Arrivarono dagli spazi cino-siberiani attraverso Bering congelato. Popolarono le Americhe sino alla terra del fuoco, produssero un pullulare di culture, venerarono il sole, l’acqua e la terra, furono artisti, costruttori, mercanti, artigiani, agricoltori, allevatori, cacciatori, guerrieri e sacerdoti. Vissero in pace e in guerra, in comunità e sotto oligarchie possenti, Ebbero un grande senso della loro storia, resero sacra la natura, a volte si angosciarono per la fine del mondo. L’incontro con lo straniero era un’occasione di arricchimento reciproco... oggi la partita è aperta.

Giovedì 27, ore 17

Relatori:

Thomas Banyacya Sirmina

Amarildo Do Santos Maciel

Raul Paidano Rodrigues

Thomas Banyacya Sirmina è uno dei capi tradizionali e delle guide religiose del popolo Hopi.

Banyacya Sirmina: Nel 1948 i nostri leaders che avevano 80, 90 o magari 100 anni si sono incontrati in uno dei loro villaggi. Questi saggi, anziani, erano ricchi di una conoscenza e di una saggezza tradizionale, antica della nazione Hopi e mi hanno scelto come interprete per portare questo loro messaggio. Ritenevano che era giunto il momento di incontrarsi e dissero che due profezie secondo loro si erano già avverate, una era che prima o poi, in futuro, quando la loro popolazione nativa avrebbe raggiunto una vita pacifica nella loro patria, con la preghiera, con la meditazione e con le loro cerimonie, avrebbero guardato il Grande Spirito (che si chiama Masciaua nella lingua degli Hopi), che ha indicato loro il sentiero che avrebbero dovuto seguire.

Il modo di vivere Hopi è pacifico. Questo significa che è formato da persone pacifiche, gentili, vere, reali, oneste, umili. Noi eravamo così e sembrava che il fratello bianco avrebbe dovuto occuparsi degli altri nel mondo, scrivere delle cose su un pezzo di carta, registrare le cose e rammentarne ed inventarne; se avesse seguito il cerchio dei principi spirituali, questo uomo bianco avrebbe reso la vita bella, pulita da questa parte del mondo.

Nel linguaggio Hopi la terra viene descritta come nella Bibbia. C’era una terra che si chiamava il Giardino dell’Eden: è così che si presentava anche la nostra terra, poi 500 anni fa giunse qualcuno nella nostra terra. I nostri antenati hanno scoperto una persona che era giunta attraverso l’Oceano, Colombo, ma non erano persone che dovevano distruggere la terra, non erano selvaggi. Anche noi non eravamo selvaggi, eravamo persone, all’epoca, di pace: quindi i nostri antenati hanno accolto favorevolmente Colombo, lo hanno alimentato, gli hanno dato del cibo per nutrirsi, dell’acqua, e gli hanno consentito di vivere in quella terra, si sono veramente occupati di lui come un fratello fino a quando potesse far rientro in patria. Molte cose sono state cambiate successivamente con quello che ha scritto, con quello che ci ha lasciato e tramandato e la popolazione sa che ci saranno dei problemi.

Infatti con queste invenzioni molte cose sono cambiate. Nel 1946 il governo statunitense ha approvato una legge sulla "terra degli indiani". In pratica tutta la terra che ci è stata portata via in base a questa legge non sarebbe stata soggetta ad un risarcimento.

La popolazione Hopi non ha nessuna intenzione di combattere in maniera violenta per avere un risarcimento della terra che è stata loro portata via, perché questa terra per noi è come la nostra madre, è la madre terra, un essere forte, potente, tutto proviene e proveniva da questa terra, anche noi siamo originari di questa terra e non possiamo svendere nostra madre.

Un altro uomo di circa 86 anni in questo incontro di cui parlavo all’inizo disse che il fratello bianco avrebbe avuto la capacità di inventare molte cose e non saremmo riusciti neanche a portare i nostri animali in una situazione favorevole. Diceva che bisognava fare qualche cosa altrimenti la nostra strada sarebbe finita lì. "Se non facciamo qualche cosa, disse, alla fine non ci sarà più niente e i carri resteranno abbandonati, vuoti, senza più nessuno".

Quando io parlo con queste persone anziane scopro che hanno un messaggio raro molto importante, mi stanno lanciando dei moniti, parole di cautela, delle profezie, non soltanto per noi popolazione Hopi, ma per tutte le altre genti e altre nazioni che prima o poi si incontreranno di fronte agli stessi problemi.

Dissero: "Noi vogliamo la pace, la felicità, una buona vita, dobbiamo eliminare tutti i fattori di distruzione, tutte le cose distruttive che sono state inventate oggi e se non smettiamo questa opera di distruzione forse un giorno ci annienteremo noi da soli, disturberemo a tal punto l’equilibrio della natura che le stagioni cambieranno".

