Incontro con Waldemar Pawlak
Lunedì
22, ore 12Relatore:
Waldemar Pawlak
Moderatore:
Giorgio Vittadini
Vittadini: Da anni, nella nostra tradizione, il popolo polacco è un simbolo, specie da quando, negli anni in cui non esisteva un regime libero in Polonia, siamo stati personalmente amici di molti degli attuali protagonisti della vita politica e sociale della Polonia. Abbiamo assistito non da spettatori ma come degli amici a tutto il travagliato processo della Polonia degli anni ‘80.
Waldemar Pawlak, presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica di Polonia
Pawlak: Vorrei attirare la vostra attenzione su tre piani: quello politico, quello economico e quello della civiltà.
Negli ultimi anni vi è stato un grande cambiamento nell’assetto politico, specie europeo. Cinque anni fa la Polonia aveva soltanto tre vicini e si trovava nella sfera d’influenza dell’Unione Sovietica; oggi abbiamo sette vicini che sono tutti paesi indipendenti, e sono drasticamente cambiati i condizionamenti internazionali. La Polonia si è venuta a trovare nel gruppo dei paesi associati all’Unione Europea e partecipa ad una serie di iniziative internazionali, è divenuta un Paese partner per la Nato e, nell’ambito della nostra regione, abbiamo una collaborazione molto intensa, in particolare con i nostri vicini del Sud, cioè con i Cechi, con gli Slovacchi, con gli Ungheresi. Ciò si ricollega ad una iniziativa che ha un respiro ancora più vasto, quello dell’iniziativa mittel-europea. Grande anche l’importanza del dialogo che si svolge lungo l’asse Varsavia-Bonn-Parigi. L’ambiente che ci circonda, dunque, è radicalmente cambiato e dobbiamo tenere il passo coi tempi; attualmente la Polonia ha già regolato con trattati internazionali i rapporti con i propri vicini. Sul piano economico ci sono state enormi trasformazioni; tramontata l’epoca dell’industria classica tradizionale, sempre maggior significato rivestono le tecnologie più sofisticate e le industrie medio-piccole; sempre più importanti sono il peso dell’informazione e i condizionamenti culturali. Io penso che quei popoli che hanno temperamento, fantasia, ingegno, troveranno maggior spazio di intervento e di azione in questi tempi nuovi.
Infine la terza sfera, quella della cultura. Noi assistiamo adesso ad una esplosione violentissima della cultura, diciamo universale, mondiale. I Polacchi nel corso della loro storia molto spesso si sono venuti a trovare in una situazione davvero difficile, stretti com’erano tra due grandi, grossi partner. I Polacchi erano emarginati verso l’Est, ma da tantissimo tempo aperti ad una collaborazione più vasta possibile. È proprio in Polonia, forse unico Paese di quella regione, che si è conservata in misura più vasta la cultura personale della nazione, sia nella sua dimensione materiale, sia nella sua dimensione spirituale. Ad esempio nel settore economico questo equivaleva alla presenza di molte piccole industrie nell’agricoltura; fattorie familiari sono sopravvissute anche nei tempi più difficili con il 70% delle unità produttive agricole; poi grande era l’importanza della dimensione spirituale, con la presenza della cultura cristiana, della Chiesa. Da qui la nascita di Solidarnosc e di tutti quei processi che hanno avuto luogo in Polonia. Non è stato un evento frutto del lavoro di un gruppo di persone eccezionali, ma il prodotto di tutti questi processi che si sono accumulati nella società. Allorché dieci anni fa finivo l’università, la mia fattoria era l’orizzonte della sfera libera che mi circondava. In questi pochi anni si è attuato il processo straordinario dell’allargarsi degli orizzonti ed è un processo anche di interdipendenze reciproche. Oggi noi tutti in Europa ci poniamo di fronte a sfide nuove. Di fronte al futuro, proprio in questo mondo che cambia, occorre saper tenere il passo ma al contempo sapere conservare la propria identità, la propria forza e il proprio dinamismo.
