Martedì, 27 agosto ore 15
L'ALTRA EUROPA: LA PERSONA PROTAGONISTA DELLA STORIA
partecipano:
Romano Scalfi,
direttore del Centro Studi "Russia Cristiana" e della rivista 'L’altra Europa"
Irina Alberti,
direttrice del settimanale in lingua russa "Il pensiero russo" edito a Parigi
C'è un Europa dell'Ovest, la nostra, e una dell'Est, 'l’altra Europa". A lungo si sono considerate queste due Europa, non come le due metà complementari di una stessa realtà, ma come l'espressione di due mondi contrapposti e fra loro inconciliabili: l'espressione, da una parte, degli Stati Uniti, dall'altra, dell'Unione Sovietica. Così si sono andate perdendo l'unità e l'identità dell'uomo europeo, che affondano le loro radici nell'humus di entrambe le tradizioni culturali.
R. Scalfi:
"... Parlare dei paesi dell'Est europeo e affermare che la persona è protagonista sembra contraddittorio, o almeno di cattivo gusto. Nelle società post-totalitarie (come le chiama Havel, dando al posto il significato di "super"), che rappresentano 'L’escatologia dell'impersonalismo" (Belohradski), protagonista sembra essere il potere, l'ideologia, le strutture. Eppure il messaggio che ci giunge oggi dagli uomini di queste società proclama il primato della persona, non solo come valore, ma come capacità concreta di fare storia. Naturalmente dobbiamo definire che cosa sia la storia di un popolo. 'La storia di un popolo", ha detto Solzenicyn, "non è determinata dalle vittorie e dalle sconfitte in campo militare, né dalle fortune in campo diplomatico, ma dalla capacità di formulare e sperimentare una cultura fondata sui valori universali della vita, in questo senso possiamo affermare che anche oggi la persona nell'Est è capace di fare storia". Accanto ad un processo sempre più evidente ed esteso di depersonalizzazione, promosso nell'Altra Europa dagli uomini del potere (ma non solo all'Est), vi è un altro processo più nascosto, meno esteso ma più profondo, e comunque presente con intensità diversa in tutti i Paesi dell'Est Europa: un processo di personalizzazione. Non voglio dire che questo processo sia presente soltanto all'Est, ma forse qui è più evidente per il contrasto della situazione: comunque all'Est, questa esperienza di vita nuova che pone il suo centro nella persona, non è vista come una questione dell'Est, ma come questione dell'uomo, dell'Europa tutta intera, dell'Altra Europa. La nuova cultura che sempre più si impone all'Est fra le persone pensanti e desiderose di cambiamento, questa cultura che noi chiamiamo personalistica, non è l'unica cultura alternativa al sistema: sulle ceneri del leninismo spuntano molti fiori. Ma si può anche affermare che il personalismo è presente, in maniera diversa, in tutte le manifestazioni della cultura alternativa. Il problema più vistosamente presente negli scritti del samizdat (l'editoria clandestina), non è il problema delle strutture. L'esperienza ha dimostrato che quando si punta principalmente a cambiare le strutture la società non cambia: cambia, se va bene, la facciata della società: gli uomini al potere, i colori e le mode. Quando chiesero a Sacharov quali fossero le prospettive della sua lotta politica, questi rispose: "Ad animare la mia lotta è la dignità della mia persona, la dignità delle persone dei miei amici, di tutte le persone"...Il personalismo non è una semplice reazione al collettivismo sovietico, dopo il suo fallimento teoretico e pratico: è anche il superamento di una visione individualistica, un superamento della "pseudodemocrazia" e del pluralismo formale, un superamento delle deficienze della nostra società...Per i cristiani in particolare, ma per tutti gli uomini del Samizdat, il rinnovamento della persona ha come orizzonte il rinnovamento della Russia e la trasfigurazione del mondo. Per i cristiani più sensibili alla tradizione la riscoperta del principio personalistico è un rifarsi alle radici della cultura che ha formato l'Europa. Cito per tutti la Mandel'stam: "Il mondo europeo ha edificato la propria cultura sul simbolo della croce, che fa memoria di un uomo che vi è stato crocefisso. Alla base di questa cultura c'era il rapporto con la persona come valore supremo. Noi dobbiamo imparare di nuovo che ogni singolo destino di un uomo è simbolo di quel giorno storico, e allora H singolo, per quanto limitata sia la sua partecipazione, si configura nella nostna mente all'interno di quel quadro generale del mondo"...Ora