La sfida europea dell’informatica:
per una realtà futura non solo virtuale
Lunedì 25, ore 11.30
Relatori: Umperto Paolucci, Diego Piacentini,
Carlo Cecchi, Vice President di Microsoft Europe e Vice President Sales e General
European Marketing Manager Amministratore Delegato di Manager di Apple
di Computer Associates Italia Microsoft S.p.A. Computer Europe
Cecchi: Nelle classifiche dei produttori di software, fra i primi competitori esiste un solo produttore europeo. Per capire il motivo di questo fatto, analizziamo le differenze tra il mercato europeo e quello statunitense.
Anzitutto, in Europa e in Italia in particolare, è più difficile avere accesso al credito. Iniziare una nuova azienda in un paese europeo è infatti estremamente complesso, perché i finanziamenti per iniziare sono sempre difficili da ottenere; negli Stati Uniti invece le banche sono molto più aperte al finanziamento di nuove imprese.
In secondo luogo, il mercato europeo è estremamente frammentato: nonostante tutti gli sforzi di integrazione, ci sono problemi legati a lingue differenti, a leggi differenti, a valute differenti. È quindi più costoso creare un prodotto standard che vada bene per tutti: un prodotto, per diventare europeo necessita sempre di adattamenti. Di conseguenza è più costoso creare una rete distributiva.
In terzo luogo, il mercato europeo è meno recettivo rispetto a quello degli Stati Uniti: le grandi aziende europee infatti stentano a percepire l’informatica come uno strumento valido per raggiungere una migliore competitività sul mercato.
Lo stesso discorso vale anche per i produttori di hardware.
D’altra parte, oggi lo scenario di mercato sta cambiando e questa evoluzione sta andando avanti in modo implacabile. Oggi l’informatica è ovunque, sta invadendo tutti i campi ed è a disposizione di tutti, utilizzata consapevolmente o meno. L’informatica sta dando ad esempio un contributo fondamentale alla globalizzazione dei mercati; l’avere a disposizione una tecnologia informatica che si fonde con la tecnologia delle comunicazioni e dà vita a quello che oggi è Internet, significa poter accedere ad un mercato completamente differente. Internet e le tecnologie multimediali rappresentano in questo senso una sfida, e i paesi che vogliono competere nel mondo del terzo millennio devono fare i conti con l’information technology per poterla sfruttare e poter diventare i leaders e gli attori di una nuova rivoluzione industriale. Come disse Schumpeter, un economista degli anni trenta, ogni cinquanta anni il modello capitalista è soggetto ad una rivoluzione, ad una ridiscussione del proprio modello, come testimonia l’introduzione del vapore, delle locomotive, dell’elettricità... noi possiamo aggiungere l’introduzione dell’automobile e, per venire al nostro argomento, dell’informatica.
Paolucci: Farò tre tipi di riflessioni: le prime sono sull’evoluzione della tecnologia informatica di base, le seconde sull’Europa e sull’Italia, e infine le terze sui grandi fenomeni di tendenza che l’informatica apre.
Per quanto riguarda la prima questione, ci rendiamo conto che nel campo dell’informatica abbiamo di fronte un processo continuo di innovazione nel campo dell’hardware: a parità di costo le prestazioni raddoppiano ogni diciotto mesi. Questo circolo virtuoso ci mette a disposizione macchine con mezzi e strumenti sempre più potenti. Il rovescio della medaglia di questo circolo è che l’elaborazione della parte "dietro" in primo luogo costano sempre di più e in secondo luogo riduce la libertà dell’utente.
Per questo ci sono due linee su cui lavorare: la riduzione dei costi e l’elaborazione di un software più intelligente, capace di fare più cose e di farne fare meno alle persone, senza però togliere loro la libertà. Saranno sempre di meno in futuro le persone che potranno avere l’alibi di non interessarsi o di essere negati nel campo dell’informatica, e questo sarà possibile fornendo delle macchine e dei software che consentano di lavorare con efficacia e con soddisfazione.
Veniamo ora al secondo gruppo di riflessioni. Nel contesto evolutivo cui ho rapidamente accennato, l’Europa è indietro: è indietro nella creazione di posti di lavoro, negli investimenti in tecnologia informatica (da parte sia dello Stato che delle aziende private), nella sensibilità culturale e giuridica in questi settori (basti pensare al problema della copiatura illegittima del software)...
