Lunedì 24 agosto 1981
COME UN ARTISTA CREA
Incontro con:
William Congdon
Pittore.
W. Congdon:
L’arte nasce da intuizione poetica nel notturno preconscio dell’artista. L’artista coglie - e allo stesso tempo viene colto da – l’immagine di sé nelle cose e delle cose in sé; immagine perciò della comunione fra sé e le cose, in cui, in qualche modo, l’artista è le cose e le cose sono lui. L’artista trasforma l’apparenza materialistica delle cose, le trasfigura in immagine, o segno, di vita nuova. Questa immagine, che possiamo chiamare il "ciò che c’è prima", era però già presente, era già presenza nell’arista; anzi, è questa immagine che - come il ‘Foetus’ nella gravida madre - è intuita implicita, e che - al suo tempo o momento giusto -urge a manifestarsi esplicita cioè urge a nascere. Il gesto dell’artista è un lasciarsi trascinare in un seguire, un obbedire. Il parto, dell’immagine non parte da lui, ma arriva a lui, scatta dalla sua memoria - o diciamo ‘gravidanza’ -e lui buttandosi dentro, con tutta la gamma dei suo 'medium' pittorico, diventa - sempre secondo il suo modo d’essere uomo - la stessa immagine che ora nasce da lui. Il dipingere: il gesto sacerdotale per cui l’uomo (artista) diventa lo stesso gesto che si compie in lui. Il pittore non entra nella lotta finché non riconosce sorgente, dalla sua memoria al suo conscio, l’immagine che già c'era, pur implicita, e che ora, per l’atto di dipingere deve manifestarsi. Dall’istante dei suo abbandonarsi alla lotta, tutto dell'artista - la sua storia, il suo cuore, la sua mente, viso, braccio, mano che diventa spatola, che diventa ì colori, tutto trasforma il pennello nell'immagine dei quadro:
- arte, che cosa è?
- dove si fa?
- come si fa?
- dove e come sollecitarne l'ispirazione?
- come riconoscerla e guardarla?
- L’arte è la trasformazione della natura apparente - materialistica - di un'immagine di vita nuova - dello spirito.
- L’opera d’arte si fa dentro - e con tutta la vita dell’artista - che vuoi dire con tutta la sua storia, la sua vita, il suo corpo - corpo che - dopo essersi immerso nella profondità delle cose per rinvenire a galla lui e le cose insieme, si prolunga nel suo medium -spatola colori tavolozza pennello - per diventare il corpo, per partorire l'immagine.
- L’opera d’arte nasce dall’intuizione poetica nel preconscio dell’artista (o dono) che, tramite un incontro con l’esistenziale realtà delle cose, urge ad incarnarsi opera (o quadro, scultura o altro) - opera che è segno della comunione tra l'artista e le cose incontrate.
- Dove sollecitare l’ispirazione? Ci sono degli strumenti esteriori e degli strumenti interiori, perché l’occhio dell’artista sia continuamente stimolato per rendere ovunque nuovo il creato che gli è affidato. Che l’occhio sia scisso - o meglio, il cuore dell’occhio - dalla sua istintiva abitudinarietà per ripercuotere sulle apparenze materialistiche degli oggetti, per orientarli alla loro trasfigurazione, per l'atto di dipingere, da oggetto in soggetto. Questo scuotere dell’occhio può avvenire in diversi modi, sia in modo spirituale, tramite la preghiera; sia in modo materiale, tramite per esempio l’alcool, o il viaggio, sia tramite il lavoro. La preghiera mobilita nell’artista quelle virtù cristiane che sono anche virtù estetiche: la povertà dello spirito, la pazienza, la lealtà, la carità, il sacrificio. L'alcool intensifica la visione, rapisce l’oggetto con l’occhio acceso, con tutto il corpo e l’anima dell'uomo-artista; e soprattutto tende a liberare la sua intuizione poetica che convoglia con sé quelle caratteristiche della persona (dell’artista) che definiscono una pittura da un’altra - le quali ora possiedono l’oggetto per trasformarlo nel soggetto dell'immagine. Per scuotere l’occhio, c’è anche il viaggiare, il quale rinnova tutti i riferimenti della vita dell’arista dove le vecchie stampelle di rassicuranti ed abituali riferimenti gli vengono tolte, e tutto gli diviene, meravigliosamente ma anche pericolosamente nuovo, in cui l'occhio s'accende per meravigliarsene e allo stesso per difendersi – cogliendo ovunque le immagini che redimono: sia questo stesso mondo nuovo, sia il se stesso dell'artista, messo allo sbaraglio - per la precarietà insita nel viaggiare - dove l’artista nel suo dipingere, scopre e riceve un nome nuovo. Ma il modo per eccellenza - perché intrinseco e non estrinseco - di suscitare l’ispirazione, è quello dei lavoro, quello cioè di alienare l’occhio e la mano a vedere e cogliere insieme come una sola struttura delle cose. Se l'artista non si aliena continuamente a questo dinamico vedere la strutturale essenzialità - o verità - delle cose, gli strumenti su accennati non possono valergli. Invece un assiduo allenamento al disegno (che è l’ossigeno dell'opera dell’arte) della struttura renderà d’alimento gli altri strumenti. Perché la struttura - e non sto parlando di quella naturalistica - è la verità delle cose che in tutto, sempre e ovunque affascina e mobilita l'artista a ricreare – a trasfigurare le cose, affermando questa struttura che, in fondo, è il nome d’ogni cosa. Il carattere d’ogni persona non sta nella sua cute, ma sta nella sua ossatura.
- L’opera d’arte, se nasce dallo spirito – dall’intuizione poetica dell'artista - questa vada Riconosciuta, vada guardata con lo stesso spirito nel l’osservatore. L'’arte non va "capita" - perciò non spiegata - perché è "mistero", perciò va riconosciuta, partecipata e amata. Che l’osservatore si immedesimi con gli anelli d’ispirazione della stessa intuizione dell’artista, fino ad implicitamente ricreare, nel suo proprio spirito, l’opera dell'artista. Questa partecipazione con l’opera comporta un diventare questa opera. E il diventarla comporta un aprirsi dai propri schemi, di vedere della vita passata tutto un nuovo modo di essere, il quale però, nella misura che sia autentica l'arte, sempre riferisce a tutto d’ogni uomo.