Esperienze imprenditoriali
Venerdì 28, ore 16.30
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Relatori:
Gianpietro Mondini, Presidente Coop. Ceramica d’Imola
Giorgio Squinzi, Amministratore Delegato Mapei
Ennio Doris, Amministratore Delegato Gruppo Mediolanum
Mondini:
Squinzi: Il gruppo Mapei che io presiedo e che appartiene interamente alla mia famiglia, è il classico gruppo familiare nell’accezione di questo termine e nello stile italiano; è stato fondato da mio padre nel 1937, e fin da bambino ricordo di avere vissuto l’azienda come una famiglia, perché c’era una simbiosi quasi totale tra l’azienda e la famiglia. Ho vissuto così un’identificazione totale tra la mia storia di uomo e di imprenditore e la storia della mia famiglia. Siamo sempre stati sovrapposti al 100% e questo tipo di sovrapposizione si è andato perpetuando nel tempo, in quanto ho vissuto la crescita del nostro gruppo come la storia della mia famiglia. Ed infatti anche mia moglie e miei figli lavorano nell’azienda; così come nel nostro gruppo abbiamo diversi casi di dipendenti che sono alla terza generazione della stessa famiglia. La nostra azienda realizza dunque un’identità molto elevata tra le persone, la famiglia e l’azienda: il nostro modello è stato un modello di successo perché pur in questa ottica siamo riusciti a crescere. I principi che abbiamo utilizzato come base delle nostre azioni imprenditoriali sono la specializzazione, l’internazionalizzazione, la ricerca e lo sviluppo. La nostra è una "micro multinazionale": di fronte alle centinaia di migliaia di miliardi di fatturati delle grandi multinazionali siamo piccoli, però abbiamo problemi identici ai loro. Da questa visione, ho maturato alcune convinzioni.
Oggi in Italia si parla tanto di Europa e di sforzi per entrarvi: ma in realtà l’entrare in Europa non può essere considerato neanche un obiettivo di minimo, perché tra le grandi aree economiche mondiali l’Europa è quella che è più a rischio. Certo dobbiamo fare di tutto per entrare e rimanere in Europa, ma dobbiamo anche stimolare un processo europeo che ribalti la situazione in cui l’Europa oggi si sta dibattendo, ad esempio per quanto riguarda la disoccupazione che oscilla tra il 10 e il 12%, laddove negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione è al di sotto del 4%, grazie al mercato libero. Il futuro del nostro continente e del nostro paese passa attraverso una serie di liberalizzazioni.
Il libero mercato è in Italia continuamente ostacolato dagli impedimenti legislativi e burocratici: nel nostro paese ci sono duecentomila leggi, mentre la media in altri paesi europei viaggia tra le trenta e le cinquantamila leggi. E ci vuole anche la cosiddetta deregulation per dare più spazio all’iniziativa privata e alle regole del mercato libero. Abbiamo anche la fiscalità più elevata di Europa, e la rigidità più elevata a livello mondiale per quanto riguarda la forza lavoro; abbiamo una insufficienza clamorosa delle infrastrutture, e lo Stato deve ritornare a investire nelle infrastrutture perché altrimenti non sarà capace di tenere il passo del mercato globale.
Abbiamo bisogno di crescere a ritmi più accelerati, dobbiamo creare più occupazione e per creare più occupazione abbiamo bisogno di più flessibilità. Abbiamo il bisogno di muoverci in una maniera non convenzionale; dobbiamo essere competitivi perché nel mercato globale non c’è più riparo per le economie protette, non ci si può più trincerare dietro le barriere doganali.
