L’altra sponda del Golfo: identità religiose

 

 

Venerdì 28, ore 12.30

-----------------------------------------------------------------

Relatori:

Shaykh’ Abd al Wahid Pallavicini, Presidente COREIS (Comunità Religiosa Islamica Italiana)

Ali Hashimi, Consigliere Personale di Sua Eccellenza l’Emiro

Conti, Rappresentante Religioso COREIS

 

Pallavicini: Voler parlare dell’altra sponda del Golfo, persico o arabo che sia, vuol dire limitarne la portata, come avviene quando si parla dell’altra sponda del Mediterraneo, ignorando che le sponde di questo mare, come quelle del Golfo, non sono certo soltanto due, ma tre - tre come i continenti che il Mediterraneo lambisce, e cioè Europa, Africa e Asia, anche se quest’ultima viene indicata come "minore" -, mentre è proprio da questo Medio Oriente che sono scaturite le tre Rivelazioni dell’unico Dio di Abramo: ebraismo, cristianesimo ed islam.

E tre furono anche i figli di Noè, Sam, Cam e Jafet, capostipiti delle razze indoeuropea, africana e semita, alla quale ultima appartengono sia gli ebrei che gli arabi, i discendenti diretti dei due figli di Abramo - patriarca del monoteismo che porta il suo nome - Isacco e Ismaele, dai quali sorgeranno le stirpi che conducono l’una a Gesù e l’altra al profeta Muhammad.

Abramo e Mosè e gli altri profeti della Bibbia sono tutti riconosciuti come cristiani, e così dai musulmani per i quali il primo profeta non è Maometto, né lo stesso Abramo, ma Adamo, mentre il profeta Muhammad è "il sigillo della profezia", dopo il quale non vi saranno altri profeti, salvo il ritorno del Cristo, atteso da tutti i musulmani coranicamente come "annuncio dell’ora" nella sua seconda venuta, e riconosciuto come Gesù, in arabo seyyeddina ‘Isa (‘alaihissalam - su di lui la pace), quale profeta nato da una Vergine, "ibn Maryam" e cioè figlio di Maria e "ruhAllah", Spirito di Dio.

Ma, a parte l’eccezione degli ebrei che costituiscono una religione, una razza e uno Stato che si richiama anche geograficamente alla storia del suo popolo - popolo eletto, in quanto designato a ricevere la parola di Dio sotto forma di legge - le altre collocazioni religiose, etniche, nazionali e tanto meno quelle geografiche, non si identificano fra loro, né si sono mai potute identificare nella loro storia.

Così per esempio non tutti gli arabi sono musulmani, né ancor meno tutti i musulmani sono arabi: vi sono arabi cristiani e vi sono musulmani in tutte le etnie, non solo persiane, indiane o turche, ma anche in tutte le nazioni occidentali o estremo orientali, se è vero che l’islam è, come il cristianesimo, una religione universale, e non perché si sia o si debba estendere a tutto il mondo, ma perché il suo messaggio non è riservato ad un solo popolo, ma diretto a tutti gli uomini che vogliono accettarlo.

Tale il significato della parola islam che, oltre a pace, significa proprio "accettazione della volontà di Dio" da parte dell’uomo, a qualsiasi razza, nazione o perfino comunità religiosa appartenga, tanto che per noi anche i cristiani e gli ebrei, popoli del Libro, se sottomessi alle loro leggi ed ai loro precetti, sono in certo modo, muslim, cioè coloro che accettano, musulmani.

Se nella dottrina cristiana il Verbo divino si è fatto uomo nel seno della Vergine, tale anche secondo il sacro Corano, e pertanto eletta fra le donne, eletto fra gli uomini è il profeta Muhammad che, intellettualmente vergine, ummi o illetterato, è stato il ricettacolo di quel Verbo che si è fatto Libro tramite l’intervento dello stesso arcangelo Gabriele che ha annunciato a Maria la nascita di Gesù.

"Se Iddio avesse voluto, - dice il Sacro Corano, V, 48 - avrebbe fatto di voi una comunità unica, ma ciò non ha fatto per provarvi in quel che vi ha dato. Gareggiate dunque nelle opere buone, che a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi informerà di quelle cose per le quali ora siete in discordia".

