Il grande Giubileo dell’anno 2000

Giovedì 26, ore 11.30

Relatore:

S. Ecc. Mons. Crescenzio Sepe, Segretario Generale del Comitato Centrale per il Grande Giubileo
dell’anno 2000

Moderatore:

Luigi Negri

Negri: La scansione dei Giubilei nella storia della Chiesa indica una delle forze propulsive e dinamiche della storia della Chiesa stessa: sono infatti momenti in cui la Chiesa riprende coscienza della sua identità, ovvero del suo essere totalmente di Cristo e per Cristo. Da questa rinnovata coscienza della sua identità, la Chiesa prende spunto per nuove forme di responsabilità missionaria. Questo il filo conduttore dei Giubilei, dal primo del 1300, indetto da Bonifacio VIII, fino all’ultimo indetto per il 2000 da Giovanni Paolo II. I Giubilei hanno svolto questo compito anche nei tempi di maggior prova: basti pensare al Giubileo del 1525, indetto da Clemente VII durante lo scisma dell’Occidente, uno dei momenti più oscuri della storia della Chiesa.

Il Giubileo del 2000 si presenta come un avvenimento eccezionale perché legato all’eccezionale testimonianza di insegnamento di Giovanni Paolo II.

Dall’intervento di monsignor Sepe vorremmo capire meglio anzitutto cos’è il Giubileo, e in particolare il Giubileo di Giovanni Paolo II, e in secondo luogo quale responsabilità possiamo assumere per l’incremento della nostra vita quotidiana all’inizio del terzo millennio.

Sepe: Il mio intervento sarà soprattutto sul significato storico e spirituale del Giubileo, che, nell’ultima parte, metterò nel contesto del tema scelto per questa XX edizione del Meeting: "L’ignoto genera paura, il Mistero genera stupore".

Giubileo e Meeting sono due eventi strettamente connessi perché hanno tematiche e finalità identiche: presentare Cristo come il mistero incarnato e rivelato, presentarlo all’uomo di oggi che continua a cercare con tante fatiche e con tante difficoltà la sua identità.

Prima di approfondire questo aspetto farò una breve esposizione storica e spirituale del Giubileo.

Cosa significa "Giubileo"?

Il termine richiama alla mente il giubilo, un sentimento di esultanza; Giubileo infatti deriva dalla parola ebraica jôbel, che è il corno di ariete che la legge mosaica prescriveva di suonare a modo di tromba ogni cinquant’anni per segnare l’inizio di un anno santo, ovvero di un anno tutto dedicato al Signore. Nel libro del Levitico vi è una prescrizione molto chiara: "Farete squillare la tromba per tutto il paese, dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti; sarà per voi un giubileo" (Lv 25,10). Nella Torah anno sabbatico e Giubileo sono strettamente collegati: dopo sette anni sabbatici il cinquantesimo veniva consacrato come anno giubilare al suono del corno di ariete, lo jôbel.

L’anno sabbatico, come il sabato settimanale, aveva lo scopo di fare del tempo una opportunità per interrompere la schiavitù dell’agire quotidiano materiale, e quindi per evitare di chiudersi in una visione utilitaristica, edonistica, materialistica della realtà, per potersi dedicarsi tutti a Dio, allo Spirito. Vi è così una affascinante connessione tra la creazione, il sabato di Dio – Dio nel settimo giorno si riposa –, il sabato dell’uomo, che dopo sei giorni lavorativi deve riposarsi, e infine questo sabato della terra, che rappresenta un coinvolgimento di tutta la creazione. Dio che si riposa, l’uomo che si riposa, la terra che si riposa. Nel concetto di Giubileo è dunque l’universalità, la dimensione sottolineata della sacralità della vita, dell’uomo, del creato.

In realtà questa istituzione del Vecchio Testamento, dopo l’esilio, si arricchirà di altri particolari aspetti intesi a significare il grande senso della liberazione dell’uomo dalla materialità cui è costantemente sottoposto. Nel Giubileo infatti bisognava liberare i campi, liberare le case alienate che dovevano tornare al proprietario originale, primitivo; liberare gli schiavi; liberare i debitori che non potevano assolvere ai propri.

