Scienza, verità, pace; ovvero la missione degli universitari cristiani

Giovedì 29, ore 15

Seminario con:

Julien Ries

 

Ries: All’indomani della guerra del ‘40-’45, in Francia scienziati, uomini di lettere, filosofi e teologi, hanno organizzato per una ventina di anni, le cosiddette "Settimane degli intellettuali cattolici". Gli atti di queste settimane venivano pubblicati nei quaderni dal titolo Recherches et Débats. Questo movimento di intellettuali cattolici era ispirato da un gruppo di scrittori, docenti, medici, giuristi, giornalisti, scienziati, sacerdoti e laici che organizzavano una mobilitazione permanente sul tema: Cristianesimo e mondo attuale. Veniva aperto quindi un grande cantiere, un laboratorio in cui si realizzava un amalgama di idee. Questo centro cattolico di intellettuali francesi perseguiva tre grandi finalità: la valorizzazione del ruolo dei laici cristiani nella Chiesa e nella società; la costruzione e la ricostruzione di una società umana e cristiana; il riavvicinamento delle classi sociali. All’indomani del 1968, questo movimento è andato in frantumi in quanto il contesto culturale e religioso ha registrato profondi cambiamenti a seguito degli avvenimenti del ‘68.

Nel momento in cui delle formazioni analoghe si trovavano davanti ad un fallimento, è sorto un altro avvenimento della massima portata, il Concilio Vaticano II, con il suo nuovo slancio, al fine di preparare la Chiesa alla missione del XXI secolo in un mondo totalmente sconvolto dalle scoperte, dalle mutazioni, dal progresso e le sue crisi. All’indomani del Vaticano II sono apparsi altresì un insieme di movimenti in senso diverso: dubbio sul valore dell’istituzione ecclesiale; instabilità e defezioni; silenzio di molti cristiani, ma d’altro canto una marcia in avanti coraggiosa e realistica, con lo sguardo rivolto al contempo verso la Chiesa e il suo mistero profondo e verso il mondo e la sua modernità. È su questa linea che io situo Comunione e Liberazione così come il Meeting di Rimini. Ecco la ragione del titolo di questo seminario. Ciò che io vorrei cercare con voi è la missione dei cristiani, soprattutto degli intellettuali cristiani nel nostro mondo attuale. Per intellettuali, io intendo i cristiani che, in base alla loro formazione, sono in grado di riflettere e di pensare, di analizzare la realtà sociale e le correnti di idee, di elaborare dei progetti, delle strade, dei mezzi, al fine di costruire una società dal volto umano, in altre parole, uomini e donne decisi a costruire una civiltà dell’amore. Questa espressione, utilizzata dal papa Paolo VI, emerge sempre di più attualmente e contraddistingue la missione, la nostra missione, nella quale la vostra generazione è impegnata. Il mio auspicio è che questo Meeting sia per voi un nuovo trampolino.

I. L’età di un nuovo spirito scientifico

1. Una rivoluzione scientifica - Durante il XIX secolo, il positivismo opponeva la scienza alla religione e proclamava la morte di Dio. Da qualche decennio siamo entrati nell’era di un nuovo spirito scientifico. Numerosi i congressi scientifici interdisciplinari che hanno avuto luogo in questi ultimi anni. Ne segnalerò tre: il Congresso di Cordova nel 1979, il Congresso di Tsukuba in Giappone nel 1984 e il Congresso di Venezia nel 1986(1). Nella dichiarazione finale di Venezia leggiamo: "Siamo testimoni di un’importante rivoluzione nel campo della scienza... Ma noi constatiamo al contempo, l’esistenza di un notevole sfasamento fra la nuova visione del mondo e i valori che predominano ancora in filosofia, nelle scienze umane e nella vita della società moderna, in quanto questi valori sono fondati in larga misura sul determinismo meccanicista, il positivismo o il nichilismo. Sentiamo che questo sfasamento è nocivo e portatore di gravi minacce di distruzione della nostra specie"(2).

