Venerdì 31 agosto, ore 17
SCETTICISMO, MERCE DI LUSSO
Partecipano:
Neil Young,
statunitense, psicologo, docente alle università di Seattle (stato di Washington) e di Dallas (Texas)
Pedro Morandè Court,
cileno, ordinario di sociologia presso la Pontificia università cattolica del Cile.
Lo scetticismo è, almeno nei paesi industriali avanzati, una risposta frequente alla grande domanda posta dal Meeting ‘84: se cioè la Con cono tolleranza sia possibile. Di fronte alla complessità ed alla varietà dei popoli, elle culture, delle fedi non ci sarebbe niente di meglio da fare per sé, se non eludere ogni problema, ma anche ogni speranza, non avendo posizione, non prendendo parte. Il che implica anche Al non avere incontri, lo stare a debita distanza da ciascuno e da tutti, uomini realtà ed avvenimenti che potrebbero interpellare e riscuotere dal proprio quieto vivere. Lo scetticismo, ‘merce di lusso’, è purtroppo diffuso – diceva – nei paesi industriali avanzati, ricchi, del Nordamerica e dell’Europa, mentre ha meno presa nei paesi ‘poveri’, per esempio nell’America Latina. Anche qui però non è sconosciuto.
N. Young:
Buona sera, sorelle e fratelli in Cristo. Quindici anni fa, quando c’erano ancora gli hippies ed io naturalmente ero un hippy dei più convinti e decisi - partecipai a Woodstock ad un meraviglioso concerto. L’atmosfera era magica. Eravamo una grande folla, un mare di gente, e pensavamo che da noi sarebbe nato un nuovo mondo, sarebbe nata una nuova coscienza. E fu davvero cosi, ma per tre giorni soltanto. Un mese dopo, mi recai in California per prendere parte ad un altro concerto che si pensava dovesse essere un’altra Woodstock. Invece ci furono incidenti e scontri causati da gang di motociclisti di Los Angeles: un ragazzo fu ucciso e molti furono malmenati. Nell’arco di un mese si era passati dal cielo di Woodstock all’inferno di questo concerto in California. Perché, mi domando, noi americani ci siamo aspettati, e poi abbiamo accettato la morte del bambino nato a Woodstock? Comunione e Liberazione mi ricorda Woodstock, ma il bambino nato con Comunione e Liberazione, questo bambino, Cristo, è diventato una persona bellissima. Perché il vostro bambino ha potuto crescere mentre quell'altro, quello di Woodstock, è stato ucciso? Perché il vostro bambino è rimasto sempre in buoni rapporti con i suoi genitori, le sue radici, la sua matrice: la Chiesa Madre e Dio Padre l’hanno aiutato a crescere. Il vostro Movimento si basa sulla verità trascendente. Il movimento giovanile americano, invece, si basava su dei sentimenti, su delle sensazioni del tutto estemporanee. Adesso vi parlerò della speranza: una speranza che trovo qui in Comunione e Liberazione, e che non trovo negli Stati Uniti, se non dove perdura la tradizione cristiana. La storia delle Americhe è la storia della speranza. Le Americhe rappresentano la speranza di milioni di persone in un nuovo tipo di vita. Tutti gli americani sono figli di tale speranza e l'incarnazione delle speranze dei loro antenati, le Americhe che impersonificano da più di 35.000 anni la ricerca di una maggiore libertà per esplorare nuove frontiere di Dio e d’oro. Più di 35.000 anni fa, infatti, i primi americani, originari della Cina Settentrionale, si insediarono nell’attuale Canada e nell’attuale Nuova Inghilterra. Successivamente giunsero nell’America Centrale e Meridionale popoli originari del Sud-est asiatico Più tardi - cinquecento anni fa - cominciarono ad arrivare ondate d’europei e d’africani in cerca di una realizzazione delle loro speranze e dei loro sogni; alcuni divennero purtroppo schiavi delle speranze e dei sogni altrui. Oggi la maggior parte degli americani è schiava, schiava dei mercanti. Per i motivi storici sopraccitati, le Americhe sono da sempre considerate terre di speranza, nuove frontiere e ricche di possibilità di prospera esistenza per il futuro. Tuttavia, dato che gli USA, in particolare, sono stati un paese di grandi speranze che spesso si sono risolte nel nulla, inevitabilmente sorgono falsi profeti del futuro o ‘futurologi’. La loro falsità è dimostrata dalle innumerevoli pubblicazioni e dal profitto che da esse traggono Dal punto di vista sociale la vera profezia è da sempre scomoda. I profeti ‘pop’ sono rari nella storia veri non terminano di solito la loro vita tranquillamente seduti a leggere libri, bensì pagando di persona. Gli insegnanti e gli studenti delle nostre università americane, invece di studiare e lavorare in modo creativo e ricco di speranza, formano I profeti una particolare classe sociale basata sulla