Martedì 22 agosto, ore 11
CON O SENZA BIG BANG
Tavola Rotonda
Partecipano:
Halton Arp, Francesco Bertola, Franco Selleri.
Modera:
Mario Gargantini.
M. Gargantini:
Lo scorso anno, in una tavola rotonda come questa, ci siamo posti la domanda su cosa sia la realtà ed abbiamo visto come, nonostante i tentativi di l'idea dell'esistenza di un mondo reale, indipendente da noi, ma in parte combatterla, conoscibile, resta quella più adeguata. Oggi risaliamo alle origini di questa realtà. Affronteremo l'antico interrogativo "se e come tutto l'universo abbia avuto inizio" e cercheremo di riflettere sul tipo di risposte che le scienze offrono. Sono con noi per questo il professore Francesco Bertola, docente di Astrofisica all'Università di Padova. Ha svolto ricerche negli osservatori di Asiago, di Monte Palomar, negli Stati Uniti, e si occupa di ricerche nell'ambito dell'astrofisica extragalattica. E stato anche premiato nell'89 dal Presidente della Repubblica all’Accademia dei Lincei. Poi abbiamo uno dei più noti astrofisici internazionali, il professor Halton Arp, laureato ad Arward. È un esperto osservatore di quasar e di galassie, ha conseguito numerosi premi in tutto il mondo. Infine, il professor Franco Selleri, docente di Istituzione di Fisica Teorica all'Università di Bari. Il suo interesse è rivolto alle questioni fondamentali della fisica quantistica e le sue posizioni si ispirano alla visione del mondo propria di Einstein e di De Broglie che condividono la fiducia nella possibilità di una rifondazione tradizionalistica della fisica. La domanda sull'origine dell'universo è una delle più antiche, su cui tutte le civiltà si sono cimentate. Le cosmologie antiche erano un insieme di elementi derivati dall'osservazione diretta, uniti a rappresentazioni immaginative e simboliche ideali. La cosmologia moderna, dopo un lungo lavoro, ha cercato di epurare il quadro da molti elementi meno legati alle osservazioni. Attualmente, c'è una teoria che va per la maggiore, nota anche al grande pubblico. La teoria del Big Bang, che prende il nome da quello che si ritiene l'evento primordiale, il grande scoppio da cui tutte le cose hanno avuto inizio. In realtà, si tratta di un modello teorico abbastanza articolato che si avvale di apporti di diversi settori della fisica. Chiediamo allora, per iniziare, al professor Bertola di illustrarci i punti essenziali di questa teoria e di aiutarci a capire quali sono i principali motivi che giustificano l'ampio consenso che tale teoria gode tra i ricercatori.
F. Bertola:
Per inquadrare la teoria del Big Bang, vediamo quali sono state le concezioni dell'universo che l'hanno preceduta. Cominciamo con la prima diapositiva che ci mostra il sistema copernicano. La grande rivoluzione compiuta da Copernico è consistita nell'aver messo il sole, anziché la terra, al centro dell'universo. La concezione copernicana conteneva un elemento medioevale ancora molto forte: l'universo era racchiuso dalla sfera delle stelle fisse oltre alla quale c'era l'empireo. Questa concezione viene superata pochi anni dopo la morte di Copernico (…). Ma vediamo la concezione attuale dell'universo che si basa sul Big Bang, cioè sul fatto che l'universo ha avuto un'origine ben determinata nel tempo. È un universo che attualmente, in base alle misure fatte con osservazioni astronomiche, facciamo risalire a circa quindici miliardi di anni fa. È una caratteristica della concezione attuale dell'universo quella di un'origine ben determinata nel tempo. La seconda, grande caratteristica della concezione attuale del nostro universo è che, mentre gli universi che abbiamo visto prima erano statici, dove gli astri si muovevano ma le distanze medie tra i vari oggetti celesti rimanevano sempre