Nuovi
assetti all’Est: testimonianza dalla SloveniaLunedì 26, ore 15
Relatore:
Andrej Capuder
Moderatore:
Roberto Formigoni
Formigoni: L’attenzione alle realtà dell’Europa centrale ed orientale contraddistingue fin dalla prima edizione il Meeting per l’amicizia tra i popoli, convinti come eravamo e come siamo che si debba lavorare per conoscersi di più, che si dovesse farlo ieri, quando i nostri amici dell’Europa centrale ed orientale vivevano ancora sotto la cappa della dittatura comunista. Poi lungo gli anni ci ha accompagnato la gioia di vedere i progressi in atto, le novità nel campo della vita civile, culturale, religiosa, della vita politica stessa, fino al grande cambiamento intervenuto nel 1989, il crollo del muro di Berlino. Dopodiché si è messo in moto, ha acquistato più velocità un processo di costruzione effettiva della libertà e della democrazia, libertà e democrazia intese come spazio dentro il quale l’uomo può esercitare la propria creatività, la propria capacità costruttrice. La democrazia non è il fine ultimo per cui ci si impegna e si combatte, ma si combatte quando si è sotto la dittatura, perché con la democrazia l’uomo, ogni uomo, possa manifestare le sue idee. L’incontro di oggi si ricollega in maniera esplicita ad un analogo incontro avvenuto un anno fa. Allora fu con noi il presidente della Repubblica Slovena, Lojze Peterle, che ci parlò nell’agosto del 1990 di quello che il suo paese stava facendo sulla via della piena autonomia. L’incontro di oggi, in continuazione con quello, vede nostro graditissimo ospite, il dottor Andrej Capuder, ministro della cultura della Repubblica Slovena. L’abbiamo invitato perché ci testimoni le novità intervenute in Slovenia nel corso di quest’anno. Io mi farò interprete, attraverso alcune domande, delle curiosità che l’opinione pubblica italiana ha nei confronti di un protagonista della storia slovena. Vorrei cominciare chiedendogli di spiegarci il perché degli avvenimenti di quest’anno, perché mai il popolo sloveno ed il popolo croato si sono messi a percorrere la strada dell’indipendenza, visto che questa strada ha portato alle contraddizioni, ai dolori, addirittura alla guerra a cui stiamo assistendo: perché questa scelta? Era veramente la più saggia?
Andrej Capuder, ministro della cultura della Repubblica Slovena, è rappresentante di spicco della cultura del suo paese. Laureato in francese ed in italiano, ha tradotto in sloveno numerosi classici della cultura europea, tra cui la Divina Commedia. Milita nel partito democratico cristiano sloveno.
Capuder: Perché la Slovenia oggi vuole l’indipendenza e la possibilità di vivere come una nazione libera tra le nazioni libere di Europa? Una risposta, forse un po’ poetica, è che tutti quelli che sono già nel Paradiso, dicono agli altri: "Ma perché voi volete venire nel Paradiso? voi siete egoisti!". Paradiso forse non è un buon paragone; la democrazia è forse piuttosto un Purgatorio. Dunque perché anche la Slovenia vuole il purgatorio democratico? Noi non siamo contenti di questo status della Jugoslavia, che ci è stato imposto dagli altri. Noi sloveni siamo una nazione già formata. Per esempio nel 1941, quando l’Italia ci ha attaccati e divisi in tre parti, in Slovenia non c’erano analfabeti, ma voi sapete quanti analfabeti l’Italia aveva nel ‘41.
Noi siamo un popolo con una civiltà che si è formata nel secolo passato col romanticismo, ha ora le sue scuole, università, cultura e accademie. Il problema si deve porre in termini nuovi, bisogna pensare, o meglio ripensare l’"Europa", e in quel ripensamento anche noi Sloveni vogliamo fare la nostra parte.
Formigoni: Entriamo nella pratica: le ripropongo la questione. Questa via che avete scelto sta costando molto in termini di violenza, di repressione, di guerra combattuta. Si parla di centinaia, forse migliaia di vittime con particolare ferocia, come in tutte le guerre civili. Domando: era l’unica strada seguibile, non potevate puntare alla vostra autonoma indipendenza attraverso il metodo della trattativa pacifica?