presunzione che sia un loro privilegio studiare non ciò che dovrebbe essere, e che può essere fatto, bensì ciò che è fatto. In questo modo la classe istruita accetta la conoscenza come fine a se stessa, e coltiva ‘visioni del mondo’ e culti d’idee invece di rispondere alla necessità di un atteggiamento programmatico che operi in modo creativo e ricco di speranza per una comunità affiatata .La struttura sociale attuale è dominata dalla tirannia disumanizza dello scetticismo, della separazione spirituale e della disperazione. Inoltre lo scetticismo è una forma sofisticata di repressione. Noi non riusciamo a vivere senza operare qualche forma di repressione, semplicemente perché non possiamo prestare attenzione ad ogni cosa ed esprimere ogni cosa. Ognuno di noi sceglie normalmente di reprimere un’esperienza ed esprimerne un’altra, nel bene e nel male. Colui il quale assume un atteggiamento scettico, sceglie di reprimere l’esperienza di certezza, speranza, amore e gioia. Egli lo fa in parte perché teme le sorprese, le delusioni e la propria capitolazione davanti a Dio. Laddove lo scetticismo domina l’esistenza, il controllo di se stessi e il controllo sociale diventano una dittatura. E’ nemica dello scetticismo la mancanza di paura nei confronti della fede e della speranza, così come la sorpresa dell’amore e della gioia. I nostri nuovi pseudoprofeti, o ‘futurologi’, non prevedono alcun cambiamento repentino in questo processo di crescita dello scetticismo. In effetti questa visione del futuro ci pone in un mondo ‘esente da sorprese’, senza alcuna speranza di liberazione. Con questo modello di cambiamento continuo, lento, evolutivo, non esiste la speranza di un mutamento improvviso e nuovo all’interno dei fattori che danno forma alla nostra vita. In questo modo i ‘dotti’ ci disumanizzano rubando al nostro cuore la speranza di un cambiamento e di una ‘salvezza’ .radicale. Vi sono parecchi falsi profeti nelle scienze sociali per quanto concerne il futuro dello scetticismo. Questo pseudo futuro ‘1984’ può verificarsi solo a condizione che si sopprimano due elementi fondamentali del cuore dell’uomo e della storia: l’elemento dello stupore e della buona volontà presenti in ogni individuo, al fine di fare delle scelte su questa terra. Lo stupore dà calore alla vita quotidiana e per lo scettico lo stupore supremo è paragonabile alla vita dopo la morte. Ciascun cristiano è chiamato a fare delle scelte in un mondo che si sta inabissando in vari tipi di disperazione e mancanza di rapporti. Questo fare delle scelte è un diritto che ciascun individuo acquisisce fin dalla nascita. Noi, in ogni momento della nostra vita, abbiamo la possibilità di fare delle scelte su questa terra, circa i modi in cui manifestiamo e concretizziamo il nostro amore per il prossimo. Questo significa prendere con decisione posizione contro la pressione sociale e psicologica che sta alla base dello scetticismo. Significa essere pieni d’amore e di speranza nei confronti di coloro i quali mancano d’amore e di speranza. Significa coltivare l’abituale atteggiamento di un santo; essere pieni cioè di speranza e d’amore nonostante ciò che accade, ciò che appare in superficie. Per coltivare questa coscienza creativa (che non risponde automaticamente allo stimolo scettico come nel caso di una cavia di laboratorio) è necessario che sia costituita una contro comunità creativa. Sono del parere che Comunione e Liberazione sia una contro comunità creativa di questo tipo. E’ la comunità creativa che sostiene una continua speranza che salva dal soffocante scetticismo della società contemporanea. Al fine di creare un’amorevole e salvifica speranza tra gli uomini, la comunità deve coltivare tra i suoi membri un forte senso di solidarietà, contro gli effetti disgreganti dello scetticismo. In questo senso è necessario costituire una comunità contemporanea di santi. Diventare santi: questo è l’atteggiamento verso il quale proiettarci. I semi della santità vivono nei cuori di ognuno di noi ma devono essere coltivati con cura, attenzione e amore. Ogni cuore è un seminario - o vivaio - in cui, il seme della santità aspetta di essere innaffiato e curato così da poter dare i frutti dell’amore di Dio. La speranza per il futuro non è da ricercarsi nelle Americhe, ma nei cuori di quegli uomini che decidono di mettere le loro forze al servizio della santità per creare Sante Comunità d’Amore attivo. In questo senso noi dobbiamo scegliere se far parte del problema della cultura contemporanea o della sua soluzione Occorre coltivare e dare degli esempi