di Giuseppe Bianchini
Per la seconda volta la Basilica di Betlemme, con una mostra, varca le soglie del Meeting. L’azione del vasto e articolato restauro della madre di tutte le chiese, anche per affermazione dell’ambasciatrice della Palestina in Italia, Abeer Odeh, presente a Rimini, non può limitarsi alla semplice descrizione tecnica delle fasi delle lavorazioni.
Già nel 2016, la prima delle due mostre al Meeting, dal titolo Restaurare il cielo aveva affrontato il percorso di riqualificazione della Basilica (ne sono protagonisti economicamente l’Autorità Nazionale Palestinese e l’Unesco) proprio con l’intento di presentare al mondo la restituita bellezza dell’opera, lo splendore dei suoi mosaici e la ricchezza dei dati storici rilevati.
Ma l’intento di Bethlehem Reborn. Le meraviglie della Natività vuole andare oltre, fissando lo sguardo su tutte le acquisizioni culturali e scientifiche dei quasi dieci anni di restauro e soprattutto parlare della storia della Basilica ripercorrendola attraverso cinque sezioni con un metodo che lega tutte le sezioni: lo sguardo degli uomini.
Il luogo della Natività infatti, sin dal suo rinvenimento a opera della imperatrice Elena, considerato il luogo della nascita dell’uomo-Dio, è stato meta di fiumane di visitatori a volte mossi dalla fede, fossero essi umili pellegrini o imperatori, a volte mossi dalla conquista di quei territori come i popoli islamici. Le testimonianze scritte, pensiamo soltanto a san Girolamo che in quelle grotte visse, sono molteplici, ma è stato proprio il restauro a dare solidità di prova provata alla tradizione cristiana. Per secoli la chiesa della nascita di Gesù era rimasta in stato di trascuratezza, poco interessata da interventi di riqualificazione strutturale e questo provvidenzialmente ha permesso il conservarsi di elementi storici che si sono quindi come cristallizzati dalla storia. Proprio questi elementi (le iscrizioni murarie ad esempio) offrono uno sguardo fresco e vivido.
La Mostra, curata da Mariella Carlotti, promossa da Ambasciata dello Stato di Palestina presso la santa Sede, ha visto la collaborazione di diverse figure, quali, Alessandro Fichera, Taisir Masrieh Hasbun, Giammarco Piacenti e Tommaso Santi, che con i loro apporti hanno generato l’onda lunga seguita alla fine del restauro. In questo senso si chiude la mostra con un estratto del video Le meraviglie di Betlemme del regista Tommaso Santi, che rende pellegrino anche chi viene a vedere la mostra.
Innanzitutto è stato decisivo scorgere il loro sguardo sull’edificio sacro; si può erroneamente pensare che imprenditori, scienziati ed intellettuali rimangano come fuori dalla vicenda che segna l’esistenza della Basilica della Natività; eppure ascoltare, sia nel confronto informale, sia in quello ufficiale, i protagonisti del restauro, offre efficacemente la tridimensionalità della mostra. Quale è il loro sguardo sulla Basilica o come esso è maturato negli anni di prezioso e complesso lavoro?
Sulle tante tre testimonianze, o meglio per rimanere al senso della mostra, tre sguardi.
Giammarco Piacenti titolare della Piacenti SpA, azienda autrice del restauro, che osserva – il nostro lavoro ha visto l’opera di oltre 400 persone per 64 enti tra aziende, università e professionisti. E’ stato un gioco di squadra che per gli italiani è sempre difficile da concepire.
Alessandro Fichera, archeologo, pone un punto decisivo di natura scientifica: all’origine della esistenza della Basilica della Natività c’è un fatto storico quello che la Traditio ci consegna, e non è appena una nota a margine.
Mariella Carlotti compie questa parabola di scoperte, impensabili altrimenti, con un punto sulla meraviglia e quindi legando la mostra all’intento del Meeting e cioè che la meraviglia nasce solo dalla realtà. La realtà di quella stella d’argento, di quella grotta, di quei mosaici ma soprattutto delle migliaia di persone che hanno visto e si sono commossi per quello che hanno visto.