Cercare l’essenziale è “decidere a chi consegnare la propria libertà”, dice il cardinale Mauro Gambetti
Il cardinale Mauro Gambetti, presidente della Fondazione Fratelli tutti, nella omelia alla messa celebrata nell’ultimo giorno del Meeting, ha dato la sua risposta al tema della ricerca dell’essenziale. “Chi si vuole servire? Quale dio servire? Nel linguaggio biblico ‘servire’ Dio allude a un rapporto gioioso e liberatorio che esalta le energie dell’anima, sottraendola alle schiavitù quotidiane e all’oppressione del male. La decisione di fede non è semplicemente una scelta, è un atto generativo, perché, pur non avendo libertà assoluta, l’uomo può decidere a chi consegnare la propria libertà, chi servire, e di conseguenza di quale libertà vivere.”
“In cosa crediamo?” ha aggiunto “o, in chi crediamo? Ogni giorno dobbiamo deciderci. Lui ha mostrato il suo favore a noi e noi riconosciamo la sua opera. La decisione della fede comincia così: dallo stupore per l’amore che ti nutre, ti contempla, ti rigenera. La decisione della fede è innanzitutto un atto spirituale (…) un coinvolgimento della nostra intimità, fragile e vulnerabile, ma anche luminosa e pura come quella di un bimbo. Nell’intimo si è aperti all’azione dello Spirito.”
Quel “bianco e nero” essenziale nella foto e nella vita, secondo Roberto Salbitani
Uno dei maestri italiani della fotografia, Roberto Salbitani, ha solcato oggi il Meeting e ha raccontato il suo “essenziale”, nella vita e nella fotografia. “Non ho mai amato i colori in fotografia” dice alle “Storie dell’essenziale”. Certo, li vedo nella vita, ma non sono mai stato attratto dai colori, forse perché – mi verrebbe da dire – non ho avuto un passato colorato… Andando all’osso della vita, ecco, il bianco e nero corrisponde alla mia idea della vita come contrasto tra luci e ombre. Il colore, da questo mio punto di vista, è molto “edonistico”, direi che falsifica la realtà. Mi piace andare all’essenziale, descrivere la realtà per contrapposizione e per contraddizioni”. E aggiunge: “Sono arrivato piano piano all’essenzialità nel mio lavoro: all’inizio, da giovane, andavo disperso di qui e di là, facendo un po’ di tutto, usando la fotografia per inserirmi nel mondo. Nel tempo, da adulto e con la vecchiaia, è avvenuta una selezione naturale nella mia vita e nella professione disponendomi a domandarmi dove rivolgere finalmente lo sguardo. E’ nato così il progetto del viaggiatore parallelo. Nei viaggi in treno ho trovato, nelle carrozze, giovani e vecchi, la società intera, ma con il desiderio di trasformare la casualità di quegli incontri in fatalità, cioè in incontri e fotogrammi aggregati alla mia vita.
“Arricchito dei volti e delle storie”, l’essenziale colto al Meeting da Davide Prosperi
Davide Prosperi, il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, quasi al termine del Meeting 2024, manifesta tutto il suo stupore per ciò che ha potuto incontrare negli spazi della Fiera. “Io per primo” dice alle “storie dell’essenziale”, “andrò via da Rimini arricchito dei volti e delle storie che ho incontrato e che mi hanno colpito, a cominciare dalla vicenda di Franz e Franziska Jägerstätter raccontata in una bellissima mostra”.
“Papa Francesco nel suo messaggio al Meeting” aggiunge “cita una frase di Giussani, nella quale denunciava che «il cuore [dell’uomo di oggi] è roso dalla sclerosi, vale a dire dalla perdita della passione e del gusto del vivere». L’“essenziale” di ogni persona, di ogni gesto, è quel desiderio di bellezza, di verità, di giustizia, in una parola di felicità, che è il cuore di ciascuno e che permette di incontrarsi e costruire. È quello che abbiamo scoperto quando abbiamo incontrato Cristo, attraverso la Sua Chiesa, che per noi ha avuto anzitutto il volto di don Giussani e della compagnia che da lui è sorta ed è giunta fino a noi. ”Questa scoperta, d’altra parte” conclude Davide Prosperi, “non segna la fine di un percorso, ma l’avvio di una ricerca appassionata di tutto ciò che di bello e di vero c’è in ciascuno, come ha detto Adrien Candiard nel suo incontro sul titolo del Meeting. Del resto, il Meeting stesso è una testimonianza di questa ricerca appassionata e inesausta, essendo giunto alla 45/ma edizione e avendo mostrato una freschezza e una vitalità che colpiscono non solo chi viene qui per la prima volta, ma anzitutto chi lo costruisce, dagli organizzatori ai volontari.”
