La pace del mondo attraverso la fede
Martedì 27, ore 15
Seminario con:
Julien Ries
Julien Ries è nato nella Lorena belga nel 1920.
Sacerdote della diocesi di Namur, ha studiato teologia, filologia e storia orientale a Livorno.
Dal 1968 insegna Storia delle Religioni all’Università Cattolica di Nuova Lovanio. Collabora a varie riviste, è Direttore del Centro di Storia delle Religioni e autore di varie e importanti ricerche sul Sacro e le religioni.
Ries: Il Meeting ‘88 aveva richiamato l’attenzione dei giovani e degli adulti di tutto il mondo sul tema basilare Cercatori di infinito, costruttori di storia(1). Mentre i responsabili della comunità internazionale dei popoli lavoravano a breve termine, Sua Santità Giovanni Paolo II ripeteva che l’avvicinarsi dell’anno duemila doveva scuotere gli uomini e i popoli. Nelle tavole rotonde, nelle esposizioni e nei seminari, il Meeting affrontava coraggiosamente la nostra responsabilità di "costruttori della storia" di oggi e di domani.
È sulla scia di questa prospettiva che si inquadrano i nostri due seminari di quest’anno. Siamo fra la guerra e la pace, fra la distruzione e la costruzione, fra conflitti e riconciliazione, fra odio e fraternità, fra scontri e amicizia fra i popoli. Il Meeting non è forse chiamato "Amicizia fra i popoli", un titolo al contempo profetico ed utopico?
Per questo seminario abbiamo scelto come personaggio centrale Nicola Cusano (1401-1464), padre degli umanisti del Rinascimento, modello per l’ecumenismo religioso, trait d’union fra l’Oriente e l’Occidente, pacificatore dell’Europa lacerata dalle querelles, promotore del dialogo religioso e culturale, Cardinale della Chiesa romana e ambasciatore itinerante della pace fra le nazioni.
Il nostro seminario abbraccerà tre parti:
I. Fra guerra e pace. Nicola Cusano e noi; II. De pace fidei, la pace come metodo; III. La pace attraverso la fede secondo Nicola Cusano. La pace come metodo, dovere, compito dei cristiani.
I. Fra guerra e pace. Nicola Cusano e noi
1. Nicola Cusano, il suo tempo, il suo progetto - Nato nel 1401 a Cuse sulla Moselle fra Trèves e Coblence, Nicola Krebs comincia i suoi studi a Deventer nel 1413, presso i "Frère de la vie commune", una comunità religiosa impregnata della dottrina dei mistici renani: Eckhart, Ruysbrock e Tauler. In questa prima formazione Nicola riceve un’impronta che durerà tutta la vita: una visione della grandezza dell’uomo, creatura di Dio e l’importanza di una società umana fraterna. Studia la matematica, la filosofia e il diritto a Heidelberg e a Colonia. Nel 1417, all’età di sedici anni, si iscrive all’università di Padova, rinomata per l’insegnamento del diritto. Vi rimane cinque anni e vi acquisisce il dottorato in diritto ecclesiastico. È a Padova che si impregna delle idee dell’Umanesimo italiano in formazione e che si apre a l’ellenismo. Al suo soggiorno padovano risale la visione definitiva dell’uomo e del mondo. Dopo un breve soggiorno a Roma, ritorna a Colonia per studiare la teologia nella tradizione di Alberto il Grande e di Tommaso d’Aquino. A questo periodo risale, in lui, l’idea di concordia nel rispetto delle diversità.
Ordinato sacerdote, assiste al Concilio di Basilea dal 1432 al 1435 e tenta in questa occasione di far abbracciare ai Padri del Concilio le tradizioni conciliari primitive. A questo scopo scrive un libro molto importante: De Concordantia Catholica (1433)(2). Questo libro attribuisce una grande rilevanza ai concili orientali e alla autorità dei Padri della Chiesa. Nel 1437 Nicola è in missione a Costantinopoli. Ha il compito di preparare il Concilio che si riunirà a Ferrara e a Firenze nel 1438-1439 al fine di rifare l’unione fra le Chiese d’Oriente e la Chiesa di Roma. Sulla nave che lo riporta in Italia con i teologi greci, riceve una illuminazione divina che gli fa capire la coincidenza degli opposti, la coincidentia oppositorum. L’unità degli opposti supera i contrari e permette di realizzare l’unità essenziale di tutte le cose. È un legame che assicura la coerenza e l’unità. Alla luce di questa coincidenza, egli spiega il cammino della scoperta della verità assoluta. Per Nicola l’atto di fede del cristiano ha una dimensione divina.
