Le mie letture
di Luigi GiussaniLunedì 19, ore 18.30
Relatore:
Alberto Savorana,
Giornalista
Savorana:
Questo di oggi è il primo di una serie di incontri che vogliono essere un amichevole invito alla lettura di alcuni libri pubblicati in questi ultimi tempi in una felice e ben riuscita collana della Rizzoli, I libri dello spirito cristiano, diretta da don Luigi Giussani. La collana è giunta ormai quasi al suo trentesimo titolo, e si è rivelata inaspettatamente, innanzitutto per ammissione stessa del suo curatore e direttore don Giussani, e di conseguenza per tutti noi, un avvenimento culturale, un fenomeno di assoluta novità in un panorama un po’ stanco e percorso da luoghi comuni com’è quello della nostra società oggi. Un fenomeno editoriale che non ha mancato di entusiasmare, e ha acceso interessi e curiosità attorno ad una attività che oggi sembra caduta in disuso: la lettura. Paradossalmente in un’epoca come quella attuale, in cui siamo sommersi di comunicazione, siamo però disabituati e poco educati a leggere, perché leggere è come incontrare un amico per strada. Leggere un libro non è semplicemente subire l’urto di qualcosa che ci raggiunge, ma è stabilire un dialogo. E sono contento che sia capitato a me in sorte di presentare, come primo libro di questa collana, Le mie letture di don Giussani, perché è un libro che costringe a questo lavoro.Questo libro infatti, che a me piace molto, è un libro vivo, è un libro che parla, attraverso la parola viva, non formale, non astratta, non consumata, di autori come Leopardi, Montale, Pascoli, Claudel, Rebora, Ada Negri... e non manca anche una breve presentazione di alcuni films della grande tradizione cinematografica nordica. È dunque un libro che parla – attraverso quella modalità espressiva che ha fatto e fa di don Giussani un grande uomo di comunicazione, le cui parole costringono ad un paragone, tanto più in questo libro, che fin dalla primissima pagina dichiara la sua intenzione.
Già dalla prima pagina in cui don Giussani introduce la sua lettura, o meglio il suo dialogo con Giacomo Leopardi, leggiamo: "Avendo io, nella mia tenera età, ‘incontrato’ Giacomo Leopardi e avendo studiato a memoria tutti i suoi Canti, e da allora, credo, non passando mai giorno della mia vita senza citarmi qualche brano delle sue poesie, ed essendo tutto ciò noto agli amici, essi hanno premuto perché io venissi qui oggi a raccontare non un’indagine esauriente dal punto di vista letterario, storico o esegetico della sua opera, ma semplicemente la testimonianza di quello che la poesia di Leopardi ha suscitato e suscita nel mio animo di uomo e di credente. Questo, perciò, è il limite della mia offerta, che dunque vuole esprimersi come un gesto familiare ed amichevole" (p. 9).
La mia presentazione vuol essere una specie di piccolo preludio all’incontro con il gesto familiare, amichevole di don Giussani che ci guida come bambini per mano all’incontro con figure che hanno segnato, con la loro ricerca sofferta, drammatica fino al dolore e alla disperazione o con la loro affermazione positiva ed energica di una risposta scoperta nelle pieghe della realtà. Queste personalità sono geni poetici, geni profetici che hanno segnato, hanno marcato, hanno illuminato parole, interrogativi, esigenze che fanno il cuore dell’uomo, questa realtà originale che rende l’uomo unico fenomeno in cui la natura è in grado di rendersi conto di se stessa, e quindi della realtà in cui è buttata nell’universale paragone.
La genialità delle letture di don Giussani è che sono sempre incontri, e sono incontri in cui egli non ha la preoccupazione di "cristianizzare" i poeti e gli scrittori di cui si occupa o di mostrare come in qualche modo dicono quel che dice lui, o di battezzarli ante-litteram... Piuttosto, don Giussani ci guida, illuminando parole in un percorso che ci fa appassionare – questo è lo scopo, non dichiarato ma evidente – ad andare a leggere, a conoscere che cosa Leopardi o Pascoli, o Montale, hanno rappresentato. Non innanzitutto dal punto di vista letterario, filologico o critico, ma dal punto di vista di quello che la loro opera, la loro poesia, ha suscitato e suscita nel mio animo di uomo e credente.
Don Giussani parte denunciando una stima per la ragione, questo vertice della natura in cui la natura può domandarsi il significato delle cose. Una stima della ragione che fa emergere una positività. Un sentimento positivo che prevale dentro ogni circostanza, una positività, un’attesa di bene, una speranza di qualcosa di bello, buono, giusto e vero che possa essere scoperto. Parlando di Leopardi ad esempio, don Giussani contesta il fatto che la sua grandezza consista nella negazione scientista ottocentesca; invece, il genio di Leopardi è un’attesa di bene, un’attesa di positività. Eppure tutta la cultura moderna, fino alla cultura contemporanea di questi ultimi decenni, guardano questa esigenza del cuore come indice di una malattia. Un qualsiasi ragazzo sedicenne dei nostri giorni identifica le domande che costituiscono inesorabilmente il cuore di un uomo come una forma patologica, una malattia che ha bisogno del medico per essere guarita. Come se la normalità fosse una dimenticanza... Questo libro è tutto tranne che un invito alla dimenticanza, alla trascuratezza del proprio io, perché il proprio io grida, grida la domanda del pastore errante dell’Asia, quella domanda alla luna, quella domanda circa il nesso inesorabile che c’è tra il particolare effimero, la luna, una stella nel cielo e la totalità.
"Mistero" è un’altra grande parola che emerge nelle pagine di questo libro, come termine ineludibile cui la realtà conduce inevitabilmente. Nel brano di lettura su Pascoli, don Giussani commenta alcune poesie del grande poeta, e le commenta urgendo questa evidenza originale. La poesie Il libro ne è l’esempio, nella quale il libro del mistero è la realtà.
Ed ecco così un’altra grande parola, realtà, che è il termine senza il quale non sarebbe possibile dire nulla di nulla. L’ambito, la circostanza, il fattore senza il quale non sarebbe possibile parlare, stabilire nesso con nulla. La realtà con quel senso di sproporzione che prende, è ben espressa attraverso la poesia Sopra il ritratto di una bella donna scolpito sopra il monumento sepolcrale della medesima. A chi è rivolto il grido di questa poesia? È rivolto ad un "X" misteriosa, inconoscibile, incommensurabile, ma reale. Questo mistero è tanto sconosciuto ed incognito quanto reale. Costituisce la fibra – dirà don Giussani – della realtà, la sua profondità che l’uomo non può neanche immaginare di conoscere anche in un suo pezzetto, ma può solo avvicinarsi al suo calore, al suo calore fontale, originale attraverso delle insoddisfatte approssimazioni analogiche che sono del poeta, che lascia intravedere un’aura di quel Mistero che non si può definire.