Senza il senso della mancanza non c’è desiderio di nuove competenze, l’essenziale di Cristiana Poggio
Nel mondo del lavoro si parla tanto di aggiornamento continuo delle competenze - esigenza vivissima nelle imprese sia per i nuovi inserimenti in azienda sia per i lavoratori già operativi – “ma se l’interessato non ne sente l’esigenza, non c’è la base per partire con l’aggiornamento; su questo necessario senso di una mancanza, motore di ogni slancio, parte il nostro lavoro di formatori”. Cristiana Poggio presidente di una delle agenzie educative più importanti del nostro Paese, Immaginazione e Lavoro, lo dice con la convinzione dell’esperienza, prima dell’intervento al convegno del Meeting “La bellezza del lavoro: una questione (anche) di competenze”. Immaginazione e Lavoro è anche l’anima educativa della Fondazione Piazza dei Mestieri. “Fin da subito” sottolinea “il lavoro è stato il nostro grande alleato e, ovviamente, anche le imprese lo sono state. Così, nel tempo, la nostra offerta di percorsi formativi si è arricchita. Abbiamo iniziato a formare i ragazzi diplomati, poi abbiamo affrontato la formazione continua e permanente. Abbiamo iniziato a entrare nelle aziende e a formare le persone già assunte. Allo stesso modo il ragazzino con un passato faticoso e il manager affermato ci chiedono che ci sia qualcosa che possa dare un senso al loro fare ed entrambi chiedono che qualcuno possa colmare quella mancanza che avvertono: mancanza di sapere, di competenze. Ora il fatturato di Immaginazione e Lavoro è costituito per oltre un terzo dalla formazione in azienda e io posso dire ai nostri docenti che debbono essere custodi di una mancanza, quella mancanza che ti fa muovere e cercare ciò che desideri e ti manca”.
Essere mandati tra il deserto, la missione dei vicari episcopali In Arabia
Monsignor Paolo Martinelli è vicario apostolico in Arabia, insieme con padre Aldo Berardi, il primo nel Sud della penisola arabica il secondo al Nord. Al Meeting raccontano la loro ricerca dell’essenziale. “Il deserto” spiega Martinelli, “è l’immagine che si impone quando si parla di queste terre. E il deserto è anche un luogo molto biblico, il luogo dove si cerca l’essenziale e dove Dio può parlare al cuore dell’uomo. Ma c’è di più: il deserto è molto vivo, non è una realtà fissa, perché il vento, per esempio, ne cambia i connotati, e quindi è anche il simbolo del Mistero che assume forme diverse e non può essere afferrato, ma solo seguito. In questo luogo fisico – dove c’è tanto deserto tra una grande città e l’altra - siamo portati naturalmente a semplificare, a puntare all’essenziale. Qui l’essenziale per la Chiesa è vivere la missione, noi siamo mandati da Qualcuno a qualcuno e insieme a qualcuno, per comunicare Cristo presente ai confratelli e nel dialogo con l’Islam e con le altre religioni.” Il deserto spinge anche la Chiesa alla ricerca del suo essenziale.
Ascoltare musica rock (e non solo) per cercare l’essenziale, l’avventura di Massimo Granieri
L’ascolto della musica rock, e non solo, è stato per molti versi decisivo nel suo cammino verso il sacerdozio. E per Massimo Granieri quella passione è anche una vocazione professionale che lo ha portato a diventare il critico musicale di punta dell’Osservatore romano e, presto, di altre testate. Quel tipo di musica che l’ha attratto continua a essere la strada della sua ricerca dell’essenziale. Così lo esprime: “Nella vita c’è sempre bisogno di fare sintesi, di arrivare al nocciolo delle questioni. E questo avviene per me nell’ascolto della musica contemporanea che mi spoglia di ciò che sono e mi fa fissare lo sguardo su ciò che conta di più e mi fa essere attento ai problemi degli altri. C’è sempre nelle canzoni e nei cantanti che ascolto la sete d’eternità, il desiderio di stare insieme, di vincere la solitudine attraverso qualcosa o qualcuno. Ascoltarli è un esercizio continuo di ricerca dell’essenziale”. Massimo Granieri lo ha dimostrato nell’incontro che ha tenuto al Meeting con Enrico Ruggeri e con lo “scavo” – con Noemi Serracini – fatto dentro le canzoni di George Harrison, Leonard Cohen, Joni Mitchell, Bob Dylan, Tori Amos, Cat Stevens, Sinéad O’Connor, Nick Cave e Pj Harvey.