Nel commento a questa dichiarazione, l’editore del Congresso, Michel Random, scrive: "L’analisi di questa ‘Dichiarazione di Venezia’ è di per sé estremamente rivelatrice... Afferma la fine della visione riduzionista e l’inizio di un’era in cui lo scienziato porta la punta del proprio naso oltre la camera a bolle ed oltre il suo microscopio, per collegare ciò che vede e ciò che sa alla sua altezza d’uomo doppiamente terrestre e celeste"(3).

Siamo arrivati ad una grande svolta che prepara il futuro. Già a Cordova, la Conferenza aveva un titolo significativo: Scienza e coscienza. La scienza, trovandosi in un vicolo cieco, scopre la coscienza. Si tratta di una vera e propria rivoluzione e sono gli stessi scienziati che provocano questa rivoluzione. Questa rivoluzione è in marcia e noi dobbiamo assolutamente parteciparvi, che lo si voglia o no. Fra le scienze che si stanno rinnovando e che stanno rinnovando in modo radicale le nostre conoscenze, bisogna menzionare la paleoantropologia, la biologia nucleare, la biologia della luce, la teoria biomagnetica dell’evoluzione. Tutti i campi del sapere si trasformano sotto i nostri occhi; dopo il passaggio dall’homo erectus alla civiltà agricola e poi il passaggio dall’homo sapiens all’era industriale, eccoci all’alba già avanzata di una terza civiltà, una civiltà cosmica dominata dal robot, dal computer, dai microbi addomesticati. È il momento di passare dalla scienza alla coscienza.

Charles Péguy, visitando un cantiere, vide tre operai che martellavano del marmo. Chiese loro ciò che stessero facendo. Il primo gli rispose che rompeva delle pietre, il che era vero. Il secondo gli disse che stavano guadagnandosi da vivere, il che era vero. Infine il terzo gli disse: "Lavoro alla costruzione di una cattedrale". Ecco una prospettiva ben diversa. È questa terza prospettiva che deve essere la nostra di fronte alla profonda mutazione della nostra società, della nostra vita, del nostro mondo in questi sgoccioli del XX secolo. Nel bel mezzo della rivoluzione scientifica e tecnologica della nostra epoca, dobbiamo mobilitare le nostre forze per costruire il futuro.

2. Scienza e fede cristiana - Nel contesto attuale del cammino folgorante del progresso scientifico, si profila un nuovo spirito: gli uomini delle scienze esatte affrontano delle tematiche, tematiche filosofiche, tematiche metafisiche. Mentre all’indomani della guerra del ‘40-’45, numerosi cristiani osavano prendere posizione pubblicamente a proposito dei grandi problemi del tempo, dal 1968 è iniziato un periodo di silenzio, di timidità. Ma il vento gira, la timidità comincia a scomparire. Nel mondo scientifico, delle voci cristiane si fanno sentire. Cristiani, uomini di scienza di alto livello, proclamano che per loro non vi è alcuna contraddizione fra la loro fede e la loro ricerca scientifica. Da alcuni anni vengono pubblicate opere chiare e coraggiose; segnalo ad esempio il libro redatto da una trentina di universitari, e pubblicato a Parigi da Flammarion, dal titolo: Le savant et la foi. Des scientifiches s’expriment (1989).

Oggi mi rivolgo a voi, giovani cristiani impegnati in un mondo che evolve in modo rapido nel campo scientifico e vi dico di entrare coraggiosamente nell’avventura umana; sappiate che fra scienza e fede non vi è contraddizione. Le ipotesi scientifiche attuali sull’origine del mondo (come quella del Big Bang), della materia, della vita, ci conducono fino all’origine dell’umanità. Quest’ultimo problema è divenuto appassionante grazie alle scoperte spettacolari della paleontologia e della paleoantropologia. Su questo mondo e sulla sua storia, l’uomo porta uno sguardo di ammirazione. Questo mondo è un dono scientificamente analizzabile. Per il cristiano questo mondo è molto di più. È un dono venuto da Dio creatore e questo Dio egli lo chiama Padre. Il cristiano l’ama, lo accoglie con attenzione e con rispetto. Egli lo accoglie sì come cosmo ma anche come dono di Dio: da qui la duplice prospettiva; prospettiva scientifica e prospettiva di fede.

