Quei barocchi moderni e senza paura
Lunedì 24, ore 11
Relatori:
Pedro Morandè
Santiago Sebastiano Lopez
Pedro Morandè è nato a Santiago del Cile nel 1948. La sua area di specializzazione è la sociologia della cultura e della religione, sulla quale ha realizzato numerosi studi riguardanti la realtà latinoamericana.
E’ docente di sociologia presso la Pontificia Università Cattolica di Santiago del Cile di cui è Pro-Rettore. E’ inoltre membro del Pontificio Consiglio per la Cultura, e fa parte del consiglio di redazione di alcune riviste, tra cui Nexo di Buenos Aires.
Ha pubblicato tre importanti libri e un centinaio circa di articoli, in Cile e in altri paesi, la maggior parte dei quali sul tema della identità culturale latinoamericana, l’ethos barocco, la presenza della Chiesa nella memoria dei popoli latinoamericani e le sfide culturali poste dal processo di modernizzazione.
Morandè: La Conferenza Generale dell’Episcopato latino-americano, tenutasi a Puebla, ha riconosciuto che la cultura dei popoli latino-americani aveva un proprio substrato cattolico formatosi con la prima evangelizzazione e consolidato, in modo ininterrotto, dalla presenza ecclesiale di cinque secoli. Questa affermazione, che non è stata accettata in modo indiscusso, anche all’interno della stessa Chiesa, è stata di nuovo sottolineata con le celebrazioni del quinto centenario e la conferenza di Santo Domingo: "Nuova evangelizzazione, promozione umana e cultura cristiana". Tale cultura cristiana ha la propria origine nel Barocco meticcio, che si è formato lungo tutto il secolo XVII e che è stato il risultato storico dell’incontro tra le molteplici famiglie di popoli che hanno visto subito intercollegate le loro vite, le loro tradizioni, le loro lingue, le loro relazioni parentali, la loro organizzazione sociale e la loro esperienza religiosa. La possibilità di questa sintesi sarebbe impensabile senza la presenza evangelizzatrice della Chiesa, la quale, senza cessare di essere un segno di contraddizione nella storia, come sempre, ha offerto un criterio di interpretazione degli accadimenti storici a partire dall’orizzonte universale del mistero di Cristo, che ha consentito l’interrelazione tra tutti i protagonisti e soprattutto la valorizzazione positiva dell’esperienza dell’incontro.
Tre sono le caratteristiche precipue di questa esperienza culturale. Prima: la visione ecumenica della storia e delle culture. La sintesi barocca parte da una visione ecumenica o universale della storia umana. Questa visione è stata resa possibile dal lato europeo attraverso l’espansione oltre mare e la circumnavigazione del pianeta, che ha messo in contatto non solo l’Europa e l’America, ma anche l’Europa con l’Africa nera e con il lontano Oriente. Sul versante amerindio questa visione ecumenica è stata possibile grazie all’esistenza di una cultura che identificava la società e il cosmo in modo tale che la stessa esperienza di incontro tra diverse etnie, anche se in modo parziale, è durata comunque per secoli. A questo si univa una cosmovisione in cui la natura, gli animali, gli uomini, i demoni e gli dei coabitavano. La consapevolezza di abitare lo stesso mondo, nonostante la diversità delle lingue, delle etnie, delle culture, obbligò a livello religioso, a superare visioni consolidatesi nei secoli.
L’esistenza di culture complesse da evangelizzare rappresentava un nuovo indizio e richiedeva uno sforzo di riflessione che non trapiantasse meramente la storia europea ma che scoprisse le caratteristiche universali della condizione umana celate nella diversità delle sue forme storiche di esistenza. Questo, a mio avviso, è stato uno dei meriti principali della Scuola di Salamanca e, successivamente, dell’evangelizzazione post-tridentina effettuata dalla Compagnia di Gesù.
