Venerdì 26 agosto, ore 15

IL PELLEGRINAGGIO A SANTIAGO: MEMORIA VIVENTE DELLA TRADIZIONE EUROPEA

Presentazione della mostra

Partecipano:

Paolo Caucci

docente di Lingua e Letteratura Spagnola presso l'Università di Perugia

Angelico Surchamp

direttore di "Zodiaque"

Rouco Varela

arcivescovo di Santiago de Compostela.

Conduce l'incontro:

Sandro Chierici.

Il pellegrino è uno che cerca l'infinito, che compie la via del pellegrinaggio come simbolo della vita. Il pellegrinaggio nasce come occasione di venerazione della tomba dell'apostolo.

P. Caucci:

Credo che per comprendere la vera sostanza del pellegrinaggio Compostelliano sia nella sua realtà storica, sia come tradizione vivente, sia necessario mettere a fuoco la figura del pellegrino. Il pellegrino (nei 1000 anni che è durata questa incredibile avventura dello spirito) è stato con la sua tenacia, la sua fede, il suo camminare contro ogni moda al di fuori degli alti e bassi della storia, il filo conduttore e il legame tra il pellegrinaggio Compostelliano medievale e i nostri giorni: per questo abbiamo parlato di tradizione vivente, di qualcosa che si è trasmesso attraverso 1000 anni ininterrottamente fino a noi. I pellegrini a Santiago iniziano il loro pellegrinaggio subito dopo la scoperta della tomba dell'apostolo, all'epoca di Carlo Magno. Anche il pellegrino ha avuto degli alti e bassi. Ci sono stati dei momenti, che hanno coinciso con la crisi della cristianità, in cui il pellegrino non è andato a Santiago o ci è andato di meno. Alcuni esempi: l'epoca della Riforma protestante (Lutero attaccò duramente il pellegrinaggio), durante l'Illuminismo, la Rivoluzione Francese (creò un ostacolo naturale al passaggio dei pellegrini). Nel 1801 (la Rivoluzione Francese era già terminata) noi troviamo, nei piccoli ospedali dei Pirenei, i pellegrini di passaggio (pellegrini tedeschi, francesi e italiani).Se il pellegrinaggio incontra un ostacolo che coincide in genere con una sconfitta della cristianità, subito dopo esso riprende più forte e più intenso di prima. Negli anni '60 i pellegrini che andavano a piedi e che attraversano con mezzi modesti gran parte dell'Europa per arrivare a Santiago erano poche decine. Negli anni 70 erano centinaia, nei nostri giorni sono migliaia. Il grandissimo impulso al nuovo pellegrinaggio Compostelliano è stato dato dal Papa che nel 1982, l'anno Santo Compostelliano, ha parlato chiaramente di un pellegrinaggio che sta alle radici dell'Europa, alle radici della Cristianità, alle radici della cultura europea. Questo ha messo in grandissimo movimento il fenomeno, che ora sta assumendo dimensioni di massa. Il pellegrino, secondo me, è la figura centrale del pellegrinaggio, quello che giustifica il pellegrinaggio, quello che ci ha permesso di fare una mostra, chiamandola "tradizione vivente", "memoria vivente". Pellegrino si diventava e si diventa ancora, perché lo stesso rito viene praticato nelle Confraternite attraverso un rituale che è già conosciuto nel 1140 quando a Santiago viene compilato un testo che raccoglie preghiere, sermoni, la famosa guida del pellegrino (raccoglie un testo che indica dove il pellegrino deve passare, dove deve fermarsi, quali sono i punti pericolosi, quali sono gli ospedali che possono raccoglierli). Fra queste preghiere c'è un sermone che rappresenta una piccola summa del pellegrinaggio Compostelliano: in quel testo troviamo il rituale che permette ad ogni persona di diventare pellegrino. Viene dato al pellegrino un bastone, un cordone, una piccola bisaccia a forma di pera che deve essere piccola per contenere pochi viveri (il pellegrinaggio deve essere fatto in povertà); la bisaccia deve essere aperta, non deve avere legacci, perché deve servire per dare e per ricevere. E un elemento molto importante perché ci fa capire lo spirito con cui deve essere fatto il pellegrinaggio: in carità (carità che si chiede e carità che si esercita in quanto si trova sempre qualcuno che ha più bisogno di noi). La bisaccia deve essere costruita con animale morto (la morte dell'animale ricorda che anche l'uomo muore). Si tratta di una vera e propria simbologia del pellegrinaggio. Si diventa pellegrino da quando si assume la veste e questo da particolari privilegi: non si pagano certi pedaggi sui ponti, si viene ospitati negli ospedali, ecc. Il