Martedì 26 Agosto, ore 15.00
RELIGIONE E RELIGIONI: ESPERIENZE A CONFRONTO
Partecipano:
Julien Ries,
storico delle religioni
Denchu Amano,
Rettore dell'Accademia d'Eizan; Reverendo Abate del Tempio Yikkoin (Kyoto)
S.Ecc.Mons. Alessandro Maggiolini,
Vescovo di Carpi.
J. Ries:
Cercherò di collocare la nozione di valore in una visione reale e pratica, cioè nell'ottica della Religione Vissuta. In effetti, ogni religione è destinata ad essere vissuta. La vera dimensione religiosa è la dimensione dell'esistenza. La religione è essenzialmente Relazione. Tutti gli elementi di dottrina, di estetica, di emozione sono orientati verso il comportamento dell'uomo che noi chiameremo Homo Religiosus. Definiamo quest'uomo: Homo Religiosus crede all'esistenza di una realtà assoluta che trascende questo mondo, ma che vi si manifesta, di fatto, lo santifica e lo rende reale. Tra il paio di centinaia di definizioni di religione, quella di Mircea Eliade mi sembra veramente emergente. L'Homo Religiosus è l'uomo che fa un'esperienza esistenziale di rapporto con la Realtà Assoluta e Trascendente. Il valore è fatto di tutti gli elementi che permettono all'uomo di realizzare questa esperienza in vista del vivere questo rapporto con la Realtà Assoluta, con Dio. Riuniamo questi elementi in tre categorie di valori: Un primo valore è l'illuminazione per l'uomo della sua condizione esistenziale nel cosmo e nella vita presente. Un secondo valore è la prospettiva del superamento di questa condizione grazie alla speranza di una sopravvivenza. Il terzo si situa tra gli altri due, in una relazione che va dal primo verso il secondo. Io la chiamo "l'esperienza del sacro".
Visione della comunicazione umana
Ogni religione è una "Weltanschaung", una visione del mondo e dell'uomo. Essa pone delle domande essenziali: cos'è l'uomo? Qual è il senso della vita? Cos'è bene o male? Perché la malattia, la sofferenza e la morte? Ogni religione dà una risposta a queste domande. Questa risposta è impressionante per lo storico delle religioni, che studia le religioni nel mondo, poiché la risposta di ogni religione è identica. La condizione umana attuale è una degradazione rispetto a una età d'oro. Tale degradazione può essere spiegata solo grazie ad una tragedia che ha fatto irruzione nella storia umana. Ed è intorno a questa tragedia che troviamo i miti della caduta e il simbolismo della caduta: l'origine delle malattie, della morte, la spiegazione della tragedia della condizione umana. (…)
La speranza di una sopravvivenza
Se le religioni danno all'uomo la consapevolezza della sua condizione mortale, esse gli presentano anche la visione di una nuova forma di vita, d'esistenza Post Mortem, esente da corruzione, senza interruzione. Ecco un secondo gruppo di valori che definiremo con una parola che riveste diversi aspetti a seconda delle religioni: immortalità. Si tratta della permanenza dell'essere umano al di là del fenomeno universale, evidente, della morte. La vita umana si esprime attraverso l'animazione dell'essere, grazie al soffio vitale, e tramite una serie di manifestazioni e attività. La parola Organon utilizzata da Aristotele permette di definire la vita come organizzazione e come auto-organizzatrice. Sotto i tre aspetti di animazione, di manifestazione e di organizzazione, la vita dell'uomo è sottomessa all'usura: è la morte. L'immortalità è il prolungamento infinito dell'esistenza e della personalità al di là della morte. E’ l'Afterlive. Le due vie principali dell'approccio delle credenze dei popoli sono, da una parte, la celebrazione della morte come passaggio verso la sopravvivenza, e dall'altra, le tradizioni e i testi delle diverse religioni. La prima via è l'atteggiamento dei viventi in presenza della morte e dei defunti: gesti, comportamenti, riti, preghiere, trattamento del cadavere. Così, l'archeologia e la storia ci rivelano i modi di trattare il corpo del defunto: inumazione, imbalsamazione, mummificazione, scarnificazione, cremazione. A