parsifal. Noi uomini europei siamo usciti dalla casa paterna. Non volevamo più saperne di ordini e comandi che il nostro comune Padre celeste ci ha dato. La storia dell'età moderna inizia in questo modo, con gli uomini che volevano vedere, pensare e giudicare da soli. Volevano essere padroni del loro destino e fautori della loro propria fortuna. Vi è qualcosa di grande in questa moderna consapevolezza di libertà. Proprio in vista di queste minacce totalitarie dovremo mantenere e difendere la legittima eredità dell'età moderna. Ma noi dobbiamo anche renderci conto della ribellione intrinseca nella nostra cultura, che pensa di poter condurre la propria vita senza Dio, anzi contro Dio. E’ la tentazione primordiale, che incontriamo già nella prime pagine della Bibbia, che determina l'epoca moderna; l'uomo voleva essere come Dio. Voleva far uso dell'albero della vita. L'uomo voleva diventare superuomo e invece è spesso diventato un bruto. Il simbolo dell'uomo moderno è Prometeo, quella figura della mitologia greca che si ribella al dominio di Zeus, il padre degli dei, che arbitrariamente porta il fuoco dal cielo sulla terra, fondando così di propria iniziativa una cultura umana arbitraria senza gli dei, anzi contro gli dei, e che si fa gioco di essi. Già la mitologia greca conosce le gravi conseguenze di questo sacrilegio. Prometeo viene incatenato ad una rupe. Egli che voleva avere tra le mani il proprio destino deve subire una punizione. Così l'uomo moderno assomiglia ad un apprendista stregone che non riesce più a liberarsi dagli spiriti che egli invoca. Non ci rendiamo conto che da molto tempo la cultura e la tecnica, che noi abbiamo creato per dominare la natura, ormai dominano noi. Questo non vale solo nelle grandi cose bensì anche nelle piccole. Nelle grandi cose siamo soggetti ai meccanismi dei mercati internazionali, agli sviluppi delle evoluzioni tecnologiche e politiche che nessun singolo può capire completamente né controllare.Però nelle piccole cose la nostra civilizzazione è piena del culto dell'avere sempre di più. Le cose che vogliamo e dobbiamo possedere, ci possiedono e occupano noi e il nostro tempo. Al culto dell'avere appartiene il culto del consumo, del godimento, della carriera, della considerazione, del prestigio. La Bibbia ha descritto con molta precisione questa situazione quando parla della curiosità malsana, del desiderio della carne e della superbia. La Bibbia ci dice anche abbastanza precisamente il suo giudizio: questo atteggiamento non è solo non cristiano ma in fondo anticristiano. La mentalità di Prometeo potrebbe non aver lasciato tracce. Nel frattempo si è verificato un appannamento degli ideali, ma i migliori, soprattutto i giovani, sono di nuovo come Parsifal alla ricerca. La disperazione e la paura si sono impadroniti di molti altri. Non più Prometeo bensì Sisifo è il simbolo del nostro presente. Sisifo è quella figura della mitologia greca che per punizione, a causa della sua vita sacrilega, deve sempre far rotolare faticosamente una pietra sulla cima della montagna dagli inferi; poco prima dell'arrivo la pietra rotola di nuovo al suolo e Sisifò deve ricominciare da capo. Sisifo è un simbolo di ciò che è inutile e senza speranza. Questo ha fatto sì che al posto dell'alterigia subentrasse la pusillanimità. Non abbiamo più nessuna meta da superuomo. Perché dovremmo poi sforzarci? Quindi ci ritiriamo in una piccola felicità privata e abbandoniamo il mondo al diavolo nel vero senso della parola. Lasciamo cadere la grossa domanda sul senso della vita, sulla vera felicità, sulla giustizia, libertà e pace. Nella vita di tutti i giorni abbiamo già abbastanza preoccupazioni, e ci accontentiamo di