In questo mondo ha preso posto l’uomo con il suo mistero, le origini dell’uomo si schiariscono e noi vediamo come sia inserito nella stirpe animale, come si sia staccato da questa, come sia avvenuto l’affioramento del suo pensiero, ciò che ha fatto di lui il creatore della tecnica, della cultura, del linguaggio, della religione. Il cristiano assume l’avventura umana, includendovi Dio come partner. Il cristiano accetta la storia dell’umanità ma vi vede una dimensione che trascende la storia ordinaria, in quanto per il cristiano vi è una storia santa, contrassegnata dalla promessa e dall’alleanza innanzitutto, contrassegnata poi dall’Incarnazione del Verbo di Dio. Alla dimensione naturale e cosmica si sovrappone la dimensione sacrale grazie al dinamismo della rivelazione e alle sue conseguenze.

Al colloquio di Cordova, nel 1979, uomini di scienza hanno parlato della doppia lettura dell’universo, ovvero la lettura della scienza o lettura cosmica e la lettura della coscienza o lettura fatta sotto il segno del "logos", dello spirito. Per il cristiano questa si accompagna ad una lettura religiosa: a quella del "logos" umano si sovrappone quella del "logos" divino, il Cristo.

3. Come si può essere scienziati e cristiani? - Sapete che le idee emerse dalla fisica moderna ci liberano da una concezione deterministica del mondo e ci mostrano fino a che punto l’uomo possa essere efficace nell’evoluzione del mondo. Eccoci liberati dallo scientismo e dal positivismo, ma con una responsabilità rinnovata. La scienza non ha più la pretesa di risolvere tutto, sa che deve far posto ad altri mezzi. Si apre così un canale che consente ai cristiani di dire in modo chiaro che il Cristo e il Vangelo hanno qualcosa da dire agli scienziati. La nostra fede ci porta a fare delle scelte etiche. Facendo conoscere i progressi della scienza dobbiamo sottolineare la nozione di servizio dell’umanità in una civiltà dell’amore. Così i campi della bioetica e della fisica nucleare obbligano lo scienziato cristiano a lasciarsi interpellare dal Vangelo. Vi è un altro passo che aspetta il cristiano. Meravigliato dalle sue scoperte e dalle scoperte degli altri, lo scienziato cristiano deve capire che Dio ha bisogno di lui per far crescere il mondo. È il vasto campo della teologia del lavoro umano: l’uomo è un collaboratore di Dio nella creazione continua del mondo. Lo scienziato cristiano deve esserne cosciente: scienza e coscienza. Deve anche collaborare a trovare un linguaggio moderno per la fede. È un compito importante per ogni scienziato cristiano.

4. Scienza e Vita Eterna - Nell’opera citata, Le savant et la foi, una ventina di esperti di biologia hanno affrontato il tema della vita eterna. Dopo aver mostrato che nella vita biologica nata dalla materia, la riproduzione sessuata e la morte sono collegate, questi biologi osservano che l’apparizione della materia vivente e l’apparizione del pensiero non sono ancora state spiegate esattamente. Il cristiano rivolge uno sguardo complementare all’evoluzione dell’umanità come creazione continua. La storia ci mostra che tra gli uomini prevaleva un rapporto di forza. Ma recentemente, nella storia dell’universo, è intervenuto Cristo che ha modificato radicalmente questo rapporto di forza nelle relazioni umane e lo ha sostituito con un rapporto d’amore fra gli uomini. Quindi il messaggio cristiano deve trasformare, in modo fondamentale, il futuro dell’umanità.