questi gesti si aggiunge l'ambiente intorno al defunto: la forma delle tombe, i materiali e le decorazioni delle tombe, l'aspetto esteriore del cadavere, l'arredo funerario, le offerte, la presenza di segni e di simboli. Bisogna anche parlare del rituale funerario, dei riti dell'apertura della bocca, degli occhi, delle orecchie, del naso; dei riti di purificazione, dei riti riguardanti la celebrazione dei funerali. Il simbolismo funerario è significativo delle credenze. La seconda via d'approccio a questo valore che deriva dalle credenze universali nella sopravvivenza, è quella delle tradizioni orali e dei testi scritti. (…) Poiché l'Homo Religiosus è anche un Homo Symbolicus, disponiamo di un tesoro di simboli della immortalità: l'albero della vita, l'acqua che fa ringiovanire e che feconda; il fuoco divino, l'arcobaleno, il sole, la luna, gli astri e tanti altri come, ad esempio, la fenice. Questo rapido percorso attraverso l'immensità dei campi culturali e religiosi dell'umanità, dalla preistoria fino ai grandi monoteismi ebreo, cristiano e musulmano, fa scoprire alcuni tratti dei viso dell'Homo Religiosus. Scagliato nel cosmos che lui tenta di organizzare, in cerca di un orientamento che gli permetta di fissarsi un itinerario, l'uomo scopre una dimensione che trascende la sua vita terrena. Testi sacri, simboli, miti e riti convergono nella credenza dei popoli nell'immortalità.
L'esperienza del sacro
Abbiamo appena fatto un doppio percorso nel pensiero religioso dell'umanità alla ricerca di due grandi valori comuni: Il senso della condizione umana e la speranza sicura della sopravvivenza. Ci resta da esaminare un terzo valore: l'esperienza del sacro. L'uomo religioso crede alla esistenza di una Realtà che trascende questo mondo ma che vi si manifesta come qualcosa d’ "altro" e che non appartiene a questo mondo: si tratta di una potenza di cui l'uomo si accorge poiché essa si manifesta: si tratta di una esperienza ierofanica. Questa potenza, questa realtà assoluta è il Divino, la Divinità, Dio. Le nostre ricerche sul sacro hanno stabilito scientificamente che l'Homo Religiosus ha formulato il vocabolario del sacro al fine di esprimere la sua esperienza religiosa, parlare della sua relazione con il Divino, con Dio. Questa esperienza del sacro, ha influenza su tutto il comportamento di colui che la vive e la sperimenta. Si tratta di una esperienza fondamentale che determina la vita e gli atti dell'Homo Religiosus. Da questo momento, il sacro non è più solo un mezzo per segnare la relazione, ma fa entrare l'uomo in un sistema di valori. Il sacro come valore ha un nome e molto antico: Sanctus. In questo modo l'esperienza del sacro è un terzo valore essenziale nelle religioni del mondo. (...) L'esperienza del sacro dà un senso autentico alla relazione che l'Homo Religiosus scagliato nella condizione umana che lui deve vivere, cerca di stabilire con la Divinità, con lo scopo di trascendere questa condizione terrena e, al di là della morte, di trovare una sopravvivenza felice.
Conclusioni
I tre fasci di valori presenti nelle diverse religioni derivano dall'esperienza millenaria dell'Homo Religiosus. E’ grazie alle tracce del suo comportamento e al discorso che ha fatto per parlare della sua esperienza religiosa che noi scopriamo questi valori. Questa scoperta è ricca di significato. Essa rischiara degli aspetti universali della condizione umana ai quali non si è sempre presentata un'attenzione sufficiente. Essa attira l'attenzione sull'importanza della libertà religiosa come condizione primordiale di uno sviluppo armonioso dell'uomo e delle società umane. Essa mostra l'importanza che riveste l'incontro delle religioni. Essa sottolinea il non-valore di tutti i tentativi di desacralizzazione necessariamente destinati a fallire. Facendoci capire che l'uomo non perviene a vivere felice in un mondo desacralizzato, essa rischiara il cammino dell'avvenire e ci guida verso un nuovo umanesimo.
