Bei tempi, l’avventura continua - Il settimanale "Tempi" si rilancia e si rinnova
Lunedì 24, ore 15.00
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Relatori:
Giancarlo Cesana, del Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione
Giorgio Vittadini, Presidente della Compagnia delle Opere
Luigi Amicone, Direttore di "Tempi"
Giuseppe Costa, Direttore Editoriale di "Tempi"
Cesana: Da quando è stato chiuso "Il Sabato", abbiamo sentito l’esigenza di un giornale, un giornale come un’opera di comunicazione, perché tutto quello che l’esperienza di Comunione e Liberazione da sola e in collaborazione con altri ha mosso, senza uno strumento di comunicazione è come se fosse un’iniziativa muta, per lo meno per quel pubblico di amici e di simpatizzanti che vorrebbero venire a conoscenza non tanto di quello che facciamo quanto della ragione per cui facciamo quello che facciamo. Per scrivere quello che si è, è fondamentale uno strumento di comunicazione duraturo: questo vorremmo fosse "Tempi".
Vittadini: Il nostro tentativo è un avvenimento, perché non c’è nessuno dei nostri tentativi come movimento di Comunione e Liberazione che sia un progetto programmato o la fabbrica di un consenso per prender un potere; ogni tentativo è invece la storia della sequela ad un personaggio della storia, ad un carisma, a qualcuno più grande di noi seguendo il quale ci si impegna e ci si butta nella realtà. In questo momento, non abbiamo un luogo di giudizio pubblico dove raccontare la nostra passione e la nostra voglia di giudicare se non questo strumento, ancora piccolo, che si chiama "Tempi". Ci vuole un luogo che giudichi in modo diverso, ci vuole un Meeting che continui tutto l’anno; ci vuole per noi, ci vuole per i nostri figli, per i nostri amici, perché per quanto la stampa e i giornalisti ci possano ospitare, non c’è nessuno che possa esprimere questo. Abbiamo bisogno di qualcuno che racconti delle nostre opere, dei nostri giudizi, delle nostre battaglie; abbiamo bisogno che gli altri vedano che noi vediamo, altrimenti è come se non credessimo in quello che facciamo.
Abbiamo bisogno di un luogo del genere, ci deve essere un posto dove si può dare un giudizio, libero: la forza della nostra esperienza è il giudizio, per questo dobbiamo avere un luogo di giudizio e dobbiamo fare sacrifici per portarlo a casa, finanziandolo e sostenendolo come scelta alternativa alle vacanze, all’anello alla moglie, altrimenti non si arriva alla stabilità di quello stiamo costruendo, non dal punto di vista dell’esperienza - quella è garantita da altro - ma dal punto di vista sociale e politico.
Il momento di adesso non è soltanto un momento esortativo ma è un momento in cui deve avvenire che la gente che ha i soldi e l’energia o che può fare un abbonamento, cominci a farlo. Data l’impresa disperata, ci vuole un impegno disperato: senza questo impegno disperato, senza questa mobilitazione, questo giornale chiuderà come "Il Sabato".
Amicone: La redazione di "Tempi" per tre anni ha vissuto stabilmente su due persone ed un segretario di redazione che teneva la contabilità e gli abbonamenti: con queste due persone e con gli amici e collaboratori abbiamo fatto quello che potevamo. "Tempi" è uno strumento che nasce e si fa con le risorse che si hanno, che non sono quelle di un finanziamento di industriali: questa è anche la forza che ci ha permesso e che ci permette un continuo inizio e una continua lotta per la nostra libertà, non la libertà intesa come il gesto estetico con cui affrontare il mondo, ma la libertà come lotta per contribuire a far crescere questa amicizia, a ricostruire, per dare un contributo a rifare un popolo che non c’è e che si è spento anche grazie ai giornali. Il tempo in cui viviamo è un tempo in cui si continua a ripetere che la ricerca del senso è un retaggio del cristianesimo superato, cui bisogna rinunciare definitivamente; rinunciare definitivamente a questo e moltiplicare l’informazione e la comunicazione produce l’annullamento di tutto. Ma questo tipo di comunicazione e di giornalismo produce comunicazione, pettegolezzi, approfondimenti che non hanno un senso, tanto che l’Italia è al 126esimo posto nella graduatoria di vendita e lettura di giornali: la gente non legge più giornali perché non capisce che senso abbiano.