Fatto Cardinale nel 1448 da parte del Papa Nicola V, gli viene affidata una missione di riconciliazione e di evangelizzazione. Per due anni attraversa la Germania, la Boemia, i Paesi Bassi, per approfondire la fede dei sacerdoti e dei fedeli e riconciliare i cristiani. Autorizza la varietà dei riti e l’autonomia delle comunità nazionali. Nel 1452 viene nominato Vescovo di Bressanone, una regione in cui svolgerà un ruolo di conciliatore.
Il 29 maggio del 1453 i Giannizzeri di Mehmet II scagliarono l’assalto finale contro la città di Costantinopoli massacrandone la popolazione. Questa conquista della nuova Roma da parte degli Ottomani è il simbolo di un mondo sottosopra. In Occidente si pensa a una nuova crociata. La dieta di Ratisbona, nel mese di ottobre del 1453, auspica una mobilitazione dell’Europa contro i Turchi e si chiede a Nicola Cusano di partecipare all’organizzazione di una crociata militare. La sua risposta è un libro: De pace fidei, La pace della fede, redatto durante gli ultimi mesi del 1453. Raccomanda il confronto pacifico fra i cristiani e i musulmani, fra l’Occidente e i Turchi(3).
2. Fra guerra e pace oggi - Se il secolo di Nicola Cusano ha registrato numerosi scontri fra eserciti di diverse nazioni, cosa dire allora del nostro XX secolo con le sue due guerre mondiali, le più efferate della storia? E non è tutto. Ancora oggi il nostro pianeta rimane teatro di molteplici conflitti armati con migliaia di morti, civili e militari, donne e bambini. Sotto i nostri occhi vengono perpetrate veri e propri genocidi in condizioni atroci. Il nostro secolo ha registrato un secondo campo di lotta con le sue atrocità e i suoi campi di concentramento: si tratta del campo delle ideologie umilianti per l’uomo. La caduta del muro della vergogna a Berlino, il fallimento spettacolare del marxismo ci hanno appena aperto gli occhi sulla situazione tragica di milioni di esseri umani. Sfortunatamente, l’ideologia della lotta di classe non è morta, resta altrettanto pericolosa delle ideologie politiche che hanno portato il mondo verso i conflitti armati.
Vi è un terzo campo di lotta, è il campo delle guerre di religione, di cui abbiamo un campionario terribile nel Vicino Oriente. E non è il solo. Ogni giorno ci raggiungono echi di altre guerre di religione nel mondo intero.
Infine, come nel secolo del Cusano, la Chiesa di Cristo registra divisioni, dissensi, scontri, provocati dagli integrismi intolleranti, dai fondamentalismi conquistatori e da altri movimenti. Pretendere il contrario, equivarrebbe negare l’evidenza.
È quindi interessante, utile, soffermarci alcuni istanti su Nicola Cusano, sul suo metodo di ricerca della pace; in quanto in lui, la pace è un metodo.
II. De pace fidei, la pace come metodo
1. La coincidenza degli opposti - Sin dal Concilio di Basilea, il Cusano è alla ricerca della concordia e per realizzarla tenta di stabilirne le basi. D’altronde qualsiasi costruzione ha bisogno di fondamenta e la concordia è una costruzione. L’universo visibile è fatto di diversità, di opposizioni. Quindi l’uomo ha l’obbligo di cercare una visione di unità che superi gli orizzonti di questo mondo. Prigioniera di tutto ciò che è finito, la ragione umana separa i contrari, li oppone. Questo significa che l’uomo deve realizzare degli sforzi incessanti, prendere coscienza dei propri limiti al fine di ergersi ad un livello superiore. È in un’opera dal titolo paradossale che Nicola ha spiegato queste fondamenta: De docta ignorantia (1441). Quest’opera si iscrive nella linea della Philosophia perennis, in quanto questa filosofia si trova anche in India e in Grecia(4). Ma Nicola non è un puro filosofo, è un credente al contempo intrepido, e tutta la sua opera è costruita su supporti, su basi teologiche solide. Nel De concordantia catholica del 1433, mette in evidenza la missione dell’uomo, incaricato di assicurare l’unità del cosmo. Simile missione richiede una preoccupazione permanente: la pace armoniosa di tutti i figli e di tutte le figlie di Dio. Ebbene, vi è una concordanza di tutte le differenze che Nicola chiama maximum absolutum e maximum concretum: è Gesù Cristo. Nella sua persona, Gesù collega l’Assoluto che è Dio Padre e il massimo concreto, vale a dire il cosmo creato, visibile. Verbo di Dio e mediatore, Gesù Cristo è la coincidenza perfetta e vivente degli opposti.