L’uomo moderno pone anche la questione dell’immortalità personale. Il nostro io è innanzitutto un dato contrassegnato dall’eredità e poi dall’educazione. L’io è anche una costruzione, è una storia, la nostra storia personale. L’io è infine un messaggio e questo messaggio si trasmette per ognuno al di là della nostra morte. L’uomo ha creduto ad una sopravvivenza: ne abbiamo la prova nei riti funebri. Il Cristo ci ha trasmesso la dottrina della resurrezione del corpo, di un corpo spirituale e glorioso la cui natura resta estranea alle nostre conoscenze attuali. Inoltre, il concetto di eternità non deve essere analizzato secondo il concetto della crescita variabile del tempo, ma nel contesto di una totale liberazione del tempo. Così lo scienziato moderno non ha paura di affermare la propria credenza in un’altra vita secondo il messaggio di Gesù Cristo.

II. Una ricerca permanente della verità

1. Che cos’è la verità? - Ciò che abbiamo detto a proposito del nuovo spirito scientifico che appare oggi giorno, ci porta direttamente ad una delle nostre missioni importanti: la ricerca della verità._Nell’epoca del dominio universale dei mass-media, capiamo meglio l’importanza del problema della verità. La critica dell’informazione ci fa vedere fino a che punto gli eventi possano essere deformati a seguito del dominio dell’ideologia o dell’interesse. Coloro che ogni anno hanno vissuto il Meeting e ne hanno letto i resoconti sulla stampa hanno capito fino a che punto certi informatori abbiano deformato la realtà delle parole, dei discorsi, dei fatti. D’altro canto, l’esperienza marxista recente che si è snodata sotto i nostri occhi ci ha fatto capire quanto l’ideologia e l’interesse trasformino i fatti al punto da presentere come verità ciò che è falso.

Che cosa significa la parola verità? La parola latina Veritas ha come primo significato: "ciò che è conforme al reale". Così la verità è la conformità del pensiero o dell’espressione del pensiero con l’oggetto di questo pensiero. Gli scolastici definivano la verità come "l’adeguamento della cosa e dell’intelligenza", adaequatio rei et intellectus. In questo senso, la verità logica o verità del pensiero è la conformità del pensiero con l’oggetto di questo pensiero, vale a dire, si mira al carattere di ciò che è conforme al reale. Ma vi è anche una verità ontologica, una verità dell’essere o della cosa, vale a dire una conformità dell’oggetto stesso con il tipo ideale, con l’archetipo. Faccio un esempio. Quando parlo della santità di un uomo vi è verità logica se nel mio pensiero quest’uomo è santo: dico nel "mio" pensiero. Vi è verità ontologica se quest’uomo è conforme all’ideale, all’archetipo della santità, il Cristo.

La verità ontologica è la verità dell’essere, vale a dire l’essenza delle cose. La verità logica è la relazione di coincidenza tra l’essere ed il sapere. La verità logica si rapporta alla verità ontologica. Nella verità logica vi sono due aspetti: il primo è l’aspetto di relazione dell’intelligenza umana con la verità ontologica dell’essere. Il secondo aspetto è la comunicazione di questa relazione ad altri: dire la verità. Noi allora ci limiteremo a questi due aspetti: la ricerca della verità e la trasmissione della verità.

Il problema della ricerca della verità si collega al rapporto di coincidenza tra l’essere ed il pensiero. I filosofi antichi da Parménide a Platone, Aristotele fino a Plotino hanno visto la possibilità di questa coincidenza perché ai loro occhi la conoscenza umana partecipa al Logos divino. La ragione umana costituisce la parte divina dell’animo umano. Per gli scolastici, per San Tommaso in primo luogo, la verità è basata sul rapporto degli esseri e delle cose con il Creatore Divino. La verità ontologica delle cose proviene da Dio. È Dio che garantisce la verità della conoscenza umana.

Nei pensatori moderni la facoltà di conoscenza è rimandata a se stessa, cioè deve trovare la garanzia della verità nel pensiero finito, nell’io umano, nella ragione umana. La discussione contemporanea si perde in una serie di teorie filosofiche e psicologiche su cui non ci soffermeremo in questo momento.