D. Amano:
Vorrei spiegare brevemente l'essenza della religione buddista. Come probabilmente saprete, il buddismo è una religione nata nell’antica società indiana, nella quale c'erano quattro caste: quella dei Brahaman, gli Shatoria, i Dahisha e i Sutra. Il Buddha Shacamuni faceva parte della seconda casta, quella degli Shatoria, Shacamuni, lasciando il suo castello, la sua posizione di principe, la moglie, dovendo abbandonare anche i figli, dopo una lunga pratica ascetica raggiunse l'illuminazione. E cominciò a capire che gli uomini non avevano nulla a che vedere con questioni di caste e di status, ma che tutti ugualmente, attraverso la pratica, potevano raggiungere lo stato dell'illuminazione. In una sola frase si potrebbe dire che il buddismo quindi è l'insegnamento che dice che qualsiasi uomo può raggiungere lo stato della buddhità. Il Cristianesimo è la via dell’amore e nello stesso tempo della benevolenza. Benevolenza e compassione incarnano lo spirito fondamentale della religione buddista. La parola compassione è composta da due caratteri: gi e hi. Gi sta per ‘comprendere l’altro’, gli uomini ovviamente. Tutti noi possiamo aver compassione per noi stessi, commiserarci, ma l’insegnamento del Buddha è la compassione per gli altri. La parte hi sta a significare il soffrire per gli altri. La base dell’insegnamento del Buddha è stata tentare di scoprire in che maniera si potesse realizzare questo spirito dello gihi, della compassione. L’insegnamento del Buddha mostra una serie numerosa di vie per raggiungere lo stato della buddhità. All’interno delle scritture si parla di 84.000 metodi diversi, diversi insegnamenti, diverse vie che possono variare a seconda delle sette. Talvolta sette diverse hanno teorie completamente differenti anche se si tratta sempre di buddismo. Alcune sette dicono che per raggiungere lo stato della buddhità bisogna meditare seduti, inginocchiati. Altre sette considerano fondamentale il buddismo esoterico, la contemplazione dei mandala, come via per raggiungere l’illuminazione. Altre sette ancora credono che solo il Buddha è giunto allo stato di illuminazione e che per la totalità degli uomini questa è una cosa molto difficile. Queste ultime sette credono che il paradiso sia un luogo di completa beatitudine, senza sofferenza; credono che il Buddha Amida sia la figura centrale del paradiso, e che anche noi peccatori, semplicemente pregando il Buddha Amida, riusciremo a entrare nel paradiso. Al contrario diverse sette credono che la sola preghiera al Buddha Amida non possa assolutamente far guadagnare ai peccatori il paradiso. Infine altre sette credono che l'insegnamento che, il Buddha diede negli ultimi anni della sua vita, vale a dire il Sutra del Loto, sia l'unica maniera per raggiungere lo stato dell'illuminazione. Molti occidentali hanno creduto a lungo che il buddismo si potesse identificare con lo zen. Ed ancora ultimamente, sempre in Europa, molti hanno cominciato ad avere interesse per il mandala, e quindi per il buddismo esoterico, credendo che quello fosse il buddismo. Tuttavia il buddismo non è solo amidismo, e la preghiera al Buddha Amida, non è soltanto il buddismo esoterico del mandala; è difficile quindi sintetizzare e spiegare con poche parole che cosa sia il buddismo. Queste diverse sette, in Giappone, convivono pacificamente continuando la loro ricerca, e questo tipo di atteggiamento significa non rinunciare all'opinione altrui, non dire di no alle varie possibilità che sono intrinseche all'insegnamento del Buddha. Bisogna capire la situazione giapponese dove queste diverse sette buddiste vivono in pace anche con i cattolici, con i protestanti, che sempre di più edificano le loro chiese. Sia il Cristianesimo che il Buddismo sono religioni universali che sono andate al di là dei confini dei popoli, e credo che un punto in comune tra queste due religioni sia il valore che viene dato allo spirito dell'uomo. Credo che questo valore sia fondamentale per la pace e la comprensione fra i popoli. Io mi interesso di musica cerimoniale buddista e credo che ci siano punti in comune tra i canti gregoriani e il canto rituale dello Shomyo. Per esempio l'uso della voce maschile, sia per l'assolo sia per i cori. Secondo ricerche di musicologi sia i canti gregoriani che i canti dello Shomyo si basano su una ritmica singola, che non segue regole precise e stereotipate. Un altro punto in comune è quello delle partiture che fin dall'antichità si sono sviluppate con un sistema piuttosto primitivo, ma che hanno continuato a essere basate su tale sistema. So che tuttora, in alcune chiese in Europa, per i canti gregoriani vengono usate partiture che rispettano la scrittura antica: il pentagramma è appunto nato da questo tipo di partitura primitiva dei canti gregoriani. Nella nostra setta Tendai, per quanto riguarda i canti sacri, continuiamo a utilizzare le partiture antiche. Sia per questo aspetto tecnico della musica, sia per quanto riguarda il problema dell'uomo, della pace tra gli uomini e tra i popoli, credo ci siano sempre state, e si possano trovare tuttora, comunanze, punti di contatto tra il buddismo e il cristianesimo. Credo che sia importante continuare i contatti tra le varie religioni, tra vari popoli, per la pace e la felicità dell'uomo.