Da un certo etnocentrismo europeo il Barocco è stato considerato unicamente come l’espressione della Controriforma. Se questa visione forse è appropriata al Barocco europeo, penso non abbia senso per un continente come quello americano che non ha avuto riforme né guerre di religione. Il Barocco per l’America ha rappresentato una cosmovisione in cui rientravano tutti i popoli e tutte le specificità dell’ambiente naturale. Offriva la possibilità di partecipare ad una vera e propria ecumenicità. Lo si può percepire sia nella filosofia sia nella teologia elaborata dall’esperienza dell’incontro, ma anche nella liturgia, nell’arte, nell’architettura. Il Barocco non si è strutturato come un forma di organizzazione politica, ma come una cosmovisione basata su un’esperienza vera e propria di incontro e di comunicazione di tradizioni culturali diverse. Mi sembra anche infondato raffrontare l’opera evangelizzatrice dell’America con lo spirito di crociata e il modello di cristianità medioevale. L’America rappresenta una novità rispetto alla comprensione della storia. Se l’evangelizzazione pre-tridentina ispirata all’Umanesimo e al Rinascimento non è riuscita a capire questa novità ed ha esteso le categorie culturali europee al suolo americano, la formazione del Barocco corregge questa visione, presentando la novità americana all’interno dell’ecumene. L’arte rappresenta una testimonianza vivente di questo atteggiamento, che vuole imparare dall’incontro fra culture, mantenendo la consapevolezza di universalità. Gli artisti meticci italo-americani introducono nelle pitture la flora e la fauna locale, i volti che hanno dato vita all’incontro e quelli che ne sono poi emersi, i colori che riflettevano l’esuberanza dell’universo e fra questi ultimi la doratura, l’oro laminato. Così hanno conservato la tradizione americana del valore di culto e di cerimonia, dell’oro, che poi fu strappato per essere trasformato in moneta. Il Barocco ha acconsentito a questa sintesi, non ha presentato le differenze fra le culture come separazioni tassative, ma come specificità dell’esperienza più universale della condizione umana. La sua parte fece la filosofia della Scuola di Salamanca, che volle riconoscere il diritto di esistenza e di sviluppo di ogni popolo, con la propria tradizione e la propria identità culturale. Il concetto di Barocco non è quindi un concetto geo-politico, ma un concetto di sintesi culturale, che vuole valorizzare l’unità e l’universalità del mondo e della vita umana, così come la diversità delle esperienze storiche, dei volti umani e dei paesaggi naturali che definiscono il mondo. Si tratta di un concetto di sintesi e non solo di tolleranza o di coabitazione, in quanto emerge dall’esperienza storica di incontro fra popoli e culture con le proprie angustie, preoccupazioni, allegrie, con le proprie tragedie, con le proprie commedie.
L’atteggiamento più profondo del Barocco ibero-americano è costituito dalla drammaticità della vita, edificata sulla convergenza delle tradizioni indigene la cui antropologia l’ha espressa attraverso numerosi riti e tradizioni basate sul valore assoluto della persona. Il Barocco ibero-americano non ha conosciuto lo sviluppo culturale dei libertini né degli scettici, come è avvenuto in Europa, il che gli ha consentito di conservare integro il significato drammatico e liturgico dell’esistenza.
