Madre Francesca Cabrini

Mercoledì 26, ore 11

Relatori:

Maria Barbagallo

Ferdinando Castellani

Maria Louise Sullivan

Alessandro Pirola

Manuel Caucorral

Ursula Infante

Moderatore:

Renato Farina

Farina: Il nostro modo oggi di parlare dell’America è quello di incontrare l’esperienza di una grande santa, Madre Francesca Cabrini e non è un caso che questo incontro sia situato proprio al centro temporale del Meeting. Sono inviato del Sabato e ho imparato a conoscere Madre Cabrini seguendo il Papa nei suoi viaggi. Ricordo benissimo quando nell’aprile dell’87 e poi nel maggio del 1988 i viaggi andini di Giovanni Paolo II furono caratterizzati dalla lettura e dalla meditazione delle memorie di Madre Cabrini. Madre Cabrini viaggiava a dorso di mulo lungo sentieri incredibili per le Ande e aveva un motto, ardentemente e velocemente, un po’ la stessa cosa che viene imputata al Papa, ha fretta, ma penso che questo ardentemente e velocemente, questa fretta sia la stessa della Madonna di cui parla il Vangelo di S. Luca che "in fretta si recò da Elisabetta", perché portava in sé qualcosa di decisivo per la storia di tutti, di decisivo per l’universo e non aveva cura di sciupare questo che aveva in sé, che è la persona di Gesù Cristo. Per Madre Cabrini comunicare Cristo diventava immediatamente l’edificazione di opere, che non erano la traduzione di un messaggio, ma la comunicazione della stessa vita che lei aveva incontrato, la vita nuova in Cristo. Madre Cabrini è morta nel 1917 a 67 anni. In 67 anni, e in 35 di missione specifica ha fondato 67 opere.

Suor Maria Barbagallo è Superiora Generale delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Nata a Roma nel 1934, laureata in Pedagogia e Filosofia, è stata missionaria in Italia, Centro e Sud America. Ha svolto impegni sulla formazione a livello istituzionale e intercongregazionale. Superiora Generale dal 1984, risiede attualmente a Roma.

Barbagallo: Madre Francesca Cabrini, proveniente da Sant’Angelo Lodigiano, fu protagonista di una straordinaria esperienza di fede, e di speranza, tra la seconda metà dell’800 e i primi del ‘900. Il suo modo di essere presente nella storia è certamente intenso, significativo e travolgente, ma allo stesso tempo umile, povero e assolutamente privo di propaganda, di riconoscimenti ufficiali e di retorica. La sua ricchissima personalità si può esprimere in una appassionata attività in favore dei poveri, dei sofferenti, dei giovani, dei bambini abbandonati per rispondere alla drammatiche condizioni sociali del suo tempo. Fra esse la grande emigrazione dall’Europa alle Americhe, le guerre, le carestie lo sfruttamento dei lavoratori, dei poveri e delle donne, tutte cose che colpivano tremendamente il cuore di Madre Cabrini. La sua risposta fu rapida, efficace, concreta, sofferta e solidale perché i poveri, gli ammalati, i sofferenti non potevano aspettare le soluzioni politiche, le pratiche burocratiche, le risposte di livello nazionale ed internazionale prese a tavolino. Il grido dei poveri colpiva così fortemente la sua sensibilità che ogni ostacolo si sovrapponesse fra la sua operosità e le difficoltà dovevano essere ad ogni costo superate. Non era una super donna, ma una stupenda donna, la cui femminilità fu la mediazione qualificante per intuire ed agire per i bisogni degli altri, per amare e promuovere opere che mancavano, per suscitare speranza e vita, per difendere i diritti dei più deboli, così sorsero scuole, orfanatrofi, ospedali, centri di assistenza, case di accoglienza e opere diverse, come è diverso ogni bisogno.

Viaggiò mesi e mesi, in condizioni che voi potete immaginare, a piedi, in treno, in barca, a cavallo, in carrozza, per cercare e trovare i suoi prediletti: i poveri, gli emarginati di ogni classe sociale. Tuttavia la forza apostolica che l’animava e l’attività prodigiosa che svolgeva non deve indurci a pensare che fosse effetto del dono dei miracoli, come alle volte si pensa nei riguardi dei santi. Madre Cabrini sentì sempre il peso della propria fragilità, sia fisica che spirituale, sperimentò la perplessità e la lotta interiore, la contraddizione, i contrattempi, la malattia e l’incomprensione degli altri, specialmente di quelli che avrebbero dovuto più aiutarla. Sentì il dolore dell’ingiustizia e della malvagità, avvertì la stanchezza che la vita quotidiana porta. Ma fu l’esperienza dello Spirito di Dio a temprarla, aiutarla, animarla e consolarla. Se è vero che il prezzo del dono gratuito agli altri molte volte è il conflitto e la contraddizione, è anche vero che il salario è la grande consolazione dello Spirito, è una luce interiore che riempie le persone di immaginazione, di forza e di creatività. Perciò quando Madre Cabrini si sentì immersa in questo progetto di Dio — e il progetto di Dio per l’umanità è quello di vedere tutti gli uomini fratelli —, allora lei non pensò ad altro, si propose di promuovere la vita contro ogni minaccia di morte. Il suo segreto era nel Cuore di Cristo. Attratta da questa misteriosa e straordinaria energia, Madre Cabrini contemplava nel Vangelo i desideri, i sentimenti, le preferenze, gli atteggiamenti di Gesù e a questa scuola lei imparò a fare quello che avrebbe fatto Gesù. Perciò scoprì che Gesù amava i poveri, cercava i peccatori, prediligeva gli emarginati, gli abbandonati, i disorientati e cercò di realizzare, con la sua fragile umanità, quel sogno divino di fare della Famiglia umana un’immensa fraternità.