3. La nostra ricerca della verità - Per il cristiano una parola è capitale e si trova nel Vangelo di San Giovanni 14, 6: "Io sono la via, la verità e la vita". Il Verbo di Dio si presenta come la Verità. Per il cristiano questa Verità è presente nel mondo e nella sua vita e questo è fondamentale per la determinazione dell’atteggiamento del cristiano, cioè la ricerca della dignità dell’uomo e della sua grandezza, del senso della vita, del senso dell’azione umana. È partendo da questa parola e dalla realtà che rappresenta che il cristiano si dedica alla causa della verità, alla ricerca della verità sulla natura, sull’uomo e su Dio. Per noi il Verbo di Dio è fondatore della verità._Questa ricerca della verità è al centro della conoscenza, ad iniziare dalla conoscenza scientifica del mondo e dell’uomo. Il cristiano deve entrare con entusiasmo in questa ricerca sempre più approfondita della realtà di questo mondo, ma deve essere anche il garante del senso e del significato affinché le scoperte siano sempre al servizio dell’uomo e dell’umanità. Così la ricerca del senso fa parte della ricerca della verità, la ricerca scientifica ed i progressi della tecnologia sono legati ai problemi dell’uomo e della società. Ne emerge che non è possibile isolare la dimensione scientifica del servizio dell’uomo, non si ha il diritto di ridurla al servizio di attività politiche e di produzione. Il suo significato vero si trova nel servizio dell’uomo e della famiglia umana. Le università e gli istituti di ricerca devono essere la coscienza della società. Così la verità non può mai cessare di essere la posta in gioco delle loro attività. Sin dalla loro fondazione, nel XIII secolo, le università avevano come missione la ricerca della verità in tutti i campi.

La ricerca della verità è un bisogno permanente dell’uomo. In effetti l’intelligenza umana cerca incessantemente al contempo l’essenza degli esseri e delle cose, il loro senso ed il loro significato così come la conformità del pensiero umano all’essere o all’oggetto. Questa funzione dell’intelletto umano è ciò che distingue fondamentalmente l’homo sapiens dall’animale. Ecco perché l’uomo cerca la verità a tre livelli: il livello della conoscenza del cosmo, il livello della conoscenza dell’uomo ed il livello della conoscenza di Dio.

4. La formulazione della verità - Sin dal primo momento della scoperta dei primi aspetti della verità, l’uomo cerca di formulare questa scoperta, di concettualizzarla. Questa concettualizzazione si fa attraverso due funzioni, o se preferite, attraverso una funzione doppiamente articolata: l’articolazione del concetto e l’articolazione del simbolo. Dopo Kant si è molto lavorato sulla questione del concetto ma è stato necessario arrivare alla nostra epoca per mettere in evidenza le strutture antropologiche dell’immaginario(4). La formulazione della verità ha iniziato con i primi passi dell’homo sapiens, con i primi balbettii di circa un milione e mezzo di anni fa. La formulazione della verità attraverso il linguaggio umano ha registrato una rivoluzione alla fine del neolitico grazie anche all’invenzione della scrittura, un’altra specificità dell’homo sapiens. La formulazione della verità si fa lentamente. Da parte dell’uomo richiede pazienza, lavoro, umiltà ed un’attenzione costante. La penetrazione nel mistero della creazione si fa lentamente ma ogni scoperta deve suscitare l’entusiasmo in quanto ogni scoperta è un tassello sulla via della conquista della verità. Noi non abbiamo il tempo di soffermarci sul problema importante dell’immaginario e del linguaggio simbolico nella scoperta della verità, sia sufficiente affermare che Gesù Cristo ha scelto questa via, la via delle parabole del Regno per rivelare agli uomini il Regno di Dio, per fare conoscere il Regno di Dio, la Chiesa. Dopo duemila anni noi non abbiamo ancora finito, non abbiamo ancora esaurito la ricchezza e la verità derivanti da quanto sopra.