sbarcare il lunario. La mediocrità è il trionfo. Eppure questa pusillanimità non è meno disumana dell'alterigia. Rinuncia a ciò che appartiene alla dimensione umana: la domanda, il desiderio, la speranza. L'uomo non vive letteralmente di solo pane, nemmeno solo del lavoro, del divertimento o della protesta. L'uomo è di più. L'uomo aspira al senso e all'essere accettato dall'amore. Chiede quindi qualcosa che possa comprendere tutto. Uno dei grandi pensatori della epoca moderna, Blaise Pascal, ha affermato una volta: l'uomo sorpassa l'uomo di un infinito". Solo un uomo che chiede, un uomo in cammino è un vero uomo. Un uomo che chiede e che cerca, che non giudica solo dall'apparenza esterna, che ascolta anzi la voce della sua coscienza, un uomo che non giudica e non considera facilmente come "si pensa", "si giudica", "si considera", un essere umano che non tradisce e non soffoca la sua voce interiore perché non tradisce la sua speranza e la sua nostalgia; un tale uomo è veramente libero e sovrano. Egli è invincibile tra i moderni giganti. Possono ucciderlo nel corpo come dice anche il Vangelo. Ma di fronte alla sua libera volontà, alla sua convinzione personale, alle sue idee, essi sono impotenti. In questa libertà che vince il mondo consiste la vittoria del martire di tutti i tempi sui Tiranni. La libertà della coscienza è l'impotenza dei potenti e la forza dei poveri e dei piccoli. La libertà è una forza morale, contro la quale nulla può. Un solo uomo che è veramente libero e un gruppo, un popolo di liberi sono da paragonare al piccolo Davide della Bibbia. Con una fionda ridicola egli ha ucciso il grande gigante Golia, armato di tutto punto. La libertà della coscienza è la grandezza dell'uomo, l'arcipelago in cui affondano i giganti. Così tutti insieme ed ognuno di noi singolarmente ci troviamo di fronte alla domanda: come dobbiamo orientarci? Per cosa dobbiamo deciderci? A cosa dobbiamo attenerci? Cosa ci trascina e cosa ci trattiene? Prometeo non può essere il personaggio principale e tanto meno Sisifo. E allora? Dove dovremmo andare? Il messaggio cristiano ci fa un'offerta alternativa. Ci rimanda a Gesù Cristo. Egli è, come dice la Bibbia, il nuovo Adamo, l'uomo nuovo. Egli è l'unica alternativa che ci rimane nell'attuale crisi. Gesù Cristo oppone all'alterigia e alla pusillanimità dell'uomo moderno un terzo atteggiamento: la magnanimità. Nella famosa lode a Cristo, nella lettera ai Filippesi del Nuovo Testamento, si dice di Gesù Cristo: "Egli era come Dio, ma non si ritenne uguale a Dio, spogliò se stesso e divenne come un servo per essere simile all'uomo". "Egli era come Dio". Questo non significa altro che Egli era il compimento del desiderio dell'uomo che tutto supera, poiché il cuore dell'uomo è così grande che solo Dio riesce a colmarlo. Solo Dio può essere uno e tutto per noi. Così Gesù Cristo è il figlio della stessa natura di Dio. Con Dio valgono altri criteri. Qui non vale il criterio dell'avere e del godere. Dio è amore, dice la prima lettere di Giovanni. Egli non ci dona qualcosa, bensì se stesso. In Lui non c'è traccia dell'essere egoista che vuole solo avere sempre di più, niente dell'alterigia che pretende di sapere e di fare tutto e sa elevarsi sopra ogni cosa. In Gesù Cristo l'alterigia si umilia ed inizia un cammino verso il basso. Egli diventa un servo, un povero uomo ubbidiente. Egli diventa un uomo come noi, si abbassa fino al dolore e alla morte. Niente dell'uomo gli è estraneo, con un'eccezione: Egli è senza peccato. L'essenza del peccato d’egoismo, gli è estranea. Egli è un uomo per gli altri uomini. Egli è l'Epifania dell'amore di Dio che si dona. Non vuol farsi servire, ma servire e dare la Sua vita