Una seconda caratteristica che vorrei sottolineare della cultura Barocca è il suo sforzo, piuttosto riuscito, al fine di integrare la tradizione orale con la scrittura. Al momento dell’incontro fra Europei e Amerindi, il Castigliano presentava la prima grammatica della sua lingua, pubblicata nel 1492. Ciò ha reso possibile usare questo idioma non solo come lingua franca che consentisse a tutti di capirsi, ma anche come lingua di riferimento per mettere per iscritto le tradizioni delle lingue parlate dagli aborigeni. Certamente non è un progetto semplice, in quanto l’oralità e la scrittura non sono solo due strumenti diversi di comunicazione, ma anche due forme completamente differenti della presenza del soggetto nel mondo. In Spagna questa difficoltà e il suo superamento rimasero immortalate nel romanzo di Cervantes Don Chisciotte. Si raccontano le avventure di due personaggi che guardano al mondo da presupposti completamente diversi: Don Chisciotte vede se stesso e la realtà che lo circonda a partire dai libri della cavalleria, mentre Sancio Panza guarda il mondo partendo dalla tradizione orale, la cui saggezza è rimasta memorizzata nei detti popolari e nei proverbi. Cervantes mostra con abilità e con maestria le difficoltà di comprensione e gli equivoci impliciti in questo rapporto. Non serve bruciare i libri, come cercano di fare gli amici e i vicini del Chisciotte, per guarirlo dalla sua pazzia in quanto la scrittura è una logica, un procedimento di osservazione e di ragionamento che, una volta acquisito, si può riprodurre più volte. Tuttavia: don Chisciotte non vede la tradizione orale di Sancio con disprezzo o con antipatia, ma, piuttosto, con tenerezza, con comprensione, così che Sancio fruisce della sua compagnia. Per questo le difficoltà fra entrambi i tipi di cultura possono essere sanate; si può creare una interdipendenza tale che ognuno dal suo specifico orizzonte di comprensione mostri e insegni all’altro qualcosa sull’universalità della natura umana, sui suoi problemi e sul suo destino. La separazione di entrambi i personaggi lo interpreto come una sorta di conclusione: una cultura scritta, separata dall’oralità, termina con se stessa. Il Barocco ibero-americano non ha avuto come quello spagnolo l’immensa e ricchissima produzione letteraria del "ciclo de oro": il contatto dei popoli aborigeni e dei meticci con la scrittura era ancora molto recente. Tuttavia, basandosi sulla pittura, sul teatro, la oreficeria, la danza, l’architettura e la poesia orale, la sintesi barocca ibero-americana persegue lo stesso obiettivo. In questo senso, ritengo di potere affermare che questa sintesi si è concretizzata attraverso l’evangelizzazione, in quanto la Chiesa ha rappresentato in se stessa una sintesi fra l’oralità e il testo, attraverso l’azione rituale. La priorità del rito sulla dottrina è stata una caratteristica permanente dell’evangelizzazione post-tridentina dell’America. La prevalenza del rituale sulla parola è una delle caratteristiche più profonde del Barocco, che ne plasma tutte le espressioni culturali. Octavio Paz ha affermato, facendo riferimento alla Conquista, che, se per gli Spagnoli si è trattato di un’impresa, per gli indigeni è stato un rito, la rappresentazione umana di una catastrofe cosmica. Il Barocco cerca di riconciliare entrambe le dimensioni, impresa e rito, eroicità e naturalità, azione umana e grazia divina; tuttavia, al di là dei contenuti semantici con cui questa sintesi viene espressa, mi sembra che il Barocco ibero-americano, privilegiando il rito, crei lo spazio di universalità necessario per l’incontro fra culture che sappiamo diverse e con categorie a volte antagoniste. L’efficienza simbolica del rito opera per se stessa, attraverso se stessa, ancora prima che si proponga una spiegazione o che la si possa capire. Si sa che molti riti indigeni avevano molte similitudini, nella loro struttura, con i riti cristiani, cosicché l’incontro ha potuto operare attraverso l’efficienza simbolica e la forza della carità. Questa è la ricchezza della memoria espressa attraverso il Barocco, che a volte ha raggiunto solamente il sincretismo, ma che, nella maggioranza delle regioni ibero-americane, si esprime con una grande coerenza sintetica. Dietro le diversità delle culture, l’uomo scopre, nell’incontro con l’altro, i tratti dell’universalità della sua condizione.