5. La trasmissione della verità - Eccoci arrivati allo stadio finale della ricerca della verità. Dopo la sua ricerca, la sua scoperta progressiva e parziale, la sua formulazione balbettante, bisogna trasmetterla. È il problema ed è l’immensa responsabilità della comunicazione. La verità è fatta per l’uomo. Tutto il sapere deve essere trasmesso agli uomini affinché se ne nutrano e ne aumentino il capitale. Anche qui la nozione di servizio è fondamentale. Uno dei problemi della nostra epoca è la commercializzazione del sapere. Le università mancano gravemente alla loro finalità se, nella trasmissione del sapere, il profitto prevale sul servizio. Il commercio del sapere può diventare una forma di moderna schiavitù. Eccoci quindi a confronto con la dittattura del capitalismo finanziario o politico.

Noi dobbiamo talvolta confrontarci anche con la dittatura dei mass-media. Il Meeting sa che cosa questo significhi. Sappiamo perfettamente che il mestiere di giornalista è un mestiere difficile e nobile, un mestiere che richiede grandi qualità d’intelligenza e di cuore ma anche una grande onestà. Dobbiamo con tutte le nostre forze lottare, batterci, affinché la libertà prevalga ed affinché prevalga la verità della stampa e dell’informazione. È in questa prospettiva ed a questo scopo che dei cristiani si sono associati e si associano per creare organi di stampa, giornali, settimanali, case editrici ed è allo stesso scopo che i cristiani si sono raggruppati per dirigere scuole ed università. Parlando delle università cattoliche nella recente costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae Giovanni Paolo II scrive tra l’altro: "Una Università e soprattutto una Università cattolica deve essere un’unità vivente di organismi rivolta alla ricerca della verità". Ecco perché è necessario promuovere questa sintesi superiore che è l’unica in cui questa sete di verità iscritta nel cuore dell’uomo potrà trovare il suo appagamento" (n. 16).

Ritengo che il sapere sia una conquista della verità e che debba sempre servire la persona umana. Il Papa aggiunge: "Bisogna convincersi della priorità dell’etica sulla tecnica, del primato della persona sulle cose, della superiorità dello spirito sulla materia. La causa dell’uomo sarà servita se la scienza si allea con la coscienza" (n. 18). Tutto questo ci porta a dire che non solo voi dovete attenervi ad una trasmissione onesta ed accurata della verità, ma dovete anche opporvi con tutte le vostre forze alle trasmissioni errate o falsate. Bisogna saper fare uso del diritto di risposta e del diritto alla rettifica. La verità ha i suoi diritti; ed anche i suoi martiri(5).

III. Costruttori della pace

Dopo avere affrontato la questione scienza e fede nel contesto del nuovo spirito scientifico attuale e dopo avere esaminato il capitolo della verità e del servizio della verità, affrontiamo adesso l’aspetto che noi poniamo e che i nostri contemporanei pongono incessantemente: lo stabilire una pace decisiva e duratura tra i popoli. Alla luce del De Pace fidei di Nicola Cusano abbiamo visto come la pace deve essere un metodo per il cristiano. Attualmente vediamo concretamente un ventaglio delle condizioni e dei doveri per la realizzazione della pace come nostra missione.

1. La pace fondata sulla verità, la giustizia e la libertà - Il Giovedì Santo, 11 Aprile 1963, in pieno periodo conciliare, il papa Giovanni XXIII pubblicava la sua memorabile enciclica Pacem in terris che ha come tema la pace tra tutte le nazioni, basata sulla Verità, la Giustizia, la Carità e la Libertà; pace oggetto del profondo desiderio dell’umanità di tutti i tempi.

Prendendo spunto dal progresso delle scienze e dalle invenzioni della tecnica, il Sommo Pontefice insegna che la pace non può basarsi e consolidarsi se non nel rispetto assoluto dell’ordine stabilito da Dio. Per iniziare bisogna accettare che il fondamento di qualsiasi società ordinata e feconda è il pricipio che ogni essere umano è una persona dotata d’intelligenza e di volontà libera, soggetto di diritti e di doveri: diritto all’esistenza ed ai beni dello spirito; diritto di accedere ai beni della cultura, diritto alla libertà nella scelta dello stato di vita; diritto al lavoro ed all’iniziativa in condizioni normali di responsabilità personale; diritto alla proprietà dei beni, diritto d’associazione e di riunione. Perché la pace possa regnare, la società deve essere il frutto della responsabilità e della libertà. Da tutto ciò deve fondarsi su un ordine spirituale nel quale regni la verità e su un ordine morale che si realizzi nella giustizia. Verità e giustizia sono inseparabii, afferma Giovanni XXIII (n. 38).

