Santa Messa - Omelia di Sua Ecc. za Mons. Mariano De Nicolò, Vescovo di Rimini
Il momento liturgico che stiamo vivendo è il cuore della vita cristiana: siamo convocati da Cristo stesso vivo e presente nel sacramento dell’eucarestia. Ci sentiamo più che mai discepoli del Signore, è Lui che vogliamo incontrare e ascoltare, è con Lui che vogliamo vivere. Siamo, per la forza del mistero della comunione eucaristica, profondamente uniti a tutti i credenti in Cristo e ad ogni uomo.
Il brano del vangelo di Luca che è stato proclamato è incentrato sulla domanda rivolta a Gesù: "Signore sono pochi quelli che si salvano". La salvezza è l’unico problema serio dell’uomo che si sa perduto perché mortale e peccatore. È il nostro vero problema: siamo continuamente all’opera per costruire e salvare relazioni di amicizia, d’amore, per salvaguardare il futuro nostro e dei nostri figli, per garantire sicurezza economica e sociale, in definitiva per salvare la nostra vita. È questo un problema sempre aperto, poiché a noi creature si addice di più invocare salvezza che realizzarla. È per rispondere a questa invocazione di salvezza che Gesù attraversa città e villaggi nella veste del buon pastore che cerca ovunque la pecora smarrita e, trovatala, se la pone sulle spalle e la riconduce al sicuro nell’ovile. È la misericordia divina che si fa vicina ad ogni miseria.
Non ci salviamo da soli: la salvezza arriva a noi come dono ed è opera di Dio. L’evento della nostra salvezza operata da Dio Padre nel Figlio suo va proclamato e testimoniato con decisione e chiarezza soprattutto nel clima culturale attuale. La Chiesa pellegrina sulle strade del mondo ripete le parole del suo Maestro e Signore: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi ma non ci riusciranno". Cosa dobbiamo intendere per porta stretta? Come la Chiesa ha letto nel tempo questa parola di Gesù? Di fronte all’annuncio del dono della salvezza che è Cristo stesso, la porta stretta è il nostro cuore che fatica ad accogliere la salvezza come dono, che ha timore di affidarsi a Dio. Anche Gesù ha vissuto la lotta dell’affidarsi totalmente al Padre, come ci è testimoniato dall’evangelista Luca nella preghiera del Getsemani. Il dono della salvezza, per essere accolto, richiede l’umiltà del cuore.
"La vita non è un sogno" è stato scelto come tema guida di questo Meeting; questo è vero quando si vive l’esperienza umana nella sua totalità, aperta quindi all’incontro con Cristo. La vita rimane sogno se rimane affidata solo alle poche risorse umane. Voi tutti che, animati dal desiderio di vivere in Cristo, siete venuti a ristorarvi al banchetto eucaristico, mantenete viva nel cuore la tensione a rendere reale la vita; la vita cristiana non è un sogno che si dissolve nella immaginazione o nell’utopia, è invece esperienza di libertà già possibile oggi, seppure in germe.
Il tempo che stiamo vivendo ha necessità di trovare autentiche fonti di spiritualità a cui attingere; la Chiesa, ricca della presenza viva del Cristo risorto, è sorgente di speranza per quanti non si rassegnano a vivere nel sogno. Vi sono ambiti fondamentali, nella vita pastorale e sociale, ove è richiesta in modo particolare la presenza dei cristiani. Ne accenno solo qualcuno.
Il primo luogo dove la vita chiede di uscire dal sogno e di venire realtà è la famiglia, con al centro il vincolo di amore dei coniugi. È un dato allarmante il grande numero di coppie che vedono infrangersi il proprio sogno d’amore, e sembrano avere pochi risultati i vari tentativi di aiuto di tipo psicologico e sociale messi in azione. Occorre ricollocare la persona umana nella sua vocazione originaria, così come la troviamo chiaramente espressa nella parola di Dio e pienamente realizzata in Cristo.
Un altro punto qualificante la testimonianza cristiana in questo tempo è una rinnovata passione educativa per le generazioni più giovani. Per educare occorrono maestri di vita, rispettosi e accoglienti della persona umana; la comunione di vita con Cristo ci consegna, giorno per giorno, l’originalità dell’identità umana e lì ne è di crescita. Mentre aumentano le occasioni di qualificazione tecnica su diversi aspetti dell’agire umano, sempre più rari sono i luoghi e le occasioni in cui viene consegnata la sapienza del vivere. Non siano timidi e paurosi i cristiani in questo compito educativo, non siano titubanti i genitori nell’assumersi i propri impegni educativi; è nella linea di una rinnovata passione educativa che come comunità cristiana siamo chiamati anche a salvaguardare le scuole cattoliche, consapevoli di rendere in tal modo un servizio all’intera società. Non si può espropriare la famiglia del suo diritto primario di educare i propri figli.
Altro ambito dove la presenza dei cristiani è da sempre operante è quello delle povertà materiali e spirituali. La testimonianza della carità è via di evangelizzazione e richiama tutti a rivedere i propri criteri di vita, perché nessuno venga messo ai margini per causa nostra. È questo un campo che richiede discernimento spirituale e pastorale, affinché la carità non si esaurisca in elemosina ma recuperi al massimo le capacità delle persone riconoscendone la dignità e un ruolo all’interno della comunità civile. Perché tutto questo avvenga è indispensabile un rinnovato impegno culturale. In una situazione sociale di crescente complessità si tratta di creare luoghi di attenta e seria ricerca, delle strade che possano aiutare l’uomo di oggi a trovare risposte plausibili ai tanti problemi che emergono: occorre riproporre la ricerca culturale come uno dei servizi più nobili e più utili.
È da un rinnovato impegno culturale che l’evangelizzazione trova le vie per incontrare l’uomo. Nella Chiesa non possono trovare spazio né lo sconforto né la rassegnazione di fronte alle difficoltà. L’impegno culturale dei cristiani ha il suo alveo di riferimento nella fedeltà ai valori e agli insegnamenti della Chiesa. Sarà un impegno di ricerca che richiede coerenza, verifica continua, mentalità aperta, capacità di accogliere contributi di verità provenienti a volte da persone e realtà non esplicitamente radicate nella fede della Chiesa. Occorre che noi cattolici ci liberiamo dai complessi di inferiorità e da presunti ritardi e arretratezze rispetto alla cultura laica: senza venir meno all’umiltà di chi sa quanto sia arduo il lavoro culturale dobbiamo essere fieri di proporre intuizioni, anticipazioni in senso profetico.