La terza ed ultima caratteristica del Barocco è l’esperienza del meticciato. Il meticciato è il testimone muto di un incontro effettivamente avvenuto fra popoli che, in modo inatteso, hanno visto collegate le loro vite, ed è forriero, quindi, di una chiave ermeneutica per aver accesso alla memoria storica della formazione dell’Ibero-America. Ovviamente, occorre differenziare le esperienze del meticciato a seconda del tipo di organizzazione sociale che avevano i popoli degli Amerindi. Tuttavia, al di là di queste differenze, al di là delle varie espressioni che assume la drammaticità dell’esistenza, il meticcio configura una presenza in cui ritroviamo tutte le etnie e tutti i gruppi sociali. Da un versante ideologico il meticcio è stato presentato come il figlio illegittimo e non desiderato della Conquista. Un’altra tesi, con profilo psico-analitico come quella di Octavio Paz, vuole presentarlo quale risultato di una grande violazione rituale della donna indigena da parte del conquistatore, giocando sul doppio senso della parola conquistatore a livello dei rapporti sessuali e a livello politico. Dal punto di vista sociale, il meticcio ha avuto vari significati: per alcuni popoli indigeni, organizzati in base a vincoli di parentela, il meticcio è stato il frutto dell’alleanza con popoli appena arrivati; per quelli invece organizzati propri in base ai culti, era la causa e l’espressione del disordine cosmico. Ritengo che i conflitti di interpretazione emergano in tutti i loro aspetti se facciamo il tentativo di leggere la storia con gli occhi del meticcio. La lettura indigenista vuole mantenere l’identità dei popoli aborigeni, come se il loro contatto con l’Europa fosse stato veramente accidentale e non avesse trasformato la loro cultura; così, mentre contrapponiamo il mondo indigeno e quello iberico, crediamo di mantenere l’identità e il lascito culturale di millenni, delle tradizioni amerindie. La lettura europeista, invece, vuole conservare il carattere europeo della cultura ibero-americana, come se il contatto con i popoli indigeni afro-americani fosse stato anch’esso accidentale e non avesse avuto effetti sull’identità della loro cultura. Entrambe le interpretazioni sono obbligate a presentare la tesi del non incontro tra europei e amerindi, per poter così realizzare il tentativo di mantenere l’identità specifica di ognuno. Nei casi, ovviamente, in cui vi è stato un incontro, dicono che una parte ha annientato l’altra, cosicché, allo stesso modo, le identità sono rimaste integre, senza alcun cambiamento. E’ stato facile scoprire che nell’uno e nell’altro caso il meticcio è l’elemento sacrificato, perché è la testimonianza vivente dell’incontro. Il meticciato non è comprensibile se non partendo dall’esperienza dell’incontro fra le culture europee e quelle amerindie. Il meticcio è la novità "sacrificata" dell’incontro, sia da parte degli Europei, sia da parte dei popoli indigeni che avevano iniziato il loro processo di stratificazione sulla base del rito. Le identità in gioco erano quelle delle rispettive tradizioni. I popoli indigeni non hanno avuto problemi per accettare e per promuovere il meticciato e nemmeno ne hanno avuto i missionari della Chiesa, che hanno visto in esso la possibilità di lanciare un ponte fra le tradizioni cristiane e quelle indigene. Dobbiamo considerare che il meticciato operava in genere fra la donna indigena e l’uomo europeo, creolo-meticcio, in modo tale che attraverso di lui si arrivava alla donna indigena e quindi al cuore, al fulcro della trasmissione culturale fra le generazioni. Considerando questa miscela possiamo concludere che l’atteggiamento verso il meticciato, non necessariamente ostile da parte della società, è stato subordinato alle identità originarie che avevano storia o tradizione. Il sacrificio sociale dell’identità meticcia si basa sul fatto che non ha una tradizione storica precedente all’esperienza dell’incontro, ma si riferisce ad essa, all’incontro; per questo la riflessione sul meticciato in Ibero-America è originaria, costitutiva, riassume la valorizzazione dell’esperienza dell’incontro. Il presunto peccato della mancanza originale di tradizione del meticciato, unito al carattere tributario attribuito al lavoro, al retaggio di culto della società indigena e alla dimensione liturgica e sacramentale dell’esistenza trasmessa dalla prima evangelizzazione, fa sì che l’ethos barocco ibero-americano abbia un grande carattere di sacrificio, il quale si esprime nei rapporti sociali, nell’accettazione di un calendario e di una temporalità il cui ordine è posto finora dai cicli della natura. Si tratta del sacrificio che si orienta verso il consumo e la festa. I rapporti di scambio di solito si costituiscono in vincoli di reciprocità fra gruppi, famiglie, persone, vanno al di là dell’oggettività del prodotto scambiato e delle caratteristiche utili, perché creano spazio di amicizia e di convivenza solidale. A differenza del puritano, per il Barocco c’è tempo in eccesso: nessuno possiede il proprio tempo come proprietà, questo appartiene alla natura e a sua volta appartiene al Mistero che sostiene le cose.