viventi di Fede, Speranza, Amore e Gioia Se non lo facciamo siamo parte del problema; se invece lo facciamo siamo parte della soluzione. Se non lo facciamo contribuiremo ad allargare la spaccatura creata dallo scetticismo nel cuore della coscienza contemporanea. Se lo facciamo fioriremo come una comunità di santi amorevoli. Che cosa può distogliere la gente dall’alienazione della visione scettica del mondo ed avvicinarla invece all’esperienza salvifica e piena di speranza e d’amicizia tra gli uomini? Per trovare una risposta adeguata a tale quesito dobbiamo concentrarci su due elementi fondamentali della nostra esperienza di ‘essere vivi’: il corpo umano e l’incontro umano. Ogni nostro respiro è pieno di speranza: quando Dio creò Adamo, trasmise nella materia il respiro eterno d’amore e di speranza. Solo l’amorevole volontà di Dio sostiene il processo della respirazione del nostro corpo; di questo possiamo essere certi. Ogni respiro testimonia la volontà di Dio, il nostro compito è di colmare sempre le nostre anime di speranza. L’atto d’inspirazione è un processo fisico, psicologico e spirituale per cui ci si riempie di speranza ad ogni istante, spontaneamente grazie alla volontà di Dio, che lo si voglia o meno. Il corpo di una persona disperata sembra crollare; i polmoni si piegano su se stessi come girasoli privi di luce solare. Per i polmoni tutto sembra privo di speranza; e si avverte la disperazione. Tuttavia ad un livello più profondo d’esperienze, i polmoni continuano ad accettare il respiro della vita. In questa prospettiva, la vita del corpo umano con ogni suo respiro poggia su di un’incarnazione continua anche se perlopiù inconscia della speranza Un’antropologia cristiana parte dall’assunto che fede, speranza e amore siano di già e sempre presenti nel cuore umano e che costituiscano fonda mentalmente la nostra umanità. Possono essere oscurati dalle ansietà, dalle strategie difensive, come avviene per la luce solare durante un’eclissi, ma sono sempre e di già presenti, non aspettano altro che di essere scoperti e risvegliati. Ne consegue che l’assunto del cristiano nell’interazione sociale e che fede, speranza e amore vivono nel cuore del prossimo in attesa di essere risvegliati. Questa è stata la mia esperienza come psicoterapista. Il risveglio reciproco del cuore più recondito sta alla base del vero incontro. Inoltre, questa qualità d’incontro vero è la base di tutta la vera guarigione dell’anima. In tal modo la speranza e l’amore che costituiscono l’azione non hanno esistenza solo al nostro interno, ma anche tra di noi. Sono queste le basi su cui costruiamo un vero incontro e una vera amicizia. E ancora, possiamo costruire solo partendo da terra e andando verso l’alto Possiamo sicuramente affermare che l’amore vive al centro del cuore di tutte le persone, ma non possiamo aspettarci che contraccambino il nos amore anche se noi li amiamo. Se ci aspettiamo questo significa che stiamo sfruttando questa relazione per un interesse personale. Inoltre, le nostre aspettative sono destinate a condurci alla delusione e saremo condannati a divenire scettici. Siamo chiamati a sperare e ad amare attraverso Cristo e non ad attenderci, come risultato delle nostre attività personali riconosci menti o la felicità. Come S. Agostino ci dice nella ‘Città di Dio’: ‘Qualsiasi realtà non basata sulla speranza nell’amore e nella vita eterni è una falsa felicità’. La vera felicità non può essere basata su reazioni mutabili e interpretazioni fatte da un'altra persona. Quando la nostra speranza e il nostro amore sono basati su una fonte eterna d’amore, il Cristo che vive dentro e tra di noi, allora la nostra felicità è basata su un piano sicuro. Possiamo quindi agire con la certezza che il Cristianesimo richiede. Il corpo umano e l’incontro tra persone si incontrano quando preghiamo Dio insieme. La preghiera è un gesto di speranza nei confronti del trascendente. Inoltre la preghiera è sempre nemica dello scetticismo. Se la preghiera non è sentita nel profondo del cuore ed è priva di speranza, si alimenta lo scetticismo. Nella preghiera e nel lavoro il potere spirituale della speranza deve scaturire dal cuore per arrivare alla nostra testa e alle mani - in un continuo movimento dell’anima - è allora che noi incontriamo veramente il prossimo e il nostro Creatore e incarniamo con certezza che la speranza è ciò che noi siamo - che noi siamo la speranza in azione. Unito ai fratelli e alle sorelle in Cristo delle Americhe lancio l’appello di speranza gridato dai poveri del Messico: Viva Cristo Re!
