«Parlare adesso di amicizia tra israeliani e palestinesi è un po’ come battere l’aria, diciamo la verità. Però dobbiamo lavorare perché la vicinanza tra questi due popoli diventi una realtà concreta e vissuta che in questo momento sembra qualcosa di assurdo». È uno dei passaggi della videointervista – anzi di una delle prime delle “Grandi interviste del Meeting” – che il giornalista Alessandro Banfi ha tenuto con il Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa. Ecco la trascrizione. Le grandi interviste del Meeting si trovano su questa playlist di Youtube.
Alessandro Banfi. Allora, grazie al Patriarca latino di Gerusalemme, sua Eminenza il Cardinal Pierbattista Pizzaballa, per essere con noi in questi giorni. In queste ore sembra che il mondo prema nei confronti dei protagonisti perché si raggiunga un cessate il fuoco a Gaza. Anche lei ha detto autorevolmente che un accordo pare oggi possibile, e tuttavia questo risultato non è ancora arrivato.
Cardinale Pizzaballa. Sì, non bisogna farsi illusioni. La sfiducia tra le parti è profondissima, quasi totale, insomma. Per cui qualsiasi accordo ha bisogno di un minimo di fiducia, fidarsi uno della parola dell’altro, e le distanze sono ancora tante. Dallo stesso tempo, però, la pressione sia dei mediatori come anche degli Stati Uniti è enorme, e c’è anche una certa stanchezza da parte di tutti, quindi il bisogno di voltare pagina. Ecco, tutte queste cose fanno capire che siamo a un momento importante, direi una sorta di ultimo treno. E siamo ancora lì. Tutto può cambiare, in positivo e in negativo, ogni giorno abbiamo notizie contrastanti, diverse. Ecco, mi auguro che questa pressione, da un lato, e la stanchezza, il desiderio di voltare pagina, prevalgano. Ma, ripeto, gli ostacoli sono tanti e non bisogna farsi troppe illusioni.
Banfi. Lei anche recentemente ha visitato la parrocchia cattolica di Gaza ed è in contatto con loro. Qual è adesso la situazione di questa piccola comunità?
Pizzaballa. Beh, è la stessa di sempre. Sono serrati tutti nei due complessi cristiani, cattolico e ortodosso. Hanno perso tutto e vivono in condizioni molto fragili. Il cibo scarseggia e anche la qualità del cibo è problematica: poca verdura, poca frutta, quindi vitamine, soprattutto per i bambini e gli anziani che hanno bisogno di un’alimentazione particolare. È molto difficile. Anche i medicinali scarseggiano, gli ospedali non ci sono. Poi c’è la tensione continua, i bombardamenti, le incursioni, gli scontri. Tutto questo rende il clima molto pesante, decisamente pesante.
Banfi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme per un’epidemia di poliomielite proprio nella Striscia di Gaza fra gli abitanti palestinesi. È drammatica l’emergenza umanitaria?
Pizzaballa. La situazione sanitaria è pesantissima. Bisogna innanzitutto tenere presente che tutte le infrastrutture sono saltate, anche le fognature sono saltate. Quindi entrare nella città di Gaza, in molte parti, è come entrare in una sorta di lago pieno di liquami. Le temperature sono molto alte, c’è scarsità di igiene. Tutto questo ha delle conseguenze immediate: mancanza di medicinali, alimentazione non buona. Tutto questo è, diciamo, il clima ahimè ottimale per lo spargersi di malattie, anche infettive.
Banfi. Anche la situazione in Cisgiordania preoccupa, anche se fatalmente viene poi messa in secondo piano. Ma recentemente c’è stato un brutto episodio in cui sono stati protagonisti dei coloni israeliani che hanno assaltato una zona palestinese.
Pizzaballa. Come giustamente anche lei stesso ha detto, si parla molto di Gaza ma il clima di guerra, il clima di tensione e le difficoltà sono sparse un po’ in tutto il paese. È una guerra che non risparmia nessuno. In Cisgiordania la situazione non è drammatica come a Gaza, ma è sicuramente molto seria e molto difficile. Da un lato, l’aspetto economico è molto problematico, perché da ottobre gran parte della popolazione non lavora. Le due risorse principali erano il pellegrinaggio, il turismo e il lavoro in Israele come pendolari. Tutte e due sono ora ferme e sospese. Poi ci sono gli scontri continui tra palestinesi e israeliani, coloni, a volte anche l’esercito, a volte coloni con la presenza dell’esercito, come abbiamo visto anche in questo pogrom condannato un po’ da tutti, e così via. È comunque un segno molto evidente di come la situazione sia deteriorata e degenerata all’interno non solo dei territori, ma anche come cultura generale, cultura di violenza come unica forma di linguaggio.