le stesse, nell'universo attuale, nell'universo del Big Bang, abbiamo invece una evoluzione, un divenire: la distanza tra i vari corpi celesti non rimane sempre la stessa, ma aumenta sempre di più con il tempo (…).Le radici di questa concezione sono nelle equazioni della relatività generale di Einstein, enunciata nel 1917: la soluzione di queste equazioni dava, tra le varie possibilità, quella di un universo in evoluzione, di un universo con un'origine che, successivamente, è stata chiamata Big Bang. Lo stesso Einstein fu molto scettico davanti a questa idea e preferì introdurre nelle sue equazioni una costante detta "costante cosmologica", in modo tale che il risultato che si otteneva era quello, di nuovo, di un universo statico. Lo stesso Einstein poi chiamerà questo aver introdotto la costante uno degli errori più grandi della sua vita. Qui ho disegnato al centro la terra, non perché la terra sia il centro dell'universo, ma perché, nella particolare geometria dell'universo, qualsiasi punto può essere considerato il centro. Altra caratteristica di questo universo è che la luce ha una velocità finita di propagazione (si propaga con una velocità di trecentomila chilometri al secondo) per cui la visione dell'universo non è solo spaziale, come nel caso precedente, ma spazio-temporale, nel senso che, se si guarda lontano, si vede non l'universo com'è nell'istante attuale, ma come era tanti anni fa. Per quanti anni luce ci separano da quegli oggetti, guardando sempre più lontano, possiamo vedere come si è evoluto l'universo nel tempo e nelle varie fasi, fino quasi all'istante iniziale che ha dato origine all'universo: il Big Bang, quindici miliardi di anni fa (…). In una primissima fase, l'universo è opaco: la materia, la radiazione sono talmente frammiste che i fotoni non riescono ad attraversare l'universo. Questo è un limite fisico invalicabile, per cui noi non possiamo vedere il Big Bang, ma solo l'universo dall'istante in cui diventa trasparente. Questo istante è molto vicino al Big Bang, appena centomila anni dopo, poco, se pensiamo che l'età dell'universo è di quindici miliardi di anni. In questa prima fase dell'universo, vediamo Qa radiazione cosmica di fondo", una delle prove più importanti del Big Bang (…). Dopodiché l'universo, in cui la materia era distribuita abbastanza uniformemente, cambia completamente aspetto per effetto della attrazione gravitazionale ed abbastanza rapidamente passiamo ad un universo cosiddetto "a goccioline", in cui il gas è condensato in grandi nubi che sono le protogalassie. Da queste nubi, per condensazione, per fenomeni complessi, si formano le galassie come noi le vediamo oggi, le più grandi strutture di materia visibile che possiamo vedere nell'universo e il cui studio ci permette di determinare le proprietà dell'universo. (…) Uno degli aspetti più caratteristici del Big Bang è che le galassie si sono formate tutte alla stessa epoca, un miliardo di anni dopo il Big Bang (…). Le galassie non sono distribuite in modo uniforme, ma in certe zone, che sono poi circondate da immensi vuoti: da questa struttura ha avuto poi origine anche la denominazione di "universo a bolle" o "di universo a spugna". Ma torniamo al Big Bang, ecco cosa le equazioni di Einstein ci dicono a proposito dell'origine e del futuro del nostro universo. Essenzialmente abbiamo due o tre modelli di universo, noi vediamo che in tutti i modelli c'è un istante iniziale, indicato come Big Bang, cioè l'istante in cui incomincia l'espansione dell'universo: si badi bene, non è che della materia incomincia ad espandersi dentro uno spazio preesistente, è proprio lo spazio insieme alla materia che si espande. Vorrei chiarire questo concetto che spesso viene frainteso: è