L’espressione religiosa privilegiata del meticciato ibero-americano è il culto mariano: in esso vi è la vera chiave di interpretazione del Barocco. Non esistendo una storia comune da condividere fra i popoli indigeni ed europei che si sono trovati ed incontrati, il quesito sulla universalità della condizione umana si è orientato più che alla ricerca dei fatti storici di riferimento comune, alle origini stesse dell’uomo. Così l’immagine della Madre Terra, o Madre di tutti gli uomini, nei maggiori centri di culto amerindi, ha trovato in Maria la possibilità di capire, di integrare, di valorizzare l’esperienza reale dell’incontro che stava accadendo tra popoli che cominciavano a conoscersi. Il meticciato ha trovato anche nel culto mariano il proprio punto di inserimento nella storia ibero-americana e nell’ecumene mondiale che cominciava a prendere forma, dato che l’immagine venerata di Maria non rappresentava certo un principio di differenziazione etnica o di livello, bensì la possibilità di riconoscere e di esprimere l’unicità della condizione umana, al di là delle circostanze storiche specifiche. In Maria si venera e si scopre il significato globale dell’esperienza dell’incontro fra persone popoli e figli di varie storie, che riconoscono la stessa origine, e fra pellegrini che, malgrado la diversità dei loro cammini e dei loro percorsi, scoprono un destino identico. In essa si venera anche l’incontro tra Dio e l’uomo e si scopre nelle sue braccia la parola incarnata che si fa pane, che riunisce tutti senza esclusione e che soddisfa i bisogni degli uomini. Il volto meticcio della Vergine di Guadalupe è stato uno dei pochi simboli dei popoli ibero-americani: oltre che rappresentare la speranza, la donna vestita di sole, sul punto di partorire, ha rappresentato anche la dignità della loro origine, della loro condizione.
Santiago Sebastiano Lopez è direttore del Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Valencia.
Lopez: Lunga fu la polemica sul termine e sul concetto di Barocco, dal formalismo ad oltranza alla visione più comprensiva e culturalmente più moderna che abbiamo oggi e che io presento. Il termine Barocco non può indicare solo uno stile formale del XVII secolo. Il concetto moderno di Barocco implica che ogni opera di una certa categoria abbia un’individualità, un carattere unico: tutte le opere di quest’epoca hanno un comune carattere retorico, perché si è trattato di un’arte fatta per Dio, ma anche per agire sugli uomini, per offrire loro un insegnamento, per commuoverli.
