Inaugurata questa mattina alla Camera dei deputati a Roma la mostra “Il potere dei senza potere. Interrogatorio a distanza con Vaclav Havel”, a cura di Ubaldo Casotto e Francesco Magni. Promossa dalla Fondazione Costruiamo il Futuro e dalla Library Vaclav Havel di Praga, con il contributo di Fondazione San Paolo di Torino, Federlegno Arredo e GiGropu, è stata realizzata in collaborazione con il Meeting di Rimini dove, nell’agosto scorso è stata visitata da 14mila persone.
La cerimonia si è svolta nella prestigiosa Sala della Lupa a Montecitorio, con i saluti introduttivi del vicepresidente della Camera Mara Carfagna, dell’ambasciatore della Repubblica Ceca a Roma Hana Hubáčková, di Annamaria Poggi della Fondazione San Paolo di Torino, del presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà Maurizio Lupi.
A Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale, il compito di introdurre “la grande attualità del pensiero e della testimonianza di Havel, incentrata sul tentativo di vivere nella verità che è proprio della natura di ogni uomo”. La professoressa Cartabia ha spiegato come “alla menzogna del regime Havel opponesse non una verità filosofica, ma la verità dei fatti. E questo è molto attuale, il problema non è il libero dibattito tra opinioni diverse, il problema è la falsificazione dei dati, della verità effettuale”. Oggi “con preoccupazione dobbiamo registrare che la verità di fatto spesso è declassata a opinione” ha detto la vicepresidente della Consulta, portando ad esempio la diffusione delle teorie di tipo terrapiattista. “C’è un secondo dato che desta preoccupazione: il nostro essere continuamente mediati nel rapporto con il reale dai media e dalle nuove tecnologie”, ha poi aggiunto. Senza demonizzarle, Cartabia ha voluto applicare ai rischi che comportano la lezione di Havel: “Ciò che viene propagandato da queste nuove tecnologie è molto più in vista ai nostri occhi rispetto alla realtà nella sua fattualità, c’è una coltre che ci può separare dal dato della fattualità”, tutto questo “richiede un sovrappiù di consapevolezza da parte del singolo, un sovrappiù di intelligenza riflessiva e critica, un sovrappiù di responsabilità personale, di coraggio, di libertà, di onestà e sincerità intellettuale. Che è proprio quello che Havel con i suoi contenuti, con i suoi pensieri, con la sua vita ci ha testimoniato”.
Il ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola, il cui intervento ha fatto seguito a quello della professoressa Cartabia, ha sottolineato l’“importanza” e nello stesso tempo la “difficoltà” di “far dialogare memoria, attualità e futuro”, è questa “la radice della difficoltà delle nuove generazioni nei confronti dell’Europa. Di fronte a questa difficoltà noi dobbiamo ricostruire una identità europea, ritrovare il collante che farà vivere, a chi non ha provato il travaglio per giungere a settant’anni di pace, l’appartenenza a una patria e a una patria europea. Quando Havel dice che l’Europa deve essere uno spazio di libertà non è uno slogan, ma una condizione della propria identità e del ‘personale’ che diventa esempio e si fa politica”.
Conclusioni affidate a Pavel Fischer, presidente della commissione Esteri del Senato ceco e (ai tempi) stretto collaboratore di Havel. Fischer ha ricordato come Havel con la sua vita abbia “messo in discussione un sistema totalitario, abbia risvegliato in un intero popolo il senso della responsabilità personale”. Fischer si è anche detto molto stupito per quanto visto al Meeting di Rimini. “Non credevo che dei giovani di oggi potessero incontrarlo e conoscerlo così, ho visto che il messaggio di Havel era arrivato. Ho visto che è possibile parlare ai giovani di oggi. Grazie per questa esperienza”, ha detto rivolgendosi alla presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, presente in sala.