lo spazio stesso che si espande e quando noi vediamo le galassie che si allontanano da noi, questa è una indicazione di tutto il substrato che si dilata. Il Big Bang segna anche l'inizio del tempo fisico, per cui non ha senso chiedersi, da un punto di vista fisico, cosa c'era prima del Big Bang, perché il Big Bang coincide con l'inizio del tempo fisico. Allora, a seconda del contenuto di materia dell'universo, questa materia, per effetto gravitazionale, si oppone al moto di espansione dell'universo per cui, se la densità è sufficientemente alta, questa espansione viene sempre più ritardata fino a che ad un certo momento, l'universo si ferma e non ha altra possibilità, una volta raggiunto questo stato di quiete che di collassare su se stesso e di ritornare indietro. C'è una variante a questa possibilità, è che questo ciclo non sia unico, ma sia una successione di cicli: il caso dell'universo oscillante, per cui abbiamo tanti Big Bang e tante implosioni. Se invece la densità di materia nell'universo non è sufficientemente alta, allora l'effetto gravitazionale non è in grado di fermare l'espansione dell'universo e l'universo si espande indefinitamente: abbiamo allora il caso dell'universo aperto. Come caso intermedio tra i due, abbiamo il caso di un universo la cui espansione viene arrestata ma ad un tempo infinito. Questo è il grande quadro del Big Bang, per cui noi conosciamo molto bene il passato, quindici miliardi di anni, un numero abbastanza preciso, conosciamo bene i processi che sono avvenuti. Sono processi estremamente complessi, che vanno dalla formazione delle particelle, alla nascita delle galassie, alla evoluzione dell'universo. Non sappiamo ancora discriminare bene tra i due modelli di universo aperto, che si espande indefinitamente, e di universo chiuso (…). Problema cosmologico attuale, soprattutto dal punto di vista dell'osservazione astronomica, è proprio poter dare una risposta a questo quesito: continuerà l'universo a espandersi indefinitamente o l'espansione si fermerà ad un certo momento per dar luogo ad un collasso? Si spera che con i moderni telescopi, soprattutto spaziali, che saranno messi in orbita, si possa dare una risposta a questo problema che riguarda anche il futuro dell'universo. Nella storia del Big Bang che, come ho detto prima, inizia nel 1917 con la relatività generale di Einstein, possiamo distinguere quattro fasi. Una prima fase che va dal 1917 fino agli anni trenta, in cui si stenta a credere che l'universo possa essere in evoluzione e in cui si è legati a modelli statici, nonostante già nel 1922 Friedmann mostrasse quali erano le soluzioni delle equazioni di Einstein. Dal 1930 in poi, resta assodato che l'universo è in espansione e questo secondo periodo dura fino ai primi anni sessanta: si tratta di un periodo in cui, essenzialmente, si bada alla struttura geometrica dell'universo, indicata da questa velocità di espansione. La terza fase va dal 1965 al 1981: è una fase estremamente importante, la fase del Big Bang caldo. Si comincia non solo a considerare le strutture geometriche dell'universo, ma anche le proprietà fisiche. Ad opera di Gamov e dei suoi successori, si incomincia a capire le varie fasi, cioè come si sono formati gli elementi, e a scoprire, proprio nel 1965, la radiazione di fondo che, come ho detto prima, è la prova più grossa del Big Bang. Nel 1981 è stato annunciato il cosiddetto modello inflazionario, in cui l’universo subisce un rapidissimo aumento di volume per portarsi poi in una fase in cui si segue il modello classico: con questa inflazione vengono superati alcuni punti deboli della teoria precedente. Da notare che questo riguarda solo i primissimi istanti, dopo tutto avviene come già si pensava prima. Il