Lunedì 27 agosto, ore 17.00
CONTINENTI GOMITO A GOMITO
Partecipano:
Abelardo Ramos
argentino, scrittore e uomo politico
Barney Frank
statunitense, democratico del Massachusets, deputato alla Camera dei Rappresentanti
Antonio Lago Carballo
spagnolo, docente di storia dei regimi politici ispano-americani alla facoltà di scienze politiche dell’università di Madrid Henry Raymont, statunitense, giornalista e; scrittore, già capo a Buenos Aires dell'ufficio di corrispondenza del "Times" per il Sudamerica, presidente della Mundus Novus Foundation
L’America sono le Americhe: da una parte il Nordamerica, simbolo e luogo della modernità, del progresso, delle enormi possibilità offerte dalla scienza e dalle tecnologie moderne; dall'altra il Sudamerica, ricco di storia e cultura ma stretto nella morsa del sottosviluppo. Che cosa caratterizza queste due situazioni e quali spunti di scontro, ma soprattutto d’incontro da ciò possono derivare? Questo è il tema della tavola rotonda, che si apre con l'intervento d’Abelardo Ramos.
A. Ramos:
Scoperta per errore da Cristoforo Colombo, ossessionato navigatore genovese, e battezzata prendendo spunto dall’erudito cosmografo fiorentino che per primo la descrisse, l’America, figlia indesiderata che porta il nome di colui che non fu suo padre, è una terra dall’origine simbolicamente complessa. Da destra come da sinistra, da Hegel ad Engels, in Europa si fu concordi nel ritenere che l’America latina e creola fosse un continente barbaro da civilizzare. Da ciò venne alle potenze colonialiste il pretesto per depredarla con la scusa di civilizzarla Sintesi originale delle culture precolombiane e di quelle iberiche, l’America latina e creola, frantumatasi in venti paesi non per volontà sua ma per pressione del colonialismo inglese, è un formidabile insieme di risorse spirituali, culturali e materiali suscettibili di divenire la base di una grande nazione. Sono 400 milioni d’abitanti, che nel 2000 diventeranno milioni. Un gigantesco blocco storico-nazionale che, dopo aver subito per anni, ha ora bisogno di mezzo secolo di conflitti per affrontare i propri potenti nemici interni ed esterni e conquistare la propria sovranità. Oggi abbiamo già qualcosa in comune, che avrebbe allarmato molto Amerigo Vespucci, e non sono certo costituisca in qualche modo il profilo classico dell’identità nazionale; ma è qualcosa che senz’altro ci unisce: sono 300 miliardi di dollari di debito estero. Tutta l’America Latina innanzi alla Banca Mondiale, che chiede di essere rimborsata con è unita moneta di sangue e di carne, e, fortunatamente, abbiamo anche una bella lingua europea, la lingua spagnola, per capirci meglio e irrompere tutti insieme nella scena storica e realizzare quella che sembra un’utopia, trasformare insomma l’utopia in atto.
B. Frank:
Storicamente gli Stati Uniti si sono comportati nei confronti dell’America Latina non meglio di come l’Europa occidentale si sia comportata nei confronti, che so, dell’Africa o dell’Asia. Questo però riguarda il passato. Già da tempo siamo, infatti, in una fase post-imperiale, in cui la responsabilità fondamentale dei popoli del Centro e del Sudamerica è loro, e loro soltanto. Direi che sono ormai quarant'anni che è così. Prendiamo il caso dei prestiti, dell'incredibile indebitamento nei con fronti della Banca Mondiale. Ebbene, non sono stato io a prendere in prestito quel denaro, né mai l’ho suggerito a chicchessia vero che la Banca Mondiale ha spesso assunto di fronte a tale problema un atteggiamento troppo duro ed intransigente, ed è vero che dobbiamo lavorare insieme per trovargli una soluzione. Resta però il fatto che sono stati i latino-americani a decidere di contrarre quei prestiti; non si può dunque dire che l’indebitamento del Brasile, dell’Argentina ecc., sia colpa degli Stati Uniti. In secondo luogo c'è un'altra questione: la mancanza di democrazia in
moltissimi paesi dell’America Latina. Certo, in parte storicamente gli Stati Uniti sono responsabili di questa mancanza. Però, ai tempi della presidenza di Jimmy Carter, venivamo accusati dagli stessi latino-americani di promuovere in modo esagerato la causa della democrazia nell’America Latina Già oggi il ruolo degli Stati Uniti nell’America Latina è più limitato di quanto fosse un tempo. Sono convinto tuttavia che dovrebbe venire ridotto ulteriormente, e limitarsi ad una leale cooperazione e ad un supporto alle forze democratiche che esistono nei paesi latino-americani. Tuttavia nessun
paese straniero può rendere ricca e democratica un'altra nazione. Il successo economico, politico, sociale deve venire dall’interno; non può mai venire dall’esterno o da paesi terzi
A. Lago Carballo:
Sin dal loro apparire sullo scenario della storia, le due Americhe, l’Anglosassone e l’Iberica o Latina, sembravano condannate a vivere incostante tensione e discrepanza, come profeticamente scrisse il filosofo Hegel: l’America è il paese dell'avvenire. In tempi futuri la sua importanza storica emergerà proprio nella lotta tra America del Nord e America del Sud. Sin dall’inizio la politica degli Stati Uniti nei confronti dell'America Latina ha avuto due obiettivi:
In nome della sicurezza continentale si sono portate a termine, da parte degli Stati Uniti, azioni che hanno causato profonde ferite nella coscienza storica dei popoli latino-americani; ferite che sono alla base di radicali atteggiamenti anti-nordamericani non sempre giusti né razionali, ma non per questo meno vivi e permanenti. Ai fini del ristabilimento di rapporti buoni e veritieri tra le due Americhe direi che è necessario che gli Stati Uniti adottino un atteggiamento di comprensione, rispetto e solidarietà nei confronti dei popoli latino americani. La comprensione presuppone la conoscenza della realtà latino americana. Oggi i latino-americani (63 milioni d’abitanti all’inizio dello scorso secolo XIX) sono 400 milioni, per il 40% d’età inferiore ai 15 anni. Le città con oltre un milione d’abitanti sono 2: Città del Messico, se continua a crescere al ritmo attuale, nel 2000 avrà 25-30 milioni d’abitanti e la conurbazione San Paolo-Rio de Janeiro da 40 a 50 milioni. Riuniti il 21-22 giugno scorsi a Cartagena de Indias, i ministri degli Esteri e dell'Economia dei principali stati dell’America Latina hanno constatato che 1a regione attraversa una crisi senza precedenti caratterizzata da una grave riduzione del prodotto pro capite, oggi in termini globali fermo ai livelli di dieci anni fa’. Un quarto della popolazione attiva è disoccupata, mentre il debito con l’estero, 10 mila milioni di dollari nel 1963, oggi si calcola ammonti complessivamente a 350 mila milioni di dollari e un quarto di questa cifra deriva da spese militari. C’è però da domandarsi in quale misura tali spese militari non siano altro che una conseguenza di quella dottrina della sicurezza nazionale che Washington ha ispirato a molti degli attuali regimi latino-americani. Prima di fare confronti tra l’America Latina e paesi di maggior tradizione politica e più consolidata struttura sociale (tra cui in primo luogo gli Stati Uniti) occorre conoscere e comprendere la complessa realtà latino-americana. E dopo la comprensione viene il rispetto, e quindi l’accettazione della peculiarità dell’altro. Quando invece si studiano le relazioni fra Stati Uniti ed America Latina appare con chiarezza che tale rispetto è spesso mancato. Infine il rispetto deve sfociare nella solidarietà. Se nessun uomo è un’isola tanto meno sono isola le nazioni. Gli imperativi della solidarietà umana valgono particolarmente nei confronti del prossimo. Ebbene, A prossimo degli Stati Uniti sono i paesi dell’America Latina
H. Raymond:
La reciproca conoscenza tra nordamericani e sudamericani è tuttora distorta, impedita, da opposti pregiudizi che risalgono rispettivamente all'epoca della rivalità tra Inghilterra e Spagna per la conquista d’Impero nelle Americhe, ed all’epoca della Controriforma. E finché questi pregiudizi sussisteranno nessuno degli obiettivi indicati dagli oratori che mi hanno preceduto (la comprensione, il rispetto reciproco, la solidarietà) potrà mai attuarsi concretamente. A questo fine occorre rispettare e conoscere la storia, avere quel senso della storia che invece così spesso manca nell’America Latina. L’America Latina spesso non si adatta, non vuol entrare in quello schema della storia universale che invece il Nordamerica e l’Europa occidentale conoscono, condividono e vogliono trasmettere Grazie alle nuove tecnologie oggi conosciamo per esempio ogni più remoto angolino della terra. Però non abbiamo ancora imparato a conoscere come pensano, sentono, provano persone di una cultura diversa dalla nostra; ma sapere come pensano e che cosa sentono presuppone la conoscenza della loro storia. L’anno 1992, il quinto centenario della scoperta dell’America, è ormai vicino e potrà essere una grossa occasione per l’Occidente per rivedere e per cambiare quei pregiudizi obsoleti degli uni nei confronti degli altri, e viceversa, di cui si diceva, e quindi anche per rivalutare ciò che proviene dalla nostra comune eredità. Concludendo, poiché ormai non ci resta più altro tempo, vorrei ringraziare questo Meeting di Rimini 1984 per aver scelto il tema ‘America, Americhe’, che è così importante e che invece è stato per troppo tempo assente dagli interessi e dalle preoccupazioni degli occidentali, non soltanto europei ma anche nordamericani.