Questa fu l’energia, questa fu la luce che illuminò il suo cammino e la sua attività e illumina ancora oggi noi, ci fa scaldare a questo fuoco che è l’Amore di Dio per l’umanità e ci indica il sentiero antico, ma oggi è estremamente nuovo, della solidarietà, dell’amore gratuito, dell’impegno perseverante, della vita donata con gioia e ottimismo, nelle frontiere del dolore umano, per annunciare la speranza in un Dio che è Amore e che si manifesta in ognuno di noi con i segni tangibili della carità e della vita.

Questo è possibile se siamo disposti come Madre Cabrini a entrare nel piano di Dio e a realizzare questo piano concretamente con la nostra vita basata solidamente in Gesù; con un gruppo, una famiglia nella quale crescere e confrontarci come persone, come cristiani, come chiesa. Con le opere, con istituzioni nelle quali incarnare e trasmettere una qualità, un significato evangelico, uno stile di relazione e di vita.

Madre Cabrini testimoniò con la sua vita, con segni tangibili l’amore di Dio, basando la sua vita solidamente in Gesù, poi attraverso un grande senso di appartenenza alla Chiesa ed alla sua comunità (da soli anche i più grandi santi hanno avuto difficoltà, ma quando c’è una famiglia che ci sostiene, che ci accompagna, con la quale possiamo condividere la nostra esperienza di Dio, è molto più facile) incarnando la sua forza interiore, quella che le veniva da Dio, in opere, in istituzioni anche difficili, perché l’opera, l’istituzione, avesse una qualità, uno stile, un significato evangelico. Quando si sentiva fragile e si sentiva molte volte fragile come noi, diceva: "Tutto io posso in Colui che mi conforta".

Ferdinando Castellani, direttore generale dell’ospedale Columbus di Roma.

Castellani: Non è semplice, almeno per me, classificare entro schemi e forme rigide l’esperienza umana e spirituale di Madre Cabrini.

I suoi singolari doni naturali come l’alta capacità organizzativa, oggi si direbbe manageriale, l’ascendente personale, il fascino carismatico ed altro ancora si intrecciano, si confondono, si sintetizzano in Lei con una fede in Gesù senza confini insieme ad una spiritualità così profonda che, come amava ripetere, "le difficoltà sono scherzi da fanciulli"; "la sofferenza è come una bella campagna che biondeggia per la messe"; "è troppo piccolo il mondo che vorrei abbracciarlo tutto". Una cosa è comunque certa: Madre Cabrini non era una persona qualunque seppure dotata di intelligenza e intuito non comuni, non era neanche una religiosa qualunque coerente con le scelte di vita effettuata. ¼ stata una donna, una suora eccezionale, una figura che, anche storicamente, si colloca fra i maggiori personaggi del nostro tempo. Una persona comune, una religiosa comune non avrebbe realizzato un’opera così vasta, complessa e a largo raggio partendo dal nulla e per giunta da sola, cioè, senza coperture particolari né del mondo religioso e tantomeno di quello civile. Se poi si tiene conto, e non si può non tenerne conto, dell’ambito storico ecclesiale in cui si è incarnata la sua missione, allora la figura di Madre Cabrini giganteggia e affascina.

Da sola, abbiamo detto, a dissodare il terreno per aprire la via alla sua Congregazione, un terreno reso ancora più duro dalle problematiche sociali, culturali, religiose del periodo in cui nasce il carisma cabriniano e prende l’avvio la sua impresa (siamo nel periodo che va all’incirca dal 1850 al 1870). Il mondo che circonda Lei, la sua famiglia, la sua parrocchia di S. Angelo Lodigiano, la Lombardia tutta e non soltanto la Lombardia, è in grande fermento e gravido di tensioni per gli eventi che si succedono a ritmo serrato. Il risorgimento italiano, ormai al culmine, fa sentire i suoi effetti producendo crisi profonde nella coscienza di tanti cattolici che nutrivono avversione, perplessità e timori nei confronti del nuovo che sta facendosi strada. Il nuovo voleva dire proclamazione del Regno d’Italia, Statuto Albertino, superamento del potere temporale del Pontefice, distinzione fra Chiesa e Stato, diverso modo di intendere i rapporti tra istituzioni religiose e civili, tra vescovi e autorità governative, tra parroco e sindaco.

La portata di queste vicende, che in pochi decenni mutano la storia e la realtà istituzionale italiana, non può non generare dibattiti, controversie, scontri e lotte aspre anche fra i cattolici del Lodigiano, tra i cattolici cosiddetti intransigenti e i cattolici liberali (tanto per schematizzare), con il coinvolgimento delle popolazioni che avevano nella parrocchia il punto di riferimento forte. La giovane Cabrini sente tutto, vede tutto, capisce il travaglio dei suoi contemporanei. Non risulta tuttavia che partecipi alle ricorrente diatribe politiche religiose in atto tra la gente santangiolina. Sicuramente però avverte la problematica, le incertezze, i disagi e le crisi coscienziali e ne resta influenzata almeno interiormente. Non dice nulla, non scrive nulla su quanto vede e sente, mentre si fa attrarre da Gesù del quale segue con slancio e passione la parola e gli insegnamenti. Ormai ha scelto di seguire Dio fino in fondo, abbracciando la vita religiosa. Tutto quanto avviene intorno a lei non la ferma, anzi la stimola ad andare avanti. Fonda, non senza difficoltà ed ostacoli, l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, ed inizia il suo lungo e faticoso peregrinare in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, nelle Americhe. Ha maturato in sé la convinzione che il mondo ha bisogno di anime generose per diffondere il messaggio evangelico, un messaggio di salvezza, di speranza per le donne e gli uomini di ogni latitudine, colore, razza, bisognosi di solidarietà, amore, giustizia e pace. Diventa lei stessa messaggera di amore in una società lacerata da tante miserie materiali e spirituali, presenti in serie sia nel nostro paese, sia nel mondo.