vorrei elencare schematicamente alcune caratteristiche di questo personalismo. La persona è presentata nella sua integralità: non solo nel rapporto con altre persone, ma nel suo rapporto costitutivo con l'Assoluto. Per i cristiani questo è evidente. Non ci sono tra i cristiani dell'Est tendenze secolaristiche. Ma il riferimento all'Assoluto come costitutivo della persona è presente anche fra gli agnostici. Pliusc, che si definiva neomarxista (ora non è neppure più neo) aveva scritto che a fondamento del suo marxismo stava il detto di Dostoevskij "Se Dio non esiste, tutto è possibile", annotando che, per lui agnostico, Dio significava un assoluto, una fiamma di divino che alberga nel cuore di ogni uomo...Vi è in tutti gli scritti del samizdat un'innata diffidenza per l'umanesimo astratto, per i grandi progetti di trasformazione sociale, per la felicità garantita a tutti e sempre: questo umanesimo è realista e concreto, fonte e oggetto di culto. I cristiani sono vaccinati contro l'utopia, non solo dal fallimento dell'utopia marxista, ma soprattutto grazie agli scritti della rinascita culturale russa di inizio secolo, che nell'utopia avevano indicato il tradimento più sostanziale della fede e dell'umano: oggi anche i non cristiani sono d'accordo con questo...Nel "Programma del Movimento Democratico"; dove confluiscono varie correnti, leggiamo: "Quanto più gli ideali sono grandi, tanto più elevati devono essere i mezzi concreti per raggiungerli": il criterio per determinare la bontà del mezzo è il bene della persona concreta. Per cui anche un programma oggettivamente buono diventa immorale se non serve ad elevare la persona. Da qui deriva la condanna unanime della violenza e la condanna unanime del pacifismo, sempre per lo stesso principio personale. Nel "Programma" citato si legge: 'La violenza esplode in una persona malata, in una società inalata". Per lo stesso motivo è condannato il pacifismo occidentale, perché dettato dal desiderio della sopravvivenza. Il criterio della sopravvivenza è il criterio della schiavitù della persona. 'T'istinto di autoconservazione -osserva la Mandel'stam - ostacola ogni possibilità di maturazione". La Mandel'stam parla di preminenza del significato sul risultato. La ricerca del significato alimenta la persona e la rende sempre più libera dai condizionamenti, la ricerca primaria del risultato la impoverisce e la rende schiava: in sintonia con Patocka che aveva detto: "Se per il significato della vita non si è disposti a morire, non vale la pena vivere La persona è preminente all'opera e al gesto. N.B.: In questo momento il movimento del dissenso è in crisi. Da un punto di vista organizzativo ha sempre meno spazi di azione pubblica, ma culturalmente non è fallito come vuol far credere la stampa italiana che di personalismo se ne intende poco. Non è venuta meno la speranza proprio per il principio personalistico: quando è impedita l'azione di protesta, l'azione pubblica, si può sempre lavorare sulla formazione della persona. in questo senso oggi il Samizdat, la corrente del dissenso, è più che mai viva proprio perché preoccupata di educare persone. La persona è per natura schiava, e insieme è per natura chiamata alla libertà, ogni momento è tentata ad essere meno di sé e nello stesso tempo ad essere più di sé. "Uomo significa orgoglio", aveva cantato Majakovskij. Nel personalismo attuale non c'è nulla di titanico. Alla persona è offerta la possibilità di essere protagonista nella storia e di essere schiava, di essere volto iconico e di rivestire la maschera della scimmia. I giovani dei seminari filosofico-religiosi di Mosca e Leningrado parlano di umiltà audace: 'T'umiltà è una forza tremenda". Da qui nasce la necessità dell'ascesi, della penitenza, della metanoia. A questo proposito ricordo soltanto, fra i molti, il saggio di Solzenicyn "Penitenza e abnegazione, categorie della vita sociale"...Penitenza e responsabilità sono forme antinomiche della maturità della persona. La vera penitenza produce responsabilità e la responsabilità induce alla penitenza...La responsabilità è prima personale che collettiva. In una società marcia tutti gli uomini possono sentirsi innocenti. (Solzenicyn). D'altra parte "uomini sporchi non possono fare una società pulita". Prosegue Solzenicyn: "E’ illusorio aspettarsi dai dirigenti il dono della libertà. La storia siamo noi. Sono gli uomini a determinare il proprio futuro... Il futuro non