giovedì 27 agosto, ore 15

TECNOLOGIA E IMPRENDITORIALITA’

partecipano

Aldo Romano

docente di Fisica presso l'università di Bari

Carlo Borgomeo

presidente del Comitato per la promozione e lo sviluppo del. l’imprenditoria nel Mezzogiorno

conduce l'incontro

Giuseppe Tripoli

Dopo più di un secolo d’interventi sul Mezzogiorno da parte dei potere centra- le, oggi sembra che finalmente si stia girando pagina, puntando su uno sviluppo endogeno del Mezzogiorno, sviluppo che lo stato deve incentivare e promuovere attraverso il sostegno alle nuove soggettività meridionali.

A. Romano

(...) Oggi si sta determinando, attraverso la natura delle nuove tecnologie che diventano sempre più soffici, sempre più accessibili agli individui, una sorta d’integrazione dei settori economici, per cui potremmo dire che oggi l'impresa si caratterizza in rapporto alla sua capacità di produrre un bene che si tocca o un bene che non si tocca. Quindi potremmo parlare comunque di bene economico, superando anche le differenziazioni del passato tra beni e servizi, appunto perché c'è questo intreccio organico che difficilmente ci porta a far rientrare le attività economiche in categorie rigide.

C'è una sorta di liberalizzazione della vita economica dal punto di vista dell'organizzazione dei settori, quindi le visioni settoriali sono delle visioni piuttosto limitative, e io credo che da questo punto di vista si coglie un altro aspetto importante che poi oggi è il nuovo messaggio che viene dal Meeting '87; cioè che per queste dinamiche, sempre più legate alla capacità dell'individuo di sapere organizzare intorno alla sua capacità creativa, c'è bisogno di dare maggiore spazio alla società civile, la quale ovviamente, per poter dare i risultati migliori di questo connubio tra impresa e tecnologia, ha bisogno di operare in contesti di maggiore libertà e quindi di minori condizionamenti. Semmai lo stato può recuperare una sorta di ruolo nuovo rispetto a questi fenomeni, un ruolo cioè di sostenitore di capacità creative, di capacità imprenditoriali; diventare uno stato che promuove questa libertà degli individui di sapere creare attività economiche centrate su quelle risorse che poi sono le risorse dell'intelligenza dell'uomo, perché in ultima analisi il prodotto tecnologico è un pro- dotto creato, frutto anche della creatività dell'uomo. Questo rapporto tra tecnologia ed impresa porta a dover rivedere anche quelli che sono gli ordinamenti istituzionali che governano il mercato e quindi l'economia; la società dei primi cicli industriali si era data degli ordinamenti coerenti con un certo modo anche di produrre, di organizzare le attività economiche. Oggi invece la società tende un po' a destrutturare il sistema delle istituzioni, ad organizzarle in forme diverse, a favorire cioè le forme di decentramento dell'organizzazione delle attività economiche, della vita civile e della vita sociale, quindi la flessibilità del modo di essere del mercato, del modo di essere delle tecnologie; e preme per chiedere anche una flessibilità del sistema delle istituzioni, e quindi meno forme di centralismo e maggiore libertà di movimento. Da questo punto di vista si capisce perché molti di quelli che già negli anni passati hanno tentato avventure imprenditoriali un po' fuori dalle regole del gioco, hanno trovato grosse difficoltà nel fare questo tipo d’esperienza. Quando io ho iniziato la mia attività vent'anni fa, con l'intenzione di creare un’organizzazione diversa delle attività di ricerca legate allo sviluppo economico, avvertivo che bisognava uscire fuori dalle regole rigide degli organi dello stato, e cominciare ad immaginare forme di cooperazione inter-istituzionali che però si liberassero delle rigidità delle istituzioni d’origine per essere più dinamiche e più vicine a quelle che erano le esigenze della società meridionale.

Queste iniziative hanno incontrato anche delle difficoltà nel passato, perché naturalmente erano fuori dalla regola dominante, perché non era concepibile che un’università, organo dello stato, potesse combinarsi con un'altra istituzione privata per mettere insieme un'attività di ricerche per lo sviluppo o la promozione di servizi utili per l'impresa. Però queste esperienze poi si sono moltiplicate, perché nella società c'era una presa di coscienza dell'importanza di sviluppare un’imprenditorialità anche attraverso il trasferimento di processi culturali e tecnologici nati nel mondo universitario nel dinamica dell'economia.