Come presidente della Comunità Religiosa Islamica in Italia, dove l’immigrazione è più recente, ma costituita per la maggior parte da musulmani d’origine, ultimo paese il nostro ad avere una vera e propria moschea, ed unico paese ad ospitare la sede Vaticana della centralità del cristianesimo, noi operiamo affinché questo "gareggiare nelle buone opere", secondo la parola coranica citata, possa essere realizzato nel rispetto delle diverse identità confessionali secondo il desiderio del Santo Padre.

A questo proposito abbiamo voluto invitare al Meeting che ci ospita generosamente ogni anno da più di dieci anni, le personalità eminenti degli Emirati Arabi Uniti che costituiscono nel Golfo l’esempio di stati islamici che, nel mantenere le piena ortodossia della rivelazione coranica, permettono non solo la libertà religiosa alle altre fedi monoteistiche ma anche la possibilità di conciliare l’atteggiamento religioso con la vita nel mondo, anche quello moderno, nel segno di una universalità e di una eternità dei messaggi divini, così come l’islam stesso è universale e cioè, etimologicamente, "cattolico".

È proprio la testimonianza dell’universalità dell’islam manifestata, grazie alla presenza dei musulmani italiani, ai nostri connazionali, che permette ai nostri correligiosi di non doversi per sempre sentire immigrati in questa terra che appartiene a Dio solo, l’Unico e lo stesso per noi tutti, il Signore dell’Oriente e dell’Occidente, poli fra i quali noi vi chiediamo di aiutarci a fare da ponte.

Non vi sono pertanto difficoltà dottrinali o teologiche che non siano riconducibili all’esistenzialità dell’unicità di Dio se, da veri monoteisti, Lo riconosciamo come unico e pertanto lo stesso per tutti i credenti delle Sue varie rivelazioni, mentre cadremmo nell’idolatria e nel politeismo se dovessimo pensare che ciascuno di noi ha un suo dio particolare, cosa che infatti non sarebbe monoteismo ma monolatria.

Allah, infatti, non è un dio arabo, ma parola araba per dire Iddio, contrazione delle parole IL e DIO, per significare proprio la Sua unità e la Sua assolutezza, allo stesso modo di come avviene in arabo, dove ALLAH è la contrazione delle parole AL - il nostro IL - e ILAHA che vuol dire Dio, tanto che la testimonianza di fede islamica afferma LA ILAHA ILLA ALLAH, non vi è dio se non Iddio.

Infatti, dobbiamo discriminare non soltanto fra coloro che in seno a queste comunità religiose hanno mantenuto ancora il senso dell’originaria ortodossia dottrinaria e liturgica, ma anche gli appartenenti a tali vere rivelazioni e i seguaci di movimenti eretici o eterortodossi, che oggi vorrebbero accomunarci in una sola religione sovraconfessionale, in un esperanto babelico delle varie fedi, in un parlamento delle religioni unite.

Un ecumenismo di base, come già si dice, o "a buon mercato", un sincretismo che baratta i valori dottrinali nella promiscuità dei riti, una fratellanza laicista dimentica del nostro "Padre" comune al fine di costituire un paradiso in terra, prodromo e segno non già dell’attesa seconda venuta di Gesù (su di Lui la pace), il cui regno "non è di questo mondo", ma dell’altra venuta annunciata da tutti i testi sacri, quella di colui che secondo il Vangelo saprà ingannare "persino gli eletti, se ciò fosse possibile", il dajjal, diciamo noi musulmani credenti, e cioè l’Anticristo - a’udhu biLlahi minasshaytani arrajim - "mi rifugio presso Dio contro Satana il lapidato".

Vorremmo ancora accennare allo spirito di Assisi, dove il Papa ci ha invitato non già a "pregare insieme", come si è voluto fraintendere da varie parti, ma ad andare insieme per pregare separatamente per la pace l’unico nostro stesso Dio, nei modi, nei luoghi e nei tempi che Egli ha dato a ciascuno di noi, in modo da poter beneficiare dell’influenza spirituale derivante dai riti specifici e dalle particolari liturgie, unico antidoto contro le tendenze psichiche alle quali l’uomo d’oggi è costantemente esposto.