punto debole di questa teoria della inflazione è che si è costretti ad assumere che il nostro universo visibile sia solo una parte del tutto e questo è un punto che presenta delle difficoltà da un punto di vista conoscitivo. Vediamo l’ultimo punto, che riguarda le conseguenze del Big Bang. Una delle più interessanti conseguenze del Big Bang è quello che ha posto in luce il rapporto uomo-universo. Appare sempre più chiaro che l’evoluzione e il destino dell’universo, ivi compresa l’apparizione della vita e della coscienza, dipendono dalla natura delle leggi fisiche che sono governate da quei numeri che vengono chiamati costanti fondamentali della natura, e dalle condizioni iniziali. La nostra conoscenza attuale ci dice che queste costanti sono poco più di una decina ed è la regolazione di queste costanti che rende possibile il nostro universo. La vita come noi la conosciamo non avrebbe alcuna probabilità di apparire in un universo differente dal nostro, ottenuto con una diversa regolazione delle costanti e delle condizioni iniziali. È questa l’affermazione del principio antropico, di cui si discute molto in questi ultimi anni, che viene formulato, certe volte, all’estremo, fino a dire che il nostro universo è stato costruito in funzione dell’uomo. L’emergere della intelligenza e della coscienza non può essere ritenuto, quindi, come sovente nel passato, un semplice fatto dovuto al caso, un accidente nella lunga marcia dell’universo. Se proprio di caso si vuole parlare, non risiede più negli incontri disordinati tra stelle, pianeti, particelle, molecole, atomi, quarks, ma nella scelta delle costanti fisiche e delle condizioni iniziali che hanno determinato il gran disegno del nostro universo. Una volta che queste siano state fissate, la materia conterrebbe già i germi che rendono possibile l’apparizione della coscienza, e la gestazione cosmica porterebbe inesorabilmente all’uomo. La scelta casuale delle costanti fisiche e delle condizioni iniziali porta, come conseguenza, al concetto degli universi paralleli, già proprio di certe speculazioni della meccanica quantistica. Nel caso si voglia mantenere il concetto di casualità, solo l’esistenza di infiniti universi, ognuno caratterizzato da particolari valori delle costanti fisiche e delle condizioni iniziali, permetterebbe anche quella del nostro come puro fatto accidentale. In questa circostanza, il concetto di causa finale non entrerebbe più in gioco e l’uomo non sarebbe più il fine dell’universo. È da notare però che, non essendoci alcuna possibilità di comunicazione tra il nostro universo e gli altri universi paralleli, viene meno per questi ultimi la caratteristica fondamentale di ogni oggetto di conoscenza fisica, di essere verificati dall’osservazione. Devo dire che c’è una grande discussione tra gli scienziati – abbiamo avuto l’anno scorso, anche qui in Italia, un convegno sul principio antropico – con idee molto contrastanti. Si deve allo sviluppo della teoria del Big Bang, che ci porta a conoscere in dettaglio come evolve l’universo, l’aver riproposto in termini stringenti e sotto una prospettiva nuova l’alternativa universo accidentale o universo necessario, e di fronte a questa alternativa siamo costretti a porci non solo come scienziati, ma come uomini (…).
M. Gargantini:
Come si vede da questa chiara, anche se rigorosa, esposizione del professore Bertola, il quadro della teoria del Big Bang, pur con i problemi che lascia aperti, è ben compaginato: ha una sua solida conseguenza avvalorata da osservazioni, fatti, prove sperimentali. Tuttavia il professor Arp, con le sue osservazioni, ha trovato indizi che potrebbero incrinare la compattezza di questo quadro. Sentiamo direttamente da lui cosa ha trovato.