Banfi. Lei è qui oggi al Meeting di Rimini, che si è sempre fregiato del titolo «Meeting per l’amicizia fra i popoli». Sembra molto difficile oggi parlare di questo per il popolo palestinese e per il popolo ebraico. Eppure anche papa Francesco, nel suo messaggio inaugurale a questa edizione, ha sottolineato l’importanza di mettere a tema la pace.
Pizzaballa. Beh, evitiamo discorsi campati in aria. Parlare adesso di amicizia tra israeliani e palestinesi è un po’ come battere l’aria, diciamo la verità. Però dobbiamo lavorare perché la vicinanza tra questi due popoli diventi una realtà concreta e vissuta che in questo momento sembra qualcosa di assurdo. Eppure bisogna lavorare per questo, perché la realtà lo impone. Gli israeliani non spariranno e neanche i palestinesi, e saranno lì. Dunque, il futuro non può essere un futuro di guerra e di violenza continua, e dobbiamo lavorare molto su questo, un lavoro a 360 gradi, non solo politico ma anche religioso, di formazione, di educazione, nella cultura, nei media, che diciamo la verità in questi ultimi anni non hanno aiutato a costruire questa cultura.
Banfi. Perché è così cruciale, così importante, la presenza dei cristiani in Terra Santa?
Pizzaballa. La presenza dei cristiani in Terra Santa neutralizza l’elemento religioso politico, non so se si può dire così. Ecco, un incontro tra ebrei e musulmani, tra israeliani e palestinesi, ebrei e musulmani in questo momento è quasi impossibile. La presenza dei cristiani è quasi impossibile perché diventa immediatamente politico. La presenza dei cristiani dà all’incontro immediatamente una visione e un aspetto completamente diverso. Diciamo che la presenza dei cristiani porta dentro quel ginepraio – perché è un ginepraio – un elemento di differenza che ti costringe a pensare fuori dai luoghi comuni e fuori dalle narrative già scritte.
Banfi. In questo senso, i cristiani possono essere un antidoto al fondamentalismo?
Pizzaballa. Beh, non dobbiamo farci illusioni. Non è che tutti stiano ad aspettare che i cristiani reagiscano e risolvano i problemi, sicuramente. Però la presenza cristiana, una visione cristiana, una prospettiva cristiana può aiutare, se annunciata nei modi e nei tempi opportuni, a portare dentro questa tensione continua, questa dinamica di ritorsioni continue, sia militari che anche culturali e religiose, una visione diversa.
Banfi. E che cosa possiamo fare noi cristiani e cattolici d’occidente per costruire la pace in Terra Santa?
Pizzaballa. Devo dire che in questi mesi ho visto una solidarietà incredibile, non soltanto dal punto di vista pratico e di supporto anche finanziario, ma anche nell’attenzione, nella preghiera, nella vicinanza. Ecco, quando abbiamo chiesto di pregare per la pace alla nostra diocesi, alla nostra gente, praticamente tutto il mondo si è unito a noi. Questo è un segno molto bello, di grande consolazione. Non risolverà certamente i problemi, però in questo, quando c’è una guerra e ti senti solo, isolato, questa vicinanza è un grande conforto di cui c’è bisogno. Uno dei problemi che abbiamo in tutta la Terra Santa è che ciascuno è chiuso nel suo dolore e manca l’empatia l’uno nei confronti dell’altro. Ecco, i cristiani possono fare questo, e poi aiutarci a uscire da questo vortice nel quale siamo, a pensare in maniera diversa. Noi siamo divisi laggiù, ma non ripetere le stesse divisioni, aiutarci ad alzare lo sguardo.
Banfi. Chiedo sempre ai miei intervistati, alla fine di questi colloqui, qual è l’aggettivo che secondo lei qualifica il Meeting di Rimini?
Pizzaballa. Posso darne tre?
Banfi. Certo.
Pizzaballa. Provocatore, interessante, mai banale.