si può distruggere, esso è nelle nostre mani". Dice Safarevic: "E’ Dio che fa la storia, ma la fa con le mani degli uomini, con le nostre mani". Se ogni persona "è responsabile di tutto e di tutti" (Dostoevskij), se ogni dono è una nuova responsabilità (Zelinskij), la persona è prima di tutto responsabile di se stessa, della propria crescita. Dice la Mandel'stam: "Per il Logos non c'è posto nel nostro mondo, tornerà se gli uomini cominceranno a ricordare, dopo essersi destati dal sonno, che l'uomo deve rispondere di tutto e, prima di tutto, della sua anima". "Ciascuno di noi è responsabile di tutto e, prima di tutto, della sua anima". "Ciascuno di noi è responsabile di tutto, deve render conto di tutto ... Siamo soltanto dei fuscelli trasportati dal flusso tempestoso, quasi fumoso, della storia. Ma il fuscello umano, anche il più banale, ha una sua capacità misteriosa di imprimere una direzione al flusso". Che coscienza della propria miseria e della propria grandezza! La libertà non dipende prima di tutto da circostanze favorevoli, da situazioni felici, anche se le circostanze e le situazioni non sono ammonisce Nazarov indifferenti. La libertà ha il suo fondamento nel cuore dell'uomo cosciente e responsabile: cosciente del proprio destino e responsabile di esso; non è "comprensione di necessità", come voleva Lenin, ma possibilità offerta in ogni momento della vita, in ogni circostanza. Maksimov dice: "L’uomo, deve essere interiormente libero per poter essere libero anche politicamente... Se noi poniamo la libertà nella nostra anima, la società sarà libera anche politicamente, ma se noi iniziamo dalla libertà politica, arriveremo inevitabilmente alla schiavitù spirituale. E questo avviene in Occidente come in Oriente". La Lituania è la repubblica più libera dell'URSS, non perché lì ci siano comunisti più umani, ma perché ci sono uomini più uniti, più liberi che rendono più libera anche la società. In Lituania ci sono 23 riviste clandestine su 3 milioni di abitanti. E fare una rivista clandestina non è l'hobby di alcuni intellettualoidi, perché basta essere scoperti a scrivere una pagina di queste riviste per finire nei lager. Ma tutta la repressione non è in grado di frenare questa ansia di libertà, questo gusto di creatività, questa volontà di comunicare l'esperienza propria di libertà. La Polonia è il paese più libero del blocco comunista. E evidente che in Lituania come in Polonia è l'uomo protagonista nella cultura e nella vita. Quando in una nazione –ammonisce Nazarov- si formano vuoti di libertà, il conquistatore è già alle porte. "Che regime possiamo pretendere noi schiavi, se non il regime dei tiranni?". Trent'anni fa in Russia la gente non sapeva neppure immaginare una libertà più grande e attendeva per lo più passivamente un cambiamento dall'alto che permettesse loro un'esperienza di libertà. Quanto più cresceva "il- gusto dell'espressività - come scrisse la Mandel'stam - tanto più il mio popolo si ridestava dal letargo Leggiamo in "Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania": '1 fedeli avranno tanta libertà, religiosa quanto riusciranno a conquistarla. Dal governo sovietico si riesce a ottenere qualcosa solo quando esso incomincia ad aver paura del popolo". E non si tratta soltanto di libertà religiosa. La lotta per la libertà religiosa ha fatto diventare più libera tutta la nazione". Il messaggio che ci viene dai paesi dell'Est, dagli scritti del Samizdat, dalla vita nuova che incomincia ad imporsi, è anche un messaggio di speranza per noi, per ogni uomo. Non si tratta di una speranza fondata su leggi oggettive dell'evoluzione storica, su leggi psicologiche o sociologiche o politiche. Si tratta di una speranza offerta all'uomo e quindi alla società. Grossman enumera spietatamente i cedimenti dell'uomo che accetta di essere meno uomo. Li elenco: il sentimento della fatalità, il predominio della voglia sulla felicità, l'ottimismo oppio insensato, la tensione a115autoconservazione, la forza ipnotica delle idee universali astratte, il terrore di fronte alla violenza del potere, la ripetitività, la vanagloria. Ma conclude: "La mia fede nell'uomo non è una fede ingenua, la mia fede io l'ho temprata nell'inferno ... ho visto che non è l'uomo ad essere impotente contro il male, ma è il potente male ad essere imponente quando lotta contro l'uomo. Non c'è nessuna forza al mondo capace di impedire agli uomini di essere uomini".