L’unità d’Italia era ormai una realtà politica, ma i bisogni permanevano ed addirittura aumentavano. La povertà dilagava; la crisi economica esplodeva con la potenza "travolgente delle grandi calamità" e si abbatteva in particolare sui contadini montanari del Veneto, del Friuli e dell’intero arco alpino, sulle popolazioni meridionali. Il brigantaggio come rivolta alle miserie e alle ingiustizie sociali aumentava a dismisura nel meridione d’Italia. La mortalità infantile e non raggiungeva livelli esorbitanti. La politica sconsiderata delle tasse, basta pensare alla tassa sul macinato, aggravava ulteriormente l’esistenza delle classi più deboli. L’analfabetismo non accennava a diminuire. La lotta politica era sempre aspra anche sul fronte dei rapporti fra Stato e Chiesa. A torto o a ragione, il Vaticano quando non polemizzava apertamente con lo Stato italiano, lo ignorava. Da parte sua lo Stato, intriso di laicismo e anticlericalismo, non era da meno e ricambiava con la stessa moneta. Questa situazione non favorisce certamente la nascita nel Regno d’Italia di un clima diverso, sereno e costruttivo fra le varie componenti della società.

La Cabrini, nonostante la sua convinta appartenenza alla comunità ecclesiale, non rifiutò la reltà dello Stato unitario che andava consolidandosi: è vero che ammoniva le sue consorelle a guardarsi bene dal mischiarsi in politica, ma è anche vero che, nel pieno delle incompresioni fra Stato e Chiesa, alle maestre delle scuole gestite dall’Istituto diceva testualmente: "Come educatrici vi incombe l’obbligo di formare non solo buoni cristiani ma anche buoni cittadini alla Patria che tutti vogliamo grande e rispettata".

Questa è una affermazione chiara e per quel tempo coraggiosa (siamo nel 1902), perché tra i doveri dei buoni cittadini c’era anche quello del voto elettorale che ancora era interdetto ai cattolici col non expedit. Il riferimento poi alla patria grande e rispettata non vuol significare che riteneva superata la questione romana e le diatribe sullo Stato unitario?

L’Italia è fatta pur fra vivaci contrasti, ma permane gravissima la crisi economica. Come superarla? Come provvedere alle necessità vitali della gente? Occorrerebbe una politica governativa lungimirante in grado di dare lavoro e prospettive alle popolazioni più diseredate. Ma questa politica non c’era o non appariva ed allora prende avvio la grande trasmigrazione: milioni di italiani lasciano la patria e si disperdono per il mondo ovunque vi fossero terre da dissodare, miniere da scavare, strade ferrate da costruire, rocce da far saltare, città da edificare. Partono: lasciano la famiglia, gli affetti, i luoghi in cui sono vissuti ed hanno sperato, la Patria col miraggio di un tenore di vita dignitoso ed umano. Partono i bastimenti per terre assai lontane. La meta degli emigranti erano le Americhe e in particolare gli Stati Uniti. Vi arrivavano sfiniti, con poco o niente denaro, senza conoscere una parola di inglese, e per di più, molti di essi analfabeti. Già all’imbarco come allo sbarco dalle navi, speculazioni e ladrocinii nei loro confronti si ripetono a catena, impoverendoli ed umiliandoli ulteriormente. Avevano sperato di trovare subito lavoro, benevola accoglienza e un po’ di benessere, migliaia e migliaia di essi trovano invece disoccupazione, resistenza, fame. Che tragedie! quante sofferenze e quante speranze deluse. "Siamo qui come bestie, si vive e si muore senza prete, senza maestri e senza medici", scrisse qualcuno dall’America.

Madre Cabrini e le sue figlie risposero puntualmente alle istanze del tempo, fra gli emigrati, nella scuola, negli ospedali, nei sobborghi delle grandi metropoli, nelle missioni, suscitando ovunque iniziative all’avanguardia e alleviando sofferenze fisiche e morali. Oggi con il medesimo spirito, con la medesima sensibilità, con la medesima ansia, con il medesimo slancio missionario, con il medesimo impegno, nella nuova evangelizzazione, l’Istituto ha accettato la sfida di continuare la testimonianza nel mondo che cambia. Una sfida aperta, da condurre insieme a chi lotta contro l’emarginazione, il nome nuovo di una povertà assai antica, sia materiale che spirituale, insieme a chi opera a ridare fiducia e speranza agli uomini, a chi difende e assiste i deboli, gli ammalati, a chi pone la propria esistenza a servizio degli ultimi, a chi si impegna nel campo dell’educazione e della cultura, a chi combatte per la giustizia e per la pace. Insomma una testimonianza, assieme a quanti profondono energie per maturare comportamenti che rendano più armoniosa la convivenza umana e più aperta la comunione con Dio.

Tutto questo ha, tra l’altro, maturato nell’Istituto una scelta precisa e di grande valore, quella del coinvolgimento sistematico dei laici nella missione cabriniana. Un coinvolgimento però come segno dei tempi, che non si esprime soltanto nella collaborazione tra religiosi e laici, ma anche in termini più pressanti e pregnanti, nella corresponsabilità dei laici alla gestione delle opere. Ci voleva davvero coraggio e fiducia nel passare dall’io al noi, dal noi autosufficente al noi partecipato, dal noi autoritario al noi condivisione. Il coraggio non è mancato e neppure la fiducia. Ora il processo è in atto e sta dando i suoi frutti. Abbiamo sottolineato coraggio e fiducia, due caratteristiche che scandirono la personalità di Madre Cabrini, nel corso delle sue molteplici e eccezionali imprese. Due caratteristiche che scandiscono anche oggi la vita poliedrica dell’Istituto. "Ma io sono debole, ma io sono fragile" diceva sovente la Cabrini; subito dopo, però aggiungeva: "Ma posso tutto in Colui che mi conforta e con Dio farò cose grandi". E di cose grandi ne ha fatte sul serio. Anche oggi le missionarie del Sacro Cuore ripetono spesso di essere deboli e fragili, forse lo sono davvero, ma il carisma cabriniano che vive in loro e la fede incrollabile nella forza di Dio che tutto può consentiranno di superare paure esitazioni debolezze e continuare così a fare cose grandi per l’umanità e per la gloria di Dio nel mondo. Questa è la mia visione laica di cristiano impegnato da anni nella corresponsabilità dell’opera cabriniana. Ed è pure la mia speranza, per attingere al cuore di Dio come Madre Cabrini, la creatività evangelica necessaria al nostro tempo.