Il problema del debito estero dei paesi poveri era quindi nella visione ebraica incarnato dal Giubileo, che rappresentava la celebrazione della giustizia e della pace per far ritrovare un’armonia di rapporti dell’uomo con l’uomo, dell’uomo con la natura e con il tutto, e infine dell’uomo con Dio. Solo Dio è il Signore dell’uomo e del creato. Riconquistare i propri beni e la propria libertà significava quindi rientrare in questo ordine cosmico della creazione e del progetto di bene che veniva direttamente dal Creatore.

È da evidenziare la dimensione di carattere tipicamente sociale del popolo ebraico: l’anno giubilare intendeva dare eco ad un ideale di uguaglianza fra tutti i figli di Israele, rinforzando l’attesa del Messia che sarebbe venuto, inviato da Dio, a liberare gli oppressi.

Si capisce così il collegamento di questa visione ebraica con le parole che dice Cristo all’inizio della sua missione pubblica, quando nella sinagoga di Nazareth legge il passo di Isaia (Isaia 61,1-2). Cristo legge il passo, arrotola il volume, si siede e mentre tutti gli occhi sono fissi su di Lui si presenta come l’atteso delle genti: Cristo inaugura l’anno di grazia che diventa anno di misericordia, anno di perdono, anno di liberazione dell’uomo dai suoi peccati.

Nasce quindi il Giubileo cristiano.

Che cos’è il nostro Giubileo?

Perché il Papa indice il Giubileo?

Una risposta la troviamo anzitutto in quello che ha detto don Negri poco fa: vi è una sorta di filo conduttore, di file rouge nei Giubilei, che testimonia la volontà della Chiesa di richiamarci tutti a un momento di pausa, a un anno sabbatico, per poter riflettere e riproiettarci di nuovo verso Dio ed in Dio.

Ma le domande sono ancora più numerose e complesse. Qual è la storia passata e recente dei Giubilei? Qual è il significato vero e autentico, al di là di tutte le presentazioni distorte, del Giubileo; quale è il significato profondo spirituale del Giubileo? Qual è l’origine, il significato di questo Giubileo, che ci introduce al terzo millennio della era cristiana? Qual è l’immagine della Chiesa che noi eredi di 2000 anni di storia di Cristo consegniamo alle nuove generazioni? Quali sono le qualità ecumeniche interreligiose con cui il Papa ha voluto caratterizzare questo Giubileo del 2000?

Non è possibile rispondere a tutti questi interrogativi; ci stiamo preparando a dare una risposta anche attraverso strumenti quali conferenze o libri; vorrei ora far presente anzitutto quello che è il significato storico e spirituale del Giubileo e in particolare di questo Giubileo voluto, indetto e benedetto da Giovanni Paolo II.

Il Giubileo è un anno di preghiera, un anno di riflessione, un anno di approfondimento della propria fede, in vista del ritorno a Dio per una nuova società. Il Giubileo oggi, nel mondo contemporaneo, ci fa capire che ognuno di noi ha bisogno di quel supplemento di amore che, nonostante le conquiste scientifiche antropologiche, deve riannodarsi a Dio e al proprio fratello. Come accennava don Negri, il Giubileo risale al 1300, per indizione di Papa Bonifacio VIII con la bolla Antiquorum habet del 22 febbraio del 1300.

Perché questa data? Normalmente, agli inizi del cristianesimo, i pellegrini cristiani non venivano a Roma per visitare le memorie cristiane, preferivano andare nella Terra Santa perché li era presente l’origine anche fisica della nostra fede; tuttavia, l’occupazione ottomana nel XIII secolo pose un grave ostacolo ai pellegrini cristiani che andavano in Terra Santa, e i cristiani si videro costretti a deviare il cammino del loro pellegrinaggio verso Roma. Il Giubileo in realtà non nacque dalla volontà del Papa Bonifacio VIII, nacque invece come una richiesta pressante e forte da parte della gente che voleva dal Papa un anno di grazia. Folle immense incominciarono infatti già vent’anni prima, cioè nel 1280, a prepararsi per andare a Roma per vedere le memorie dei martiri, soprattutto dei fondatori della chiesa di Roma, Pietro e Paolo; incominciarono a creare delle strade, degli itinerari spirituali, perché volevano prepararsi al nuovo secolo, al 1300; la folla che in questi 20 anni precedenti aumentava sempre di più costrinse il Papa a dichiarare l’anno giubilare, l’anno di grazia e di misericordia.