In tempi siffatti nasce inevitabile la domanda del senso, dell’obbiettivo, del perché. Si potrebbe tentare di rispondere così: questo obbiettivo è lo sviluppo intellettuale, lo sviluppo culturale, lo sviluppo economico. È molto importante saper distinguere fra mezzi e obbiettivi; è molto importante ricordare che la democrazia, che l’economia di mercato non sono altro che strumenti di un modo di perfezionare il mondo. È importante quindi che noi tutti sappiamo concentrarci sui processi del miglioramento delle condizioni di vita sociali in modo da saper vivere questi tempi curiosi, interessanti, con passione.
Vittadini: Volevo fare tre domande al Presidente che specificano il tema per completare l’incontro e approfondire alcune cose che lui ha detto. La prima: come può essere conservata una identità comune di un popolo in una società democratica pluralista, in una situazione anche di lotta positiva, democratica per il potere? La seconda: come un Governo può far capire i sacrifici anche al popolo in nome di un benessere comune? E la terza, più personale: come può continuare sul piano personale, formativo e come continua in questa nuova situazione quel processo di identità per cui ogni polacco, almeno questo è quello che noi vediamo, ha sempre visto la sua patria come parte integrante dei valori individuali e non semplicemente come un qualcosa con cui venire a patti?
Pawlak: Penso che la formazione dell’identità della nazione sia un processo che deve nascere molto presto ed avviene tramite l’educazione nella famiglia, la scuola, ma anche tramite le più svariate organizzazioni giovanili. Occorre sempre far nascere nella gente una riflessione sul tempo in cui si vive, sulla vita stessa, in modo che in questa grandissima dinamica di vita si trovi, ognuno di noi, un momento di riflessione che permetta di constatare che si è anche, oltre che oggetto, il soggetto che plasma il mondo. Ma il fattore principale dal quale nasce l’identità, è la cultura. La seconda questione è quella relativa ai sacrifici per il bene comune. Io pensso che il Governo lo possa fare, soprattutto mediante il proprio agire che risulti dal suo concentrarsi su questioni importanti e che coinvolgono grandi fette della società. In ogni Stato ci deve essere un denominatore minimo di cultura comune, di valori comuni, denominatore comune che fa sì che la gente si metta a lavorare verso un obbiettivo comune. Più che altro è un processo di interdipendenza, di intersensibilizzazione fra il Governo e la società. La terza questione, quella legata al senso della parola patria, è un problema molto vivo in tutti i Paesi. Il tempo di uno stato nazionale che abbia espliciti limiti territoriali è passato. Dobbiamo di nuovo individuare quei fattori che ci permettano di partecipare ad una collaborazione mondiale, ma al contempo che ci permettano di conservare il nostro io nazionale. Io penso che espressione pratica di questo tipo di patriottismo sia proprio il coraggio di intraprendere l’attività e di ricercare la propria chance e la propria individualità.
Vittadini: Un’ultima brevissima domanda. Qual è il contributo che un’esperienza come la nostra può dare a collaborare ancora e se possibile ad aiutare il popolo polacco?
Pawlak: Ritengo che la forma di aiuto, la più valida, la più pratica, sia quella di fare affari comuni, ma affari nel senso più lato della parola. Io penso che la cosa più importante sia quella di dare a tutti la possibilità di incontrarsi. Si comincia dalle cose più facili, dal turismo, dalla collaborazione scientifica, intellettuale e poi si finisce con grandi affari. Credo che a fianco di quell’asse Est-Ovest che tradizionalmente è il più preponderante in Europa, si debba operare uno sforzo comune per rafforzare l’asse Sud-Nord e penso che in tale ambito la collaborazione tra l’Italia e la Polonia abbia chances enormi. E non tanto per motivi economici quanto per la rassomiglianza di temperamento, di condizionamenti culturali, per il ruolo analogo che la cristianità ha svolto per i nostri due popoli.