per molti, per tutti. Questa è l'alternativa all'alterigia dei giganti e alla pusillanimità dei meschini. Non è forse vera grandezza, non vivere ed agire per sé, ma per gli altri? Non è vera libertà non essere legato a niente, neppure a se stesso per poter essere completamente libero per gli altri? Non è indice di vera nobiltà se qualcuno non chiede solo per i propri bisogni e interessi, e secondo i propri umori e stati d'animo, ma presta attenzione e avverte dentro di sé ciò che gli altri si aspettano da lui, ciò che si vuole da lui, qui e oggi? Da dove viene a Gesù Cristo la forza per una tale alternativa di vita e da dove prendono i cristiani, che lo seguono, tale forza? Non da loro stessi! Il Nuovo Testamento non si stanca di raccontare come Gesù Cristo si è tirato indietro per rimanere da solo per pregare. Qui sta il centro più profondo della vita di Gesù e non nella rivoluzione sociale! Poter essere uomo per gli uomini, e innanzi tutto l'uomo per Dio. Egli sa che è debitore a Dio, suo padre, per tutto. Ma sa anche che a colui che crede, tutto è possibile. Così egli è, come dice la Lettera agli Ebrei, la guida di coloro che credono. Quando la Bibbia ebraica dell'Antico Testamento parla della Fede, utilizza una parola che tutti conoscono, anche se non hanno mai imparato nessuna parola in ebraico: Amen. Originariamente Amen significava essere saldi, essere sicuri. Credere significa quindi rendersi saldi, fondarsi in Dio; credere significa fare di Dio il sostegno e contenuto della vita. Credere significa "dire Amen" a Dio con tutto ciò che questo comporta, e questa Fede nasce prima di tutto dalla preghiera. L'amicizia ed il legame con Dio non ci estranea dal mondo e dagli uomini. Al contrario! La Fede ci insegna a scoprire i segni della magnificenza e dell'amore di Dio in tutte le cose ed in tutti gli uomini. Chi crede non ha timore, chi crede, vede di più! Non vede solo il valore e la bellezza esteriore delle cose; egli scorge in Lui i segni di Dio e del Suo amore. Questo rende internamente ricchi, riempie di gioia e riconoscenza, è motivo di festa. Il credente vede anche come gli interessi personali, l'avidità e la mancanza di riguardo dell'uomo deturpino il volto della terra e calpestino i desideri umani.Il credente si assume la condizione della creatura tormentata, amandola. La fede non è mai una condizione privata ed interiore; essa si assume responsabilità pubbliche per gli uomini e per il mondo. Essa lavora per una nuova civiltà dell'amore (Paolo VI). San Ireneo da Lione ha scritto riguardo a ciò intorno all'anno 200: "L'amore di Dio è l'uomo libero". L'antico ideale monacale suona in questo modo: Ora et Labora, pregare e lavorare, al servizio di Dio e degli uomini, per Dio e per il prossimo. L'esistenza per Dio e per gli altri costituisce così un’unità indissolubile. Si fonda in Gesù Cristo stesso. Egli è vero Dio e vero uomo, puro e indivisibile. In lui vi è talmente la presenza di Dio, che non esiste più alcuna situazione umana che sia per principio senza Dio, completamente senza speranza. Dio ha accolto ogni singolo uomo. Colui che vive e agisce in questo credo, non ha più paura. Il potere dei giganti del nostro tempo è in lui distrutto. Egli è libero. allora, come dice l'Apostolo Paolo: "Cosa può dividerci dall'amore di Cristo? Angustia o bisogno o persecuzione, fame o freddo, pericolo o spada? Né morte né vita... possono dividerci dall'amore di Dio, che è in Gesù Cristo, nostro Signore". "Questa è la vittoria, che sconfigge il mondo - la nostra Fede". Torniamo ancora una volta all'inizio. Il cavaliere medioevale Parsifal aveva bisogno per essere l'espressione del suo tempo, di vivere in modo cristiano alternativo