La massa dei pellegrini giunse anzitutto dai paesi franchi e dall’attuale Germania: questi pellegrini prepararono la cosiddetta strada franchigena, una linea di cammino ben preciso per giungere a Roma. La via franchigena diventa in seguito la via Romea, la via del pellegrino che va a Roma. I cosiddetti romei giungevano proprio partendo dalla attuale Germania o Francia e si incamminavano attraverso la Val d’Aosta, Ivrea, Vercelli, Pavia, Piacenza, fino a Bologna. Attraverso il passo della Cisa proseguivano per Lucca, Firenze, Siena, Bolsena, Viterbo e arrivavano fino al monte Mario, che allora si chiamava Mons Gaudi, il monte della gioia. Qui si fermavano e recitavano un inno che è tuttora cantato nella liturgia della festa di san Pietro e Paolo il 29 giugno.

Nasce così il primo Giubileo; Roma diventa la capitale, la Roma dei Giubilei. I Giubilei continuano per un profondo sentimento, per una profonda esigenza, di andare a toccare quasi con mano Pietro, di andare a vedere Pietro e di inginocchiarsi di fronte alla sua tomba. Il pellegrinus giungeva, attraverso una serie di enormi difficoltà, per abbeverarsi alle origini della propria fede, attraverso la testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo.

Dal primo Giubileo sono passati 700 anni; nella visione di Papa Bonifacio VIII, i Giubilei avrebbero dovuto ripetersi ogni 100 anni. Ma sorge una banale difficoltà: chi campa 100 anni? Se una persona nasce nel gennaio del 1300, deve aspettare 99 anni per un Giubileo… nasce così la richiesta di festeggiare il Giubileo ogni 50 anni, in modo da poter dare maggiori possibilità ai cristiani; in seguito, il Giubileo accade ogni 33 anni in ricordo dei 33 anni della morte di Cristo e poi ogni 25 anni. La vita si allunga e i Giubilei si accorciano: questo perché se qualcuno non può approfittare del primo Giubileo, può approfittare poi della grazia del secondo o del terzo.

Qualcuno potrebbe dire che nel 2000, con il progresso tecnico e scientifico, il Giubileo non ha più alcun senso, e che sembra quasi che la Chiesa voglia continuare ad ancorarsi a delle pratiche medioevali, a qualcosa che oggi sarebbe privo di senso di qualsiasi significato. Ma qui sorge un’altra domanda: il Giubileo commemora dopo 2000 anni la nascita di Cristo: ebbene, Cristo dopo 2000 anni che cosa può dire all’uomo di oggi? Cristo è ancora vivo? Commemoriamo chi? Un ricordo storico, un qualcosa di cui facciamo memoria, senza poi avere in mano niente di concreto, o commemoriamo una presenza?

Il Giubileo segna un momento privilegiato della vita della Chiese, perché si fonda su quel Mistero ancora vivo e presente che è l’Incarnazione di Cristo che continua ininterrotta e vivificante oggi e per sempre. Il passo dei credenti verso il terzo millennio non risente affatto della stanchezza che il peso di 2000 anni di storia potrebbe portare con sé. I cristiani si sentono piuttosto rinfrancati a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera Cristo Signore. La Chiesa dopo 2000 anni annunziando Gesù apre ad ogni essere umano la prospettiva di essere divinizzato e così diventare più uomo, come Giovanni Paolo II ha sottolineato nella bolla di indizione, la Incarnationis Mysterium. Noi eredi di 2000 anni di storia commemoriamo e ricordiamo Cristo perché Cristo continua ancora a nascere: questo Cristo è ancora vivo e presente nella chiesa e nel mondo. Cristo continua ad essere Signore della storia, continua a vivificare gli animi degli uomini. Non è un ignoto, non è un passato, non è un qualcosa di scuro, è un presente, è una Presenza con la quale mi faccio vivo giorno per giorno, con la quale mi metto in discussione momento per momento, con la quale segno il passo della mia storia personale, cammino perché con me c’è un compagno che mi fa coraggio che mi indica la strada, e camminando per questa via ritrovo la vita. E ritrovando la vita ritrovo la verità su me stesso e su Dio.

