A cura di Gerolamo Fazzini per i testi e di Mariangela Tentori per la grafica
La mostra ripercorre la vicenda di padre Augusto Gianola, missionario lecchese del Pime, morto nel 1990 all’età di 60 anni. Un prete “fuori dalle righe”, amante dell’avventura, innamorato di Dio e dei poveri, il cui ricordo è ancora molto vivo, sia in Italia che in Brasile.
Padre Gianola ha saputo coniugare in modo originale l’annuncio del Vangelo e il servizio all’uomo. In tempi in cui l’impegno sociale era spesso viziato dall’ideologia, è rimasto ancorato alla fede in Cristo: «Noi abbiamo fatto la nostra rivoluzione non con Marx in mano, ma con il Vangelo». Per dare un futuro ai suoi caboclos – i meticci, figli di indios e di bianchi – li ha educati a passare da cacciatori e pescatori a coltivatori. Con loro ha dato il via alle colonie agricole, dove la popolazione viveva mettendo in comune la produzione di beni e la vita quotidiana, sull’esempio delle prime comunità cristiane. Ha poi fondato una scuola agricola, divenuta un modello per l’intero Brasile.
La mostra documenta questo itinerario dando voce a padre Augusto (con brani di lettere e diario), sottolineando come egli sia stato sempre un esploratore capace di aprire piste nuove. La vita di padre Augusto è riletta come una continua ricerca di Dio, a volte anche in condizioni estreme (negli ultimi tre anni in totale solitudine nel fitto della foresta amazzonica). Con la sua esistenza, non esente da dubbi e crisi, padre Augusto ha insegnato che ogni cristiano non può mai sentirsi arrivato nella vita di fede, perché chiamato a una continua conversione.