e di seguire Gesù Cristo sulla via della Fede e dell'amore. Egli è un uomo cavaliere e nobile. Nobiltà non significa possedere dei privilegi per approfittarne egoisticamente, nobiltà vuol dire grandezza interiore. Parsifal deve provare che non può raggiungere tale grandezza da solo, anzi che deve farsela donare. Egli capisce che noi uomini non possiamo fare da soli la nostra vita, ma ringraziare un Altro per noi stessi e per ciò che abbiamo; che ne siamo responsabili e dobbiamo renderne conto. La nobiltà e la cavalleria sono l'ideale dell'azione che muove ad una grande cosa., l'ideale di un servizio generoso; non da ultimo un favore dei più deboli e dei più poveri. Mi sembra ci siano oggi molte persone come Parsifal in cammino per cercare e trovare il Graal. Il loro numero diviene di giorno in giorno più grande. Nell'insieme rimarranno però una minoranza. Tuttavia il numero non è la cosa decisiva. Se siete saldi nella Fede e nella Speranza e se avete amore nel vostro cuore, allora siete invincibili come Davide di fronte a Golia. Su di essi si può e si infrangerà la potenza dei giganti e cadrà. Con essi incomincia un nuovo ordine, una nuova cultura, che è determinata dalla generosità dell'amore, che include libertà e giustizia e contemporaneamente offre di più. Tali uomini, che si decidono totalmente per Gesù Cristo, decideranno del futuro... La vittoria sui "Potenti ed i Forti" nel mondo è avvenuta una volta per tutte in Gesù Cristo. In Lui è iniziato il futuro. La nostra Chiesa è la comunità dei credenti in Gesù Cristo. Essa è il grande segno e lo strumento della vittoria di Dio. Per essa vale, che le porte degli inferi non la sopraffaranno. Essa durerà anche se tutti l'attaccano e la oltraggiano. Certo sappiamo che la Chiesa è anche la Chiesa dei peccatori, con errori, debolezze e a volte anche scandali. Se non fosse anche la Chiesa dei peccatori noi non ne faremmo parte. Non abbiamo nessun motivo di criticare, spinti dall'orgoglio e dall'arroganza, come è diventato di moda. Dovremmo cercare di rinnovare la Chiesa secondo lo Spirito di Gesù Cristo come segno per il mondo, e dovremmo iniziare da noi stessi, poiché non possiamo assolvere da soli questo grosso compito di cui si parlava. Dobbiamo rimanere in una comunità universale, che ci sostiene e che nello stesso tempo viene da noi sostenuta. In fondo, la Chiesa siamo tutti noi! La comunità e l'amicizia universale in una Chiesa è inizio significativo del Nuovo Mondo. La prima Epistola di S. Pietro non parla solo di una stirpe nobile, bensì anche di un popolo eletto e di un sacerdozio regale. In Gesù Cristo, presente nella Chiesa in modo efficace, si infrangono la potenza e la violenza dei moderni giganti. Quindi questa nostra Fede non è una viltà. Ci rende liberi, ci dà la Speranza, ci manda in tutto il mondo per costruirvi una nuova cultura; una cultura non di schiavi, ... ma d’uomini liberi e nobili, che, seguaci di Cristo, sono mossi dallo Spirito del dono e della comunione, che provano compassione per tutti i deboli, i poveri ed i miseri. Non si tratta di una mera utopia. t una realtà che è già iniziata con Gesù Cristo. "Tutto è possibile a colui che crede". "La gioia in Dio è la nostra forza".

S. Grygiel:

La Tavola è una realtà attorno alla quale gli uomini si incontrano e si riuniscono in una comunità. L'uomo che non dimora nella comunità non vive, ma dorme. Colui che dorme non è se stesso, perché non vedendo la realtà e gli uomini così come vivono accanto a lui, viene facilmente sottoposto ai diversi determinismi che nel sogno costruiscono per lui un mondo di fantasmi. Lo chiudono in esso e lo isolano. Colui che comprende il meccanismo di questi fantasmi può dominare il dormiente e farne uno schiavo. Ma perfino lui, il padrone, subisce a sua volta i meccanismi d’altri fantasmi, quelli che animano i suoi sogni. Anche lui è un dormiente, un essere solitario. Chi è solo, isolato dagli altri, non siede attorno alla Tavola Rotonda dove ogni posto è il principale. Dormendo, egli si costruisce nel sogno un tavolino solo per se stesso...Chi trasforma la Tavola Rotonda della Comunità degli uomini in un tavolino privato, vede negli altri dei sotto-uomini, più deboli, più stupidi, che possono essere ingannati, dominati e sfruttati. t così che il Cavaliere della Tavola Rotonda può trasformarsi, seduto ad un tavolino, in un baro. Sono queste le due possibilità di star seduti attorno alla Tavola, Cavalieri o bari. Vegliamo vivendo nel mondo reale oppure dormiamo sognando ciascuno un suo mondo privato. Perché è così? La Tavola è una realtà complessa, su di essa l'uomo trova il cibo senza cui non può vivere. La Tavola, perciò, è una realtà della vita, la cui qualità dipende dalla qualità della tavola stessa. E la qualità. della Tavola da chi dipende? Dai convitati. Sulla Tavola si trova il pane, il vino - frutti del nostro lavoro, del lavoro dell'intelletto, del cuore e delle mani. Di conseguenza la Tavola non è solo il luogo dove si mangia, ma anche il luogo dove si lavora. La Tavola è già lì dove comincia il lavoro. Da un certo punto di vista sia il lavoro, sia i suoi frutti sono realtà misurabili, quantificabili; impostando la nostra vita sulla misurabilità del lavoro e perciò sulla quantità del suo prodotto, costruiamo un mondo in cui se uno lavora di meno, cioè in modo non adeguato alla sua verità, automaticamente un altro è costretto a lavorare di più e ciò va contro la verità che lo costituisce. Costruiamo un mondo in cui se uno prende qualcosa in mano senza averla prima ricevuta, un altro ne sarà privato. E’ così che la giustizia non viene resa alla verità. I dormienti non sono dei giusti.Quando gli uomini si assopiscono in questo modo, si chiudono nel loro privato, cominciano a lottare tra di loro. In questa logica di sogno, chi lavora meno dorme di più sognando d’avere tutto per sé e vive secondo questo sogno. Questa mancanza di lavoro costituito dall'amore e dalla verità rende l'uomo soggetto a vari determinismi perché egli diventa sempre più capace di prendere senza prima aver ricevuto. Egli, infatti, non conosce la realtà e quindi non può riceverla, può impossessarsene solo costruendola. Prendere senza aver prima ricevuto distrugge la libertà dell'uomo e di conseguenza la comunità degli uomini. I Cavalieri della Tavola Rotonda, così assopiti, s'impossessano di tutto quel che trovano su di essa pensando ciascuno d’essere superman: diventando, alla fine, delle bestie. Che cos'è la bestia, che cos'è superman? Per capire in cosa consista la menzogna dei tavolini privati bisogna pensare alla Verità della Tavola. Guardiamo ai due archetipi della comunità dell'uomo. Ecco la Tavola di famiglia, attorno ci sono il padre, la madre e i bambini. Il padre riceve il pane e il vino dalla moglie, li divide e li offre a tutti. Nell'atto di donare si rivela nel pane e nel vino una nuova qualità che li trasfigura. Il pane e il vino così donati diventano qualcosa di più del solo pane e del solo vino... Il pane e il vino che nutrono solo la carne degenerano in elementi che hanno il solo scopo di far sopravvivere uomini soli, privi di relazione alla trascendenza di qualsiasi persona. Trasfigurati, invece, il pane e il vino diventano una realtà non quantificabile fino al punto che colui che dà di più, di più possiede e chi lavora di più, è più libero. Il Dono-Amore è l'inizio e la causa del mondo dei Cavalieri che vegliano. La negazione del dono ne fa 1egioni" di Cavalieri dormienti. Essi lottano tra di loro perché ognuno si sente danneggiato dagli altri pensando che ricchezza o povertà costituiscano il primo e più importante strato dell'essere. Mefisto, nel "Faust" di Góethe, guardando a questo tipo d’uomini, dice: "Essi lottano, come si dice, per i diritti, alla liberta ma guardando più al fondo, essi sono solo servi che combattono servi". .