Quindi, Giubileo è desiderio di approfondimento della nostra fede, è volontà decisa di mettere in discussione noi stessi, che pur ereditiamo la storia della Chiesa di 2000 anni ma che dobbiamo anche poterci proiettare nel terzo millennio. Giubileo è volontà decisa di ricercare la nostra identità, di cristiani e di uomini. Giubileo è lo sforzo che facciamo tutti noi di accompagnare la Chiesa nel mondo intero a varcare la soglia di questa speranza di un mondo più giusto, più sano, più vero e quindi più cristiano. È la Chiesa stessa che ci invita, è il bisogno stesso del nostro essere cristiani che ci impone di convertirci e di purificarci. È l’esigenza che tutti abbiamo di maturare continuamente nella nostra fede, di rendere presente Cristo nella nostra vita, nella nostra società. E la Chiesa non ha paura di dichiarare al mondo intero che dopo 2000 anni essa stessa vuol chiedere perdono per le colpe dei figli, non per le colpe della Chiesa, che è pura, santa e immacolata perché sposa di Cristo. Uomini della Chiesa, ieri come oggi, possono sbagliare: per questo ci inginocchiamo con il Papa per chiedere perdono.

È la Chiesa stessa che vuole glorificare la sua propria santità, anzitutto numerando le tante centinaia e migliaia forse milioni di martiri che in questo secolo hanno dato testimonianza di Cristo e della verità che lui ci ha insegnato. Sono giunte migliaia di schede da parte di vescovi, congregazioni, ordini religiosi del mondo, che hanno presentato l’eroicità di tanti che per il nome di Cristo o hanno dato il sangue o lo hanno testimoniato fino a subire un martirio cruento.

Il Papa ci invita a vivere questo Giubileo proprio per la visione straordinaria che ha della Chiesa e della storia degli uomini. Il Papa ha pensato il Giubileo dal novembre del 1994, e ha detto che la porta di questo Giubileo deve essere più grande di quella degli altri, perché è il primo Giubileo del millennio, e ricorda 2000 anni. Per questo nella Incarnationis Mysterium ha proclamato la verità della nostra fede: l’incarnazione di Cristo e il mistero della trinità.

I sei anni dal 1994 al 2000, gli anni di preparazione al Giubileo, vengono divisi in tre fasi; la fase anti-preparatoria, la fase preparatoria e poi la celebrazione nel 2000. La fase anti preparatoria prevede più che altro una serie di consigli pratici; nella fase preparatoria invece il Papa architetta un piano pastorale spirituale incredibile. Sono gli anni all’insegna della Trinità: nel ’97 il Figlio, nel ’98 lo Spirito Santo, nel ’99 il Padre; inoltre il Papa, quasi assumendo quelle che sono le fondamenta della nostra fede, compie una sorta di abbinamento tra la persona divina e la virtù teologale principale. Alla persona divina del Figlio abbina il sacramento e la virtù teologale della fede; alla persona divina dello Spirito Santo accosta il sacramento della confermazione e la virtù teologale della speranza. Infine, alla persona divina del Padre accosta il sacramento della penitenza e la virtù teologale della carità. Il Papa non si limita a fare questi abbinamenti ma dà anche dei consigli pratici; per esempio lo Spirito Santo è la riscoperta dello spirito nella vita del cristiano.