H. Arp:
L'elemento più centrale del Big Bang è il fatto che rappresenta un unico atto individuale per la creazione di ogni cosa: ogni cosa viene creata in un unico, solo istante del passato. Vorrei sottolineare, però, che la conseguenza di tale concetto è il fatto che l'universo dovrà poco per volta scomparire, dal caldo passerà al freddo, poi al freddo totale, fino alla morte dove tutto si fermerà. Questa è la conseguenza ultima del Big Bang. E questo è di grande interesse per la concezione umana dell’universo e per il suo futuro. Tuttavia, non possiamo scegliere a seconda delle nostre preferenze, possiamo soltanto osservare i fatti. Quali sono i fatti concreti per quanto riguarda l'universo? Il punto chiave è che il Big Bang dice che tutte le galassie si sono formate all'inizio, cioè circa 20 miliardi di anni fa; ora, se vi sono delle galassie più giovani che esistono adesso, questo contraddice la concezione del Big Bang. Possiamo guardarci intorno e trovare delle giovani galassie? Se sì, questa è una contraddizione del concetto del Big Bang. Sembra molto semplice: forse ricorderete che le stelle vecchie sono di colore giallo-rosso mentre quelle più giovani hanno un colore bianco-blu; quindi, se vediamo una galassia di colore rosso, pensiamo sia vecchia e se invece vediamo una galassia di colore blu noi diciamo che è una giovane galassia. Vediamo molte galassie giovani e quindi questo sembrerebbe indicare che il modello del Big Bang è contraddetto semplicemente dall'osservazione. Ora, l'argomento per quanto riguarda il modello del Big Bang, è che alcune galassie sviluppano delle stelle, ma molto lentamente; in altre parole, all’inizio tutte le galassie vengono create, vi sono degli ammassi di idrogeno a mano a mano che il tempo passa, vi è uno sprigionamento di luce, e si crea così una stella, e poi un'altra e un'altra ancora, ma vi è una osservazione molto importante: con i telescopi e i radiotelescopi che ci permettono di vedere l'idrogeno, si è dimostrato che non vi sono delle nubi scure di idrogeno, vi sono proprio galassie e non vi sono gas che stanno aspettando per divenire delle stelle, quindi è molto poco probabile che viviamo al momento temporale esatto in cui tutte le galassie sono esplose per formare delle stelle e che dopo non vi siano più galassie per formare stelle. Questo sembra essere estremamente improbabile questa mi sembra essere la prova fondamentale che il modello del Big Bang non è corretto. Questo mi porta al secondo punto. Se esaminiamo bene le galassie, ci poniamo la domanda: questa sembra essere veramente una nube d'idrogeno che per venti miliardi di anni è andata in giro e che soltanto adesso ha cominciato a formare delle stelle? Ci si aspetta che le stelle si formino poco per volta (…). Da tutti gli astronomi viene accettato il fatto che vi siano alcune galassie che in questo momento stanno formando delle stelle, molto rapidamente (…). È ormai accettato che la ragione per cui si formano queste stelle è che vi è una fuoriuscita dal centro del nucleo di queste galassie e questo è ciò che costituisce le stelle. Ora, se associamo questi risultati - per il fatto che vi sono delle vecchie galassie nell'universo vi devono essere anche delle galassie giovani - allora capiamo che queste galassie sono state appena create attraverso un punto nello spazio (…). È l'alternativa empirica basata sull'osservazione per il modello del Big Bang, cioè la creazione continua, l'alternativa alla teoria del Big Bang, che io sostengo e che a mio avviso si fonda su fatti che possiamo osservare. Ma questa teoria è accettabile? Molte persone diranno che teoricamente è impossibile ma, al contrario, mi sembra teoricamente prevedibile. Più di 50 o 60 anni fa, un fisico molto famoso, Paul Dirac, ha postulato la creazione della materia nello spazio. Più tardi, verso la fine degli anni '50, Hoyle e Bondi hanno proposto la teoria dell'universo statico stazionario che comporta la creazione di nuova materia (…). Adesso arriviamo all'alba di un'idea molto ovvia, che è sempre esistita ed è evidente: se il Big Bang è accaduto una volta, perché non potrebbe accadere