Suor Maria Louise Sullivan è direttrice del Centro Studi dell’Immigrazione a New York e del Centro di Studio Pastorale. Ha pubblicato vari scritti su Madre Cabrini.

Sullivan: Quella di Madre Cabrini è la storia di una donna di compassione, di pace, una donna di amore, di una donna santa. Francesca Cabrini, figlia dell’Italia, ma cittadina degli Stati Uniti d’America, è cittadina del mondo. Timorosa dell’acqua per essere quasi affogata da piccola, attraversò gli oceani 23 volte su navi a vapore che trasportavono centinaia di persone che cercavano di costruire nuove vite in una nuova terra. Fragile, debole, malaticcia attraversò in treno il continente europeo ed americano. Viaggiò anche in automobile, su treni sopraelevati e tram, leggeva i giornali, usava i telefoni e il telegrafo. All’epoca, momento non diverso dal nostro quando la migrazione umana era praticamente di milioni di persone, Madre Cabrini divenne un emigrante tra gli emigranti. Mentre le società industrializzate disumanizzavano i lavoratori, sottolineava la dignità, il valore dell’individuo; mentre le guerre sconvolgevano le nazioni nell’odio, ella cercava sempre di portare il messaggio dell’amore di Dio a chiunque incontrasse.

Gli Stati Uniti D’America, quando arrivò Madre Cabrini, stavano conoscendo un forte sviluppo industriale, la crescita e lo sviluppo dei sindacati dei lavoratori, l’affollamento delle città e naturalmente anche l’ampliamento del divario tra ricchi e poveri. La nuova emigrazione dall’Europa del Sud e dell’Est produsse anche timore e ostilità tra gli americani nativi; la lingua, la religione, le tradizioni dei nuovi emigranti ricevettero un impatto negativo sulla società americana. C’era discriminazione sul piano del lavoro, sul piano degli alloggi; una serie di cicli congiunturali nell’economia altro che amplificare il timore che nuovi immigranti competessero per i posti di lavoro, e per questo appunto fossero sottoposti a un contenimento dei salari. Lo sfruttamento dei nuovi venuti era molto diffuso.

In questa società veramente tumultuosa, giunse una donna che avrebbe aiutato ad alleviare questa tragica condizione vissuta dagli emigrati italiani. Era alta un metro e 50, dal passo scattante, veloce, una voce squillante quasi come quella di una campanella, con grandi occhi blu, e un viso sorridente. Era dotata di un intelletto veramente acuto, perspicace, aveva anche un istinto imprenditoriale sorprendente, soprattutto per una maestra di campagna nata a San Angelo Lodigiano, a sud di Milano, nel 1850 in una fattoria. Francesca Cabrini era una donna che amava Dio, unita constantemente al Creatore, in preghiera. Il suo amore straripava in opere che sorprendono anche nei tempi moderni. Tuttavia c’era quest’aria di semplicità, di umiltà in lei, che le faceva accattivare la simpatia di tutte le persone, la rendeva cara ad esse. Il povero lavoratore sentiva la sua tenerezza, la mamma in difficoltà le affidava i bambini, il prigioniero reietto traeva speranza dalle sue parole, il paziente malato si fidava di lei, l’orfano, il derelitto, l’emarginato, tutti la chiamavono Mamma, Madre. La vita di Francesca Cabrini non era esattamente rose e fiori: conobbe lo scoraggiamento, la tristezza, la povertà, il rifiuto il pregiudizio etnico, ma sempre ebbe fiducia in Dio ed ebbe la meglio su ogni difficoltà.

Il 19 marzo 1889 Madre Francesca Saverio Cabrini e sei delle sue sorelle Missionarie del Cuore Sacro di Gesù, istituto religioso fondato da lei nel 1880, partirono da Codogno, in un viaggio che le portò a Milano, Parigi e Le Havre e poi alla prima traversata dell’Oceano verso gli Stati Uniti. La meta era Manatthan dove migliaia di connazionali si affollavono in alloggi popolari, e avevano bisogno di tutto, aiuto spirituale e materiale. Secondo il mandato della Congregazione del Vaticano per la diffusione della fede, doveva aiutare gli immigrati italiani.