pellegrinaggio è un viaggio sacro: ciò che lo differenzia dal turista è proprio il fatto che il turista va a visitare qualcosa che piace, mentre il pellegrino va alla ricerca. Il pellegrino è uno che cerca l'infinito, che percorre la via che è simbolo della sua vita, alla ricerca dell'infinito e quando torna a casa con quello che ha maturato durante il pellegrinaggio, con quello che ha conosciuto e capito di se stesso, del suo rapporto con gli altri, allora può costruire (la sua storia, ma anche la storia del mondo nel quale vive). Il pellegrino prima di partire dalla propria parrocchia o città, deve chiedere perdono ai nemici, si deve confessare, deve fare testamento (il testamento è necessario perché durante il pellegrinaggio possono capitare degli spiacevolissimi incontri, si può morire, ed infatti la via del pellegrinaggio è segnata anche da piccoli cimiteri che creano una emozione incredibile). Il testamento ricorda al pellegrino non solo la sua povertà (abbandona tutto, i parenti e ciò che ha), ma il fatto che muore al mondo: per questo esiste nella teologia medievale la tendenza a voler considerare il pellegrino come appartenente ad un ordine religioso. Il pellegrino compie un viaggio "accompagnato", non è solo. Questo, ritengo, è un elemento veramente importante nella ricerca di infinito: il pellegrino viene accompagnato e ogni giorno ha una riflessione da compiere, è nel viaggio che approfondisce la sua realtà interiore. Il pellegrino registra tutto quello che vede e incontra, se incontra qualcosa di interessante non perde occasione di conoscerla. Inoltre il pellegrino incontra altri pellegrini che camminano con lui, e camminando sette o otto mesi all'anno, ha la possibilità di imparare una lingua franca fatta un po' di italiano, di francese, di tedesco e di latino. Questo gli permette di venire a conoscenza di notizie, informazioni, dati, e di trasmetterli (così che diviene un operatore culturale di primissima qualità). Si tratta di un viaggio formativo non solo spiritualmente ma anche materialmente (imparerà come si tessono le stoffe, come si batte il ferro, come si zappano le vigne, come si potano gli alberi, come si legano i capi della vite). Quando una persona torna da Santiago è interamente cambiata: interiormente (se ha seguito le mille sollecitudini spirituali che sono venute da questo cammino) e sul piano della conoscenza culturale (tecniche, ecc.). C'è una tendenza ai nostri giorni che bisogna respingere, ed è quella di separare il culturale dallo spirituale: si cerca di fare del pellegrino un turista che gira per il mondo, dimenticando che le motivazioni sono tutte spirituali. Dante diceva, nella sua famosa definizione del pellegrino, che è un "viandante del sacro che va a servigio dell'Altissimo". Il pellegrinaggio aumenta o diminuisce a seconda della crisi o meno della cristianità, ma la psicologia del pellegrino non cambia, è sempre la stessa. Questa è la cosa impressionante: il giovane pellegrino che oggi va a Santiago, che si può incontrare in Castiglia, ha la stessa psicologia del pellegrino del 1300. Questo mi sembra riconfermi la scelta del nostro titolo: "tradizione vivente", c'è qualcosa che ci è trasmesso, che fa bene ai nostri giorni e questo mi sembra un dato importante. Il pellegrino, quindi, cerca l'infinito per le strade d'Europa e, tornato a casa, costruisce la storia, cambia la storia. Essere stati a Santiago cambia la vita, significa non essere più come prima. Pensate al silenzio della Castiglia: si cammina per ore e ore senza incontrare nessuno, così che è più facile incontrare se stessi. Il pellegrino rimane tale per tutta la vita: pellegrino si diventa e si rimane. Le Confraternite dei pellegrini hanno una funzione nell'anno sociale di primaria importanza. Qualche volta sono soltanto Confraternite di culto, di devozione, altre volte, invece, si dedicano alla continuazione di opere (ospedali per i pellegrini di passaggio, ecc.). Nei nostri giorni assistiamo ad una grandissima ripresa del pellegrinaggio: nascono in tutta Europa centri di studio, Confraternite. Il pellegrinaggio a Santiago è "tradizione vivente", è una persona che vive realmente, ed è "memoria vivente" della cristianità, è un fatto che può cambiare la vita di tutti noi e può permetterei di operare nel nome di Cristo nella società.