-.Abbiamo qui a che fare con una variante della dialettica servo-padrone. Il servo-sub-uomo lotta per diventare padrone-superman. E diventa invece bestia. Da questo punto di vista una certa teologia della liberazione educa gli uomini in modo tale che diventano bestie.... Attorno alla Tavola di famiglia, il Dono-Amore si mescola con il prendere, con il "do ut des", con l'odio. La storia dei Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù finisce tragicamente: lotte, guerre, scempi a causa della brama di possedere, finiscono per distruggere il regno. Nella battaglia finale tutti vengono uccisi. Rimangono solo in due: Re Artù e il suo figlio ribelle che trovano ancora la forza di ferirsi l'un l'altro fino alla morte.... Chi, allora, impedisce al nostro mondo di fare la stessa fine? Dove sono questi pochi puri ai quali è stato dato di intravedere la verità a renderle giustizia? Dove sono i cavalieri non macchiati dal possesso? Quando un puro si siede intorno ad una tavola, attraverso la sua limpida trasparenza gli altri intravedono ciò che hanno dimenticato, il dono del pane e del vino, che rende il loro essere attorno alla Tavola puri. In uno dei racconti della Tavola Rotonda leggiamo che quando un giorno compare miracolosamente il Graal, cioè il Calice in cui bevve Cristo nell'Ultima Cena e in cui Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo Crocefisso, "risuonò un tuono, poi un raggio di sole attraversò le vetrate, e fece apparire tutto ciò che era nella Sala due volte più luminoso: quelli che vi si trovarono ne furono illuminati come dalla Grazia dello Spirito Santo". E poi "a mano a mano che esso passava davanti alle Tavole, queste si trovavano imbandite delle carni più squisite: e ciascuno ebbe davanti a sé proprio quello che desiderava". Ai Cavalieri puri, cioè a coloro che vivono del dono che hanno ricevuto e che allo stesso tempo concepiscono la propria vita come un dono, viene data la possibilità di leggere la verità del mondo, dell'uomo e della Comunità umana scritta nel Calice Graal, "inizio e causa delle cose". là in tali momenti che riusciamo ad intuire quella realtà che storicamente è accaduta nel Cenacolo sulla Tavola dell'Ultima Cena. Ed è così che si rivela dentro di noi, nella nostra memoria, il secondo archetipo della comunità degli uomini. Questo secondo archetipo ci risveglia definitivamente dal sogno che ci isola ed allo stesso tempo ci consente di entrare nel mondo reale degli uomini, cioè nella piena comunità della Tavola...Il Calice del Cenacolo è rimasto dentro ciascuno di noi. Il Dono-Amore è dentro di noi, il Graal è "intimior intimo nostro". E per questo è così difficile trovarlo. Questo Calice ci risveglia affascinandoci con il suo contenuto, ci obbliga a cercarlo; a cercare il Dono-Amore facendo di se stessi un dono. Ecco la vita di Parsifal...Ho detto che il Graal si trova dentro ciascuno di noi, ma non è dato a ciascuno di vederlo. Tra i Cavalieri della Tavola Rotonda solo tre erano abbastanza puri per potersi avvicinare al Graal, Parsifal, Bohor, e Galaad. Ma solo .Galaad era completamente puro, senza peccato, e perciò solo a lui è stato dato di leggere nel Calice la verità del mondo "inizio e causa delle cose". Parsifal e Bolior assistono