Il dottor Francesco Marchese, editore del giornale Il progresso italo-americano, ci ha raccontato il dramma degli immigrati italiani, quando Madre Cabrini giunse a New York. "All’epoca la colonia italiana si trovava in uno stato a dir poco deplorevole, sfruttata economicamente e moralmente da altri italiani. Gli italiani erano odiati, trattati come bestie, perseguitati anche peggio dei negri". Fu proprio per prendersi cura di questi italiani, così dimenticati, che la Cabrini aveva scelto di giungere in America. Una giovane donna, entrata poi a far parte delle sorelle missionarie scrisse: "All’epoca avevo 17 anni, quando per la prima volta incontrai Madre Cabrini, il terzo giorno dopo il suo arrivo a New York. La prima domenica che era lì l’ho accompagnata presso le sorelle missionarie della chiesa di San Gioacchino. La Madre Cabrini mi ha incoraggiata a visitare le famiglie della parrocchia; spesso ci andava essa stessa, sperava così di istruire ragazze e ragazzi, famiglie intere ai principi religiosi". Non ci volle molto perché Madre Cabrini scoprisse molto bene le discriminazioni, gli insulti e i pregiudizi di quel momento storico. Dopo meno di due settimane a New York, scrisse in Italia richiedendo del materiale per avere più vesti, più veli per le sorelle in modo che potessero presentarsi dignitosamente in pubblico, e disse: "Altrimenti si prenderanno gioco di noi, proprio come fanno con gli altri italiani qui". Era molto preoccupata per gli immigrati italiani, e questa preoccupazione è stata annotata nella prima corrispondenza di Madre Cabrini proveniente dalla America. Dice: "C’è così tanto da fare per i nostri poveri italiani abbandonati e veramente snobbati, a dir poco, dal pubblico anglofono tanto che non riescono neanche a sopportarne la vista".

Partendo da un inizio infausto nel 1889, a New York, un piccolo orfanotrofio nella scuola parrocchiale, piano piano Madre Cabrini sviluppò una vera e propria rete di istituti di assistenza sociale, sanitaria, educativa in tutti gli Stati Uniti. Anche se tormentata costantemente da una cattiva salute, cercò sempre di valutare i bisogni degli immigrati italiani e di rispondere in maniera straordinaria a questi bisogni: scuole, ospedali, orfanotrofi e anche programmi di servizi sociali, di assistenza sociale, l’istruzione religiosa nelle parrocchie, programmi ricrativi per bambini, lezioni in arti industriali per giovani donne, visite in reparti ospedalieri, carceri, miniere, piantagioni. Tutto questo assorbiva l’energia delle sorelle missonarie e della Cabrini stessa. Insieme, però hanno costituito degli istituti a New York, nel New Jersey, in Pensilvania, nel Missisipi, nell’Illinois, nel Colorado, in California. Ogni istituto cabriniano divenne poi un centro in cui i bisogni socio-religiosi degli emigranti potevano essere soddisfatti e da cui venivano lanciati grandi programmi. Soprattutto, Madre Cabrini e le sue sorelle cercavano di sostenere quella che era la cristianità romano-cattolica degli immigrati italiani, consolidando la loro identità culturale e facilitando la loro assimilazione nella società americana. In pratica, possiamo dire che Madre Cabrini, era contro l’atteggiamento secondo il quale la lingua natia era una barriera a una americanizzazione degli emigranti. Non accettava il concetto del crogiolo, che voleva che gli stranieri dovessero essere trasformati in americani fatti con lo stampino il prima possibile. Ogni casa che essa visitava, in pratica veniva trasformata in un luogo per poi facilitare il lavoro di preghiera delle parrocchie.

Un lavoro molto vicino al suo cuore fu quello che svolse presso i prigionieri. Con le sorelle andava a visitare coloro che erano condannati a morte per riconciliarli con Dio anche senza la presenza di un capellano. Francesca Cabrini era ossessionata e provava ripugnanza per la pena capitale. Un rapporto splendido si sviluppò tra Francesca Cabrini e i prigionieri di Sing Sing. Scrissero a Francesca Cabrini una lettera cui Ella rispose con parole veramente calorose: "Miei amici". Infatti Francesca Cabrini parlava non a criminali, ma a fratelli.

Un altro programma missionario fu quello svolto negli ospedali pubblici, in cui le sorelle facevano da interpreti sia per il personale medico che paramedico. Improvvisamente, più o meno a mezzogiorno del 1917, Madre Francesca Saverio Cabrini si recò nella casa di Dio. "La sua, scrive la sorella Ursula, fu una vita vissuta solo per Dio. Nessun compito era così grande, nessun lavoro così difficile, nessun viaggio così lungo, affaticante, nessuna sofferenza così insopportabile, quando la salvezza delle anime era messa in questione. Possa Dio essere sempre ringraziato e soprattutto ringraziato per avermi chiamato a servirlo nell’Istituto che ella ha fondato". Madre Cabrini è stata beatificata il 13 novembre del 1938, 21 anni dopo il suo decesso a Chigago. Il 7 luglio 1946 Francesca Cabrini divenne il primo cittadino degli Stati Uniti canonizzata santa dalla Chiesa Cattolica Romana. Nel 1950 il Papa Pio XII ha formalmente proclamato la Cabrini patrona degli emigranti.

Madre Cabrini ha capito il pluralismo religioso degli Stati Uniti e ha inglobato tutto questo nei suoi istituti. L’ampia maggioranza di coloro che erano serviti da questi istituti erano italiani: quelli che appartenevano ad altre nazionalità ad altri credo religiosi, comunque venivano accettati non meno cordialmente. Essa ha colto proprio anche l’idea di pluralismo culturale: comprensione e rispetto per diverse culture. "Amare Gesù, cercarlo, parlare di Gesù diffondere Gesù; ecco questo sarà il mio interesse principale, l’obiettivo di tutti i miei passi nella vita: dei miei movimenti, delle mie preoccupazioni, dei miei spostamenti, di tutto quello che farà parte della mia vita, e del mio lavoro".

Alessandro Pirola, medico, è direttore della clinica Columbus di Milano nata dal carisma di Madre Cabrini.