Siamo in presenza di una teologia strutturata e solida che si ispira a San Paolo attraverso l’intermediazione di Dionigi l’Areopagita, di San Bonaventura, del maestro Eckhart. Il Cardinale De Lubac ha potuto scrivere che in Cusano, "il Gesù della storia e il Cristo cosmico sono un tutt’uno". Per capire il De pace fidei, bisogna ricordare la Concordanza cattolica e la Dotta ignoranza, due capisaldi che sostengono il pensiero e le azioni di Nicola.
2. De pace fidei - In quest’opera del 1453, pubblicata in risposta al progetto politico di una nuova crociata, Nicola si rivela molto realista. Se usa un quadro utopico, vale a dire simbolico, non è ingenuo, in quanto fin dalle prime righe indica chiaramente che si tratta del conflitto tra Turchi e Cristiani, che si tratta anche di una persecuzione molto dura, di cui i Cristiani sono le vittime. Conosce l’ingiustizia della situazione.
Il quadro simbolico del De pace fidei è una visione celeste ispirata all’autore: il Verbo di Dio, Pietro e Paolo, discutono a turno con diciannove interlocutori. La discussione riguarda la Verità e in ogni momento o il Verbo di Dio o Pietro o Paolo, portano il loro interlocutore a prendere coscienza della Verità, di questa Verità che supera ciò che ritrova nella formulazione della sua religione o nei suoi riti. D’altronde senza questo non può essere questione di coincidenza degli opposti. Un altro elemento viene però valorizzato: la formulazione della Verità in linguaggio umano. Questa formulazione non potrà mai essere perfetta e quindi dà luogo a delle confusioni.
3. Unità della fede, diversità dei riti - Dio è l’Unico. Unico è il culto d’adorazione. Ma Nicola Cusano insiste sulla dignità dell’uomo, un tema che rappresenterà il fulcro di tutto l’umanesimo del Rinascimento. L’uomo fatto di fango e di uno spirito ragionevole è esso stesso una coincidenza degli opposti. È un riflesso della potenza ineffabile di Dio. All’inizio della visione celeste, Nicola fa recitare ad un principe una fervente preghiera, affinché Dio si faccia conoscere a tutti gli uomini, affinché cessino le guerre, affinché gli uomini capiscano che al di là della diversità dei riti, necessari alla devozione dei fedeli, vi è una sola religione: l’adorazione di Dio.
Dio risponde che l’uomo è libero, creato per essere associato a Dio, ma ha un terribile avversario, il principe delle tenebre; ecco perché è venuto il Verbo di Dio che si è rivestito della natura umana. È il Verbo che è la Verità, capace di sradicare gli errori e di ricondurre tutte le religioni ad una sola fede. Dopo questa preghiera e la risposta di Dio, Nicola Cusano assiste ad un concilio celeste. È il Verbo di Dio che ne assume la presidenza, in quanto Gesù Cristo è il principio di discernimento e di sintesi; è Saggezza e Verità, è il legame che collega tutta la creazione. A seguito di Nicola gli umanisti proclameranno l’avvento di un mondo nuovo.