nuovamente? Non vi è nessuna ragione per cui non possa riprodursi. Ora, se questo si riproduce continuamente, avremo una creazione continua e lo sostengo che le osservazioni fatte mostrano che vi è continuamente un ripetersi di questo Big Bang. È importante a questo riguardo l'osservazione: la teoria può non permettere qualche cosa, a volte però le osservazioni la smentiscono. Dobbiamo imparare il nostro mondo cercando di dedurre la sua immagine dalle nostre osservazioni e non da leggi prestabilite. Non possiamo dedurre quello che è il mondo, possiamo semplicemente avere un'osservazione induttiva che ci porta a crearci una nostra immagine. Vorrei concludere menzionando un poco le conseguenze, per l'origine e per il futuro della vita, di questo modello. È possibile che la vita sia nata venti miliardi di anni fa attraverso azioni, errori, ma non è più necessario questo concetto, perché non sappiamo esattamente quali sono le informazioni inserite nel materiale di cui ho parlato. Questo ci apre un universo intero di possibilità per sapere come si forma e come può continuare la vita. E questo è il secondo punto. La continuazione della vita nell'universo e la creazione continua del materiale significa che il futuro dell'universo è illimitato, di conseguenza la vita, in quanto parte dell'universo, è anch'essa illimitata. È interessante cercare di vedere questo parallelo fra la creazione delle galassie, la loro profondità, la loro morte: questo processo continuo per cui, ogni qualvolta nuove galassie vengono formate, sono differenti rispetto a quelle più vecchie, un po' quello che vediamo per un essere umano. Gli esseri umani nascono, muoiono, rinascono ed è sempre una differenza. Il terzo punto riguarda qualche cosa di cui parlerà il dottor Selleri: dato che l'origine di questa nuova materia provenga dal nucleo delle galassie, questo comporta dei processi microscopici che hanno qualche cosa a che fare con la meccanica quantistica. La meccanica quantistica riguarda il modo in cui viene permeato l'intero universo, quindi ci apre la possibilità di un collegamento dell'universo con il nostro tempo e luogo attuale, forse anche con la nostra vita. Penso sia importante mantenere sempre questa apertura, questa curiosità: dobbiamo poter guardare l'universo, le cose, cercare di capire cosa può significare quello che vediamo. Per concludere, vorrei raccontarvi una storiellina: una ragazzina va a Messa e sente il prete che dice: tutti gli esseri umani nascono dalla polvere e dopo la loro morte tornano ad essere polvere. Torna a casa e dice alla mamma: sai, mamma, io questa mattina ho guardato sotto il mio lettino e ho visto dei mucchietti grigi. Erano delle persone, ma non ho capito se stavano venendo verso di noi o se se ne andavano.
M. Gargantini:
Abbiamo di fronte una teoria accreditata, non priva di conferme sperimentali, e dall'altra parte una serie di indizi, anch'essi suffragati dai dati dell'osservazione che ne mettono in discussione punti basilari. Non è una situazione unica nella scienza contemporanea. Il professor Selleri, particolarmente attento a questo tipo di problematica, ci aiuterà per un momento ad allargare lo scenario.
F. Selleri:
Io ho ascoltato con estremo interesse le due belle relazioni fatte dal professor Bertola e dal professor Arp e vorrei fare qualche commento. C’è un problema che i fisici qualche volta discutono e che può essere posto in questi termini: dove sta andando la fisica, che cos’è? E si registrano, come succede spesso sulle questioni veramente importanti, dei dissensi radicali. C’è una scuola di pensiero che afferma che sostanzialmente la fisica è finita o sta finendo (…). E un’altra (mi limiterò a tre nomi, Einstein, De Broglie, fisici, e l’epistemologo e filosofo Karl Popper) che considera ridicolo il pensare che la fisica stia per finire e che, al contrario, ritiene che avrà grandissimi sviluppi in gran parte inimmaginabili oggi (…). Popper, che è un grande filosofo della scienza, quindi un razionalista, ritiene tuttavia che le nostre teorie, e lo scrive esplicitamente, siano piene di errori, per la loro stessa natura