Pirola: Se è vero che i grandi flussi migratori di tutti i tempi sono uno dei segni più evidenti del senso religioso, della domanda religiosa che ognuno di noi ha dentro, della domanda di significato e di pienezza della propria vita, va anche riconosciuto che la carità e la solidarietà sono i segni più evidenti della risposta a questa domanda. E la risposta a questa domanda è Cristo, e il Meeting e le opere cabriniane di tutti i tempi devono e vogliono essere richiamo a questa realtà, perché c’è un mondo povero, che ha dentro questa domanda, urgente e infinita e c’è una risposta che va data e riconosciuta. Manuel Caucorral, di nazionalità argentina, è presidente dell’Associazione dei padri di famiglia. In America Latina, come peraltro nell’Europa libera, l’educazione nelle scuole è affidata non tanto allo Stato quanto agli insegnanti e ai genitori, per cui l’Associazione dei padri di famiglia insieme agli ex alunni ha un ruolo fondamentale nella conduzione delle scuole. Manuel Caucorral oltre ad una grandissima esperienza professionale ha anche questa simbiosi costante con l’Istituto da un punto di vista dell’educazione.

Manuel Caucorral, argentino, è dirigente d’impresa. ¼ Presidente dell’Associazione dei Dirigenti di Impresa Commerciale dell’America Latina e primo presidente della Università di Scienze Economiche e Commerciali di Buenos Aires.

Caucorral: Nel 1889 allorché Madre Cabrini arrivò in America due paesi spiccavano per la loro estensione territoriale, poiché le loro coste comprendevano la maggior parte del litorale atlantico sudamericano: il favoloso Brasile, con foreste incredibili e terre non ancora esplorate, e poi l’Argentina il cui nome avrebbe evocato una metafora ben augurale per i latini emigranti del vecchio mondo. Ma qual era la situazione di questi stati nei giorni in cui le missionarie, con a capo Madre Cabrini, cominciavano il loro viaggio americano? Si istituivano, non senza conflitti, i poteri dello Stato, si definivano laboriosamente le frontiere, si costruivano ferrovie e linee telegrafiche; tutto questo attraverso un ampio scenario di tre milioni di chilometri quadrati, con i paesaggi più eterogenei abitati da un numero equivalente di persone. Molte parti del territorio nazionale erano definite dai nostri più illustri statisti e scrittori come deserto, e non era certo il deserto di sabbia, era il deserto di uomini. La nostra costituzione nazionale dal netto taglio aperto e liberale, proclamò nel 1853 ampi diritti civili e politici, espresse senza mezzi termini tra gli obiettivi della società politica quello di assicurare i benefici della libertà, per noi, per i nostri posteri e per tutti gli uomini del mondo che vogliono abitare il territorio argentino. A nord est dell’Argentina c’era il Brasile, uno dei paesi con maggior superficie della terra, occupa un’area di oltre otto milioni e mezzo di chilometri quadrati; al sud le sue coste arrivano praticamente fino al Rio della Plata e al nord si estendono fino alla foce dell’impetuoso Rio delle Amazzoni.

Fra i due grandi paesi, l’Argentina e il Brasile, si trova la Repubblica orientale dell’Uruguay che condivide con l’Argentina gran parte della sua storia: il grande estuario del Rio della Plata e le caratteristiche soprattutto europee della sua popolazione. I governi di questa parte del mondo hanno appoggiato con caratteristiche speciali, in ogni caso, l’immigrazione europea perché ne avevano bisogno e perché così capivano l’ideale di progresso dell’epoca. In questo numeroso e variegato insieme di emigranti che popolarono i nostri paesi nell’ultimo decennio del secolo scorso gli italiani occuparono, come è avvenuto anche in Uruguay, una quota molto alta, questo ha conferito caratteristiche speciali agli abitanti della regione della Plata.

Gli anni tra il 1890 e il 1920 sono anch’essi anni di trasformazione sociale e consolidamento politico: l’ascesa delle classi medie urbane e rurali in cui la componente dell’immigrazione è stata decisiva ha dato nuove sfaccettature alla vita politica, che ha cominciato ad uscire dalla riserva chiusa dei gruppi dei cosiddetti notabili che decidevano le cose senza consultare l’insieme nazionale. I primi decenni del XX secolo sono stati anni di dure lotte sociali; la convergenza di miserrime condizioni di vita nella classi operaie, con le correnti e le idee rivoluzionarie, hanno creato un ambiente esplosivo in cui la violenza era spesso la risorsa per sguainare rivendicazioni o reprimere le proteste. I primi anni del secolo non sono stati facili per il cattolicesimo. Le correnti liberali o socialiste hanno messo in atto un fermo anticlericalismo, le passioni dell’epoca del mio paese e in tante parti del mondo hanno fatto breccia nelle logiche ideologiche: molte di queste contese oggi ci sembrano esageratamente accese, ma la realtà è stata questa.

Nel caso di Madre Cabrini, un aspetto speciale motivava la sua pacifica crociata: il destino, la sorte di milioni di connazionali che avevano dovuto abbandonare la terra natia a seguito delle ingiustizie e del loro destino e dovevano farsi strada in paesi esotici. Non è sorprendente quindi che mettesse i suoi occhi su queste lontane terre meridionali: anche qui vi erano italiani, emigranti da aiutare. Dopo, inevitabilmente, la sua azione avrebbe raggiunto altri settori. Lei e molti come lei temevano soprattutto che la perdita dell’identità nazionale diventasse una perdita della fede religiosa.

Francesca Cabrini arrivò nella Repubblica Argentina alla fine dell’anno 1895, lo fece per la via più ostica e difficile per l’epoca: aveva raggiunto queste latitudini attraverso il Pacifico e arrivò in Argentina dal Cile, attraversando la monumentale cordigliera delle Ande su aspri sentieri. Aveva allora 45 anni e lasciava alle spalle un grande itinerario iniziato in quella remota pianura lombarda dove si era risvegliata la sua vocazione da missionaria. Nel 1895 aveva già attraversato molte volte l’oceano, aveva concretizzato l’opera del suo Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore in luoghi molto diversi, come i quartieri di New York o le terre indie del Nicaragua, solo per citare alcuni esempi fra gli altri. Nel suo agire si combinava il misticismo della monaca, disposta ai maggiori sacrifici, e il senso pratico che era scaturito nel suo luogo natio. Non volle essere una monaca di clausura. Fu a suo modo una donna d’azione, secondo quanto hanno raccontato i suoi biografi: in 67 anni di vita, una strana coincidenza per coloro che amano sottolineare questo tipo di coincidenze, ha lasciato altrettante fondazioni dal carattere più diverso, collegi, centri di assistenza sociale, laboratori, pensionati, case di religiose etc..