Capuder: Secondo quel che è stato, l’unica strada possibile era la guerra. C’era la guerra in Slovenia, ora c’è in Croazia, però questa guerra, noi, gli Sloveni, non l’abbiamo voluta. Ci è stata imposta da un elemento di egemonia, che ora in Jugoslavia si chiama Gran Serbia. Questo è indubitabile e si mostra ogni giorno di più. L’egemonia serba era accompagnata ancora dall’ideologia comunista, ora sparita anche in Russia, a Mosca; purtroppo esiste ancora a Belgrado. L’esercito federale, con i suoi generali, è comunista e l’80% è serbo, ora invade la Croazia, come ha fatto, senza risultati, grazie alla resistenza del popolo sloveno e alla nostra autodifesa. Dunque esiste un elemento di egemonia che ci impedisce di svilupparci, di progettare liberamente l’avvenire e il futuro.
Formigoni: Un particolare vorrei che lei chiarisse, che non è risultato del tutto chiaro in queste settimane. Si è detto che la Repubblica slovena sarebbe disposta a ricontrattare le basi di una nuova confederazione jugoslava. Questa linea è stata vista con favore dalla comunità internazionale, che teme il fenomeno della balcanizzazione e vede con favore alcune unità regionali.
La domanda è questa: lei crede che una confederazione jugoslava formata su basi diverse da quelle di ieri sia oggi possibile? O la Slovenia vuole diventare uno stato del tutto autonomo indipendente all’interno del contesto europeo?
Capuder: La Slovenia non è la stessa cosa che la Croazia, perché è molto omogenea. Diciamo che al 90% siamo sloveni, non abbiamo tante minoranze, come in Croazia dove c’è una forte minoranza serba che serve anche di pretesto all’invasione serba e federale di Belgrado. Nessuno oggi crede a una formula ancora jugoslava. Perché? Il sangue è corso, e oggi corre in Croazia e correrà, purtroppo, penso, ancora. Noi non vogliamo pertanto, vivere isolati, cercheremo nuovi legami, nuove formule, forse nel bacino del Danubio, non so con chi e con che. Oggi nel territorio della Slovenia e della Croazia credo nessuno si senta più jugoslavo, perché sono avvenute troppe violazioni e il sangue è corso in modo irreparabile.
Formigoni: Non vi sentite jugoslavi, vi sentite europei, anzi spingete il vostro sentirvi europei fino a domandare l’ingresso ufficiale nella Comunità Europea. Che cosa pensate che sia la Comunità Europea? Che cosa pensate che vi possa offrire?
Capuder: Domandiamo di entrare nella Comunità Europea perché per noi è una speranza, ma è anche un gran rischio. Con la nostra economia indebolita, fallita, uscita dal sistema comunista, noi ci sentiremmo un po’ come pesci dell’acquario tra i grandi pescicani della Comunità Europea. Ma tutto non è tanto tragico, perché l’economia slovena si è già basata sulle esperienze e sulla mentalità mitteleuropea, anche quella lombarda, per esempio, nel preferire piccole imprese alle grandi. Ora il 40% della nostra esportazione va nel mercato europeo e questo ci pare una garanzia abbastanza buona per il futuro.
Cosa pensiamo della nuova Europa? Oggi tutto riesce un po’ enigmatico. Credo che non solo noi ma anche l’Occidente, e soprattutto l’Italia come nostro vicino più prossimo, dovremo pensare e ripensare questa Europa. È un problema che occupa noi tutti.
Formigoni: Lei sa che l’Europa non è una entità unitaria ed equilibrata. Esistono paesi più grandi e paesi più piccoli, egemonie o rischi di egemonia. C’è chi non vede di buon occhio l’ingresso di Slovenia e di Croazia, perché ritiene che questi paesi finirebbero inevitabilmente per essere attratti dall’orbita tedesca e quindi all’interno dell’Europa centrale si riproporrebbe quel grande impero tedesco, forse l’impero austro-ungarico, che darebbe troppa forza alla Germania. Ecco uno dei motivi per cui si dice che Stati Uniti e Francia, tra le grandi potenze, non vedano di buon occhio l’indipendenza slovena e parteggino per la Serbia. Questo pericolo dell’egemonia tedesca è presente in Europa: voi avete presente questo problema e come pensate di ovviarlo?