Essenziale è il sorriso. Lo dice Beruschi (e anche il Papa)
Enrico Beruschi, comico e indimenticabile protagonista del Drive In televisivo, è tornato al Meeting per parlare del suo Guareschi. L’attore partecipa anche all’associazione Amici di Giovannino Guareschi. Non sorprende dunque sentirlo dire che per lui, “l’essenziale è il sorriso”. “Lo ha detto anche papa Francesco, nell’udienza che ha concesso a tutti i comici del mondo lo scorso 14 giugno nel Palazzo Apostolico” sottolinea. “Ho avuto da lui una conferma di ciò che ho sempre pensato. Il Papa ci ha detto grazie dell’importanza del sorriso. In un libretto che abbiamo scritto come associazione” ha aggiunto “ho scritto anche io qualche cosa, in particolare sul rapporto tra don Camillo e il Cristo che parla. Ebbene lì c’è un Cristo che sorride.È
Prendiamo nelle nostre mani il senso della vita e della morte, l’essenziale di Luciano Violante
“Prendiamo nelle nostre mani il senso della vita e della morte” dice l’ex magistrato Luciano Violante (ma il mio amico Luciano non è definibile dalle sue diverse “professioni”) nel suo libro “Ma io ti ho sempre salvato“. Oggi è venuto al Meeting a parlare a tutti, ancora una volta. Ha lanciato molti messaggi sull’”essenziale" per il nostro oggi. Sono contenuti nel libro. Eccone alcuni brani.
Occorre, in momenti come questi, tornare ai fondamentali, alle questioni radicali, quelle che riguardano le radici dell’essere umano. Si tratta di un passo avanti per una grande visione, per un nuovo ordine civile che ponga al primo posto i valori dell’uomo, la vita, il progresso, la civiltà, la giustizia sociale. (…) Le questioni radicali, oggi, sono la vita e la morte, il significato del vivere, il senso della sua conclusione. Cerchiamo di entrare nella morte a occhi aperti, dice l’imperatore Adriano prima di morire, nel libro di Marguerite Yourcenar, ma questo è possibile solo quando anche la vita è vissuta a occhi aperti. Se la vita è stata vissuta superficialmente, facendo prevalere l’appropriazione o la frenesia o l’ignavia, è difficile poi guardare la morte negli occhi. Non si può parlare del senso della propria morte senza parlare del senso della propria vita. Schopenhauer porta un’immagine di un navigante su un battello che placidamente sta navigando in mezzo al mondo di affanni appoggiandosi e confidando nel principium individuationis, nel suo essere diverso da tutti gli altri. Ma quel battello non ci salverà, né il principium individuationis, se non prendiamo nelle nostre mani il senso della vita e della morte: perché questo è il tema del nostro tempo.
L’essenziale che si scopre aiutando il Myanmar
La Ong Avsi è in prima linea nell’aiuto alle popolazioni del Myanmar travolte dalla guerra interna dopo il colpo di stato del primo febbraio 2021. E Guido Calvi, relatore oggi al Meeting in quanto coordinatore degli aiuti dell’organizzazione nel Paese asiatico, spiega che in Myanmar “occorre fermare il conflitto e favorire un rientro alla normalità” dentro un dramma che coinvolge tre milioni di persone sfollate: “Le parti in lotta devono sedersi a un tavolo e trovare una soluzione perché la gente vive una paura e una stanchezza che durano da tre anni di guerra civile e dopo una dittatura durata 70 anni”.