P. Morandè Court:
(...) Benché nato in un certo modo dalla opulenza, l’atteggiamento scettico non riguarda soltanto gli opulenti; è un passatempo costoso che trascina con sé non solo chi adotta liberamente questo atteggiamento, ma anche tutti coloro che a lui stesso oggettivamente si collegano, in modo che lo scetticismo presenta una faccia molto diversa per chi può dilapidare la propria eredità e per chi non è ancora giunto all’autonomia, necessaria per assicurarsi la base materiale dell’esistenza. Nel primo caso può trattarsi di un atteggiamento assunto dal di dentro, benché mutino considerevolmente le ragioni che l’hanno originato. Nel secondo invece si tratta di un atteggiamento indotto da una relazione oggettiva di dipendenza nei confronti di coloro che sono in grado di giocarsi la propria identità. Parte importante dello scetticismo latino-americano, che pure esiste, si può interpretare facendo riferimento a questa seconda situazione. Mai si sono verificati fra di noi movimenti scettici fondati sulla nostra tradizione culturale. Nel caso latino-americano lo scetticismo non solo è una merce di lusso, esso è anche una merce importata. L’origine sociologica dell’atteggiamento scettico fra di noi occorrerebbe collocarla nel contesto del collasso delle repubbliche oligarchiche, avvenuto nei primi due decenni di questo secolo. I gruppi sociali emergenti, classi medie e proletariato, cominciano a contendersi la presenza nella vita urbana della ‘polis’ attraverso le loro proprie organizzazioni. L’oligarchia si rende conto che il proprio modello di società non è sufficientemente universale per renderla capace di accogliere questi nuovi gruppi, ma, nello stesso tempo, non vuole abbandonare proprio stile opulento di vita. Sente inoltre minacciata la propria identità e si sforza di salvare la situazione con soluzioni di compromesso. In tutti i paesi scoppiano conflitti rivoluzionari o pseudo rivoluzionari che rivendicano la costituzione di uno stato nuovo che estenda alle masse popolari i benefici che offre la vita urbana e che assuma un ruolo dirigente nella conduzione degli affari economici. E’ l’epoca del nazionalismo latino-americano, fortemente antioligarchico e anti-imperialista. Come nasce in questo contesto l’atteggiamento scettico? Fondamentalmente dalle file della stessa oligarchia. Comincia in essa un processo autocritico di revisione del secolo XIX che assume diverse sfaccettature. A volte tende ad una ricostruzione romantica e idealistica del passato storico, specialmente dell’epoca della prima colonizzazione che è anche l’epoca della formazione delle ethos latino-americane e si interpreta la situazione di crisi come risultato di un'apostasia interiore. In altri casi si ricorre alle teorie spengleriane sulla decadenza dell’Occidente, cui vedendone la crisi, il principio della fine della cultura occidentale di essa stessa, l’oligarchia, si sentiva portatrice. In altri casi, infine, si adottano posizioni millenariste criticando aspramente la vita politica in quanto tale e predicando invece un atteggiamento di ritiro dall'impegno politico e di ripiegamento in una vita privata vissuta in modo segnatamente moralistico. Ben diverso invece è l’atteggiamento dei ceti medi e dei ceti popolari, i quali avvertono che è giunta l’ora di costruire un mondo sociale diverso, che risolva effettivamente la questione sociale e identifichi lo stato con gli interessi dei nuovi gruppi in ascesa. Per i ceti medi ebbero a questo proposito un enorme importanza la dottrina sociale della Chiesa e li esperimenti europei d’indirizzo socialcristiano. Ma anche la corrente laicista legata strettamente agli istituti educativi, collegi e università, si batte senza riserve per la costruzione dello stato nuovo antioligarchico. Sembrava che lo scetticismo dell'oligarchia fosse niente più che il riflesso del suo fallimento nel tentativo di integrare nuovi gruppi sociali e che questi sarebbero riusciti con la loro forza mobilitatrice a costruire un futuro di speranza. Tuttavia così non fu. Sin dalla fine della guerra mondiale, il latino-americanismo, che si era sviluppato con una forte connotazione etica, rivendicando la cultura