  1. Surchamp:

Si possono capire i pellegrinaggi nel Medioevo solo se ci si riferisce alla profonda convinzione degli uomini e delle donne di quell'epoca profondamente religiosa (la vita vera era per loro quella eterna): per ottenere il perdono dei peccati e la beatitudine celeste avevano coscienza che dovevano, seguendo Cristo, prendere la croce e compiere azioni difficili e, quindi, meritevoli. t per questo motivo che uomini e donne lasciavano il proprio paese, le proprie famiglie, attività abituali, per recarsi a visitare per sei mesi, a volte un anno, i santuari che custodivano reliquie di santi per chiedere loro aiuto e tramite le difficoltà del pellegrinaggio meritare di giungere alla fine della loro esistenza terrena, alla vita dei beati nel cielo. Per costoro il pellegrinaggio era l'immagine della vita intera: qualsiasi esistenza cristiana rappresenta un cammino alla sequela di Cristo, affinché, come dice S. Benedetto alla fine del prologo della sua Regola, avendo partecipato con la nostra pazienza alle sofferenze di Cristo, anche noi meritiamo di partecipare alla gloria del suo Regno. Partire con i vestiti addosso, senza nessun ricambio, come chiede il Vangelo, con una semplice e povera bisaccia, significava affidarsi alla divina Provvidenza e all'umana carità di uomini di cui non avrebbero nemmeno inteso il linguaggio, per i quali i pellegrini erano stranieri, ma fratelli nella fede. Il pellegrinaggio è l'immagine della nostra vita terrena è un richiamo per tutti gli altri cristiani che devono praticare la verità. La venerazione delle reliquie dei santi, loro fratelli maggiori già arrivati al cielo, che intercedono presso Dio, richiede la costruzione di Chiese in grado di accogliere i pellegrini. Le vie di Santiago hanno consentito scambi artistici importanti perché sono state percorse da pellegrini di diversi paesi e sono diventate luoghi di incontro. È molto difficile dire in che direzione siano avvenuti tali scambi: se dalla Francia verso la Spagna o viceversa, probabilmente sono avvenuti in entrambe le direzioni. È innegabile, ad esempio, che l'impronta araba sia stata utilizzata sia in Spagna che in Francia. "Ero viandante, pellegrino, straniero e voi mi avete ricevuto": è questo cristianesimo in atto e non in idea, che l'arte romanica ci fa toccare con mano se sappiamo guardarla da vicino.