Un'impresa oggi è affidata alla capacità creativa, all'intelligenza, al dinamismo, all'organizzazione della rete dei rapporti: l'impresa oggi non è una realtà monolitica, non è una realtà che si esaurisce su se stessa. Questo tipo di fenomeno è importante proprio per capire come molte delle teorie o delle visioni di politica meridionalistica del passato non sono più proponibili.

Oggi promuovere l'innovazione nel Sud significa proprio creare un terreno favorevole perché tutte le forze che operano all'interno dei Mezzogiorno, opportunamente sostenute nei processi di qualificazione e opportunamente incoraggiate e aiutate nella loro ricerca di cooperazione con soggetti anche esterni allarga meridionale, modifichino la struttura del sistema sociale ed economico meridionale. Oggi lo Stato, rispetto al problema del Mezzogiorno, si deve porre soltanto come promotore di condizioni favorevoli perché le nuove soggettività meridionali possano esprimere il massimo delle loro capacità, rompendo i vecchi equilibri, le vecchie incrostazioni, cioè tutto ciò che rappresenta una resistenza effettiva allo sviluppo endogeno dell'area meridionale. La dimensione meridionalistica del rapporto tecnologia impresa trova oggi un suo terreno favorevole nella nuova politica che l'intervento straordinario ha dato; la legge è un esempio rivolto specificatamente ad iniziative giovanili, ma io qui vorrei ricordare che c'è anche tutto il terreno della legge 64 e dei progetti all'interno del piano annuale d’attuazione già approvato dal governo.

C'è spazio per iniziative provenienti dalla società civile e la maggior parte dei progetti che sono stati approvati nella cosiddetta azione organica a sostegno dell'innovazione, per fortuna, sono stati progetti che sono venuti dai gruppi che operano nella società civile, non dalle istituzioni codificate nell'ordinamento. Vuol dire che c'è un interesse verso questa nuova linea: non si può certamente dire che il Mezzogiorno sia carente di risorse umane, di capacità d’immaginazione, di creatività, di fantasia; ma se l'immaginazione, la fantasia e la creatività sono condizioni del successo di un'impresa, occorre che lo Stato ritagli il suo spazio solo per aiutare a che queste risorse, queste caratteristiche che sono interne all'economia meridionale, si trasformino in imprese di successo.

Oggi sulla tecnologia si costruisce l'impresa, sul binomio tecnologia-impresa si può costruire un nuovo destino per l'economia meridionale. lo in questo ci credo da oltre vent'anni e difficilmente mi si convincerà del contrario, anche perché vedo che quando si imboccano questi sentieri, alla fine, dopo aver incontrato tante resistenze, tante difficoltà, prima o poi i risultati vengono.

C. Borgomeo

Aldo Romano ha tracciato un quadro di riflessione culturale e politica che si potrebbe definire un tentativo di dare una svolta al ruolo dello Stato, del pubblico potere, per lo sviluppo di un'arca come quella del Mezzogiorno.

Diceva Aldo Romano che questa legge 44 per l'imprenditoria giovanile è un po' la cartina di tornasole di questa logica che punta non a considerare alcuni soggetti meridionali, in questo caso addirittura i giovani disoccupati. come terminali destinatari d’interventi che altri decidono nelle forme, nei contenuti e nei tempi, ma a chiamarli ad essere in qualche modo protagonisti d’ipotesi di sviluppo.

E’ una legge che ha queste caratteristiche fondamentali: la prima caratteristica è quella di invitare giovani meridionali a costruire ipotesi d’autopromozione del lavoro impiantando nuove imprese, sia sotto forma di cooperative, sia sotto forma di società, con la caratteristica che la legge prevede anzi auspica, che i giovani non siano da soli a fare questo tentativo, ma che coinvolgano persone adulte, persone che hanno già esperienza o addirittura società disposte a collaborare con loro, a condizione naturalmente che la proprietà della cooperativa o della società sia a maggioranza dei giovani. La seconda caratteristica è che questa legge assume la sfida del mercato come sfida decisiva. Sono esclusi dalla legge De Vito tutti i progetti che si riferiscono ad attività sociali, attività il cui mercato è un mercato pubblico, un mercato degli enti locali, delle regioni eccetera.