congetturale. Secondo lui le nostre teorie, meccanica quantistica, relatività e così via, dovranno essere rifondate molte volte ancora. Due concezioni opposte: la fisica come universo chiuso in cui le grandi linee sono già date e non c’è più nulla da modificare, e la fisica come universo aperto, continuamente in ricostruzione, che non è priva di punti fermi, di conquiste conoscitive irreversibili, ma che tuttavia esige rifondazioni, riconsiderazioni e soprattutto molto senso critico. Mi sembra che, se consideriamo il dibattito che c’è stato oggi, possiamo dire senz’altro che il professor Arp ci dà un motivo in più per ritenere che la fisica e la cosmologia non siano chiuse, finite, ma necessitino ancora di rifondazioni e di riconsiderazioni. A me pare interessante un fatto: se consideriamo quali sono le idee della scienza contemporanea più divulgate, quelle di cui i giornali di tutti i tipi parlano di più, ebbene queste idee credo siano quello di Big Bang e quella di Quark. Abbiamo addirittura una serie di trasmissioni che si chiamano Quark, di Piero Angela, sulla scienza in generale. La cosa impressionante è che i due concetti che stanno dietro a queste parole sono probabilmente entrambi in crisi: tanto il concetto di Big Bang – abbiamo sentito la relazione del professor Arp e i motivi che lui adduce e che personalmente non riesco a non considerare convincenti a favore dell’idea che il Big Bang non ci sia stato o che, se c’è stato, ha avuto caratteristiche profondamente diverse da quelle che di solito si pensa che siano state, e che la maggioranza degli astrofisici accetta - quanto lo stesso concetto di Quark. È impressionante vedere come una delle riviste scientifiche forse più conservatrici, l'"American Journal Phisics", adesso pubblichi articoli che sono molti critici verso la microfisica esistente, in cui viene messa pesantemente in discussione tutta l'attività scientifica della microfisica, la fisica delle particelle elementari, la fisica nucleare. Si sottolinea l'esigenza di un approccio migliore, più attento ai fatti sperimentali (…). Se i due concetti più popolari e fondamentali della fisica contemporanea, quello di Big Bang e quello di Quark, sono in crisi o tendenzialmente possono esserlo, si può pensare che effettivamente la fisica non è finita ma abbisogna di rifondazione. Noi abbiamo visto nelle relazioni di Bertola e Arp due universi diversi e vorrei sottolineare uno degli aspetti di questa diversità. L'universo del Big Bang è un universo che crediamo sia fatto così: fino a una certa distanza di diverse centinaia di milioni di anni luce noi vediamo delle galassie, al di là vediamo delle quasar (…). Nella cosmologia del Big Bang questi oggetti sono anche i più lontani nell'universo, quindi dobbiamo immaginare un universo, almeno quello che noi vediamo finora, una sfera di dimensioni di 15 miliardi di anni luce in cui le galassie però occupano soltanto la parte centrale, alla quale noi apparteniamo (…). L'universo di Arp, invece, è un universo molto diverso perché le quasar per lui sono vicine (…). Io vorrei limitarmi a sottolineare che, se Arp ha ragione, si aprono prospettive straordinarie e affascinanti, non solo per la cosmologia, ma per la stessa fisica (…). Spero sia chiaro a tutti che nella cosmologia del Big Bang lo spostamento verso il rosso della luce delle quasar è dovuto a velocità di recessione: cioè, queste quasar si allontanano velocissimamente e quindi la loro luce appare spostata verso il rosso, e quindi nell'universo del Big Bang c'è una spiegazione dell'effetto osservato dello spostamento verso il rosso della luce. Invece nel modello di Arp noi abbiamo una situazione che a me personalmente pare più misteriosa e quindi più interessante: abbiamo sempre questi grandi spostamenti verso il rosso della luce, ma in sostanza non sappiamo perché ci siano non sappiamo da che cosa sono generati. Possiamo solo dire che le proprietà della materia in zone dell'universo diverse dalla nostra, dunque sulle quasar, sono profondamente diverse. E si può ricondurre questo discorso a qualche cosa di un po' più preciso anche se naturalmente uno non può