autoctona e cercando di rispondere alla crisi morale innescata dal collasso oligarchico, comincia a subordinarsi al modello di sviluppo tecnocratico spalleggiato dal Nordamerica. La questione dello sviluppo della modernizzazione comincia a definirsi come un problema prima tecnico che morale. Si crea quindi nell’elite-dirigenti un atteggiamento ‘desarrollista’ da desarrollo, sviluppo (‘desarrollismo’: analogo al nostro ‘progressismo’. Ndr) sostenuto dalle scienze sociali che avviano il loro processo d’istituzionalizzazione nelle università caratterizzate dalla secolarizzazione di tutte le prospettive assiologiche, cioè di valore. Nel suo pieno apogeo si top diagnostica persino che il principale ostacolo allo sviluppo è rappresentato dall’ethos tradizionale dei popoli latino-americani, dando così inizio ad una nuova epoca di dispotismo illuminato. Questa volta neppure in nome della ragione naturale bensì della razionalità formale tecnocratica. La consegna dolci è: senza secolarizzazione non c’è sviluppo, in altre parole si costituisce lo poi il Ecco i scetticismo come una ideologia del progresso e si pretende che la popolazione assuma questo atteggiamento quale condizione della propria possibilità d’integrazione nel mondo moderno. Non si può dire che questo atteggiamento non sia penetrato profonda mente nella popolazione, non in tutti gli strati sociali certamente, sicura mente però in quelli orientati verso la mobilità sociale ascendente. L’incremento della burocrazia pubblica e privata, dell’espansione della secolarità, l’incremento delle professioni e in generale l’aumento delle entrate dei ceti medi, costituivano ragioni più che sufficienti per una autodefinizione indipendente dall’ethos culturale che sembrava adesso completamente subordinata alla razionalità tecnocratica. Tuttavia questo fenomeno fu solamente superficiale, alla crisi oligarchica che aveva assunto caratteristiche essenziali non si poteva rispondere nei senza una riformulazione profonda dello stesso ethos culturale. L’orientamento tecnocratico ridefiniva il problema senza giungere alla radice, esige va da parte della gente l’abbandono della, propria storia e delle proprie tradizioni, del proprio particolarismo per inserirsi nel funzionalismo universalista della razionalità formale, vale a dire si presupponeva che i soggetti divenissero astratti, niente altro che titolari di ruoli sociali programmati per tempo dai pianificatori della modernizzazione. Un simile presupposto ovviamente non poteva avere svolgimento se non nelle teste stesse dei tecnocrati. La gente non cambiò, continuò come sempre, legata alle proprie tradizioni culturali e alla propria storia. Cambiò soltanto l’atteggiamento delle élites desarrolliste, che dietro l’iniziale ottimismo cominciavano a tradurre il loro scetticismo tecnocratico in scetticismo culturale. Ereditano allora lo stesso atteggiamento della oligarchia innanzi al proprio fallimento, ma le giustificazioni, le spiegazioni osai che ora si danno di questa crisi d’identità cominciano ad essere soltanto urlai, poni politiche. Il problema è la correlazione delle forze, la mancanza di mobilitazione politica, l’inadeguato indottrinamento, l’alienazione, la persistenza con delle tradizioni culturali. E’ evidente che il fallimento dei modelli desarrollisti dipese anche da cause politiche, ma le élites neoilluministe furono incapaci di vedere dietro questo fallimento politico una crisi più sostanziale che rinviava in ultima istanza al sostrato culturale violentato dalle proposte modernizzatrici. Di questo nuovo tipo di scetticismo ideologico e militante stiamo cominciando ora a prendere coscienza, ma quanto profondamente radicato sia e quanto difficile sarà superarlo può ricavarsi con chiarezza da queste parole di un eminentissimo intellettuale latino-americano. Alla domanda sui suoi progetti immediati e dopo aver fornito vari esempi in una intervista puntualizza: Inventerò altre distrazioni, per esempio? Infastidire. Occorre destabilizzare la gente, rompere la sua soddisfazione in qualsiasi modo. Ma infastidire come tu dici provocare, è troppo astratto, come lo faresti? Risponde: Devo risolvere prima di