Voi giovani avete la possibilità di impegnarvi ad eliminare le cose distruttive del passato. Ho bussato alle porte delle Nazioni Uniti per potere parlare in quella sede dei diritti dell’uomo, dell’eguaglianza, della giustizia, del diritto di poter parlare la propria lingua, di poter essere proprietari del proprio terreno. Spero che le Nazioni Unite ci aprano le porte in modo che finalmente il Grande Spirito parli loro e quindi seguano queste istruzioni.

Amarildo Do Santos Maciel è nato a Rio-Mari-Mari, in Amazonas. Ha 23 anni, è di nazionalità Munduruku e di religione cattolica. Non parla la lingua indigena della sua tribù. E’ al II grado della Scuola Agricola Regina degli Apostoli di Manaus.

Do Santos Maciel: Mi chiamo Amarildo Do Santos Maciel, abito all’interno dello stato dell’Amazzonia. Sono arrivato alla scuola agricola di Manaus per sviluppare le mie conoscenze agricole tramite una persona che mi ha indicato questo posto. Per me questa è stata un’esperienza estremamente valida perché a scuola ho imparato a dare valore a quello che stavo facendo, al mio lavoro, ho imparato ad amare quelli che vivono con me ed ho imparato ad amare anche la mia cultura, perché per poter sviluppare la mia cultura ho bisogno di conoscerla più profondamente, di una educazione umana per continuare a coltivarla e tutto ciò esige anche una grossa responsabilità da parte dei bianchi. A scuola ho anche conosciuto ed incontrato altri popoli, altre tribù che io non avevo mai incontrato fino a quel momento e tutto questo mi ha insegnato molte cose in più di quelle che sapevo prima e ho anche imparato ad amare il cristianesimo. Da quel momento ho cercato di valorizzare la mia cultura e di capire il senso più profondo della mia vita. Ho compreso che è necessario che il mio popolo abbia un certo tipo di educazione ed anche il popolo bianco deve essere educato a questo. Il mio popolo deve riconoscere la propria cultura e il pericolo che si estingua. Per il rinnovamento della mia cultura è necessario trovare persone che ci prendano per mano e ci portino lungo la strada della vita di tutti i giorni.

Quando tornerò al mio popolo vorrei non soltanto coltivare la terra, ma anche l’amicizia fra le varie tribù e questo è molto importante non soltanto per me, ma anche per il mio popolo.

Raul Paidano Rodrigues è nato a Asuncao-Rio Icana, Amazonas. Ha 21 anni. E’ della tribù Baré, parla diverse lingue indigene (Gera-Nhengatu, Cubeu, Baniw, Curripace). E’ allievo della Scuola Agricola Regina degli Apostoli di Manaus, in Amazonas.

Rodrigues: Mi presento: mi chiamo Raul Paidano Rodrigues. Sono a nato ad Asuncao-Rio Icana, in Amazzonia. Faccio parte della tribù Baré, sono un meticcio. I miei avi sono mischiati con altre tribù.

Vorrei raccontarvi la mia esperienza di come vivo, di come sono approdato a questa scuola.

Il mio modo di vita era diverso da quello degli altri. La mia tribù era molto più aggressiva per cui ho avuto problemi con persone di altre tribù che non conoscevo: dovevo conoscerle di più per poterle affrontare in modo più tranquillo.

Ci sono molte tribù che non sanno che cos’è la civiltà, che cos’è lo studio la scienza. Io sono stato più fortunato perché dove vivevo io c’è stata anche un’opera missionaria, sono venuti dei preti che ci hanno aiutato a capire con più facilità, e ad esprimerci.

Nonostante che molte persone siano occupate nell’agricoltura, noi abbiamo un’agricoltura sottosviluppata senza mezzi tecnologici avanzati che ci aiutino. Nella mia regione non esistono nemmeno tecnici o persone specializzate che possano darci degli insegnamenti più profondi. In Amazzonia noi abbiamo molte specie di animali che non sono ancora estinte come sono estinte in altre parti del mondo, ma sono pochi quelli che sanno allevare gli animali. E vorrei appunto trasmettere a loro tutta quest’esperienza che io ho avuto. Sto finendo il mio primo anno di scuola. Oggi mi sento molto più sicuro, so come si vive, so come ci si rapporta con gli altri, il cristianesimo mi ha insegnato molto. Le tribù ormai non litigano più così tanto come prima, perché prima ci conoscevamo meno, mentre adesso abbiamo avuto l’opportunità di avvicinarci, e ci siamo resi conto che era inutile litigare per niente. Così abbiamo imparato a convivere, a stare insieme, a tollerarci. E’ stato molto bello quando abbiamo scoperto che ci si può parlare, ci si può dire delle cose se uno ha sbagliato; se ha capito male, ci si può spiegare.

La mia tribù sa benissimo che io sono qua a partecipare a questo Meeting. Esprimo la gratitudine di poter partecipare a questo Meeting a nome di tutte le altre tribù che hanno saputo che io sarei venuto qui. Ho ricevuto anche delle lettere da parte di familiari e amici che vivono in altre tribù che mi incoraggiavano a venire qui, a partecipare. Sono contento e orgoglioso di potere comunicare, quando tornerò, che sono stato qui con voi.