Doris: Per parlarvi della mia avventura imprenditoriale devo parlarvi della mia vita. Sono quello che le persone normalmente considerano una persona fortunata, molto fortunata; la prima fortuna enorme che ho avuto è nascere in una famiglia povera. Ma una famiglia sana. Ero destinato a cominciare a lavorare appena finite le scuole elementari, perché questo è il destino di chi vive una famiglia molto povera. Se non che c’è stata un’altra grande fortuna, mi sono ammalato di una malattia grave e pericolosa, una infezione ai reni di cui allora si poteva anche morire; ho perso un anno di scuola, non potevo andare a lavorare e l’inattività della malattia che mi costringeva a stare a letto ha fatto cambiare il mio atteggiamento nei confronti della vita. Ho maturato l’idea che dovevo fare qualche cosa, qualsiasi impegno era migliore dell’inattività; lo studio è così diventato per me entusiasmante. Ho incominciato a vincere borse di studio, sono arrivato a ragioneria, sono entrato in banca. I successi negli studi mi hanno facilitato enormemente nell’inserimento del mondo del lavoro. Ho lavorato otto anni in banca, poi sono diventato direttore generale di una piccola azienda del settore metalmeccanico. Se non che è accaduto un fatto particolare, un incontro con un azionista della banca, che mi ha fatto desiderare di cambiare mestiere, di costruire una mia attività, un’attività che mi consentisse di confrontarmi con qualcuno. In trenta secondi diedi le dimissioni.
Per quattro anni ho lavorato come venditore di fondi, 363 giorni all’anno, saltando solo Natale e Pasqua, perché volevo a tutti i costi riuscire: le cose sono andate bene fin dall’inizio. Una sera è successo un altro fatto molto importante: l’incontro con un cliente mi ha fatto scoprire che non sempre con il mio lavoro ero utile agli altri, che mi potevo trovare in una situazione di contrasto tale da realizzare il mio obiettivo personale senza realizzare l’obiettivo dei clienti. Ma era quello che non volevo fare: volevo un’attività che non mettesse mai la mia coscienza di fronte alla scelta dolorosa se fare il mio interesse o se fare quello del mio cliente. Volevo poter conciliare il fatto di essere di aiuto agli altri con la realizzazione dei miei programmi.
Ed è per questo che sognai la figura di un professionista preparato nel settore assicurativo, in quello bancario e in quello finanziario che fosse in grado di sedersi di fronte ad un cliente, esaminare quelle che erano le sue problematiche e poi dargli le soluzioni di volta in volta più adatte sulla base dei suoi bisogni. È quella che ho definito la "consulenza globale". Un’attività del genere sembrava impossibile da farsi perché c’erano degli steccati molto profondi fra settore e settore. Così cominciai a pensare alla creazione di un’azienda assolutamente nuova sul mercato italiano. Grazie all’incontro con Silvio Berlusconi è nata la mia avventura imprenditoriale, il 2 febbraio 1982.
Quello che abbiamo messo in piedi è un’azienda di di protagonisti preparati in tutti i settori del risparmio e della previdenza, in grado di andare a trovare i clienti e di proporre ad ognuno la soluzione ideale. Per fare questo dovevamo anche creare una compagnia di assicurazione, una banca, una società di fondi; era un lavoro molto lungo da fare nel tempo. Due anni fa abbiamo quotato un gruppo in borsa, l’anno scorso abbiamo creato la banca, oggi siamo un’organizzazione fatta da 3500 venditori, 500 dipendenti; abbiamo quotato l’azienda due anni fa al valore di 12mila lire, oggi, nonostante i forti ribassi della borsa, è quotata 54-55.000 lire. Abbiamo quotato la nostra azienda alla vigilia di un grandissimo rialzo dei mercati che ci ha premiato enormemente, e ci ha fatto conoscere con aspetti molto positivi presso il pubblico dei risparmiatori. Abbiamo creato una banca assolutamente nuova: i nostri clienti, in qualsiasi momento del giorno e della notte possono avere accesso ai loro conti con una semplice telefonata, vedere il loro estratto conto nella loro televisione di casa, piuttosto che sentirlo al telefono, vedere la loro posizione e titoli, fondi, polizze, il tutto aggiornato in tempo reale, anche a mezzanotte di domenica; possono operare a distanza facendo tutte le operazioni bancarie senza muoversi da casa propria, dal proprio ufficio o dall’automobile, con dei costi per il cliente assolutamente inferiori a quello che qualsiasi altro istituto bancario fa pagare.
Tutto questo anche di fronte alla situazione attuale: infatti stiamo vivendo momenti molto difficili nei mercati finanziari, ma sono proprio questi momenti difficili nei quali un professionista veramente preparato trova maggiore necessità per il proprio lavoro, quindi maggiore ascolto da parte della clientela.