Ricordiamo che per avere la pace fra due contendenti è necessario che entrambi la vogliano; che non si può servire Dio e il diavolo nello stesso tempo; che infine non si può pretendere di vivere in pace con chi non ha il senso della giustizia né quello della conoscenza. Il riconoscimento reciproco fra le vere religioni, invece, è diretta conseguenza di quella conoscenza, fonte di giustizia e condizione per la pace in terra agli uomini di buona volontà, coloro che soli potranno trovare la vera pace, la pace dello Spirito, la "grande Pace", per dirla con le parole di un "santo musulmano del XX secolo" - tale il titolo della sua biografia - agendo con giustizia in vista di quella stesa conoscenza che è fine solo e ultimo della vita umana, tramite la pratica di una sola e vera religione.

Soltanto al momento della fine le nostre vie potranno in effetti coincidere, quando, come noi musulmani crediamo, Sayyidna ‘Isa ‘alayhissalam (su di lui la Pace), il Cristo, il quale solo è, secondo il sacro Corano, l’ "annuncio dell’Ora", tornerà come il giudice che noi tutti - ebrei, cristiani e musulmani - attendiamo, per testimoniare nel giorno della resurrezione contro coloro, fra le "genti del Libro", musulmani compresi, che hanno accettato soltanto "la lettera che uccide", tralasciando invece lo Spirito, che solo può vivificarci, trasformarci e sacralizzarci.

Prepariamoci dunque a questo evento, ritrovando nella nostra fede e nelle nostre Scritture le prove della validità di tutte le religioni, del fatto che esse non sono se non aspetti differenti dei principi archetipi di una stessa tradizione primordiale, che le lega insieme dall’inizio dei tempi, di una stessa trascendente Verità che è Dio stesso.

Vi invito a tale prova per l’esperienza che mi permette, come musulmano di essere un vero fratello per voi tutti, e quale unica soluzione a tutti i problemi, così che anche voi, ebrei e cristiani, possiate non soltanto chiamarvi fratelli, ma essere veri fratelli e finalmente anche miei fratelli.

Ali Hashimi: Lode a Dio il Signore dei mondi, la pace e la benedizione di Dio siano sul nostro signore Muhammad e sui suoi compagni.

Vorremmo innanzitutto rivolgervi un messaggio di benvenuto confidando nel migliore successo di questa conferenza ed esprimendo la nostra più alta considerazione e apprezzamento per gli organizzatori di questo incontro.

Crediamo fermamente che questa occasione di scambio porterà risultati fruttuosi che si manifesteranno anzitutto proprio in un reciproco riconoscimento. Tra questi risultati forse il più importante consisterà sia nell’acquisizione di una conoscenza reciproca, sia nella realizzazione di una fraterna unità di spirito, auspicando inoltre che lo sviluppo delle relazioni tra le nostre confessioni possa crescere nel corretto rispetto reciproco delle identità religiose.

La nostra religione, l’islam, conferma i messaggi divini delle tradizioni che l’hanno preceduta e si rivolge a tutta l’umanità invitando al bene e al rispetto dei principi della tradizione.

Il nostro Libro sacro, il Corano, contiene numerosi versetti rivolti ai credenti delle diverse religioni e afferma l’unicità principale delle diverse fedi religiose, per questo, e in accordo con i versetti del sacro Corano, i dottori della legge rivolgono una grande attenzione al dialogo mettendolo tra le priorità della loro attività di ricerca. Per queste ragioni non confinano il dialogo solo all’interno della comunità islamica ma lo aprono ad una dimensione più ampia seguendo l’ordine diretto di Dio l’Onnipotente e del Suo messaggero - la Pace e la Benedizione di Dio siano su di lui -: "Invita alla Via del Tuo Signore con sapienza e buona educazione e comunica con loro in modo migliore" (16.125).

Il buon esempio favorisce il dialogo ed è per questo necessario rivolgersi agli uomini con esempi di fede chiara e con l’intenzione di purificare i nostri cuori per sostenere questa conoscenza reciproca in modo corretto come Iddio Onnipotente ha detto "nel modo migliore".

Agli intellettuali spetta il compito di portare il dialogo ad una efficacia operativa, ed è per questo che ad essi spetta di interessarsi e pianificare le prospettive rivolte al mondo politico, sociale e religioso.

Iddio onnipotente dice nel Sacro Corano: "noi crediamo in ciò che è stato disceso a noi e ciò che è stato disceso a voi il nostro Dio e il vostro Dio è Unico".

L’interpretazione di questo versetto è che bisogna richiamare i credenti ad un buon comportamento rivolgendosi alle persone in generale eccetto coloro che in un altro punto del versetto sono stati descritti come tiranni.