Nella società, individui, autorità e corpi intermedi sono tenuti a concorrere al bene comune. La funzione governativa non ha senso se non in vista del bene comune; quest’ultimo riguarda l’uomo nella sua interezza, con i suoi bisogni spirituali e materiali. L’interesse comune esige che le Autorità pubbliche, per quanto riguarda i diritti delle persone, esercitino una doppia azione; l’una di conciliazione e protezione, l’altra di valorizzazione, vegliando accuratamente su un giudizioso equilibrio. Nell’ambito delle relazioni internazionali, il Papa insiste sul primato della legge morale, sulla verità nei rapporti tra gli Stati e sulla verità delle informazioni che favoriscono una più vasta conoscenza reciproca tra i popoli.

Seguono i grandi problemi della giustizia: rispetto dei diritti reciproci, delle minoranze, solidarietà attraverso gli scambi e la collaborazione; accoglienza dei rifugiati politici nel rispetto della dignità delle persone; disarmo perché la giustizia, la saggezza e il senso dell’umanità reclamano che si arresti la corsa agli armamenti; rispetto dell’indipendenza delle nazioni; rispetto dell’identità dei popoli nell’aiuto allo sviluppo. Infine Giovanni XXIII suggerisce l’organizzazione di una comunità mondiale nella giustizia e nella libertà.

2. La promozione e la salvaguardia dei valori, cammino verso la pace - Nell’enciclica Centesimus annus Giovanni Paolo II celebra il centenario della Rerum novarum, l’enciclica di Leone XIII che auspicava un nuovo tipo di società in cui lo Stato ed i datori di lavoro riconoscessero i diritti dei lavoratori, il diritto ad un giusto salario, il diritto alla libertà religiosa. Richiamandosi alle sue precedenti encicliche, Laborem exercens e Sollicitudo rei socialis, Giovanni Paolo II ritorna sull’errore fondamentale, dal punto di vista antropologico, di un socialismo che pretende organizzare la lotta delle classi fondata sull’ateismo. Un capitolo intero concerne gli avvenimenti del 1989, l’anno che ha visto il crollo del muro di Berlino con la caduta dei regimi comunisti, oppressori dell’uomo.

Dopo avere insistito sull’interdipendenza dei popoli, sullo sviluppo integrale dell’uomo, sull’equilibrio mondiale delle ricchezze, sugli eccessi della società consumistica e sulla necessità dell’ecologia per evitare la distruzione dell’ambiente umano, Giovanni Paolo II si sofferma sulla famiglia, santuario della vita (n. 39): la famiglia è il luogo sacro dove la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta, luogo altresì dove essa può svilupparsi secondo le esigenze di una crescita umana autentica. Presentando l’uomo come un essere che cerca la verità, che si sforza di vivere secondo la verità e di approfondirla in un dialogo costante che coinvolge le generazioni passate e quelle future, il Papa giunge all’importanza del patrimonio culturale di ogni nazione. Tutta l’attività umana si situa all’interno di una cultura sviluppata grazie all’intelligenza ed alla creatività dell’uomo. La Chiesa compie una missione nello sviluppo di ogni cultura che incontra, missione decisiva nella crescita di una vera e propria cultura e Giovanni Paolo II esplicita la missione della Chiesa: "Essa favorisce la qualità dei comportamenti umani che contribuiscono a formare una cultura della pace, contro modelli culturali che assorbono l’uomo nella massa, disconoscendo il ruolo della sua iniziativa e della sua libertà e situando la sua grandezza solo nelle tecniche conflittuali e battagliere".