soltanto alla lettura. Da quando Galaad è stato assunto in Cielo, Parsifal e Bolior vivono solo della memoria. In virtù di essa cercheranno ciò che ha dato inizio ad essa, che l'ha causata.Chi è Galaad, quel cavaliere senza il quale Parsifal non è comprensibile? Un uomo compiuto, presente dentro di noi attraverso la speranza, ma dimenticato. Quando ci risvegliamo egli avviene - accade una nuova sua parusia. E in essa una nuova lettura della verità del mondo scritta nel Graal. Noi, invece, i Parsifal, i Bolior assistiamo soltanto a questa nuova lettura della verità del mondo, ricevendo il frutto del nostro lavoro. L'alternativa per Parsifal e Bolior è Giuda. L'uomo negli uomini è minacciato. Spesso essi nel tentativo di sottrarsi al lavoro di cercare, rifiutano il dono del Graal. Essi credono di riuscire da soli a creare l'uomo. Ed è così che il lavoro - quel cercare ciò che è stato perduto, come avrebbe detto Norwid - si trasforma nella produzione. L'atto della Creazione e il suo contenuto, la Verità, sono sostituiti dall'atto della produzione e dai prodotti. Nei Calici che compaiono sui tavolini è stata incisa la menzogna: "inizio e causa delle cose, " non è più il Dono-Amore; non è l'Amore che crea, ma il calcolo e la produzione. Impostando - ci dicono - la propria vita sul calcolo e sulla produzione, avremo sui tavolini tutto ciò che desidereremo; tutti avranno tutto, - saremo dei. Ma l'uomo effetto della produzione non è più uomo perché dentro di lui manca l'Uomo. Parsifal cessa d’essere Uomo quando dimentica Galaad. Che cosa rimane di noi? Ciò che produciamo: Homunculus. L'Homunculus è un prodotto di laboratorio, di un mondo artificiale così come lo leggiamo nel "Faust" di Goethe. Quel tipo d’uomo, perciò, è un uomo artificiale...Wagner, il produttore dell'homunculus, si rallegra per questa novità, ma Mefisto, un vecchio che ha visto tante cose, e che ha vissuto molto, gli dice: "In questo mondo niente di nuovo può accadere. Nella mia vita ho visto già tanti uomini cristallizzati". L'uomo è frutto dell'atto dell'amore, l'homunculus, invece, prodotto di un miscuglio d’elementi. L'uomo artificiale, homunculus, bestia o superman, vive in uno spazio chiuso, proprio accanto ad un tavolino. t nella chiusura che egli si sente se stesso. Egli stesso confessa: "là tale il proprio delle cose: a ciò che è naturale non basta neanche il cosmo, ciò che è artificiale, invece, richiede uno spazio chiuso". ("Faust") Homunculus... domina gli uomini, li tradisce, li abbandona, costringendoli, come disse Mefisto, a pensare più a "come" che a "cosa". Basta uccidere in un modo esteticamente accettabile per potersi sentire giustificati...là molto significativo ciò che dice Mefisto al termine del discorso appena citato: "Alla fine noi dipendiamo dalle creature che abbiamo prodotto". Superman e bestia sono nostri prodotti. Allora, che cosa farà il Parsifal di oggi? Si ricorderà di Galaad? del Calice Graal e della scritta? O piuttosto degenererà nel prometeismo? Dimenticherà il Graal e vedrà in ogni Calice una sua proprietà privata, diventando così Superman e bestia? Farà di se stesso un homunculus abbandonando l'Uomo per qualcosa che gli appare in sogno? Persino Parsifal è capace di abbandonarlo...In altri termini ci sarà nel mondo la giustizia che emana dall’inizio" e dalla "causa delle cose" oppure le giustizie costruite negli atti dalla produzione? Il mondo ha solo due possibilità: essere Tavola dei Parsifal. o tavolino per bari, cioè per superman e bestie. Partendo dall'etimologia greca della parola "idiotes" (che significa uomo chiuso nel suo privato) dobbiamo chiederci: questo nostro mondo sarà la Tavola dei Parsifal oppure degli idioti?