I. Alberti:
Se vi parlo della Russia, non è perché sono di origine russa e non è solo perché vivo quotidianamente questa tragica esperienza russa nel mio lavoro e in tutti i miei contatti; è, soprattutto, perché sono profondamente convinta che quello che avviene nell'Est Europeo, e in modo più particolare in Unione Sovietica, sia di interesse e di importanza vitale per tutta l'Europa e direi per tutta l'umanità, per tutto il suo futuro. Il problema comunismo, il problema Unione Sovietica, non mi interessa politicamente, ma da un punto di vista umano, morale e spirituale. là molto importante rendersi conto di quello che è avvenuto in questo paese che allora si chiamava Russia, nel 1917, quando ci fu quello che si chiama ufficialmente la "Rivoluzione d'ottobre", che non fu una rivoluzione, ma un colpo di stato. Nel 1917, dunque, il potere fu preso da un gruppo di persone che si ponevano uno scopo ben preciso. Lo scopo dichiarato era, come sapete benissimo, quello di costruire una nuova società, la società perfetta, la società della giustizia assoluta, una società basata su tanti slogan, di cui uno è "A ciascuno secondo i suoi bisogni" e "Da ciascuno secondo le sue capacità"...Nella concezione di società adottata dal gruppo venuto al potere, era il partito che si sostituiva allo stato. Per creare, era stato detto, questa nuova società.... bisognava cambiare l'uomo; lo ha detto Marx, lo hanno detto molti dei nostri rivoluzionari russi prima della rivoluzione. Quali erano le caratteristiche principali di questo uomo nuovo? In primo luogo l'abolizione del concetto del bene e del male. Il bene e il male erano dichiarati concetti falsi, inventati da una società capitalista, borghese, feudale, per sfruttare meglio tutta la massa dei poveri, dei diseredati, del proletariato. Quindi bene e male aboliti e ovviamente abolito il concetto di Dio. Abolito con un odio particolare, che forse non è abbastanza, conosciuto in Occidente,perché questo odio feroce, violentissimo contro tutto quello che poteva rappresentare o essere simbolo di Dio e dell'idea di Dio nella vita umana è veramente caratteristico della nascita del regime comunista sovietico e del resto, a quanto mi risulta, lo è anche in altri paesi, dove questo tipo di ideologia e di regime si instaura al potere. E sarebbe tutta da raccontare ancora, anche se qualcosa è stato raccontato, la storia della distruzione delle Chiese, del martirio dei sacerdoti e dei credenti, di una lotta cruenta, violentissima, spietata, contro la fede cristiana in particolare e poi contro ogni fede, in un secondo tempo. E comprensibile che la fede cristiana fosse la prima da distruggere, abbattere, perché la Russia era un paese essenzialmente cristiano e la sua cultura una cultura cristiana. E poi perché il cristianesimo come tale è inconciliabile con l'ideologia marxista e comunista. Questa lotta per creare un uomo per il quale il bene e il male diventassero il bene e il male del partito, è tuttora viva: leggiamo sulla stampa sovietica che l'unico scopo è la vittoria del comunismo, degli ideali del comunismo e che tutto è subordinato a questo. Penso che il tentativo di creare un uomo senza Dio e senza concetti morali, riguardi tutta l'umanità e tutto il mondo...Ma nel mondo comunista è stato adottato come regola, come legge e quindi è stato anche applicato con la forza, con la violenza, con la crudeltà, sopraffacendo ogni tentativo di resistenza degli esseri umani. La stessa Mandel'stam, che Padre Scalfi ha citato varie volte e che effettivamente è stata una delle persone più straordinarie della dissidenza o del libero pensiero russo, diceva appunto che quando faceva il paragone tra quello che era stato il mondo russo di prima della rivoluzione e di dopo, vedeva evidentemente tutti i difetti del mondo di prima, che era lungi dall'essere perfetto; però la differenza essenziale, per lei, era che allora questi lati immorali, crudeli, inaccettabili da un punto di vista morale o spirituale, erano, da tutti riconosciuti come un fenomeno negativo, come un peccato, qualcosa che doveva essere condannato da qualunque persona. Mentre, dopo l'ottobre, si instaura un regime che dichiara legge di vita tutto quello che prima era un peccato o un delitto che si commetteva