Al-Qurtbi ha detto "I pilastri della tradizione non sono cambiabili né sono stati presi a prestito dai messaggi precedenti,noi come musulmani seguiamo l’insegnamento del nostro modello il profeta Muhammad quando incontrò, riconoscendo il prestigio dell’alto livello del loro rango, molti rappresentanti delle tradizioni ortodosse precedenti all’islam.

Il nostro profeta, i suoi compagni, i credenti e chiunque segua il retto sentiero continuarono questo dialogo sia in forma orale che in forma scritta. I sapienti continuarono a testimoniare la chiarezza della dottrina dell’unità della tradizione islamica ed aiutarono il mantenimento della conoscenza assicurandone la trasmissione attraverso le varie generazioni.

La vera fraternità non può considerare il razzismo o le altre forme di discriminazione che dipendano dal sesso o dal colore della pelle; la posizione dottrinale dell’islam è caratterizzata dal perdono, dalla facilità e dalla flessibilità, tutti valori sostenuti dai musulmani e dai credenti.

L’islam sta favorendo in molte nazioni la creazione di rapporti stabili e duraturi che incentivino la prosperità, la sicurezza e il benessere per lo sviluppo e la creazione di attività economiche e professionali.

Ora vorremmo portare la vostra attenzione riguardo a ciò che tocca l’esperienza di questi tempi proprio quando la civiltà sembra aver raggiunto il suo massimo apice. Sono passati circa 40 anni dall’inizio del dialogo ecumenico tra le diverse religioni ortodosse e molti sono stati i dibattiti, i seminari e gli incontri realizzati su questo tema così importante. Ricordiamo solo per inciso quelli di Birmania, Ryad, Vaticano, Libia, Ginevra, Gran Bretagna, Salisburgo, Cairo, Beirut, Lione, Tripoli, Tunisi, Hong Kong e Cordova. Tali incontri hanno prodotto una notevole eco e favorito lo sviluppo di numerosi commenti e dibattiti. Ricordiamo ancora l’appello al dialogo rivolto da Papa Paolo VI alle religioni nel discorso del 6 agosto 1964. Un invito che nasceva da una nuova posizione sviluppatasi dopo il Concilio Vaticano II e che esprimeva un riconoscimento del valore spirituale dell’islam quando esso attesta l’adorazione del Dio Unico.

La sottomissione alla volontà di Dio conferisce agli esseri prestigio e dignità come il valore del Profeta spinge alla giustizia per le creature. Sappiamo che esistono speciali dipartimenti per il dialogo e ci sono segretariati generali per i non cristiani in Vaticano che promuovono il dialogo con i rappresentanti della dottrina vissuta. Tuttavia l’ambito internazionale per il dialogo necessita di un maggior seguito e per questo crediamo che l’incontro di oggi, nel quale intellettuali provenienti da diverse prospettive esprimono la loro conoscenza, sia l’occasione di dare n contributo importante in questa direzione.

Speriamo fermamente inoltre che questo incontro possa creare un’atmosfera di ottimismo e di positività insieme ad un mutuo riconoscimento che possa anche correggere le misinterpretazioni e gli equivoci che ancora oggi impediscono di comprendere la realtà della tradizione islamica. Questo incontro è inoltre un esempio del nostro desiderio di progredire verso una cooperazione a livello economico, culturale e scientifico, e in questo senso desideriamo sensibilizzare i responsabili della politica e delle strategie economiche.

Ed è proprio la funzione di di discriminazione che rivestono gli intellettuali a svolgere un ruolo nell’attenzione ai problemi degli ambiti politici e religiosi favorendo una cooperazione e una comprensione amichevole.

Noi pensiamo di poter evitare gli ostacoli che potrebbero interporsi nelle nostre relazioni stabilendo una sincera e leale condivisione di azioni comuni. Se il dialogo può rappresentare un punto di collegamento tra le diverse tradizioni, allora anche questa conferenza sarà la base per uno sviluppo di nuovi scambi tra gli uomini.

La nostra religione così come viene descritta nel sacro Corano, segnala in più di un versetto quanto sia importante il dialogo e quanto sia importante persino rivolgersi in modo gentile anche a coloro che pongono ostacoli alla mutua comprensione. Tra le leggi e i valori fondamentali dell’islam vi sono, infatti, giustizia, perdono, e magnanimità in conformità a questi versetti coranici: "O uomini, noi in verità vi abbiamo creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli vari e tribù a che vi conosceste a vicenda, ma il più nobile tra di voi è colui che teme Iddio. In verità Dio è sapiente e conosce".