R. Varela:

Parlare di memoria è molto facile ma quando si approfondisce cosa significa questa parola ci si accorge che non è poi tanto semplice. La memoria ce l'hanno gli uomini, ogni persona, è una facoltà umana, ma bisogna parlare anche di memoria collettiva. La memoria collettiva può essere la memoria della chiesa (è essenziale per la chiesa): il momento culminante della vita della chiesa si definisce come memoria (l'Eucarestia) e si può parlare anche di memoria di popolo, di famiglia e di tutta una comunità culturale come quella europea. La memoria collettiva vive di strumenti oggettivi attraverso i quali è accresciuta, espressa e si può trasmettere alle generazioni successive. Di che cosa mantiene la memoria questa mostra? In primo luogo della scoperta di una tomba apostolica: colui che non riconosce questo fatto, non può capire nulla del significato del pellegrinaggio a Santiago, in un secolo molto oscuro della storia spagnola e d'Europa. Nel secolo VIII viene scoperta la tomba dell'apostolo San Giacomo: da allora si produce un fenomeno storico che giunge ai nostri giorni e che si conosce, appunto, come il pellegrinaggio a Santiago. Ciò che attrae pellegrini è questa possibilità di venerare la tomba dell'apostolo e ciò implica due cose: 1) il potersi trovare in modo autentico, in un rapporto vivo con il Signore e 2) convertirsi a Lui. Questo costituisce la sostanza del pellegrinaggio a Santiago dal secolo IX fino ai nostri giorni. Nel primo secolo il pellegrinaggio a Santiago ha prodotto dei frutti dentro e fuori della chiesa: dentro la chiesa ha generato un sentimento di comunione, unità, il desiderio di vivere in modo sempre più autentico il vangelo. A partire dai secoli IX-X-XI-XII, comincia a profilarsi la chiesa universale, la comunione universale con il pontefice romano (è il movimento riformatore nella chiesa che si conosce con il nome di Riforma Gregoriana). Il pellegrinaggio contribuisce in modo sostanziale a questo rinnovamento e produce effetti anche fuori dalla chiesa. Prima del IX secolo, ad esempio, non si poteva parlare di Europa: con Carlo Magno e con l'impero da lui instaurato si comincia a parlare di cristianità (ancora non si parlava di Europa, se ne parlerà più tardi perché mancava un sentimento europeo, non esisteva il senso dell'Europa). La chiesa che diviene una, comincia a dar forma all'esistenza dell'Europa e a un sentimento europeo. Il pellegrinaggio verso Santiago e i pellegrini, sono gli agenti più vivi, i trasformatori di questa nuova realtà che sarà poi l'Europa. Queste sono le origini: la memoria perché sia operante, deve essere vissuta da coloro che sono protagonisti del momento storico in cui ci si trova, ossia noi dobbiamo renderla operante e vivente. Come rendere operante la memoria che ci è offerta dal pellegrinaggio? In due modi: l'Europa che abbiamo davanti ai nostri occhi è una realtà che cerca una unità e l'ha raggiunta o la sta raggiungendo per alcuni aspetti (economici, sociali, politici). È sufficiente tutto ciò che si sta facendo sul piano politico, economico, culturale, per l'unità europea? Non staremo costruendo una unità europea basata sull'egoismo, l'opportunismo, la convenienza materiale? Occorre dare anima all'unità Europea, perché neppure le comunità culturali possono esistere senz'anima. Se questo è uno dei problemi che si pone oggi l'unità europea, quale può essere il nostro contributo? Andare in pellegrinaggio a Santiago. Bisognerebbe essere coscienti del fatto che occorre di nuovo ripercorrere quella via per incontrare il Signore, per costruire la chiesa, l'unità della chiesa, l'unità apostolica della chiesa, per scoprire la chiesa come Sacramento della gloria di Dio e per riscoprire l'uomo chiamato a vivere la propria vita di fronte alla gloria di Dio. Questo modo di vivere la vita umana, la vita cristiana e della chiesa, può implicare un occasione importante di riforma della chiesa e può offrire le basi per trovare un nuovo fondamento di unità per gli europei. t ciò che il Papa chiama le radici dell'Europa, le radici cristiane dell'Europa. Scoprire le radici europee è il nostro compito e per fare ciò il Santo Padre ha invitato i giovani cattolici a compiere il pellegrinaggio verso Santiago l'anno prossimo, come forma di conversione della gioventù europea, come riforma della chiesa e modalità per realizzare l'Europa.