contro le leggi divine e umane. E questo in effetti è, a mio avviso, la caratteristica principale di questo mondo dell'Est, l'elemento che veramente lo definisce, lo caratterizza ed è una prova di più, una prova negativa, del fatto che la persona umana è alla base di tutto...Il primo attacco, la prima aggressione è quella contro l'uomo che deve essere ridotto a qualcosa che naturalmente non è. E per questo scopo gli si tolgono tante cose appartenenti alla sua vita naturale, si comincia con la distruzione della Chiesa e quindi con l'abolizione e la condanna di qualsiasi fede religiosa e di qualsiasi tradizione, abitudine, legata a questa fede religiosa. Poi si distrugge sistematicamente la famiglia, dichiarandola pregiudizio borghese, e poi si passa alla distruzione di classi sociali o ceti considerati, per la loro natura e la loro storia, degli ostacoli alla realizzazione di questo disegno. Abbiamo la lotta contro la classe contadina che, in Russia o già Unione Sovietica, costituiva il 90% della popolazione:... si sradica e si distrugge la stragrande maggioranza di questo popolo. Gli si toglie il suo modo naturale di vivere, dove sono radicate leggi, principi, una certa visione del mondo e di quello che l'uomo in questo mondo è chiamato a fare...Anche la storia umana non deve più essere la realizzazione e lo svolgimento del disegno divino, ma qualcosa di diverso. E la lotta dell'individuo contro questo disegno, la resistenza dell'uomo comincia molto presto. Comincia già con le prime ribellioni degli operai, che pur essendo in teoria la classe favorita, nel cui nome si faceva tutto, avevano capito molto rapidamente che era una menzogna, che nulla veniva fatto per loro, ma che si prendevano decisioni che venivano loro imposte e che consideravano ingiuste; hanno dunque cominciato questa lotta, in realtà abbastanza disperata. Credo che non si sappia molto in Occidente, per esempio, del fatto che, nell'esercito cosiddetto bianco, quello che combatté contro i comunisti durante la guerra civile, c'erano interi battaglioni di operai volontari, che si erano uniti a questo esercito che teoricamente avrebbe dovuto essere il loro nemico di classe perché avevano capito che quella che veniva loro imposta era una menzogna che andava contro i principi elementari di una vita umana degna di questo nome. Da questo momento, intorno agli anni venti, senza tregua e senza interruzioni, c'è sempre stata una resistenza e una lotta della quale adesso stanno venendo alla luce piano piano documenti. D'altra parte, nel numero assolutamente incredibile di decine di milioni di persone morte nei lager, nella lunga epoca staliniana, la maggior parte era gente mandata lì per le ragioni più assurde, ma c'erano anche dei resistenti: una resistenza non violenta, condotta sul piano dello spirito, del pensiero e di una ricerca della giustizia e dell'umanità. lo non intendo affatto idealizzare la storia della Russia, del periodo sovietico, so benissimo che c'è stata molta gente che ha aderito al comunismo con grande entusiasmo, credendo veramente che avrebbe portato il paradiso sulla terra, conosco molte fra queste persone che oggi la pensano diversamente... Ma effettivamente, fin dall'inizio, c'è stata la lotta dell'uomo al quale cercano di togliere le sue caratteristiche umane, quelle che fanno di lui un uomo, né Superman né bestia, per tornare al tema del vostro Meeting. E se pensate a quello che è avvenuto durante la seconda guerra mondiale, nel momento di cedimento totale di fronte all'esercito tedesco che avanzava, e al panico di Stalin, al suo appello alla gente del paese, quando invece di "compagni- cominciò con 'Fratelli e sorelle", parole che la gente non aveva più udito da oltre venti anni; se pensate che Stalin ritenne necessario e indispensabile riaprire le chiese, far uscire dai campi di concentramento e dalle prigioni quei sacerdoti e quei vescovi che ancora erano in vita, e concedere alla Chiesa una certa, molto limitata libertà, contro la promessa che la Chiesa avrebbe aiutato a difendere il paese dall'invasione tedesca, vi rendere-te conto, penso, di quanto questa resistenza, questo spirito di fermezza di fronte a un attacco che era di una crudeltà assolutamente indescrivibile e inimmaginabile, fosse