Come la Chiesa favorisce la formazione di una cultura della pace? Agli occhi di Giovanni Paolo II il metodo della evangelizzazione delle culture costituisce un prezioso apporto alla formazione di una cultura della pace. Tale metodo comporta due attività essenziali: innanzitutto la proclamazione della verità nella creazione del mondo posto da Dio nelle mani degli uomini incaricati di perfezionare questo mondo; in secondo luogo la proclamazione della verità sulla redenzione mediante la quale il Figlio di Dio ha salvato tutti gli uomini, li unisce gli uni agli altri e li rende responsabili degli altri.

3. L’evangelizzazione, una strada sicura verso la pace - Quanto abbiamo testè detto ci porta a riprendere una idea espressa da Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio del 7 dicembre 1990, una delle più ricche e dense del suo pontificato. Per il Papa una strada sicura verso una pace duratura è l’incarnazione del Vangelo nelle culture dei popoli e il dialogo dei cristiani con le culture e le religioni. "Inculturazione significa un’intima trasformazione degli autentici valori culturali attraverso la loro integrazione nel cristianesimo e il radicarsi del cristianesimo nelle diverse culture umane" (n. 52). Questa inculturazione deve essere compito di tutto il popolo di Dio e non solamente di qualche esperto.

Dopo questa affermazione sull’inculturazione del Vangelo, il Papa spiega che il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa, come metodo e come mezzo (n. 55). Il dialogo non è la conseguenza di una strategia, ma è esigito dal profondo rispetto che si deve avere verso tutto ciò che lo Spirito ha operato nell’uomo. Noi constatiamo a quale punto questo insegnamento valorizzi le idee già espresse da Nicola Cusano. Il dialogo con le religioni e le culture permette alla Chiesa di giocare un vero ruolo di catalizzatore nella marcia dei popoli verso una pace mondiale.

IV. Conclusioni

Nel cammino fulmineo delle ricerche e delle scoperte scientifiche e tecnologiche i cristiani hanno l’obbligo di una presenza attiva, convinti che la fede cristiana abbia molto da dire alla scienza e che non vi sia alcuna contraddizione tra la scienza e fede.

Una delle grandi missioni del cristiano è la ricerca permanente della verità sul mondo, sull’universo, sull’uomo, su Dio. Egli non ha il diritto di conservare solo per sé questa verità, ha l’obbligo di trasmetterla, di difenderla in quanto la verità è un cammino di liberazione. Scienza e verità sono tasselli che segnano la strada agli uomini verso la pace tra loro e fra le nazioni. L’umanità è arrivata ad un crocevia. Due strade sono possibili: la strada della guerra e delle guerre, strada di follia, di apocalisse, strada della disperazione e della distruzione. Per gli uomini ragionevoli e normali, soprattutto per noi cristiani, una sola strada si impone: è la strada della pace. Essa è un sentiero di montagna che richiede molta resistenza, cuori solidi ed intelligenze lucide. Questo cammino è arido e ci chiede di avanzare in cordata ma noi abbiamo una guida a capo di questa cordata: Gesù Cristo.

 

NOTE

(1) Science et conscience. Les deux lectures de l’Univers, Colloque de Cordoue, Paris, Stock, 1979.

Colloque de Tsukuba. Sciences et symboles. Les voies de la connaissance, Paris, Albin Michel, 1986.

La science face aux confins de la connaissance. Colloque international. La déclaration de Venise, Paris, Félin, 1987.

(2)Déclaration de Venise, n 1.

(3) La science face aux confins de la connaissance, p. 15.

(4) G. Durand, Les structures anthropologiques de l’imaginaire, Paris, Dunod, 10 éd., 1984.

(5) Voir aussi pour notre ètude.

N.A. Luyten (éd.), Recherche et culture. Tâches d’une université catholique, Fribourg/Suisse, Ed. universitaires, 1965.

L. Gardet, Ouvrir les frontières de l’esprit, Paris, Cerf, 1982.

P. de Laubier, Les universités catholiques en Europe, Paris, Ed. universitaires, 1990.

B. d’Espagnat, Penser la science ou les enjeux du savoir, Paris, Dunod, 1990.

P. de Laubier, Pour une civilisation de l’amour, Paris, Fayard, 1990.