Il Barocco in Iberoamerica può essere considerato dal punto di vista sociale, religioso e stilistico. L’arte nei suoi vari generi: architettura, scultura, pittura è stata espressione di una società estremamente gerarchizzata: indios, meticci, neri, bianchi. Dal punto di vista religioso, quella società ha vissuto seguendo le linee del Cattolicesimo della Controriforma. Il Barocco è stato uno stile internazionale, creato in Italia e da lì diffusosi nell’Europa dell’Est, e nell’Iberoamerica, quindi il Barocco del viceregno è stato un’espressione regionale di questo stesso fenomeno stilistico. Le formule pittoriche, scultoree, spaziali adottate erano, all’origine, europee, ma, dopo essere state trapiantate in ambito americano, si sono trasformate nelle proporzioni, nel senso della decorazione, e della composizione. Quindi, il carattere iberoamericano di quest’arte non sta nelle forme medesime, ma nel modo in cui le stesse sono state interpretate. Possiamo concludere che in Iberoamerica hanno avuto impatto le tendenze sorte in Europa, che poi hanno acquisito una vita parallela, ma diversa: sono così sorte creazioni personali che hanno preso le distanze dai modelli europei. Il Barocco è apparso quando era trascorso oltre mezzo secolo di vita coloniale cosicché le condizioni economiche della società del viceregno consentivano che l’estetica americana si manifestasse in opere monumentali paragonabili a quelle europee. Il momento non poteva essere più adatto, soprattutto dal punto di vista religioso, sociale ed economico. Tutto questo ha coinciso con i due secoli di affermazione del Barocco. Nel simposio sul Barocco in Iberoamerica, tenutosi a Roma nel 1980, sono aumentate le critiche verso il concetto di Barocco proprio della scuola tradizionale. Di fronte a tante posizioni contraddittorie, è d’uopo sottolineare lo sguardo acuto di chi ha visto nell’architettura del Viceregno, malgrado le varianti e gli elementi diversi, una forza unitaria che va dalla California alla Terra del Fuoco, e che fa sì che proviamo le stesse sensazioni se attraversiamo una viuzza dell’antica capitale del Guatemala o una stradina nella periferia di Salta in Argentina. Attraverso il Barocco il continente acquisisce gerarchia simbolica e unità cui contribuisce il fatto che esso sia un’arte essenzialmente religiosa che si manifesta addirittura a livello civile, in quanto la sua missione fondamentale è stata quella di promuovere una civiltà basata sulla fede cristiana. Dall’opera più modesta fino a quella più monumentale, lo stile ci porta verso l’ispirazione, con una forza più esteriore che interiore, in tal modo che le facciate con i riquadri su pietra producono la sacralizzazione dello spazio esterno. Lo spazio sacro nel tempio americano non è tanto quello all’interno, ma soprattutto quello all’esterno.
La Controriforma è stato un fenomeno decisivo, determinante. L’arte è diventata uno strumento di propaganda del cattolicesimo, conformemente alle linee imposte dal papato e dai Gesuiti, la cui azione ha prodotto fatti così diversi, come la fondazione dell’Accademia di San Luca, da parte di Gregorio XIII, o la formulazione della poesia come attività di moralizzazione. Il Barocco ha reagito davanti alla crisi della forma, nel Manierismo, non solo per recuperare il valore universale di essa, ma anche il valore intrinseco dell’immagine. Carlo Argan ha scritto, a riguardo, con la massima intuizione: "La difesa e la rivalorizzazione dell’immagine e quindi dell’arte che la produce è la grande impresa del Barocco; inizia quando la Chiesa, già sicura di aver contenuto l’attacco protestante, passa alla controffensiva. Contro l’antiimmaginismo e l’iconoclastia della Riforma, la Chiesa romana afferma il valore ideale e il bisogno pratico della dimostrazione, della prova visiva, a titolo di edificazione e di esempio dei fatti della sua storia; incentiva i modi più spettacolari dell’arte, così come il carattere spettacolare del rito del culto". La liturgia è stata nelle varie epoche un elemento determinante dello spazio religioso ecclesiastico, e la manifestazione liturgica è una delle chiavi del Barocco iberoamericano, non solo all’interno del tempio, ma anche all’esterno, portando la sacralizzazione alle strade, alle piazze, soprattutto in occasione delle grandi festività come quella del Corpus Domini.
Durante il Barocco l’ordine religioso che meglio seppe interpretare le aspirazioni spirituali della società coloniale fu l’ordine dei Gesuiti, con un’impronta brillante e duratura. Per quanto riguarda l’architettura si è parlato troppo dell’imposizione del modello gesuitico quando in realtà dall’inizio vi è stata una felice diversità di modelli, anche se è stato conservato l’obbligo di avere l’autorizzazione di Roma. Nel Barocco di tradizione ispanica predominò lo spazio antidinamico, a livello ecclesiastico, ma vi furono esempi importanti di spazio barocco secondo due tipologie: quella centrale e quella longitudinale, perché il tempio è stato visto come un centro e un cammino in cui si manifestano i dogmi fondamentali della religione cattolica.