Queste sono le caratteristiche. Io potrei fare qui un po' di bilancio: preferisco fare quattro riflessioni che possono dare vita, spero, ad un minimo di dibattito e a qualche domanda. La legge è operante dal novembre scorso: sono arrivate al comitato 1350 progetti circa da tutte le regioni del Mezzogiorno e i progetti continuano ad arrivare perché la legge non prevede una scadenza per la presentazione dei progetti. Abbiamo esaminato finora del tutto 400 progetti: di questi 400 progetti, 41 sono stati ritenuti immediatamente approvabili e prevedono un'occupazione di 735 persone, comprendendo in questo numero sia i soci cooperatori o componenti della società, sia gli assunti dalla società o dalla cooperativa. Un numero basso, naturalmente, ancora più basso se si guarda ai due milioni di disoccupati del Mezzogiorno, ma guardare questa legge da un punto di vista quantitativo o addirittura pensare che si giudicherà questa legge in relazione al numero dei disoccupati che continuano ad esserci nel Mezzogiorno, è una questione che non esiste. Questa legge non è stata né pensata, né votata dal parlamento, né gestita, come una legge che risolve il problema della disoccupazione: è uno dei tanti strumenti che lo Stato ha messo a disposizione dei giovani del Mezzogiorno, per dare una risposta al problema della loro occupazione. Si potrebbero tracciare altri bilanci, io cito solo un dato: 1350 progetti presentati, una media di sei persone proponenti per ogni progetto, ci porta un numero di 9000 persone, il che significa un numero di giovani inferiore ai 29 anni di circa 6500. Decidiamo che di questi 6500 giovani ce ne sono un paio di migliaia che fanno i prestanome, che si rendono disponibili ad operazioni speculative: se anche questo dato fosse vero, e secondo me pecca per eccesso, in ogni modo noi avremmo 4000 giovani meridionali che hanno deciso di fare un progetto, che si sono messi a fare le analisi del mercato, naturalmente facendo molti errori, che si sono messi a studiare un bilancio aziendale, a fare i conti economici, a fare i bilanci di previsione, che hanno cioè fatto un’operazione culturale abbastanza significativa (...).

Le quattro esperienze fondamentali sono queste, a mio avviso. La prima è che dal punto di vista delle politiche del lavoro per il Mezzogiorno, ma non solo per il Mezzogiorno, questa legge conferma che l'Italia, compreso il Mezzogiorno, è ormai un Paese diverso dai Paesi del Terzo Mondo. Nel Mezzogiorno oggi fare politica attiva del lavoro è molto più complicato che negli anni precedenti, non perché i giovani meridionali oggi hanno più fame di dieci anni fa, perché questo è falso, ma proprio per il contrario, perché nel Mezzogiorno ci sono centinaia di migliaia di disoccupati ed in più ci sono propensioni al lavoro di società adulte: i tecnici la chiamano la segmentazione dell'offerta di lavoro, la frammentazione dell'offerta di lavoro

(...). L'esperienza della legge dimostra che questi interventi anche complessi, anche un po' sofisticati sul mercato del lavoro meridionale, sono possibili e sono utilmente riproducibili, tanto è vero che molte regioni cominciano o a fare nuove leggi per la cooperazione giovanile anche nel Mezzogiorno, o a correggere leggi precedenti.

Seconda esperienza: il vero divario tra il Nord e il Mezzogiorno sta nella difficoltà d’informazioni, di cultura d’impresa, di cultura del risultato, di cultura organizzativa, di cultura della gestione. E’ l'intera società nelle sue articolazioni che deve crescere e maturare intorno a queste cose. Chi sa come sta andando la gestione della legge sa benissimo che il comitato ha fatto convenzioni con tutti quelli che hanno accettato: la CONFINDUSTRIA, la CGL CISL e UIL, le centrali cooperative, il Movimento Popolare, la CONFARTIGIANATO; perché? Qualcuno ridendo ha detto: "perché vi siete acquisiti il consenso di tutti". Non è questa la scommessa: la scommessa è far percepire a tutti che un operazione del genere, che è un'operazione di fiato lungo non di scorciatoia, ha qualche probabilità di successo se crescono attorno ad un obiettivo una serie d’energie: se la confcooperative deve fare un soprassalto d’impegno per avere qualche quadro in più su questo versante, se il Movimento Popolare mette a disposizione i quadri suoi del Sud e del Nord per questo obiettivo. Comunque l'esperienza dimostra che questo è un problema grande, soprattutto se si tenta di gestire un intervento del genere fuori dei circuito tradizionale. Perché, vedete, le cosiddette provvidenze dell'intervento straordinario hanno un circuito di gestione tutto sommato abbastanza consolidato: i consulenti, l'amico di quello, l'amico di quell'altro: va bene tutto, gira. Nel momento in cui si tenta di utilizzare uno strumento al di fuori di questo circuito, si pagano prezzi notevoli, nel senso che si va a dissodare terreni che non sono mai stati dissodati e quindi la scommessa diventa una scommessa particolarmente importante.