4. Le discussioni al Concilio Celeste - Nel De pace fidei vi sono diciannove capitoletti: sono gli Atti del Concilio Celeste. Il primo che interviene è un greco che discute sulla Saggezza. Nicola fa intervenire l’ellenismo che ha avuto l’occasione di scoprire nelle sue missioni a Costantinopoli e durante il Concilio di Ferrara e Firenze. Al Greco subentra l’Italiano per completare il discorso sulla Saggezza. Nicola Cusano è uno dei grandi fondatori dell’umanesimo, in cui vede una delle strade in grado di portare gli uomini verso la pace. Non è sorprendente vederlo cominciare il Concilio Celeste insistendo su una visione dell’ordine del mondo creato e su un umanesimo la cui base è la saggezza di Dio.
È poi la volta dell’intervento dell’arabo, molto preoccupato dalla credenza religiosa di numerosi popoli in più dei. Vi sono inoltre le superstizioni popolari, fonte di disturbi. Il Verbo di Dio gli dà una risposta molto chiara: al popolo bisogna insegnare l’esistenza di un Dio unico, ma anche di un Salvatore unico. Come vediamo, Nicola insiste su un cammino importante della pace: l’educazione alla fede e l’insegnamento religioso in tutta la sua profondità.
La discussione seguente nel Concilio Celeste è immaginata tra il Verbo ed un Indù, essa ha come tema il culto delle immagini. Durante i vari spostamenti in Oriente, il Cusano ha avuto l’occasione di mettersi al passo con la famosa querelle delle immagini e delle peripezie dell’iconoclastia. In Europa inoltre si cominciava ad avere un’idea della religione indù, della molteplicità delle statue divine e forse anche delle distruzioni sistematiche dei templi e dei luoghi di culto indù, perpetrate dai musulmani nella loro conquista dell’India. Questa discussione a proposito dell’idolatria sfocia su un dato preciso: le immagini portano alla conoscenza di un Dio unico. Il Cusano è consapevole dell’importanza della via religiosa simbolica.
5. De pace fidei e il dialogo delle religioni - Prima di continuare questa lettura rapida dell’utopia del Cusano, vale a dire un Concilio Celeste sul dialogo interreligioso e la tolleranza come cammino della pace, ritorniamo alla nostra epoca.
Nel 1965, esattamente il 28 ottobre, il Concilo Vaticano II, è passato dall’utopia cusana del 1453 alla realtà, attraverso la proclamazione della dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate. Dopo venticinque anni, un buon pezzo di strada è stato percorso, e da parecchi anni, nel quadro dei vari Meeting, ho cercato di dimostrare l’importanza della nostra missione in questo dialogo fraterno interreligioso.
Nostra aetate non ha esitato a dimostrare che questo dialogo, di cui i cristiani devono assumere l’iniziativa, è una strada di pace. Fin dal preambolo, il Concilio ci dice che la missione della Chiesa è di promuovere l’unità e la carità fra gli uomini. Quindi il Concilio esamina innanzitutto quello che gli uomini hanno in comune e ciò che li spinge a vivere assieme il loro destino, vale a dire: una sola origine, una sola comunità, un solo destino.
Dopo un rapido esame delle varie dottrine, delle regole di vita e dei riti sacri, il Concilio dice che la Chiesa considera con rispetto sincero questi modi d’agire e di vivere, queste regole e queste dottrine, in quanto forniscono un raggio della Verità che illumina tutti gli uomini. In conclusione il Concilio chiede ai cristiani di comportarsi in modo fraterno verso tutti gli uomini creati a immagine di Dio e supplica i fedeli del Cristo "... di avere una buona e bella condotta nel bel mezzo delle nazioni" (1 Pt 2, 12) e di vivere in pace con tutti gli uomini.
La dichiarazione Nostra aetate del Vaticano II affonda le proprie radici nel De pace fidei di Nicola Cusano.
III. La pace attraverso la fede secondo Nicola Cusano. La pace come metodo, dovere dei cristiani
1. Il De pace fidei e la fede in un Dio unico - Il Medio Evo aveva registrato numerosi scontri fra cristiani, ebrei, musulmani. Il XV secolo manteneva e conservava ancora il ricordo delle crociate. I Turchi ottomani avanzavano e diventavano minacciosi. La caduta di Costantinopoli nel 1453 fu dolorosamente sentita dai cristiani d’Asia e d’Europa. In Spagna la situazione era tesa e darà luogo nel 1492 all’espulsione dei musulmani e degli ebrei. Le voci di una crociata contro i Turchi si moltiplicavano in Europa.