Questa visione del Barocco non sarebbe completa se non considerassimo il contributo dell’elemento indigeno. La maggiore novità è stata la tematica americana della decorazione, con elementi assunti dalla flora e dalla fauna dell’ambiente, così come altri elementi del passato precolombiano. In genere è avvenuta una degenerazione delle forme o una tendenza alla riduzione dello spazio interno. Il Barocco prettamente del viceregno presenta nelle sue opere del XVII secolo un riferimento alle tracce dell’ambiente americano, in quanto la cultura barocca, animata da un profondo sentimento cristiano, ha cominciato ad avere la consapevolezza del valore della natura e l’ha introdotta nella concezione mistica del mondo. Occorrerà chiedersi: qual è stata l’origine dei dettagli decorativi assunti dall’ambiente vegetale? Ad esempio il motivo della frutta nel Barocco è, come nel Gotico, non solo ornamento, ma anche un’offerta, un ricordo dei benefici di Dio. Chi rimane alla superficie delle cose e crede si tratti di decorazione pura e non vede in questa integrazione della natura e dell’architettura un senso religioso consapevole ed autentico, non potrà capire il Barocco.
La Chiesa cattolica ha sofferto nel XVI secolo una profonda scissione in Europa, a causa della Riforma, e di fronte a questa grave situazione ha reagito con nuovi sistemi di attrazione per recuperare i fedeli perduti. L’America si offriva come un campo nuovo per superare la crisi. Dopo il Concilio di Trento, la Chiesa ha intrapreso, con l’aiuto degli ordini religiosi, il recupero spirituale dell’Europa. Intellettuali cattolici hanno scritto libri di carattere combattivo che sembrano aver accompagnato gli eserciti nelle loro campagne politiche e religiose. Anche se si tratta di libri di teologia, occorre considerare che sono stati scritti in un momento di controversie, che hanno caratterizzato i secoli XVII e XVIII; d’altro canto, gli ordini religiosi dal secondo quarto del XVI secolo e anzitutto i Francescani, hanno svolto il compito della conquista spirituale per concretizzare il mandato evangelico: "Andate e predicate in tutte le nazioni". Di fronte alle notevoli difficoltà, i Francescani si sono ingegnati per insegnare i misteri della religione cattolica attraverso un metodo ancora in voga: l’audiovisivo. In questo momento iniziale emerse un francescano inquieto, Fried Diego de Balades, autore di un’opera fondamentale per la comprensione delle linee direttrici assunte dall’evangelizzazione: La retorica cristiana. Questo francescano spagnolo visse in Messico, venne a Roma, in San Pietro in Montorio e, nel 1579, pubblicò a Perugia il citato libro con lo scopo di formare buoni predicatori e grandi conoscitori delle regole dell’eloquenza cristiana, per applicarla poi alla conversione degli indios americani. Questo libro di Balades non è stato un trattato di retorica secondo i canoni tradizionali ma presenta nuove alternative metodologiche rispetto alla conversione degli Indios, in quanto propone come metodo ideale l’insegnamento religioso attraverso rappresentazioni e pitture e ricorda il naturale attaccamento degli indios alle pittografie, come emerge dalla loro struttura geroglifica. E’ significativo che i Francescani del Nuovo Mondo, al momento di presentare l’evangelizzazione degli Indios, associassero una forma di linguaggio grafico ad un altro di tipo orale. Diego de Balades dedicò addirittura cinque capitoli dell’opera citata all’arte di memorizzare soprattutto con diretto riferimento agli Indios che usavano immagini e disegni per apprendere e risultò chiaro che imparavano meglio se i missionari usavano questi quadri illustrati. Questo francescano affermava che la memoria è lo strumento più importante al servizio dell’oratore.
