mercoledì 29 agosto, ore 15

CHERNOBYL: IL DRAMMA DIMENTICATO

INCONTRO PROMOSSO DAL SETTORE "SOLIDARIETA"

Partecipano:

Mario Goriup

Esponente dell’Associazione "Partecipa anche tu"

Krzysztof Prokop

Responsabile di Polska ‘89

Swietlana Sawrasowa

Giornalista

Modera:

Raffaello Vignali

R. Vignali:

Abbiamo chiamato quest’incontro "Chernobyl: il dramma dimenticato" perché nell'Europa occidentale nessuno più si ricorda di quest’incidente, anche se in Bielorussia la gente continua a morire per l'effetto delle radiazioni. Si tratta di un fenomeno scomodo che riguarda anche noi perché anche qui c'è stato un effetto Chernobyl, non riferito al corpo, ma alla coscienza: in Occidente non siamo più capaci di pensare con la nostra testa; pensiamo quello che il potere ci vuol far pensare, e il dramma più impressionante è che ci dimentichiamo di questo. Ascoltiamo ora le testimonianze dei nostri ospiti, Mario Goriup e Swietlana Sawrasowa, che su due versanti diversi, l'Italia e la Bielorussia, stanno lavorando concretamente per la popolazione di Chernobyl. Il con noi anche Kzrysztof Prokop che è stato il tramite attraverso cui queste due persone, con le realtà che rappresentano, si sono potute incontrare qui al Meeting.

M. Goriup:

La nostra associazione "Partecipa anche tu", presente al Meeting con uno stand, è nata dopo la strage di Bologna perché abbiamo sentito la necessità di ricordare queste 85 persone che sono cadute. Durante il nostro cammino ci siamo trovati a lavorare e operare con parecchie realtà missionarie che s’interessano dell'uomo: Caritas, San Vincenzo e altri gruppi. Attraverso la San Vincenzo che aveva inviato sei ambulatori, siamo venuti in rapporto con la situazione della Bielorussia. Dopo un paio d'anni dall'incidente di Chernobyl, le autorità sovietiche hanno mandato una lettera di ringraziamento e ci hanno invitato là per un soggiorno. La mia richiesta di scattare fotografie e avere documenti ha incontrato dapprima qualche perplessità, ma poi le autorità mi hanno dato la cartina che è qui esposta. Questo documento che è forse il primo e l'unico ufficiale in Italia è stato stampato nel marzo del 1990 e mostra chiaramente la situazione delle radiazioni in Bielorussia. Al nostro rientro ci siamo trovati un po' disarmati, perché il nostro gruppo non è grande e opera in piccoli progetti. Però io oggi mi trovo qui e ne sono lieto. Dobbiamo combattere soprattutto contro quell'effetto Chernobyl che cresce nelle nostre coscienze perché non siamo qui certamente per risolvere il problema della Bielorussia, ma perché non sia dimenticato.

K. Prokop:

Io sono responsabile dell'associazione italo-polacca "Polska ‘89" che si occupa di una collaborazione fra Italia e Polonia nei diversi settori e soprattutto in quello economico. Un giorno è venuto da me un avvocato per iniziare alcuni affari economici fra Polonia e Russia. Quest’argomento, che doveva essere fondamentale, è passato in secondo piano quando mi ha accennato che la questione di Chernobyl è una questione dimenticata. Mi ha presentato un dato che mi ha colpito e che vi vorrei riferire senza commento: da qualche mese in Polonia si organizzavano soggiorni di riposo per bambini e giovani bielorussi colpiti dagli effetti delle radiazioni di Chernobyl (sono ormai 500 mila); da un paese dovevano arrivare trenta bambini, ne sono arrivati ventiquattro. Quando l'avvocato ha chiesto il motivo di questa diminuzione gli hanno risposto che ne venivano ventiquattro su trenta solo perché nel frattempo gli altri erano morti. Non credo ci sia bisogno di commento. Lascio la parola a Swietlana, testimone di questo dramma dimenticato.