A. Maggiolini:
Oggi, l'accostamento alle Religioni non cristiane è un fenomeno inevitabile e può essere occasione propizia per una più vasta e approfondita autocomprensione e autoattuazione del Cattolicesimo; può pure essere occasione propizia di dialogo e di missionarietà da parte del credente e della Chiesa: può ancora essere spunto quanto mai opportuno per richiamare il senso religioso e il senso del sacro in una società secolarizzata. Perché un tale contatto esprima la sua positività, occorre che si studino le Religioni non cristiane non solo col metodo della "Filosofia delle Religioni" o della "Ierologia descrittiva, positivistica e comparativa", ma anche e soprattutto col metodo teologico. Solo una Teologia che superi il relativismo, sempre in agguato, e che sia fermamente ancorata alla fede della Chiesa, può superare un atteggiamento di condanna globale e acritica e un atteggiamento falsamente "irenico", quand'anche non disposto a misconoscere l'originalità vera del Cristianesimo. La Teologia attuale non ha molto sviluppato la riflessione sulle Religioni non cristiane alla luce delle intuizioni del Vaticano II e del Magistero susseguente. Ha studiato assai più il problema della chiamata del singolo uomo e di tutti gli uomini alla Salvezza. Non ha, invece, notevolmente preso in considerazione il problema del significato e del valore salvifico di forme religiose storicamente strutturate, in diverso modo e in vario grado "estranee" al Cristianesimo, almeno ad una constatazione fattuale. E non si tratta di questione irrilevante, se è vero che l'uomo, anche nel suo rapporto religioso, non è mai un individuo isolato, ma vive in una dimensione sociale e si inscrive dentro un contesto culturale che propone pure modalità esteriori e comunitarie del proprio rapporto con la "Divinità". Il Magistero, d'altra parte, ha affermato che la possibilità di Salvezza soprannaturale è offerta e accessibile a tutti; ha affermato anche che tale proposta di Salvezza è comunicata pure in modo esteriore e socialmente articolato - attraverso la Chiesa visibile, in primo luogo - ma non ha operato la sintesi delle due prese di posizione dottrinali: non ha, cioè, chiarito direttamente il significato salvifico, o meno, delle Religioni non cristiane né, ancor prima, il loro rapporto con la Chiesa e con Cristo. (...)
I - La volontà salvifica universale
II - Il significato e il valore delle Religioni non cristiane
Per l'Ebraismo e il Musulmanesimo, in modi diversi - si tratterebbe del persistere di una Religione "sorpassata" da Cristo, ma che avrebbe ancora un proprio senso proprio per il rapporto - non concluso o ripreso - che ha avuto con il Signore Gesù.
III - Qualche applicazione operativa
Si è accennato, in apertura, al fatto che una esatta concezione delle Religioni non cristiane può essere opportuna occasione di dialogo e di missione, e di rinnovamento della Chiesa stessa.
Nel caso delle Religioni si è di fronte a qualcosa di originale: all'azione di Dio, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, che suscita negli uomini la capacità di accoglierlo e di rispondergli in strutture dottrinali, culturali e altro che, almeno in parte, sono espressione vera e autentica delle esigenze dell'uomo. In questo senso, si raggiunge l'uomo aiutato da Dio, e lo si raggiunge in quell'attuazione particolare di sé che è la preghiera e l'esperienza della Salvezza.