Vorremmo ancora dire come sia importante per noi partecipare a questo dialogo nella convinzione che partendo da qui, come da altre occasioni di incontro, sarà possibile ottenere utili risultati senza che le differenze delle nostre prospettive, che sono una naturale conseguenza delle nostre esperienze di vita, possano costituire da ostacolo al nostro progetto.

Auspichiamo inoltre che gli studiosi non cadano nelle trappole dello scetticismo o della strumentalizzazione aumentando il divario tra le religioni; ciascuno dovrà cercare di attenersi all’ambito delle sue conoscenze assumendosi completamente la responsabilità delle sue affermazioni.

Desidero in conclusione portare ai miei fratelli nella religione e al pubblico presente a questo incontro i saluti di S.E. Shaykh Zayed al-Sultan Annayyan il Presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sua Maestà Shaykh Khalifa Ben Zayed Annayyan, Sua Eccellenza Shaykh Dhiab Ben Zayed Annayyam, il Direttore della Corte Presidenziale.

Inoltre rivolgiamo il nostro più sentito apprezzamento e la nostra profonda stima al Presidente e ai membri della COREIS italiana e alla Compagnia delle Opere. Noi preghiamo Iddio l’Onnipotente di essere guidati sul retto sentiero e di continuare ad essere vicini al nostro profeta Muhammad e ai suoi compagni.

Conti: Vorrei fare una breve presentazione della preghiera rituale nella dimensione islamica. È innanzitutto uno dei cinque pilastri dell’islam, quello che manifesta più direttamente l’appartenenza alla tradizione islamica, perché è la dimensione rituale più visibile. La sua obbligatorietà, cinque volte al giorno, è stata rivelata al profeta in un momento particolare, nella notte dell’ascensione al cielo in una dimensione di colloquio intimo con Dio. E in qualche modo la preghiera custodisce questa dimensione, il segreto di questa ascensione spirituale. Infatti vi è una parte finale della preghiera nella quale tutti gli oranti ripetono a bassa voce le parole che secondo le tradizioni sono il colloquio avvenuto al cospetto di Dio.

La preghiera è un rito che prevede diverse posizioni e invocazioni; c’è una parte centrale che riguarda la recitazione di versetti coranici, che è la parola rivelata di Dio, alternati con altre invocazioni fatte nella lingua sacra, l’arabo, sacro perché la rivelazione è discesa attraverso questo strumento, e questo corpo, lo strumento formale della rivelazione della parola divina, è inscindibile dalla rivelazione stessa.

Le posizioni della preghiera sono tre, una posizione retta che dà il senso della verticalità e della comunicazione del cielo e della terra - nella quale si recitano i versetti coranici -, una posizione di inchino di fronte alla maestà divina, ed infine una terza posizione della prosternazione, dove l’orante si piega su se stesso, si rinserra appoggiando il volto, la parte più elevata dell’essere, sulla terra, la dimensione più materiale. In questo terzo momento il fedele è più vicino a Dio.

La preghiera è un pilastro centrale dell’islam, perché pone l’uomo al centro di una croce spazio-temporale: le due dimensioni caratteristiche di questo mondo diventano lo strumento tangibile del ricordo di Dio. Nella dimensione dello spazio, tutta la terra è stata consacrata dalla preghiera, ma ovunque il fedele si trovi si rivolge verso la sacra casa, il tempio sacro della Mecca. Tutto lo spazio è orientato al proprio centro e ha naturalmente una sua dimensione di orientamento. Gli uomini si predispongono in schiere ben serrate ad immagine degli angeli del paradiso; come gli angeli in paradiso non lasciano tra loro nessuno spazio affinché non si possano infiltrare delle presenze che non siano presenze sacre, così i fedeli vengono a formare delle schiere in orizzontale che si succedono, e che viste dall’alto formano dei cerchi concentrici. Queste schiere in orizzontale sono intersecate dalla direzione che va verso la Mecca e costituiscono una croce anche dal punto di vista dello spazio, croce che secondo noi musulmani è simbolo universale. Per quanto invece riguarda la dimensione del tempo, le varie preghiere che si susseguono durante la giornata scandiscono un ritmo che non ha una soluzione di continuità: gli uomini sono così continuamente chiamati a sacralizzare la dimensione del tempo.