La terza questione è sulla credibilità di uno strumento fatto per l'occupazione. Noi come comitato ci siamo dati un obiettivo, da questo punto di vista, abbastanza preciso: prima di fare il ricercatore al CENSIS, ho fatto per dieci anni il sindacalista al Nord e al Sud e probabilmente anche questa componente d’esperienza personale mi ha sempre suggerito una grandissima attenzione ai problemi della credibilità di un intervento pubblico. Quando si è cominciato a parlare del futuro decreto De Vito per le cooperative, si sono messi in moto i vecchi circuiti: noi abbiamo avuto notizie, come parecchi di voi, di mega cooperative da mille persone, avrete avute notizie che ci sono stati accordi a livelli provinciali e regionali per la spartizione delle cooperative; insomma si era messo in moto il meccanismo abituale. Questo suggerisce di avere una puntigliosa e pedante attenzione alle questioni procedurali, alle questioni di trasparenza, alle questioni d’informazione sulla gestione della legge.

Quarta ed ultima riflessione che è molto vicina, mi pare, ai temi che anche sulla stampa di riflesso si colgono: il rapporto tra la solidarietà e l'efficienza, il rapporto tra la dottrina sociale cristiana e le questioni di mercato, essere solidali ed essere imprenditori, essere cristiani ed inseguire il profitto.

Ognuno su queste cose mi pare che abbia diritto ad una mediazione anche personale...Io vorrei fare osservare che noi con questa legge possiamo produrre al dibattito su questi temi un materiale di sperimentazione impressionante; qui si tratta di capire che si mette in moto un meccanismo per cui decine di migliaia di persone proclamano per iscritto, facendo una domanda ad un comitato, che vogliono fare gli imprenditori. Con tutti i riflessi che questo può determinare su una struttura per esempio come la vostra di Movimento Popolare, che si è molto impegnata su questa cosa, mostrando che c'è anche una dimensione imprenditoriale diffusa da conquistare, ad alto contenuto sociale; quando sono in tanti che ci provano, che si mettono in proprio, possono dettare nuove leggi, nuovi codici di comportamento, nuovi linguaggi in materia d’attività economica, d’impatto con il mercato, ecc...

Un giornale ha detto che alcuni progetti tra quelli finanziati sono stati assistiti dalle strutture del Movimento Popolare; è una cosa che evidentemente io non smentisco, e della quale sono anche contento, perché dal mio punto di vista istituzionale sono contento che ci siano tante strutture che in modo non speculativo diano una mano ai giovani a fare progetti. Anche perché così cammin facendo diamo un colpo a tante strutture fortemente speculative; c'è stato un commercialista del mezzogiorno che ha presentato trentotto progetti, lui, prendendo in affitto un po' di giovani, ne abbiamo bocciati ventisei e gli altri dodici saranno bocciati quando arrivano. Il comitato è contento di tutte le strutture che si mettono in moto per aiutare i giovani che stanno predisponendo un progetto. Ma io devo dare atto anche di un'altra cosa che mi interessa di più, e cioè che il Movimento Popolare, come tanti altri, sin dall'inizio ha difeso questo meccanismo d’attuazione della legge. Ed ha compreso, naturalmente sollecitandoci, ma mai chiedendoci di barattare la rapidità con la serietà nell'istruttoria dei progetti. E questa è una cosa che tutti, non io, non il comitato, tutti quanti insieme ci ritroveremo molto utile tra qualche tempo, perché i ritardi si possono recuperare, ma la mancata credibilità, soprattutto nel Mezzogiorno e soprattutto su un problema come il lavoro, una volta persa non ce la dà più nessuno.