La propaganda dei Sacramenti è stato uno dei temi più frequenti in America, soprattutto quelli della Penitenza, dell’Eucarestia e dell’Ordine sacerdotale. La Confessione è stato il Sacramento più combattuto dai cosiddetti Riformati e si pensò che il modo più convincente per favorirlo fosse quello di presentare personaggi che emergessero per la loro consapevolezza del peccato e per le pratiche di penitenza. Altrettanto avvenne con l’Eucarestia, esaltata nelle processioni del Corpus Domini, nei quadri allegorici o nelle Cappelle Sacrali, costruite con caratteri indipendenti assieme alle cattedrali. Il sacramento dell’ordine sacerdotale è stato esaltato nel riquadro maggiore di S. Francisco di Bogotà, in un programma complesso di perfezione religiosa, il cui titolare è stato il Santo di Assisi, considerato Alter Christus.
Le idee astrologiche-religiose, di lunga tradizione nella cultura occidentale, si imbarcarono nella grande avventura d’oltremare, lasciando nelle terre esotiche dell’America barocco-ispanica una traccia indelebile, più forte della presenza dei libri che resero possibile tutto questo. La Cappella del convento domenicano nell’isola Repubblica di Santo Domingo è un’opera del XVII secolo che ha nella sua facciata un rilievo della Vergine del Rosario, devozione strettamente domenicana e, nella volta, le rappresentazioni planetarie di carattere maschile, oltre che i segni dello Zodiaco. I pianeti, in questo assieme, alludono ai temperamenti umani, sotto questa modalità: il collerico, Marte; Mercurio, malinconico; Giove, sanguigno; Saturno, flemmatico. Costituiscono un riferimento all’uomo nella sua diversità di temperamento, mentre l’immagine del Sole allude a Cristo. In questo messaggio astrologico-religioso, la diversità degli uomini era legata alle influenze malefiche dei citati pianeti maschili. Solo la verità e la luce di Cristo potevano salvarli, grazie all’intercessione della Vergine Maria, rappresentata come Vergine del Rosario.
In questa breve sintesi sul Barocco nel Nuovo Mondo deve risultare chiara l’importanza che hanno raggiungo le immagini come segno di modernità. Il metodo d’insegnamento attraverso le immagini di ogni tipo fino a quelle emblematiche (il linguaggio emblematico, in cui si combinava un disegno misterioso con alcuni versi o epigrammi che lo spiegavano venne inventato verso il 1530 dall’italiano Andrea Alciato) si è imposto per varie ragioni: le persone, non sapendo leggere, non conoscevano il Vangelo, però lo apprendevano attraverso le immagini; le figure dipinte o scolpite infatti spingevano le devozioni più che un sermone. In conclusione, le immagini servivano a guisa di istruzione quali incentivi sorprendenti per la meditazione sia della Bibbia, sia della vita dei santi. Per evitare errori e stravaganze nelle rappresentazioni delle immagini, la Chiesa Cattolica ha stabilito nel Concilio di Trento un controllo delle stesse.
Anche se le creazioni artistiche del Barocco in America hanno avuto modalità e sfumature proprie dell’ambiente, dell’ambito e della sensibilità del popolo americano, occorre non dimenticare che il movimento barocco è stato di ordine internazionale e che, nel suo linguaggio, sono approdati ingredienti europei. Dietro alla selva delle forme, esiste una struttura ideologica e teologica che occorre conoscere: non si deve pensare che si tratti di un’arte vuota di contenuti! La prospettiva barocca applicata al Barocco americano ci ha consentito di vedere un messaggio ricco di contenuti e l’umanesimo della cultura occidentale è chiaro ed evidente in esso. L’iconografia ci facilita la visione globale del Barocco in Ibero-america, in quanto le idee sono per principio categorie universali e spiegano meglio non solo le relazioni fra le varie scuole americane, ma anche quelle con il contesto europeo.