reale e forte. Arriviamo all'epoca post-staliniana, a quello che venne chiamato il "disgelo", l'epoca di Kruscev e post-Krusceviana, nella quale ci fu un certo allentamento della repressione poliziesca che permise a queste voci della resistenza, del dissenso, di elevarsi e raggiungere il mondo libero, come noi continuiamo a chiamarlo nell'Unione Sovietica e nei Paesi del Blocco dell'Est. Un mondo non sempre libero, perché quando cede al compromesso, quando rifiuta di guardare in faccia alla verità di quello che avviene dall'altra parte, è un mondo schiavo di interessi, di paure, di pregiudizi, di propaganda. Allora queste voci si udirono e ci fu veramente un grande moto di meraviglia in Occidente: "ma guarda, parlano", eppure, anche se non parlavano, pensavano, sentivano e pregavano, soprattutto pregavano, in mezzo alla distruzione di questa Chiesa. La Chiesa in Russia è un altro argomento sul quale mi vorrei soffermare, perché ritengo che sia un elemento essenziale di quello che è stato fatto per trasformare e soggiogare l'uomo. All'inizio questa Chiesa è distrutta, poi le si permette di uscire alla superficie durante la guerra, per ragioni contingenti, di sopravvivenza...In seguito la Chiesa non viene ricacciata nelle catacombe, si passa ad un'altra strategia: perché essa comunque va distrutta, questo è un principio di base al quale il comunismo non può rinunciare. Ci fu un periodo di persecuzioni molto attive sotto Kruscev, il nostro grande liberale, che ha avuto molti meriti, ma anche questo terribile peccato sulla coscienza, di una rinnovata, ferocissima persecuzione contro la Chiesa. Comincia un altro processo, molto più pericoloso, che riguarda appunto l'Occidente e tutta l'umanità. là un processo di infiltrazione nella Chiesa, della sua trasformazione dall'interno in qualcosa che non è più Chiesa di Cristo.... E’ una Chiesa in cui le gerarchie superiori sono spesso al servizio del regime, incapaci di resistergli; una Chiesa cacciata all'interno degli edifici ecclésiastici, per cui non ha più il diritto di insegnare, di esercitare la carità, di essere presente nella vita della società e degli uomini. Se un cittadino sovietico vuole andare in Chiesa, molto limitatamente al luogo dove vive e alla sua posizione, perché andare in Chiesa è pericoloso, può farlo, ma tutto quello che gli è accessibile è il rito puro e semplice. Si cerca di mantenere questo rito, di renderlo il più possibile in comprensibile e lontano dalla realtà vissuta, per esempio c'è un'opposizione ferrea del regime alla traduzione dei testi sacri e delle preghiere dall'antico slavo in russo. Questo tentativo, fatto da alcuni sacerdoti e da alcuni credenti fedeli, è stato sempre punito con estrema ferocia. Perché è chiaro, un cittadino sovietico giovane oggi, lo slavo ecclesiastico non lo capisce. Quindi va in Chiesa, ascolta qualcosa di molto bello, perché i canti sono belli, perché la funzione è commovente esteticamente, ma non capisce quale è il legame di quello che viene detto in questa Chiesa con la sua vita e con quello che lui è chiamato a fare. L'altra cosa alla quale le autorità con estrema violenza e ferocia, è qualsiasi tentativo di un discorso ecumenico, cioè qualsiasi tentativo di riavvicinamento fra le Chiese e di riappacificazione fra le varie religioni, le varie confessioni cristiane che esistono sul territorio dell'Unione Sovietica. Sempre più, in questo loro processo di liberazione spirituale e intellettuale, le persone dell'Unione Sovietica capiscono che prima di tutto bisogna essere cristiani e fra cristiani parlarsi e cercare d'intendersi: questo è quello che il regime non può tollerare, al punto da utilizzare gli antichi rancori e i ricordi delle antiche lotte fra cattolici e ortodossi, per esempio, per fomentare la discordia e la divisione. E’ caratteristico il caso della Lituania, paese cattolico dove si costruiscono conventi ortodossi che non servono a niente e a nessuno, in quanto la popolazione ortodossa quasi non esiste, mentre non esistono quasi conventi sul territorio russo, dove la maggior parte dei credenti è ortodossa. Questo modo di soggiogare la Chiesa, di toglierle la sua funzione, la missione datale da Cristo, "andate e predicate", è, a mio avviso, la cosa più