Giovedì 28 Agosto, ore 15
L'INFORMAZIONE SI INTERESSA DI RELIGIONE
Partecipano:
Gino Agnese,
giornalista del quotidiano "Il Tempo", direttore della rivista "Mass Media".
Joaquin Navarro Valls,
direttore della Sala Stampa del Vaticano.
Robert Masson,
direttore di "France Catholique".
S. Ecc. Mons. Carlo Maccari,
Arcivescovo di Ancona, Presidente della Commissione Ecclesiale per le Comunicazioni Sociali.
G. Agnese:
Ho concentrato la riflessione sul modo con cui in genere i giornali quotidiani italiani, le radio e le televisioni, trattano i temi religiosi, caratterizzato da un criterio di separazione che crea un ambito di specializzazione. ( ) Credo che in una società come quella italiana, la religione non sia un campo limitato da una staccionata, ma un elemento costitutivo del prevalente, comune modo di vedere il mondo, il maggiore filtro della più diffusa sensibilità. E il paese in cui, quando c'è sul tappeto la questione dell'ora di religione, i genitori rispondono come hanno risposto: il paese in cui quasi tutti i bambini ricevono il Battesimo e quindi tutti ricevono l'ultimo saluto in Chiesa. Il cattolicesimo sarà forse ridotto a un vago sentire, annacquato; indubbiamente resta il maggiore costituente dei giudizi e dei comportamenti. Stando così le cose, è sbagliato isolare, nel contesto generale dell'informazione, l'informazione religiosa. Il laicismo ha affermato il luogo comune che l'informazione di largo consumo, popolare, debba essere rigorosamente laica; ma io, se dovessi ricevere da un editore l'incarico di fare un grande giornale popolare, terrei conto di altri elementi. In una grande discussione sull'informazione, la comunicazione, in Italia, come quella che il Meeting ha avuto il merito di accendere, io credo che bisogna chiedersi perché mai l'informazione nutrita dal pensiero cattolico è minoritaria in Italia. Nel giornalismo di impronta cattolica non è abbastanza radicato il dato di fatto che l'informazione chiede prima di tutto, a coloro che vi sono addetti, professionalità. Come quello dell'editore, il mestiere del giornalista è appunto un mestiere che si possiede soltanto se gli si dedica una vita. Non abbiamo in Italia un grande quotidiano cattolico capace di vendere un milione, due milioni di copie, perché questo tentativo è stato fatto dai laici e non è stato fatto dai cattolici. I laici sono potenti, ma non potranno mai fare un giornale che in Italia venda come i grandi quotidiani tedeschi o inglesi, perché in Italia la grande tiratura si può ottenere soltanto se si capisce che il metro prevalente di giudizio del popolo italiano è nutrito dal cattolicesimo.
J. Navarro Valls:
L'informazione si interessa di religione? La risposta è sì, in una proporzione molto più vasta di quello che io avevo immaginato. C'è un revival assoluto a livello internazionale del fatto religioso nella stampa, nella televisione, e nella radio commerciale. Sette, otto anni fa, le grossissime agenzie d'informazione del mondo, non avevano per esempio in Roma, in Vaticano, un esperto di problemi religiosi. Oggi nessuna agenzia internazionale di media importanza può prescindere da uno specialista, addirittura ne hanno sempre due, uno presso il Vaticano, l'altro nella redazione centrale. Nessuna di queste grosse agenzie internazionali è un'agenzia confessionale cattolica. I grossi giornali di tutto il mondo, accreditati in Italia, anche presso il Vaticano, da pochissimi anni stanno pubblicando il numero di questi corrispondenti. Il più autorevole giornale del mondo, il "New York Times", ha duplicato il numero dei suoi corrispondenti a Roma. L'unica eccezione è l'agenzia sovietica TASS. Ma per ragioni che sono ovvie. C'è stato un exploit di questa informazione religiosa a livello internazionale negli anni del Concilio, dal '62 al '65; dopo il Concilio, negli anni immediatamente seguenti questo interesse è caduto in modo drammatico. Negli Stati Uniti, tanto per citare un caso, in cinque anni sono scomparsi dalla circolazione cento settimanali cattolici, quaranta dei quali in un anno solo. Dal 1978, l'anno dei due conclavi, l'informazione religiosa è cominciata a salire in un modo spaventoso. La maggior parte della opinione pubblica mondiale adesso attinge la sua informazione religiosa direttamente dalla stampa laica, e secondariamente dalla