Il Giubileo è proprio questo riscoprire i valori, i sacramenti, la parola della nostra fede. Sulla base di queste indicazioni del Papa, i vescovi di tutto il mondo si sono messi in attività e hanno svolto numerose iniziative, una sorta di fiume sotterraneo – di cui chiaramente i giornali non si interessano – che si sta ingrandendo.

Giubileo è anche riscoprire la nostra fede, la bellezza del dono che abbiamo, dare un volto autentico a Cristo che vive in noi mediante il battesimo e i sacramenti. Rendere Cristo trasparente, lucido, bello, significa Giubileo, ovvero anno di grazia, di misericordia, di perdono e gioia: oltre all’aspetto penitenziale infatti c’è anche l’aspetto di gioia.

Tutto questo spiega anche il desiderio di organizzare la partecipazione di coloro che vogliono venire a Roma a celebrare il Giubileo. Il Papa per la prima volta concede che il Giubileo si possa celebrare contemporaneamente in Terra Santa e in tutte le cattedrali del mondo; ognuno può compiere il Giubileo nella sua terra, nella sua diocesi. E per coloro che vanno a Roma è necessaria una degna accoglienza, affinché possano vivere il momento spirituale del Giubileo in modo sereno e tranquillo, e vedere anche le varie forme culturali di cui il cristianesimo ha impregnato la società.

Il Papa raccomanda questo invito: nessuno è escluso a partecipare a questa gioia, perché tutti siamo chiamati e sollecitati a realizzare il disegno di amore che Dio ha per ciascuno di noi. Quale occasione più propizia del Giubileo per vivere la nostra fede e per rinnovarci, per riempirci della gioia che Cristo ci dà? Il Giubileo è l’avvenimento che il Padre ricco di misericordia ci offre per meditare sul senso del nostro andare sulle strade della vita, sulla meta del nostro pellegrinaggio finale. Bisogna che ognuno di noi per un momento si fermi, faccia una sosta e si domandi da dove viene, dove va, cosa ho davanti ai suoi occhi; bisogna che ognuno si ponga di fronte all’alternativa di essere un oggetto lanciato nel vuoto esistenziale disperso in un infinito senza senso, soggetto come le foglie alle variazioni del tempo dei costumi dello spazio, oppure di vedere aprirsi davanti agli spazi infiniti del suo animo un soprannaturale misterioso ma reale, perché dispiegato e rivelato dalla persona che si è fatto uno di noi.

Questo è il vostro Meeting, il vostro carisma; questo è anche il Giubileo, perché noi sappiamo che esiste il nome personale di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, così come ci è stato rivelato da Gesù. Si vuole mettere a fuoco il Mistero per calarlo nella nostra vita di ogni giorno, per illuminare l’accadimento che avviene nella nostra vita quotidiana, per sentirci protagonisti di una storia che va al di là della nostra persona e dei confini umani. L’incontro con Cristo è un forte richiamo agli uomini che si incamminano verso il terzo millennio a quel realismo cristiano; questo incontro è anche la nota caratterizzante del carisma di Giussani, e costituisce il motore che muove tanti uomini e donne che fondano su questo carisma il loro essere cristiani e il loro apostolato nel mondo intero. Tutto questo si inserisce perfettamente nella spiritualità che è propria del Giubileo.

Alla fine di questo secondo millennio di storia cristiana, la presenza di Cristo risplende singolarmente sia per la sua perennità ed unicità, sia anche per la sua universalità, attraverso la quale scandisce il trascorrere dei millenni.

Così il nostro ingresso nel nuovo millennio incoraggia la comunità cristiana ad allargare lo sguardo di fede su orizzonti nuovi e sull’annuncio del Regno di Dio, come scrive il Papa nella Incarnationis Mysterium.

Il mio personale auspicio è che da questo Meeting fioriscano nuovi missionari dell’incarnazione di Cristo, i quali durante il grande Giubileo del 2000 sappiano proclamare con gioia e con coraggio a tutto il mondo, soprattutto a chi è lontano, a chi non vede, a chi non sente, che Cristo è il Signore che ieri, oggi e sempre è venuto a dare la vita per il mondo.