tutto un sofisma, il mio argomento etico contro Dio. Non dico che Dio esiste. Affermo che esiste, ma che non deve esistere. E’ un essere immorale perché permette non il male, ma infiniti numerosi mali concreti. Mi piacerebbe come cristiano controcorrente come sono, poter scegliere l’inferno senza frivolezza in una conversazione con Dio. Gli direi: Sei, ti abbiamo voluto amare, non devi essere, occorre uccidere Dio e provocare il suicidio universale dell’uomo e la sua immagine, la sua somiglianza. Per questo è necessario e sono fautore della rivoluzione socialista perché una volta fatta gli uomini si domandino: Tutti mangiamo, non ci sono né ricchi né poveri, esiste la giustizia, e adesso, avranno la risposta? Niente, morire. Ma finché esiste Dio che è vulnerabile perché dipende dall’amore e non c’è rivoluzione posso dedicarmi come tutti a certi compiti concreti. Qui finisce la citazione. Balza agli occhi che questa rivendicazione del socialismo non ha nulla a che vedere con quelle d’origine popolare. In questa esiste, non c'è progetto culturale, non c'è costituzione del soggetto storico, ma al contrario confessione d’impotenza e di vuoto culturale. Curiosamente, è un atteggiamento analogo a quello dell’oligarchia, benché si voglia impiegare questo scetticismo in senso antioligarchico. La citazione precedente non ci sembra molto rappresentativa della situazione attuale delle élites neoilluministe che assunsero lo scetticismo come un a priori ideologico della modernizzazione. Con differenti sfumature troviamo espressioni abbastanza simili nei diversi paesi e fra le diverse professioni. In fondo si osserva che il fantasma oligarchico continua ad essere presente e svolge un ruolo di modello esemplare per i gruppi ascendenti o con attese di mobilità ascendente. Poco importa in questo senso l’abito ideologico di cui si veste in un dato momento il vuoto culturale, a volte di sinistra, ma altre volte anche neoliberale o centrista. Il fatto sostanziale è che la crisi dei progetti modernizzatori ha portato le élites che li avevano promossi ad uno scetticismo militante che ha impedito fino ad ora la loro riconciliazione con l’ethos latino-americano. Questa semplice riflessione sociologica ci mostra come l’atteggiamento scettico si deve analizzare non soltanto come una risposta psicologica dell'opulento davanti ad una situazione in cui la sua identità culturale e la sua sopravvivenza materiale sono assicurate, ma anche come un atteggiamento collettivo assorto dai gruppi dirigenti innanzi al tema della modernizzazione. In parte essa si spiega con il successivo fallimento delle diverse proposte di sviluppo esperimentate. Nello stesso tempo però la presenza di questo atteggiamento scettico è una causa di fondo del fallimento dei piani di sviluppo. L’adozione dell’atteggiamento tecnocratico svuotò il contenuto culturale tutte le mete modernizzatrici. Come tali piani avrebbero allora potuto trovare un appoggio stabile nella popolazione al di là del sostegno occasionale e opportunista di coloro che vedevano in queste mete un mezzo d’arrampicamento sociale? Normalmente, dopo un breve periodo iniziale di appoggio, le proposte modernizzarci naufragavano perché non riuscivano a conciliare gli interessi della popolazione con quelli dei pianificatori: di qui la crisi di legittimazione del piano proposto. Lo scetticismo come a priori ideologico dei progetti di modernizzazione è il principio responsabile delle soluzioni autoritarie che negli ultimi venti anni si sono sperimentate in diversi paesi dell’America Latina. Difatti, poiché il divorzio fra i piani di modernizzazione e l’ethos latino-americano non potevano che produrre una permanente crisi di legittimità dei governi, si è cercato attraverso il ricorso alla forza di superare questa difficoltà. Vano coni tentativo certamente, dato che la crisi di legittimazione richiede la riconciliazione delle istituzioni sociali con l’ethos culturale vigente; e questi governi fondati sulla forza, ben lungi dal diminuire questa distanza, l’hanno ingrandita. La loro associazione al monetarismo neoliberale ha rafforzato ancora di più le tendenze scettiche e ha mostrato anche che