S. Sawrasowa:

A quattro anni dalla tragedia di Chernobyl una parte della Bielorussia e ancora molto inquinata dalle radiazioni, vi vivono due milioni di persone e circa mezzo milione di bambini. Anche gli studiosi giapponesi che si sono trovati ad affrontare una situazione d’inquinamento radioattivo molto grave, non sono in grado di fare una prognosi su quando il territorio potrà essere di nuovo riportato ad uno stato normale, perché la nostra è stata una tragedia senza precedenti e senza nessun caso analogo. Purtroppo, quando è accaduto l'incidente di Chernobyl, le informazioni nel nostro paese ancora non circolavano. Non lontano da Chernobyl c'è una piccola cittadina dove abitano ancora adesso tutte le persone che lavorano nella centrale; il giornale locale ha dato notizia dell'accaduto con due righe solo otto giorni dopo la tragedia. Io ricordo molto bene quel periodo perché ero all'ottavo mese di gravidanza. Nessuno ci aveva spiegato nemmeno le cose più elementari, per esempio che bisognava tenere chiuse le finestre, lavare accuratamente i pavimenti, lavare i vestiti, lavarsi sempre i capelli, non bere latte. La gente si doveva limitare ad ascoltare i consigli che passavano di bocca in bocca. Quando ho partorito, all'ospedale allattavo mio figlio e il bambino di un'altra donna che abitava in una città a cento km da Chernobyl, e il cui corpo aveva fatto da scafandro: lei aveva ricevuto una forte dose di radiazioni, ma il bambino al suo interno era

rimasto incontaminato. Lei non poteva allattarlo quindi io ho contribuito in questo modo. Bisogna anche ricordare che molte donne ai primi mesi di gravidanza in quel periodo sono state praticamente costrette ad abortire dai consultori, perché quando andavano a chiedere informazioni, dicevano loro che era indispensabile abortire altrimenti avrebbero avuto dei figli malati, mostruosi. Più tardi si è invece saputo che queste radiazioni agivano solo su feti di sette-otto mesi per cui tutte queste donne hanno abortito inutilmente. Su feti in età più avanzata le radiazioni effettivamente potevano provocare dei danni alla tiroide. Adesso mio figlio ha quattro anni e io vivo costantemente nella paura che ogni più piccolo disturbo sia la prima manifestazione della malattia, perché molti dei suoi coetanei già hanno manifestato dei sintomi, soprattutto cirrosi epatica. Per me questa è stata anche una tragedia dal punto di vista ideale. Io, infatti, avevo sempre creduto ciecamente negli ideali del comunismo e del resto quando ad un giovane o ad un bambino, si dice.: "Tu adesso sei felice perché c'è il comunismo", certamente ci crede. A questo punto mi sono resa conto che questa catastrofe è stata anche una catastrofe politica, che ha rivelato la menzogna che il nostro paese continuava a darci. Io sono giornalista e da subito mi sono interessata soprattutto alla sorte dei bambini. Esiste adesso un centro di studi zoologici che studia gli effetti delle radiazioni sugli animali, ma non esiste un pediatra che si occupi degli effetti sui bambini, effetti che sono veramente gravi. Noi possiamo dare adesso delle cifre: otto bambini su dieci, da quattro anni a questa parte stanno subendo progressivamente danni alla vista; tre su dieci hanno danni all'udito; si registrano casi d’ischemia cardiaca, d’asma o di malattie bronchiali quattro volte superiori alla norma ed è anche aumentata sensibilmente la percentuale di cancro. Inoltre è molto difficile controllare come sono usati i fondi per tentare di sanare la situazione. Ogni mese in queste zone vengono da Mosca delegazioni di medici che fanno analisi del sangue a tutti i bambini delle scuole, ma se ne vanno senza dire nulla e nessuno sa gli esiti di queste analisi, nessuno ci dice se questi bambini sono da curare (e comunque, se anche lo fossero, non ci sarebbero le medicine). Quando io ho incominciato a prendere contatti con gli scienziati, ad interessarmi di questo problema, ho scritto anche testi, articoli e resoconti sulla situazione e ho provato a pubblicarli in Bielorussia, ma non ci sono mai riuscita. Ho pubblicato qualche testo a Mosca e questo da un lato è un bene perché così anche là possono rendersi conto della situazione, ma dall'altro è inutile perché Mosca è tanto lontana, ognuno ha da pensare ai fatti suoi e quindi l'opinione pubblica rimane molto meno colpita. Solo un anno fa, grazie a continue manifestazioni e interventi del fronte popolare, in Bielorussia è stato possibile incominciare a pubblicare qualche cosa su Chernobyl. Bisogna però dire che il processo d’apertura e di liberalizzazione dei governi delle repubbliche sovietiche è molto più lento rispetto all’avanzata delle radiazioni, per cui i nostri figli intanto stanno morendo. Io penso che per rispondere a questa tragedia sia necessario un movimento internazionale, non politico, un movimento che sia veramente di massa, perché solo in questo caso potremo mettere un freno a questa strage. C'è infatti veramente il rischio che la nazione bielorussa possa scomparire.

Segue il dibattito