Non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo: capiamo però che è un miracolo la possibilità del cambiamento, che non appartiene alle nostre forze ma di cui intravediamo nella nostra esperienza il senso. Il primo senso è quello dell’avventura, l’avventura per essere più noi stessi di fronte al mondo. "Tempi" non ha nessun legame istituzionale - nell’economia o nella distribuzione - con Comunione e Liberazione, eppure questi tre anni del giornale hanno confermato e spinto ancora di più a capire le ragioni dell’esperienza di Comunione e Liberazione.
A "Tempi" ci sono dei collaboratori importanti, gente che con Comunione e Liberazione non c’entra niente, gente magari totalmente atea o totalmente anarchica o totalmente di destra. Il lavoro che facciamo insieme è uno strumento di amicizia: noi non accettiamo la resa di fronte all’inutilità della ricerca di senso. La forza di "Tempi" sta proprio nella serietà di non voler cedere all’irrazionalità, e di riconoscere invece che ci sono delle regole, dei criteri, dei valori. Questa amicizia cerca di capire dove sta l’essenziale: se tu vuoi cambiare il mondo, non come pretesa ma come speranza, devi essere onesto, leale con te stesso e gli altri e cercare di dare agli altri quello che vorresti per te innanzitutto. Noi cerchiamo di esprimere questa serietà nella scrittura, nell’impostazione generale, nel tentativo di essere i più sinceri e leali possibili, nel cercare sempre, anche nell’ironia o nel sarcasmo, l’impegno con la realtà, che grida delle ragioni e grida verso uno scopo.
In questo senso "Tempi" è un laboratorio, una bottega, ha qualcosa di poetico, non perché siamo poeti ma perché, come dice Shakespeare nel Sogno di una notte di mezza estate, non basta parlare, bisogna parlare seriamente. Il valore di uno strumento del genere è di non avere nessuna preclusione ideologica, di voler invece costruire qualcosa, una libera circolazione di idee dove ci sia un esercizio di intelligenza, dove si sia seri con la vita o almeno ci sia la possibilità di esserlo.
Costa: In questo momento il sostegno più importante che possiamo fare è acquistare il giornale, abbonarsi, far abbonare e diffonderlo; stiamo cercando di attivare in tutte le città delle reti di distribuzione per la vendita, nel frattempo incentiviamo l’abbonamento perché purtroppo siamo in un sistema editoriale nel quale se non sei un grosso giornale andare in edicola costa di più che regalare il giornale, perché vendere i giornali in edicola sotto una certa soglia diventa antieconomico.
Per il sostegno a "Tempi" abbiamo pensato a una formula particolare: il sostegno all’associazione Arete, che è l’associazione che insieme ad alcuni imprenditori è proprietaria del giornale. L’adesione all’associazione Arete è è possibile a partire da una quota associativa di un milione all’anno: questa è la possibilità reale e concreta perché questa fionda che è "Tempi" pian piano diventi una mazza e poi una sciabola, perché cominci a crescere. Non è che il giornale "Tempi" non abbia un progetto editoriale di sviluppo e di crescita per cui pian piano possa diventare qualcosa di più delle sedici pagine di adesso, ma evidentemente per fare questo ci vogliono i soldi. Un’altra formula, che riguarda soprattutto le imprese, è la possibilità di utilizzare "Tempi" come veicolo pubblicitario, come accade ad esempio nel libretto che raccoglie dieci storie di sussidiarietà. Intendiamo moltiplicare queste iniziative editoriali, che consentono di approfondire un argomento e nello stesso tempo di essere un veicolo pubblicitario.