Quali sono, infine, i fenomeni di tendenza cui stiamo assistendo? Ne citerò soltanto due. Il primo è la possibilità, per le aziende che delegano ad altri le funzioni fondamentali del proprio essere sul mercato, che la tecnologia informatica sia il collante e l’ossatura portante del loro modo di essere aziende. L’elemento comune della tecnologia permette infatti di operare all’unisono e di essere veloci ed efficienti sui progetti.
La seconda linea di tendenza è Internet. Anche in questo campo in Italia siamo indietro, basti pensare che in America il 40% delle case possiede un personal computer, in Italia meno del 10%. Eppure il processo in atto è irreversibile: nella nostra vita avremo a che fare sempre più con Internet e con i computer. Ci sono però delle persone che non hanno la possibilità di fare questo: quindi c’è la possibilità che si creino nella società degli spazi di emarginazione, di povertà di ritorno, di effetti negativi di questa corsa così veloce. È un problema sociale che va affrontato: occorre dare la possibilità di dare a un numero più alto possibile di persone di affacciarsi, nell’ambito della scuola e del periodo post-scolastico a questo mondo. Abbiamo ad esempio lanciato un’iniziativa di questo tipo: far diventare le biblioteche un punto di accesso, una finestra verso il mondo di Internet, per consentire alla gente di usufruire di questi servizi.
In questo momento di novità, di trasformazioni, di rivoluzioni tecnologiche e sociali che ho rapidamente delineato, non si può non sperare di avere persone motivate e appassionate: questo è l’entusiasmo per il mondo che cambia, un mondo che ci darà ancora tantissimo.
Piacentini: Riprendendo le considerazioni finali di Paolucci, vorrei insistere sul fatto che la persona deve essere al centro di tutto. Questo, d’altro canto, è sempre stato il moto di Apple computer sin dall’inizio: il passare da un’informatica conglobata, accessibile a pochi, a un’informatica che invece sia per tutti, come di fatto è oggi. Questo vuol dire che l’individuo c’entra in tutto: lo scopo e quindi l’atto dell’utilizzo del personal computer è quello che determina la soluzione. È per questo che si parla sempre meno di personal computer e sempre più di personal computing, ovvero di ciò che si può fare con il personal computer. Noi dobbiamo caratterizzare l’utilizzo del computer – in questa evoluzione "orizzontale" di utenti e di ambiti d’uso – per tre azioni: imparare, creare e comunicare.
Come fa l’individuo ad accedere a tutto questo, come fa ad imparare, a creare, a comunicare? Vorrei presentarvi alcuni esempi di tecnologia che rendono tutto questo più semplice.
Il primo esempio è l’esperienza stessa del sistema operativo Macintosh, creato nel 1984, che ha permesso a milioni di utenti – al mondo gli utenti Macintosh sono circa 25 milioni – di utilizzare il computer in una maniera alternativa, che non era semplicemente avere un dato su uno schermo a fondo verde, ma l’interfaccia grafica, ovvero fare sì che l’utente faccia quello che vede, e non si limiti semplicemente a digitare dei numeri e dei codici limitati alla conoscenza di pochi.
Il secondo esempio riguarda invece l’utilizzo di Internet. Uno dei problemi principali di Internet è l’accesso alla rete. Le possibilità legate a una nuova tecnologia – che si chiama hot sauce, salsa calda –, sono quelle di navigare all’interno del mare delle informazioni semplicemente usando il mouse, e quindi non dovendosi ricordare gli indirizzi.
In questo contesto vi è anche il terzo esempio: le possibilità sempre più concrete e semplici di sintetizzare il più possibile le informazioni che arrivano via Internet in modo da coglierne il significato e poi, eventualmente, di approfondire il contenuto di quelle informazioni.
Vorrei ricordare infine che Apple gioca un ruolo molto importante all’interno della scuola, del mercato dell’educazione in generale: molti insegnanti purtroppo mitizzano l’utilizzo dell’informatica, hanno paura che l’informatica tolga posti di lavoro o che diminuisca il ruolo dell’insegnante. Invece, il ruolo dell’insegnante semplicemente si evolve, diventa più reale, più concreto. L’esempio più recente di questo è un prototipo di computer che è stato lanciato negli Stati Uniti ad aprile, un computer portatile che ha le caratteristiche di essere appositamente per lo studente, realizzato su suggerimenti e input da parte di studenti ed insegnanti, assolutamente ergonomico, da portare come se fosse una cartella, interamente di plastica, con rinforzi di acciaio per permettere di buttarlo per terra come si butta lo zainetto... Questo è l’impiego della tecnologia per quello che poi è l’utilizzo della tecnologia stessa mirata all’interno della scuola.
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