La sua fondazione inaugurale in Argentina, concretizzata nel 1896, fu l’attuale Collegio di S. Rosa. La missionaria di Sant’Angelo ha scelto questa denominazione in funzione di una promessa effettuata quando si trovava a Lima, capitale del Perù, in cui aveva lavorato nel 1896 per creare questo collegio di bambine, istituito con suore arrivate con lei o poco dopo. In successive visite nel 1901 e 1907, questo primo passaggio divenne una strada dalla solida pavimentazione: collegi, laboratori, pensionati, altre sedi educative o di assitenza, uscirono dagli atti perseveranti effettuati mentre lavorava con allegra tranquillità, senza essere mai stata dominata dalla febbre o dall’ansia di fare, senza riposo, perché lei aveva visto negli Stati Uniti la febbrile attività degli uomini d’affari e degli artigiani che volevano il successo economico, lei non voleva essere da meno anche perché le sue mete erano molto più elevate. Non per nulla fu definita "suor movimento perpetuo".

Poco dopo il suo primo viaggio in Argentina e su sua iniziativa, un gruppo di religiose fondò in Brasile, nella città di San Paolo, il primo collegio della congregazione al quale ne seguì un altro a Rio de Janiero, allora capitale della recente Repubblica, che inaugurò personalmente nel 1908. Lottò contro la segregazione razziale o sociale assistendo, allorché fosse necessario, indios, negri, localizzando le sue missioni come semenza per raccogliere maestre per le sue scuole e per i suoi orfanatrofi, dirigendo personalmente le proprie discepole senza mai fare sfoggio della sua pietà, senza mai lamentarsi di fronte alle difficoltà, trovando forza nelle sue convinzioni e ispirando forza agli altri col suo esempio.

Facendo tutto questo Madre Cabrini fissò una regola di condotta e un modo di azione che è perdurato nei suoi seguaci con la finalità evidente di portare al mondo l’amore di Cristo. L’ente missionario del Sacro Cuore in Argentina con sede a Buenos Aires ha il primo collegio stabilito nella capitale il quale oggi funziona nel tradizionale quartiere del congresso. Questo collegio e le altre fondazioni iniziate quasi un secolo prima sono prosperate e oggi sono sedi dove vige un senso di comunità che impegna le religiose e anche, per espressa disposizione, i laici che per ragioni di lavoro e di professione collaborano nella missione cabriniana. Questa comunità di azione fa sì che il lavoro del religioso venga corredato anche dal lavoro dei genitori degli alunni ed ex alunni a cui la comunità offre ampi spazi di partecipazione. In questo contesto i genitori innanzitutto quali principali educatori dei figli vivono la corresponsabilità del compito affrontato dalla comunità religiosa. Questo nuovo rapporto umano rende possibile anche la comunicazione del messaggio della redenzione di Cristo.

L’obiettivo di Madre Cabrini erano i poveri, ma non solo per cercare il miglioramento della qualità di vita, ma anche per creare le condizioni attraverso l’insegnamento della formazione della persona, perseguendo lo sviluppo dei valori umani e cristiani. Un vivere semplice e chiaro, uno stile che cerca di proporre e non di imporre la concezione religiosa della vita, l’educazione del cuore, l’educazione personalizzata e la presenza del docente in tutte le attività, la sensibilità, lo spirito evangelizzatore in tutti gli atti: sono questi i principi che ai giorni nostri gli eredi di Madre Cabrini proclamano come luce dell’adorazione. Secondo quanto dicono le costituzioni delle missionarie del Sacro Cuore di Gesù, loro compito è aprirsi a tutti, perché Gesù ha ricevuto tutti e si è dato per tutti. Lui comunque ha preferito sempre gli emarginati, i piccoli, gli sradicati, per portare tutti gli uomini alla fraternità nello stesso Padre.

Suor Ursula Infante, già Madre Generale dell’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore, ha novantasei anni ed ha conosciuto Madre Cabrini.

Suor Ursula: Incontrai la prima volta Madre Cabrini quasi un secolo fa in occasione della sua visita alla scuola di San Charles di New York. Frequentavo allora la scuola media inferiore; rimasi molto colpita dalla sua gentilezza e dal suo aspetto. La incontrai nuovamente il 4 luglio 1914 nel corso dell’inaugurazione della sua nuova scuola a New York. Fui molto colpita dall’amore e dall’assistenza offerta dalle sorelle missionarie della nostra parrocchia e quindi desideravo diventare una di loro. In seguito quando ero già un’adolescente decisi di andare a trovare Madre Cabrini al Columbus Hospital di New York. Le parlai della mia vocazione e del mio desiderio di entrare in convento. "Quanti anni hai? E hai il permesso dei tuoi genitori" mi chiese. Quando risposi che avevo 14 anni ed ero figlia unica e che i miei genitori non mi avrebbero dato mai il permesso di farmi suora mi disse: "Allora dovrai aspettare i 18 anni, allora potrai farlo anche senza il loro permesso". Feci esattamente quello che mi aveva detto. Stabilì lei stessa la data del mio ingresso ed il 21 luglio del 1915 Madre Cabrini era lì alla Secret Heart di New York pronta a ricevermi e a vestirmi con l’abito religioso. Fu lei a dirigere la prima giornata del nostro ritiro di 8 giorni e per me la sua voce era più angelica che umana. Quel che mi colpì di più furono i suoi occhi azzurri così luminosi. Mentre mi parlava sembrava che i suoi occhi mi leggessero nell’anima.

