Propheta Ridens: satiri, satire e pubblica opinione

Mercoledì 26, ore 11

Dagli interventi di

Renato Farina

Michele Serra

Paolo Liguori

Giancarlo Cesana

Guido Clericetti

Pablo Echaurren

Moderatore:

Riccardo Bonacina

Renato Farina è giornalista de Il Sabato e autore del volume De Bello Ballico.

Farina: Lo strillone non esisterebbe se non esistesse il gruppo dei giornalisti de Il Sabato. Noi, nel 1988, abbiamo deciso di cambiare formato. Si era pensato ad una rubrica che molto semplicemente facesse una sintesi un pochino briosa sulla base di un tema percorso dai giornali durante la settimana. Man mano che facevamo questo lavoro, ci accorgevamo che mettere insieme i giornali non significava mettere insieme solo delle idee, ma era qualcosa di più, era mettere insieme dei pezzi di potere. Non che i giornalisti abbiano un gran potere, ma i giornali sono come l’inevitabile modo con cui il potere tira avanti il mondo e lo porta dove vuole lui, e allora spontaneamente è venuto a me, come a tutti, di essere molto cattivi, e diventando cattivi, io non so perché ma ad un certo punto si ride.

C’è un proverbio russo che dice: "Una parola dolce spezza un osso". La leggenda dice che un gigante immenso fu chiamato da Salomone a costruire il tempio di Gerusalemme. Partito dal Caucaso, lungo la via venne distrutto tutto per aprirgli il passaggio. Ad un certo punto però una vedova gli disse: "Non puoi, questa è la mia casa, ci sono dei bambini" e allora il gigante per la prima volta in vita sua, si commosse e facendo uno sforzo mostruoso per evitare la casa si ruppe un osso.

Io ho provato a fare il contrario: ho rotto le ossa per vedere se veniva fuori qualche parola dolce. La satira autentica avvicina alla verità delle cose dove poi può sopraggiungere solo una grazia a colmarla, ma comunque impone una domanda. Lo scopo è impedire che giochino a dama con la nostra vita dicendo che è informazione obiettiva e costringendoci a giocare con quelle regole, fingendo di essere liberi mentre in realtà non fai che consolidare il loro gioco. Questo è lo strillone e questo assai di più è Il Sabato nel suo insieme.

Renato Serra, direttore del settimanale satirico Cuore.

Serra: Dello strillone mi ha colpito il fatto che fosse scritto bene e questo non è un complimento formale o inutile, perché io ho l’impressione che uno dei tanti problemi dell’informazione, al di là del potere e al di là di quello della falsa obiettività, è anche quello di usare la lingua in un modo maldestro. Si scrive bene quando si ha il coraggio di avere un punto di vista. Io penso che lo strillone parta appunto da questo presupposto che considero sacrosanto, di non credere assolutamente che possa esistere un’informazione neutrale, un’informazione obiettiva.

Paolo Liguori è direttore de Il Giorno.

Liguori: Ringrazio Guaraldi che, pubblicando il volume di Farina De Bello Ballico, ha avuto l’idea di codificare non tanto lo strillone quanto un modo di vedere i giornalisti. Si è detto che è satira, che è un modo ironico; io invece lo trovo un modo serissimo, come quando si smaschera una cosa che non si vedeva in tutta la sua veste e quando cade la maschera all’improvviso ci si accorge che davvero è così.

Bonacina: Cos’è che dà più fastidio del mondo dell’informazione?

Giancarlo Cesana, presidente del Movimento Popolare.

Cesana: Non mi sento una vittima dell’informazione; le vere vittime sono i male informati. Generalmente ciò che mi dà più fastidio è l’alterazione della realtà, cioè la mancanza di attenzione, il non rendersi conto dell’interlocutore che si ha davanti.

Farina: Nel ridere secondo me c’è sempre qualcosa di infinito, l’uomo è l’unico animale che ride. Preferisco il cinismo ad una battuta esagerata piuttosto che la complicità o l’umorismo stupido e conformista, cioè di chi dice che la satira o l’umorismo è una zona franca in cui si può dire tutto: non è vero. Si può dire la verità, come da tutte le altre parti, si può dire quello che preme.

Serra: Una cosa che forse non abbiamo detto fino adesso è che la satira ha tante forme diverse, ma c’è sempre una matrice comune, in chi fa satira, per fare satira il punto di partenza è non condividere troppo il paesaggio circostante cioè affacciarci alla finestra e sentire che alcune delle cose che vediamo suscitano in noi una reazione. La satira è un modo particolare per reagire, avendo dei bersagli precisi. Infatti, l’intenzione di chi fa satira è quasi sempre leggibile.

Non mi piace la satira che si dice al di sopra delle parti, la satira che scherza su tutto: io non sono capace di scherzarre su tutti, scherzo su quelli che non mi piacciono. Credo che questo sia un modo per dichiararsi e in un certo senso per giustificare anche la violenza a volte dell’intervento.

Guido Clericetti, umorista, autore di programmi radiotelevisivi.

Clericetti: Viviamo in un momento strano, in cui tutti fanno ridere, per cui è inevitabile che chi cerca di far riflettere delle persone sorridenti deve provocarli e infastidirli fino a toccare i tasti più dolenti. Quelle poche punte che arrivano dentro la nostra coscienza sono dei fastidi e il fastidio porta all’inquietudine, porta alla non sicurezza di sé. Questo è il motivo per cui oggi si va verso una provocazione spesso fastidiosa, spesso crudele, anche di cattivo gusto, perché il buon gusto è una cosa dominante nel modo di dire. Chi riesce a scuoterci, chi riesce a scalfire questa palla di grasso che è intorno alla nostra anima, al nostro cuore, fa un buon lavoro. Diceva già Giovenale ai tempi suoi: "E’ l’indignazione che mi fa fare i versi, che mi spinge a fare della satira, è questo non sopportare che tutto vada bene". Bisogna permettere che ogni tanto ci siano anche degli scadimenti nella satira perché non è quello che si vuol fare, quello che si vuol fare è arrivare a toccare il nostro quieto vivere, la nostra tranquillità.

Bonacina: Pablo, c’è un tipo di satira che tu non sopporti?

Pablo Echaurren, pittore e vignettista.

Echaurren: C’è una satira che a mio parere, si compiace delle storture, delle brutture, dei difetti altrui, quasi come allontanandoli da se stessa. Questo in Renato non c’è mai, mi pare tutto il contrario. Quello che non mi è mai piaciuto è il desiderio di gran parte della satira di trasformarsi in programma politico con l’intento di portare tutti a pensarla come il satirico in termini polici.

Cesana: Secondo me la satira, come tutte le altre espressioni dello spirito umano, è interessante solo quando non cade in un estetismo, cioè in un compiacimento di sé, perché allora diventa la cosa più noiosa che esista. La satira è bella quando afferma un qualcosa di più grande rispetto a cui in qualche modo viene relativizzato. Questo non vuol dire che la satira è un’operazione seriosa, anzi vuol dire proprio che è l’espressione di una genialità, dove per genialità si intende uno che riesce a dire, riesce a far vedere quello che tutti vorrebbero dire, vedere o pensare ma non sono capaci. Da questo punto di vista, adesso spendo io una parola di incensamento per l’amico Farina, mi sembra che Farina, almeno per come lo conosco io, sia una persona di un’umiltà sufficiente per cui tutte le volte che fa della satira in fondo tende ad affermare qualcosa di più grande.