Nicola Cusano sa che da secoli aspre controversie hanno opposto i cristiani agli ebrei e ai musulmani. In Spagna, nella seconda metà del XIII secolo, Raymond Lulle (1233-1316) aveva tentato di riunire i principi al suo ideale a favore della concordia fra i popoli. Aveva cercato di convincere gli ebrei e i musulmani di Spagna della verità del cristianesimo. Nel 1299, a Parigi, aveva scritto un libro dal titolo Principi e questioni di teologia, ispirato al contempo a San Bonaventura, suo contemporaneo, e alle speculazioni dello Pseudo-Dionigi chiamato l’aereopagita, uno scrittore neo-platonico del V secolo(5).
Nicola fa suo il progetto di Raymond Lulle e nel suo De pace fidei iscrive le discussioni trinitarie e cristologiche, in quanto sa che queste discussioni hanno opposto non solo i cristiani agli ebrei e musulmani, ma che hanno creato vere e proprie rotture fra i cristiani. Al fine di riuscire a far vivere in pace e nella tolleranza reciproca cristiani, ebrei e musulmani, il Cusano presenta una serie di discussioni a proposito della Trinità e del Cristo.
La prima di queste discussioni del Concilio Celeste riguarda la Trinità. Questa discussione è già cominciata con l’indù ed è poi continuata con il caldeo, ma è con il musulmano che entra nella sua fase decisiva. Il Verbo di Dio cerca di dimostrare che senza saperlo, i musulmani affermano implicitamente la Trinità: ammettere la Trinità significa accettare la pienezza di Dio e negare l’esistenza di più dei. L’argomentazione è biblica e coranica: ammettere l’unità nella sua pienezza divina significa escludere l’idolatria. La discussione continua poi con uno sciita: ritroviamo argomentazioni relative alla creazione del mondo, alla creazione della luce, all’amore divino, legame fra la creatura ed il Logos. La discussione termina poi con un francese che spiega come crede in un Dio unico, Padre, Figlio e Spirito Santo.
2. Il De pace fidei e il mistero dell’Incarnazione - La prima sessione del concilio celeste fu posta sotto la presidenza del Verbo di Dio. La seconda inizia nel capitolo XI. È diretta dall’apostolo Pietro che ha come compito di far conoscere il Verbo incarnato, di spiegare il mistero di una persona divina in due nature al fine di presentarne il fondamento agli ebrei e ai musulmani. Questa discussione prende come punto di partenza il testo del Corano su Gesù e sui profeti. È un dialogo fra Pietro ed un persiano che ammette che il Cristo è il più grande dei profeti, ma non può capire che Dio abbia un figlio. Uno scambio segue questa presa di posizione. Pietro finisce col dire che secondo il Corano i musulmani ammettono la resurrezione dei morti e i numerosi miracoli fatti da Gesù, il che costituisce un’argomentazione convincente per il principe persiano. Questi fa tuttavia notare che gli ebrei non ammettono i miracoli di Gesù. Pietro ritiene che siano poco numerosi, quindi "non potranno alterare il mondo intero con le armi". Il dialogo continua tra Pietro e un siriano sul tema della resurrezione e dell’immortalità dell’uomo. Secondo Pietro questa credenza mette in accordo i musulmani, i cristiani e tutti coloro che accettano l’annuncio messianico fatto dai profeti.
Sulla nascita verginale di Gesù, vi è accordo fra cristiani e musulmani. Una terza sessione del concilio presieduto dall’apostolo Paolo affronta invece la diversità dei riti, ciò che nelle parole di Nicola Cusano rappresenta uno dei motivi della persecuzione dei cristiani da parte dei Turchi. Noi non potremo soffermarci su questa lunga discussione per mancanza di tempo.
3. La fede religiosa, metodo per la pace, secondo Nicola Cusano - L’anno della presa di Costantinopoli da parte dei Turchi e della redazione del De pace fidei, fu anche l’anno della pubblicazione del De visione Dei, una meditazione su un quadro di Roger van der Weyden: il Cusano vi mostra come ogni persona e ogni popolo tende verso la visione del Dio nascosto(6) e ritorna poi sul Cristo, vera e propria coincidenza degli opposti(7).