Il 22 dicembre 1917 ricevemmo la triste notizia della sua morte. Le novizie passarono la giornata in preghiera. Io partecipai al suo funerale a New York e mi ricordo che ebbi modo di ascoltare le enormi lodi che tesserono di lei i prelati del più alto rango. Furono estremamente generosi nel lodare la vita e le opere di Madre Cabrini. Per me che ero ancora novizia fu estremamente emozionante sentir parlare della nostra Madre generale in termini così lusinghieri. Io partecipai anche alla sua beatificazione a Roma nel 1938: fra le molte persone che erano venute dagli Stati Uniti c’era Peter Smith, il ragazzo per il quale Madre Cabrini aveva compiuto il suo primo miracolo. La beatificazione di Madre Cabrini fu un evento che non si cancellerà mai nella mia memoria: migliaia e migliaia di persone provenienti da tutte le parti del mondo, il meraviglioso coro accompagnato da organo e tromba che riempiva l’aria nella basilica di San Pietro di un’armonia celestiale e poi l’omelia del Papa. Certo, Dio opera le più grandi meraviglie per i suoi santi!

Dopo aver avuto il privilegio di conoscere Madre Cabrini, considero il più grande onore parlare oggi del suo grande amore per Dio e per il prossimo trovandomi di fronte a questo auditorium del Meeting il cui scopo è quello di rafforzare l’amicizia fra tutti i paesi del mondo. Senza dubbio Madre Cabrini starebbe unita a voi in questa nobile impresa se fosse ancora viva tuttora. Ricorderete quanto desiderasse recarsi in Cina a portare l’amore di Dio alla sua popolazione, ma invece papa Leone XIII decise di inviarla in America perché si occupasse degli immigrati italiani.

Fin dai primi anni Francesca Cabrini nutriva tre ideali sublimi: azione, sacrificio e amore, ma soprattutto amore e da qui nacque la sua azione incessante e il suo continuo sacrificio. Soprattutto amava la fonte di ogni amore, il cuore divino di Gesù. Vorrei potervi leggere le pagine e pagine da lei scritte sul cuore adorabile di Gesù, pagine che rivelano la sua fede e il suo amore. "O cuore adorabile di Gesù, o cuore bruciante, o fornace ardente di amore divino quale destino hai in serbo per me? Sono la tua vittima pronta al sacrificio, sia fatta la tua volontà, desidero morire d’amore dopo una vita di totale dedizione, sono consumata dal tuo amore per me, mi struggo e muoio ma nonostante questo ardore intenso sento che non è che una debolissima, pallida ombra rispetto al fuoco d’amore di cui tu mi circondi. Dammi un cuore grande come l’universo affinché io possa amarti e se non tanto quanto tu meriti almeno tanto quanto io posso essere capace. Se ne avessi i mezzi costruirei una nave e la chiamerei Cristoforo, colui che porta il Cristo e navigerei per tutto il mondo facendo conoscere Cristo a tutte le nazioni". Il suo desiderio era il mondo per il Sacro Cuore, il Sacro Cuore per il mondo.

Madre Cabrini fondò l’Istituto delle Sorelle Missionarie del Sacro Cuore con un duplice obiettivo: l’amore per il Sacro Cuore di Gesù e le radiazioni del suo amore attraverso le sue missioni. Era estremamente aperta alla società in cambiamento e quindi Madre Cabrini si imbarcò per gli Stati Uniti d’America. Come San Paolo voleva essere tutte le cose per tutti gli uomini. "Provo compassione per la moltitudine" ripeteva al divino Maestro. Apriva il suo cuore a tutti i bisogni dell’uomo e divenne la madre degli immigrati. Si recava tra di loro a confortarli ed aiutarli, raccoglieva i loro figli attorno a sé, apriva loro le porte della chiesa, portava loro la parola di Dio e li faceva avvicinare al sacramento, con loro essa pregava: "Venga il tuo regno". Nelle sue lettere Madre Cabrini descriveva più volte la bellezza degli Stati Uniti, i tesori spirituali e materiali che Dio aveva voluto elargire copiosi in quel paese che chiamava: "la terra delle meraviglie". Ma lì si trovò di fronte al grande problema del tempo, quello dell’immigrazione. L’immigrante era una buona merce sul mercato del lavoro. La dignità umana, riflesso del divino in tutti gli uomini, era sconosciuta e il lavoro degli immigrati era faticoso e pericoloso: chi si preoccupava di questi poveri sventurati? Chi pensa mai alle migliaia di minatori seppelliti prima ancora che muoiano? Madre Cabrini si recava anche a visitare i detenuti. Alcuni detenuti le inviarono una testimonianza della loro gratitudine per tutto quello che aveva fatto per loro. Regalarono alle sorelle un cavallo e un carro in modo da permettere a Madre Cabrini di fare il primo giro nel Lincoln Park.

Alla fine della seconda guerra mondiale i prigionieri italiani costruirono una cappella in onore di santa Cabrini al tempo della sua canonizzazione.

Nel corso del suo lavoro si mantenne sempre vicina a Dio grazie all’intensità della preghiera e del sacrificio. Diceva che Dio poteva tutto e che lei non era altro che la spettatrice del suo operato, il suo motto era: "Tutto io posso in colui che mi conforta". Divenne la prima santa cittadina americana. Per un santo la terra natia è quella in cui si trova il Cristo, la terra natia di Madre Cabrini era il cuore dei poveri: i poveri erano la sua gente erano il cuore della sua fede. Diceva sempre: "La mia italianità sta nel cuore dei poveri che sono il mio popolo e l’anima della mia fede".