fare delle scelte definitive a questo livello primitivo dello sviluppo di concezioni. La luce delle quasar, come quella delle galassie, può essere analizzata facendone uno spettro: se la mandiamo su un prisma, vediamo venir fuori tutti i colori dell'arcobaleno. In questo arcobaleno di colori noi vediamo delle righe che possono essere righe di emissione o di assorbimento, poco importa; righe ben definite, che permettono di identificare gli elementi che compongono gli oggetti studiati. Pertanto, possiamo vedere che, ad esempio, sul sole c'è molto idrogeno, perché le righe dell'idrogeno sono molto visibili, e che l’idrogeno è presente dappertutto. Le righe dell'idrogeno, scusate questo piccolo dettaglio ma è importante per quello che voglio dire, in sostanza hanno fatto ai fisici un grande regalo, perché sono spaziate in una maniera molto regolare, secondo una formuletta matematica estremamente semplice che è la cosiddetta formula di Balmer (…). Con questa formuletta si spiegano tutte le righe dell'idrogeno che sono tantissime, se ne conoscono migliaia e migliaia. Per gli altri elementi, la situazione è più complicata. Dire che in diverse regioni dell'universo la formula di Balmer ha una costante diversa è lo stesso che dire che in diverse regioni dell'universo almeno una delle costanti fondamentali, carica dell'elettrone, velocità della luce, costante di Planc, massa dell'elettrone, ha valori diversi. Allora la situazione diventa affascinante perché, se ha ragione Arp, l'universo che noi vediamo, in zone diverse ha diversi valori di queste costanti fondamentali, cioè non possiamo più estrapolare la fisica del pianeta Terra da altre zone dell'universo, ma dobbiamo innanzitutto capire i motivi per cui queste costanti, che a noi fino adesso sono sembrate universali e intoccabili, in realtà possono variare. Questo è solo un esempio cui non va data troppa importanza, naturalmente, ma che credo faccia vedere come sono affascinanti queste nuove idee e come possa essere ricco di conseguenze e di sviluppi il futuro, se queste idee, si affermeranno.
M. Gargantini:
Potete ben immaginare che tanto il professor Bertola quanto il professor Arp avrebbero abbondanti argomenti da ributtare sul piatto per proseguire questo confronto, d'altra parte non è nostra intenzione innescare un ping-pong per vedere chi vince. Per concludere, una riflessione: forse non è un caso, e forse non è neppure un male, che un tema così importante e cruciale, perché all'origine di tutto, sia occasione di continue controversie. Non sta a noi non addetti ai lavori risolverle schierandoci, quasi fossero squadre per cui fare il tifo: lasciamo che la competizione continui tra coloro che fanno dell'investigazione della realtà la loro esperienza quotidiana. Forse dobbiamo predisporci un po' di più a fare la fatica di cercare di comprendere le ragioni che pongono i sostenitori delle varie teorie. Forse dobbiamo abituarci a rapportarci anche alla scienza in modo diverso. In ogni caso, possiamo leggere nel dibattito emerso oggi almeno queste due sollecitazioni, che valgono un po' per tutti, qualunque sia l'attività che facciamo: la prima è la sollecitazione a continuare a ricercare, a continuare l’indagine senza lasciarsi prendere dallo scetticismo. La seconda è ad essere, forse, più aperti ad ogni soluzione, che è un po' lo spirito del ricercatore: essere liberi di avanzare ipotesi per poi eventualmente confutarle, se necessario, o lasciarsele confutare, non arroccarsi su modelli o costruzioni teoriche, per quanto consolidate possano essere, nella convinzione, in fondo, che la realtà concreta è più grande di qualunque nostro modello, ragionamento o teoria. E, aggiungerci, senza la paura che una qualche teoria cosmologica possa in qualche misura far crollare o insidiare le nostre concezioni sulla vita, sul nostro destino. Dobbiamo sempre ricordare che l'approccio scientifico potrà descriverci l'universo, e se la fisica andrà avanti avrà ancora molto da dirci su questo, ma non potrà mai rivelarci il suo senso. E se la scienza non può rivelarci il senso dell’universo, non dobbiamo chiederlo alla scienza.