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Rey Olivier
Olivier Rey è nato nel 1964, in una famiglia nella quale Dio era «l’oppio dei popoli». Nonostante ciò, sua madre gli leggeva dei passaggi della Bibbia, perché almeno sapesse quel che c’era in questo Libro. Esperienze, incontri, tra cui quello con l’archimandrita Syméon, hanno fatto germogliare questi semi e l’hanno condotto alla conversione. «È stato un lungo cammino. Ma resto sempre meravigliato quando penso all’infinita dolcezza con cui Dio ha saputo prendermi».
Ora è per la seconda volta ai padiglioni del Meeting per presentare Itinerario dello smarrimento, libro che ha scritto nel 2003 e che è stato tradotto in italiano. Dopo aver insegnato matematica per quindici anni, si dedica oggi alla filosofia al CNRS (Centro Nazionale della ricerca Scientifica) di Parigi. Riflette sul posto che la scienza ha nel pensiero moderno, ma si volge anche alla letteratura, e ha scritto un libro su Billy Budd, il capolavoro postumo di H. Melville. Ha appena ultimato un libro su Ivan Illich ed è in procinto di scrivere altri libri sul problema evoluzionismo/creazionismo e sul posto ingombrante che il numero ha preso rispetto alla parola.
A parlarci di Olivier Rey, intellettuale veramente poliedrico, è stato Laurent Lafforgue, tre anni fa a Parigi, in visita per il Centro Culturale di Milano. Gli avevamo domandato un autore che meritasse di essere letto. Immediatamente ci rispondeva: «Leggete Olivier Rey per l’originalità del suo pensiero». Così abbiamo scoperto Une folle solitude (Una folle solitudine, 2006) e Itinéraire de l’égarement Itinerario dello smarrimento, 2003). In quest’ultimo saggio Olivier Rey affronta lo smarrimento odierno sul senso della vita. «Non è la scienza che può dare un senso. Il senso non può che riceverlo, dal momento che essa è esplorazione del mondo che Dio ci ha dato, mediante la ragione che ci ha ugualmente dato».
Ultimo aggiornamento: 14 Agosto 2013
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