terrificante avvenuta nell'Unione Sovietica. Frutto questo riguarda anche il mondo occidentale, dove osserviamo che ogni tanto la Chiesa smette di essere Chiesa, quasi si ritira, come se avesse vergogna di essere quello che è e di parlare in nome di Cristo ad alta voce...Questa ideologia vive in Unione Sovietica da quasi quattro generazioni, cresciute sotto questo regime totalitario che pretende di impadronirsi di tutto quello che è la vita umana, l'essere umano, la mente, il cuore, l'anima, la coscienza. Abbiamo in Unione Sovietica una realtà in cui c'è un governo, un potere e una classe che costituiscono circa 4 milioni di persone, su una popolazione di circa 260, 280 milioni. Questa è la classe con cui i governi occidentali parlano e trattano, o piuttosto con i loro rappresentanti. E trattano con loro proprio come se queste persone, mai elette, mai scelte da nessuno, fossero i legittimi e autentici rappresentanti dei loro popoli, dai quali invece sono generalmente odiati. Un fatto caratteristico in Unione Sovietica è che quando la gente semplice parla dei governanti, dice sempre "loro". C'è una netta divisione: noi siamo il popolo e loro sono qualcosa o qualcuno che non ha niente a che vedere con noi. Poi abbiamo una vastissima popolazione, la quale, a detta di tutti i testimoni che ho potuto sentire, nel corso di questi ultimi 15 anni, si è completamente staccata da questo potere, da questo regime e da questa ideologia! Una popolazione che esprime la sua protesta in modi insoliti per l'Occidente e che per questo l'Occidente non nota. Perché esprime questa protesta con uno stato di sciopero, non dichiarato, ma perpetuo: basterebbe che leggeste la stampa sovietica per vedere che, come anche le autorità sovietiche sanno, questo popolo rifiuta di lavorare per lo stato e lavora solo in quei momenti della propria giornata e in quei campi dove può svolgere un lavoro privato, tollerato qualche volta, spesso perseguito, ma comunque un lavoro che secondo la legislazione sovietica di oggi è illegale. Ora, il fatto di vivere in questa illegalità, porta a una demoralizzazione che a sua volta conduce a fenomeni tragici, quali l'alcoolismo, che è diventato una piaga nazionale, la droga, che si sta sempre più espandendo in questo paese,... la corsa forsennata ai beni di consumo, al benessere materiale, che essendo un privilegio e non un diritto, diventa uno scopo di vita ancora più importante di quello che può essere in Occidente....Questo stato di demoralizzazione e di corruzione assoluta potrebbe essere l'annientamento da un punto di vista umano e spirituale di questo popolo, se non ci fosse nello stesso tempo quel risveglio spirituale di cui parlava padre Scalfi e che continua... Perché l'uomo nuovo, quello previsto dal regime non è stato creato, è nato invece qualcosa di disperato e già condannato, votato alla morte spirituale e quindi alla morte. E se si sono elevate queste voci che hanno parlato, ricordando che l'uomo può scegliere la sua via, che non deve cedere, che può lottare anche sotto quel regime e in situazione di schiavitù, sono state segno del ritrovamento di una via, di una possibilità di avvenire, credo, per tutti i paesi. Agli uomini politici occidentali rimprovero di non rendersi conto del fatto che questa è la verità, sebbene sia stata detta e ripetuta loro infinite volte da gente che ha rischiato la vita, cominciando da Solzenicyn: 'Tarlate ai popoli, parlate alla gente, parlate agli individui del nostro paese, non parlate ai governanti che non rappresentano nessuno, all'infuori di se stessi e dei propri interessi". La comprensione di questo sarebbe di aiuto ai paesi dell'Est e aprirebbe una via alla creazione di questa Europa unita di cui si parla perché significherebbe anche una chiarezza di pensiero e di coscienza da parte degli Occidentali: significherebbe che il mondo libero è tale.... Bisogna creare spazio per coloro che, in quell'atmosfera di decadenza, di disperazione, di demoralizzazione sono riusciti a trovare lo spiraglio di luce, un'indicazione di come possiamo andare avanti perché la storia umana si sviluppi secondo il disegno di Dio e non perisca in un inferno che potrà essere nucleare, che potrà essere di qualche altro genere, ma comunque sarà un inferno.