Nella sua breve conclusione del De pace fidei, Nicola mette fine al simbolo di un concilio celeste promotore della pace sulla terra. Il Re dei Re ordina ai saggi di ritornare a casa e di adoperarsi "a condurre le nazioni all’unità del vero culto". Inoltre agli angeli delle nazioni chiede di assistere questi saggi, affinché, muniti dei pieni poteri, si rechino a Gerusalemme, il loro centro comune, in vista di giungere ad una fede unica su cui possano basare e fondare una pace perpetua fra gli uomini e le nazioni.
In una lettera datata Innsbrück, 28 dicembre, il cardinale Nicola Cusano risponde all’amico Jean de Ségovie, Arcivescovo di Cesarea. Dopo aver dato alcuni dettagli sulle diete di Ratisbona e di Francoforte, che lo interpellavano al fine di una partecipazione alla crociata, Nicola parla del suo De pace fidei e in un passagio definisce il suo metodo di pace: "Se noi procediamo secondo la dottrina di Cristo, noi non ci inganneremo, ma il suo Spirito parlerà attraverso la nostra bocca e nessun avversario di Cristo potrà resistergli; ma se noi scegliamo di attaccare attraverso un’invasione armata, dobbiamo temere, usando la spada, di perire poi a causa della stessa spada. Così dunque, solo la difesa è senza pericolo per il cristiano".
4. La pace come metodo secondo il Concilio Vaticano II - Nella seconda parte della Costituzione pastorale Gaudium et spes, dal titolo Alcuni problemi più urgenti, il capitolo V è dedicato alla promozione della pace e alla costruzione della comunità dei popoli. Nell’introduzione i Padri del Concilio ricordano i dolori, le angosce delle guerre devastatrici e sempre minacciose che incombono sulla famiglia umana. Poi dimostrano che nell’edificazione di un mondo più umano, il messaggio del Vangelo raggiunge le aspirazioni e l’ideale più alto dell’umanità quando proclama beati i promotori della pace "perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5, 9).
Il Concilio definisce la pace. La pace è un’opera di giustizia (Is 32, 17), frutto dell’ordine impresso sull’umana società dal suo Fondatore e che deve essere poi attuato dagli uomini. "La pace non è mai stata conquistata una volta, ma è da costruire continuamente". La pace non è solamente opera di giustizia, ma è anche frutto dell’amore che va ben al di là della giustizia. È basata sulla ferma volontà del rispetto degli uomini e dei popoli e della loro dignità. Esige la pratica assidua della fraternità. La pace terrena è immagine della pace portata da Cristo, principe della pace, che ha riconciliato gli uomini con Dio attraverso la sua croce. Ha ucciso l’odio e "nella gloria del trionfo della sua Resurrezione, ha diffuso lo Spirito d’amore nel cuore degli uomini".
Il Concilio lancia ai cristiani un ardente appello "affinché con l’aiuto di Cristo, autore della pace", diventino in tutto il mondo veri e propri promotori della pace. Implora l’umanità affinché metta fine alle guerre, alla corsa agli armamenti. Supplica i capi delle nazioni perché proscrivano la guerra e si adoperino a costruire sulla pace una comunità internazionale dei popoli.
5. La ricerca della pace attraverso il dialogo dei cristiani con le altre religioni - In occasione del Meeting ‘88, ho tenuto due seminari, uno sul dialogo dei cristiani con i non cristiani, il secondo sul dialogo islamo-cristiano. Nel Meeting ‘89 abbiamo continuato questo lavoro(8). Nel Meeting ‘90, i due seminari riguardavano l’incontro dei cristiani con le culture. Non voglio certo riprendere ora quello che abbiamo detto nei tre anni precedenti, ma tutto questo si applica in modo diretto alla ricerca della pace. Vi invito quindi a rileggere nel Libro del Meeting queste considerazioni sul dovere dei cristiani nel dialogo interreligioso. Ricordo che la Dichiarazione Nostra aetate dice ai cristiani: "Noi non possiamo invocare Dio, Padre di tutti gli uomini, se rifiutiamo di comportarci in modo fraterno verso taluni degli uomini creati ad immagine di Dio" (N. Aet. 5). Nella Nostra aetate, la Chiesa esorta i propri figli "affinché, con prudenza, con amore, carità, attraverso il dialogo, attraverso la collaborazione con coloro che seguono altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, mantengano e facciano progredire i valori spirituali, morali e socioculturali che si trovano in essi" (N. Aet. 2). Alla fine del testo dedicato alla religione musulmana, il Vaticano II esorta i cristiani e i musulmani a "sforzarsi in modo sincero per la comprensione reciproca così come a proteggere a promuovere assieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (N. Aet. 3).