qualsiasi proporzione etica, come per esempio la lotta per i diritti umani, risulta incompatibile con i piani di modernizzazione così intesi. Ma d'altra parte neppure la popolarizzazione favorisce la rivendicazione dell’ethos culturale, la logica della guerra e della soluzione di forza tenta molti oppositori, poiché vedono in questa soluzione una soluzione rapida e definitiva. Queste soluzioni tuttavia non una crisi di identità culturale e di riconciliazione col nostro ethos. L’accordo sociale che si chiede non è quello delle élites neoilluministe scettiche bensì quello che discende dall’adeguamento dei piani modernizzatori alla tradizione culturale del popolo. E il sostrato religioso latino docili americano è specificamente cattolico, quello che si ribella contro una modernizzazione secolarista ispirata alla razionalità formale tecnocratica. La lotta contro lo scetticismo implicito nel paradigma della modernizzazione è così la nostra condizione per la sopravvivenza e lo sviluppo. Questa lotta contro lo scetticismo è anzitutto un problema interno delle società latino-americane, ma è anche intimamente legato al conflitto nord-sud, e nel nostro caso particolare all’influenza ideologica nordamericana. Come si è già detto lo scetticismo ha costituito un’esigenza dei piani innovatori e le Esci società industriali lo hanno imposto ai paesi in via di sviluppo. L’espansione delle civiltà industriali e della razionalità tecnica a livello mondiale ha richiesto a tutti i popoli di rinunciare alle proprie culture regionali per partecipare a un’ecumene fondata sull’incremento costante della produttività del lavoro e all’accumulazione del capitale. Lo scetticismo è stato in questo contesto l’arma ideologica della deculturazione regionale. Per i paesi dà Terzo Mondo questo significa concretamente che è loro consentito solo di riflettere sulla propria identità in quanto transeunti verso la modernità e non a partire dalla riconciliazione con il proprio ethos, che è visto come un ostacolo allo sviluppo e all. cui relazioni di scambio commerciale. E’ sufficiente osservare, ad esempio, considerare le imposizioni del Fondo Monetario Internazionale ai paesi debitori oppure le imposizioni in materia di popolazione, e di controllo delle nascite ai paesi poveri, per capire in tutta la sua ampiezza il prezzo culturale che si deve pagare per partecipare ai benefici della modernità. E’ possibile la tolleranza in questi termini? Da pane nostra pensiamo che la tolleranza può costruire solamente fra i diversi popoli a partire dal riconoscimento del diritto di ciascuno a ricercare la propria identità culturale ed a svilupparla in conformità del proprio ethos particolare. Si tratta di una tolleranza che deve valorizzare la pluralità dei soggetti storici concreti, persone e popoli, prima della omogeneità di soggetti astratti, definiti solamente come portatori di relazioni di scambio mercantile. Nel nostro caso significa che il mondo industriale e, particolarmente, l’America del nord deve comprendere che il sostrato cattolico dell’ethos latino-americano non è una vernice sovrastrutturale da cui si possa prescindere quando si tratta di pensare in termini economici o geopolitici. A sua volta si pone per noi l’esigenza di vedere ciascun popolo del mondo industrializzato come portatore di una cultura regionale particolare, e non soltanto come il possessore di scienza e tecnologia che occorre imitare. In altre parole, la vera tolleranza può venire soltanto da soggetti storici che riconoscano se stessi in quanto tali, nel modo particolare in cui ciascuno vive storicamente i valori che hanno costituito la sua identità. Ciò implica il superamento dello scetticismo che spersonalizza individui e popoli e calpesta la loro dignità; come nel caso della parabola dà Figlio prodigo, soltanto il ritorno all’intimità della casa del Padre può restituire la dignità del figlio posta in gioco al momento dell’abbandono. Sul piano della cultura, significa che solo con la conversione profonda ai valori della vita che albergano nel nucleo di qualsiasi ethos, si può fondare non solo la tolleranza tra soggetti storici diversi, ma anche l’amicizia e la comunione.