Ma in tutto questo lavoro, Calvi dice che proprio mentre uno come lui è impegnato nel soddisfare i bisogni di acqua, cibo, alloggio, educazione e quant’altro, spunta inevitabilmente una cosa essenziale senza la quale non può durare il lavoro dei cooperatori stessi: “Il lavoro nella cooperazione può avere il rischio di un compiacimento di sé stessi e dell’aiuto materiale che uno può portare all’altro. Nella mia vita, attraverso diverse esperienze e ultimamente in Myanmar, e attraverso l’aiuto che stiamo portando alle popolazioni, ho capito che bisogna arrivare all’essenziale anche nell’aiuto. Nell’incontrare l’altra persona, con il suo bisogno immenso e incommensurabile, e nell’offrirgli tutto l’aiuto che possiamo dare, in me devo vedere che c’è un amore su di me e sulla loro vita, l’Amore più grande di Qualcun altro. Senza questo punto di svolta qualsiasi problema diventa enorme”.
Quel piccolo “seme” così essenziale e ineludibile per una pace israelo-palestinese
“C’è un piccolo seme, essenziale, da spargere e coltivare, perché si possa arrivare alla pace tra israeliani e palestinesi: il desiderio e la capacità – da entrambe le parti – di guardare all’altro come a un essere umano, non a un essere disumanizzato, pronto a ucciderti, a stuprare, a soggiogare. Se questo seme crescerà si potranno costruire tante cose, la coesistenza di due Stati, una confederazione o altro ancora. Ma senza quel seme…” Federica Sasso è una ligure che vive con il marito e la figlia a Gerusalemme. Lui famosissimo podcaster in Israele, lei impegnata in una ong educativa per i docenti di ogni cultura e religione, capace di mettere insieme al lavoro israeliani e palestinesi. La sua speranza è viva, ma si scorge in lei la tristezza del dramma che si sta consumando sotto gli occhi suoi e del mondo. Una svolta, spiega, ci sarà solo quando si smetterà da entrambe le parti “di fermarsi al proprio dolore, alla rivendicazione della propria storia” e quando “si riconoscerà anche il dolore, la storia e il radicamento dell’altro”. Forse la strada è “quella di sentirsi appartenenti a un’unica terra”. La guerra, secondo Federica Sasso, ha anche messo in crisi un falso concetto di sicurezza: “Con quello che abbiamo visto accadere è evidente che non esisterà mai la città-fortezza”.
L’essenziale di Paolo Cevoli, per non vivere da “smarronati”
“Hai presente quando alle elementari vai in gita? Pieno di aspettative, di avventure… non vedi l’ora di tornare a casa e raccontarle agli amici, alla mamma, ai fratelli, ai cugini… Alzarti ogni mattina e guardare alla giornata così questo fa la differenza! Diversamente, passi il tempo a dire che palle, che noia…” Il celebre comico romagnolo Paolo Cevoli, oggi al Meeting per festeggiare i 50 anni di vita della rivista di Comunione e Liberazione “Tracce”, spiega con la sua nota verve stile Zelig che è essenziale vivere così, con questo atteggiamento di attesa e aspettativa. “La cosa più essenziale per me, nella vita, è guardare quello che c’è, non quello che non c’è, perché se guardi quello che hai, quello che sei, allora ti viene anche da ridere… Questa è la differenza tra vivere smarronati, come si dice in Romagna, e vivere felici!” A Cevoli piace leggere “Tracce”: “E’ una rivista molto bella… porta un sacco di storie, un sacco di fatti. Dai, come dice l’assessore Cangini, fatti e non pugnette!, ah ah ah ah ah ah ah”.
L’arte, l’educazione e…il Meeting portano all’essenziale, dice Ruggeri
Enrico Ruggeri, il grande cantautore tornato ieri al Meeting, ha rilasciato a Skytg24 un’intervista straordinaria. “L’arte” ha detto “è un modo di porre le domande, di stimolare la mente, di allargare le coscienze… Se uno ha letto mille libri probabilmente non ricorderà i primi 500 che ha letto ma ha acquisito un bagaglio che lo rende una persona migliore”. Così fa l’educazione: “I giovani a un certo punto cominciano a sentire un vuoto dentro che viene colmato da qualcosa che non riempie realmente. Vanno aiutati a porsi le domande giuste, a ragionare, a confrontarsi, spiegando loro che non ci si divide in tifoserie, come accade spesso oggi dove ci sono fazioni che vedono nell’altro non un avversario dialettico, ma un nemico da delegittimare. Bisogna invece insegnare ai giovani che se hanno un’opinione è meglio ascoltarne anche un'altra perché magari la propria di può formare in maniera più completa. E questa è una delle cose belle che fa il Meeting.”