stampa confessionale. C'è un mercato a livello mondiale di ottocento milioni di cattolici che vogliono avere queste informazioni. ( ) Gli editori delle grosse testate della stampa laica, in Francia, in Germania, negli U.S.A, cominciano a vedere la dimensione morale dei fatti politici, sociali e storici. Si comincia a capire che la Chiesa può e deve parlare del problema dei profughi, dei problemi dello sviluppo, o della minaccia nucleare. ( ) Ho letto in questi giorni che qui sono stati pronunciati giudizi severissimi sulla stampa. Ricordo in particolare il giudizio del collega Pansa, di "Repubblica": ha parlato, riferendosi alla stampa, del bubbone della società italiana, parole durissime, in confronto alle quali quello che ha detto il Card. Poletti è quasi niente. Ho letto giudizi talmente duri che mi viene voglia di difenderla fino all'estremo, perché penso che una civiltà è assolutamente finita quando non esercita più l'arte della diffidenza verso i mezzi di comunicazione che la percorrono. ( )
R. Masson:
In un luogo di silenzio, il convento dei frati di Betlemme, io ho sentito che mi trovavo in un grande luogo di comunicazione, un luogo pregno di senso, mi venivano dette cose certamente più durature di ciò che si può leggere nei nostri giornali. ( ) E importante avere sempre ben presente l'ampiezza di questo fenomeno della comunicazione sociale. Ma la domanda che io pongo a me stesso, che faccio questo mestiere ormai da 35 anni, è cosa ne facciamo di questi mezzi che fanno del mondo un grande villaggio. ( ) Non si tratta soltanto dei giornalisti, ma di tutte le nostre attese. Dovremmo avere l'umiltà di capire che con tutti i nostri mezzi prodigiosi di informazione non riusciamo ad esaurire la realtà del mondo, né il suo significato, né la parola che ci viene detta. Non ci sono grandi e piccoli avvenimenti: il fatto religioso non si può ridurre a ciò che ci viene detto sull'istituzione: c'è tutto quel lavorio di Dio che non capiamo, che forma l'immenso libro di Dio tra di noi, che pur bisogna saper leggere. Come giornalista cristiano, non ho altra ambizione se non quella di cercare di trovare, in ogni avvenimento, la parte di Avvento che porta. In questa epoca dove il silenzio è così difficile, dove il rumore è tanto imperante, finiamo per diventare spiritualmente sordi. Il giornale non sostituisce la Scrittura, ma ci rimanda alla Bibbia, apertura a questa storia di Dio tra di noi che spalanca i millenni dell'umanità: "Rimani con noi, perché già i giorni mancano". Ci vuole quest'invito e sento l'urlo del tempo, questo bisogno di capire e sentire, sapere se c'è una parola.
C. Maccari:
Informazione vuole dire trasmettere, attraverso la varietà, la ricchezza dei mass-media, una notizia, un'esperienza, un messaggio ad un soggetto pensante e libero. La comunicazione, se è autentica, tende alla comunione nella sua duplice dimensione, comunione di Dio con noi e noi con Dio e perciò comunione tra noi che in Cristo siamo fratelli. Per chi non crede, questa comunione può diventare un sogno, un miraggio, un mito, ma tuttavia l'importare sempre a una comunione, almeno tra gli uomini. ( ) Quando l'informazione irride, o ironizza, o apertamente offende l'interesse religioso di cui in qualche modo si fa portatrice, non fa un buon servizio al proprio giornale o al proprio medium, ma soprattutto non fa autentica comunicazione di verità, di onestà professionale, di libertà, e non costruisce la comunione tra gli uomini. "Amici giornalisti ed operatori dei media, non abbiate paura dei cattolici, non abbiate paura di Cristo e della Chiesa": sono parole del Papa, non mie. Essa rispetta, difende ed onora la vostra difficile professione fino a chiamarla con un termine che può anche non piacervi, ma che ha segno di altissima considerazione: la chiama una vocazione e perciò missione. L'altro interrogativo è rivolto a noi cattolici. L'informazione, anche laica, si interessa a modo suo della nostra religione e della Chiesa nostra madre: ma noi, perché ci interessiamo così poco di questi strumenti meravigliosi, come li chiama il Concilio, di comunicazione e di comunione? ( ) Prepariamoci a valorizzare di più queste meravigliose invenzioni della tecnica, per irradiare il Vangelo della pace, comunicare tra gli uomini, fratelli in una comunione di amore.