Parlando della pace come metodo, obbligazione per tutti i cristiani, dobbiamo pensare al messaggio annuale di Giovanni Paolo II per il primo gennaio e soprattutto al gesto spettacolare del 27 ottobre ‘86 ad Assisi, il grande appuntamento delle religioni per la pace, l’incontro mondiale realizzato grazie all’appello e sotto la presidenza del Papa(9). Ventuno delegazioni non cristiane, ventisette delegazioni cristiane, hanno pregato innanzitutto separatamente, poi in comunione per la pace nel mondo. Nel discorso di chiusura alla Basilica di San Francesco, Giovanni Paolo II diceva: "Non vi è pace senza una determinazione instancabile a realizzare la pace. La pace attende i suoi profeti. La pace attende i suoi costruttori, la pace è un cantiere aperto". Assisi ‘86 ha permesso ai cristiani e ai non cristiani di pregare assieme per la pace, di capire meglio la forza incalcolabile che il dialogo interreligioso rappresenta per la pace.
IV. Conclusioni
Al momento del conflitto nel Golfo, in Francia intellettuali ebrei, musulmani e cristiani hanno pubblicato un libro di 583 pagine dal titolo: Les religions et la guerre(10) cui hanno contribuito ventun autori cristiani, ebrei e musulmani. Essi hanno cercato di far prendere coscienza del problema della guerra e della pace nell’ottica dei tre grandi momoteismi. L’articolo del prof. René Coste di Tolosa mostra che nel Vecchio Testamento la pace è basata sul diritto e la giustizia (Is 9, 6) e che è presentata come il dono messianico per eccellenza. Nel Nuovo Testamento si tratta del concetto "Pace di Cristo" la cui espressione più forte si trova in Ef 6, 15: "State perciò ritti essendovi cinti la vita con la verità e rivestendo la corazza della giustizia calzando i piedi con la prontezza del Vangelo della pace". Con linguaggio militare San Paolo invita i cristiani a formare un esercito di "evangelizzatori della pace". Per la Chiesa l’evangelizzazione della pace è al centro della evangelizzazione. È a partire da questi dati basilari che i cristiani devono riflettere ed avviare un dialogo costruttivo con ebrei e musulmani, ma anche con le altre religioni del mondo.
NOTE
(1) Claudio Monti (éd.), Il libro del Meeting ‘88. Cercatori di Infinito, costruttori di Storia, Rimini, Meeting per l’amicizia, 1988.
(2) Nicolas de Cuse. Concordance catholique, Sherbrooke, Centre d’études de la Renaissance, 1977.
(3) Nicolas de Cuse. La paix de la foi, Sherbrooke, Centre d’études de la Renaissance, 1977. Edizione italiana, Jaca Book, 1991.
(4) Nicolas de Cusa. De la docte ignorance, Paris, PUF, 1930, Paris, Editions de la Maisnie, 1979.
(5) M. de Gandillac (éd.), Oeuvres complètes du Pseudo-Denys l’aréopagite, Paris, Aubier, 1943, 1989.
(6) Nicolas de Cuse. Le Tableau ou la vision de Dieu, Int. et trad. par Agnès Minazzoli, Paris, Cerf, 1986.
(7) Nicolas de Cuse. Trois traités sur la docte ignorance et la coïncidence des opposés, tr. et int. par Fr. Bertin, Paris, Cerf, 1991.
(8) Emma Neri, Il libro del Meeting ‘89, Rimini, Meeting, 1989.
(9) Paix aux hommes de bonne volonté. Les grandes religions au rendez-vous d’Assise, 27 octobre 1986, Paris, Centurion, 1986.
(10) P. Viaud (éd.), Les religions et la guerre, Paris, Cerf, 1991.