Capuder: Esiste la possibilità di un’egemonia tedesca su Slovenia e Croazia, ciò fa paura. Personalmente non ci credo tanto, perché non vedo molte possibilità di formare un popolo solo, magari una Germania di domani, come invece erano nel nostro passato europeo. Noi sloveni speriamo in un contesto europeo, dove saranno sottolineate le particolarità di tutte le regioni come una specie di io nazionale e di un super-io collettivo: quello europeo.
Formigoni: Che cosa pensa dell’atteggiamento del Ministro degli esteri italiano riguardo alla vostra dichiarazione di sovranità e indipendenza?
Capuder: Dopo la nostra dichiarazione di sovranità e indipendenza, da parte del vostro Ministro degli esteri ci è stato imposto un gelo di tre mesi; tutti ci chiedono cosa accadrà dopo. Nel territorio jugoslavo ci appare un’ambizione ben definita, quella serba di creare una Grande Serbia con nuovi confini. È per questo che si combatte in Croazia. Questo è un grande pericolo che dovrà essere risolto con la presenza di una terza componente, di esperti della Comunità Europea. Dopo il fallito golpe di Mosca, noi abbiamo una maggiore speranza.
Formigoni: Lei crede, dunque, che il comunismo sia morto definitivamente, che non sia possibile una sua ripresa?
Capuder: Questa è una grande questione politica, filosofica e anche teologica. Il comunismo è morto forse dopo Cernobyl, ma c’è una radiazione che continuerà a lungo nel nostro Paese, nei Paesi dell’Est: la mentalità dei popoli è stata indebolita: ad esempio, non c’è iniziativa privata, non c’è coraggio personale. In questo senso il comunismo non è morto. Inoltre la gente vuole una dispersione, non collabora ad un unico scopo, soprattutto con la Democrazia Cristiana, in cui noi collaboriamo, tutti insieme. Il comunismo ci ha lasciato un’eredità pesantissima, che non si può misurare; a livello economico c’è il pericolo che lo sviluppo nella mentalità democratica, nell’atteggiamento degli uomini, nel nostro stile di vita, ecc. peggiori, almeno momentaneamente, l’economia.
Formigoni: Le chiedo ora quali sono le specificità del sistema politico che oggi governa la Slovenia e come vede la collaborazione economica tra il nostro Paese e la Slovenia?
Capuder: In Slovenia abbiamo un sistema politico molto complicato, ancora erede dell’Ancien Régime. Lo Stato è ancora onnipresente, e la cultura è di Stato, tutti vogliono essere pagati dallo Stato. Manca l’iniziativa privata, manca quella responsabilità per cui non si pretenda di essere pagati per tutto ciò che si fa, ma solo per una parte. È in atto una crisi dell’idealismo: non invano il nostro sistema è chiamato del materialismo storico. Io non so se sia storico, ma si tratta di un materialismo molto crudo.
Noi siamo molto attenti a tutta la realtà dei piccoli imprenditori, soprattutto della Lombardia. Inoltre noi sloveni ci sentiamo come mentalità molto vicini al mondo del Friuli Venezia Giulia, per i tanti legami storici e culturali che ci uniscono. Cooperiamo volentieri, ci mancano soldi, ma non ci manca il coraggio, e soprattutto non ci manca la voglia di imparare, da esempi positivi. Io direi ancora questo: nel nostro paese c’era il culto del lavoro, come in tutti i Paesi dell’Est, ma in nessun’altra parte del mondo il lavoro era stimato e ben fatto come da noi; questa è una realtà. Bisogna rivalorizzare il lavoro, bisogna rivalorizzare il ruolo del lavoratore e poi soprattutto il ruolo della donna. Da noi le donne sono impiegate per il 95%; sparite le donne dagli uffici, dalle fabbriche, io penso che più di metà di automobili sparirebbero dalle strade, tutto uno standard crollerebbe. Il nostro è un mondo che è basato sul lavoro anche delle donne.
Prima di concludere vorrei lasciare al Meeting un messaggio. Io sono cattolico e so come il cristianesimo sia non pensare in schemi fissati; è un paradosso, è un pensiero paradossale che ci induce proprio ad una creatività.