L’essenziale della speranza, il segreto dello psicoterapeuta Pellai
Vent’anni fa il ministero della Salute gli ha conferito la medaglia d’argento al merito della Sanità pubblica. Per uno psicoterapeuta un bel riconoscimento… ma da lì è stato un crescendo accanto agli adolescenti, ai giovani, scrivendo anche libri pieni di…speranza. Oggi Alberto Pellai, psicoterapeuta e scrittore di fama, al Meeting lo ha ribadito: “Nella cura psicoterapeutica è essenziale che il paziente si ponga in una posizione di speranza. Chi entra in relazione con me come medico deve essere certo che ha tutta la vita davanti per “sistemare il caso”, nulla è un atto finale e che è possibile andare a cercare la soluzione”. “Nel lavoro psicoterapeutico” aggiunge “si può dare un significato nuovo alle parole dette, si può guardare in modo nuovo ciò che fino a quel momento ha generato solo fatica e disagio. Nel lavoro psicoterapeutico l’essenziale è stare in relazione e dentro quella relazione decidere che quello che fa stare male ha un significato e che passarci attraverso permetterà di non affogare e di riguadagnare la vita che sta davanti a sé”. Guardi Pellai e pensi: “E per te, medico, nel tuo lavoro che cosa è essenziale?” Poi glielo dici: “Per me la cosa essenziale è l’equilibrio, sapere che la mia vita ha un equilibrio”.
Il rispetto ancora prima della cura, parola di Benini
Domandi a una delle massime esperte italiane in terapia del dolore e cure palliative che cosa ci sia di essenziale nella sua professione e ti aspetti una risposta per certi versi tecnica, da medico. E invece Franca Benini, responsabile del centro regionale veneto di terapia del dolore, con grande esperienza con bambini e ragazzi, ieri al Meeting di Rimini, ti sorprende: “La cura del dolore è il nostro compito, certo, ma c’è un qualcosa che viene ancora prima, il rispetto; il rispetto, per esempio, verso un ragazzo che soffre e che ha tanti altri bisogni. Noi non possiamo stabilire a priori quale sia l’ordine e la graduatoria di tali bisogni. Per esempio, un adolescente che curiamo di giorno con i farmaci ci può chiedere di essere aiutato a godersi la sera come tutti i suoi coetanei. Ci sono poi bisogni diversi da contemperare in base alle diverse culture, ci sono i bisogni economici, ci sono quelli esistenziali. L’essenziale è stare ad ascoltare i ragazzi, ancora prima dei loro genitori”. E il rispetto è anche la chiave, per Franca Benini, del rapporto con i colleghi e verso sé stessi: “Non possiamo chiedere a noi stessi quello che non possiamo fare”.
L’essenziale di Michele Zanetti, il “datore di lavoro” di Franco Basaglia
Ha fatto la storia della cura delle persone che nel gergo comune erano “i matti”. E basta. Gente da tenere segregata dal resto della popolazione, gente che i loro stessi familiari rifiutava. Persone ridotte a cose nei manicomi psichiatrici. Ma certo, verrebbe da dire, stiamo parlando di Franco Basaglia, il padre della psichiatria di territorio, che diede la spallata alla cultura della segregazione…. L’uomo di cui ricorrono i cento anni dalla nascita. Ma un protagonista in un convegno del Meeting, oggi 20 agosto 2024, è stato quel Michele Zanetti, classe 1940, che Basaglia chiamava “il mio datore di lavoro” e che da presidente della Provincia di Trieste, nel 1977, dichiarò la chiusura dell’ospedale psichiatrico San Giovanni. “Ho avuto tante esperienze” ha detto Zanetti oggi al Meeting, “ma quella con Basaglia sono sicuro sia stata quella più significativa”. E’ stata una cosa che ha affermato una cosa essenziale: “Non si può tornare indietro. Si è dimostrato che si può curare la malattia psichiatrica senza rinchiudere e puntando sulla libertà, sulla dignità umana e sui diritti dei pazienti”.