Rimini, giovedì 20 agosto – Per fare esperienza della meraviglia, il primo gesto è guardare quel che c’è. Attorno a noi e in noi. Oggi però l’esperienza della fragilità è entrata in modo prepotente nelle vite di ciascuno, spesso sovrastate dalla tecnologia che diventa fautrice di una vita tutta rivolta alla razionalità, dimenticandosi così di riconoscere l’irrazionale come parte fondante delle vite di ciascuno di noi. Quell’irrazionale che è amore, vita, riconoscimento dell’alterità e che aiuta a fuoriuscire dalle secche di un’esistenza senza significato. Di questi temi hanno discusso Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria Ospedale di Novara, accademico e saggista, e Umberto Galimberti, filosofo, sociologo, psicoanalista, accademico e giornalista, durante l’incontro “Le sfide del vivere nell’epoca del nichilismo”, introdotti da Costantino Esposito, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Bari.
«La condizione umana mi sembra spostata sul piano dell’esteriorità e dell’oggi», ha spiegato il professor Borgna. «La carenza più radicale di oggi è una mancanza di analisi interiore, dell’osservazione dei nostri pensieri, speranze e disperazioni. Sant’Agostino diceva “in interiore homine habitat veritas”. Ma quanti fra noi, ogni giorno, a fine giornata ripensano al senso delle cose fatte? I nostri giovani sono travolti da un nichilismo esasperato. La mancanza di significato porta all’angoscia e alla disperazione. Allora continuo a chiedermi: quanta responsabilità c’è nei giovani e quanta invece negli adulti, portati a negare ogni significato al dolore, alla sofferenza, alla fragilità? Gli adulti forse oggi sono incapaci ancora più dei giovani di guardare dentro di sé e di ascoltare le proprie emozioni quando si incontrano con gli altri».
Borgna ha così spiegato che «se rifiutiamo il mistero, rifiutiamo la percezione degli orizzonti e dei valori della vita. Una mia paziente», ha raccontato lo psichiatra, «immersa in quella perdita di speranza che porta alla depressione, una mattina mi guarda e mi dice: “Non so che cosa sia avvenuto, le speranze sulle quali avevo costruito la mia vita, come avere una figlia, erano tutte fallite. Stamattina invece, improvvisamente, non so perché ho avuto l’impressione che potesse realizzarsi, non questa o quella speranza, ad esempio che mia figlia guarisse o che la situazione familiare si alleggerisse, ma il fatto di sentirmi trasformata, cambiata nella speranza che mi ha aperto l’orizzonte del futuro”». Allora, ha chiesto il professore, «da che cosa veniva questa speranza, senza mescolare pensieri metafisici, religiosi e psicologici?». Il fatto è che «nell’uomo e nella donna allora c’è forse sempre una sorgente, come archeologicamente nascosta, che rinasce solo quando cresce la nostra capacità di cogliere quello che avviene dentro di sé e dentro gli altri».
Il filosofo Galimberti ha in seguito spiegato che «il nichilismo è un’emergenza caratterizzata dall’imprevedibilità del futuro», e che la parola futuro ci parla del fatto «tutti siamo cristiani, anche gli atei, gli agnostici, anche io che non sono cristiano e penso in maniera greca. È stato il cristianesimo a interpretare il tempo in una modalità in cui il futuro costituisce comunque una promessa, e la scienza pensa in modo assolutamente cristiano», ha spiegato Galimberti. Per il quale anche Marx e Freud sono due grandi cristiani, pur avendo sempre avversato la fede cristiana. «Tutto è cristiano in Occidente, in quanto fondato sul concetto di tempo dove alla fine si realizza quello che all’inizio è stato promesso», ha proseguito. «Nietzsche dice che Dio è morto, ma lo fa annunciare dal folle, perché senza Dio si perde l’orizzonte. Le chiese oggi sono diventate le tombe e i sepolcri di Dio. Manca lo scopo, il futuro non è più la promessa. Manca la risposta al perché. Perché mi devo dare da fare, devo studiare, devo stare al mondo? Così sono molti i giovani che si suicidano».
Per Galimberti, quindi, «il nichilismo ha tolto la positività del futuro, caratteristica fondante della cultura cristiana. Non è tanto, quindi, capire se Dio esiste o no, ma se fa mondo oppure no. Perché altrimenti il futuro diventa un tempo qualsiasi, senza rimedio alla condizione attuale». Perciò «il nichilismo va guardato bene in faccia. Ma la gente si rifiuta di vedere che ha perso il senso. I giovani vivono nell’assoluto presente, perché il futuro non è più una promessa. Alcol e droga sono anestetici per non guardare avanti e avere l’angoscia dell’insignificanza del tempo».
La conclusione di Galimberti è che «oggi la tecnica è diventato il nostro ambiente, il nostro modo di abitare o di pensare. Ma la tecnica prevede come valori esclusivamente efficienza e produttività, nient’altro. Non apre scenari di salvezza o dischiude orizzonti di senso: la tecnica funziona. E siccome il suo funzionamento è diventato planetario, noi uomini stiamo diventando funzionari di apparati tecnici»
Così «l’uomo è già uscito dalla storia. Perché l’uomo non è solo razionalità, ma è anche irrazionale: lo è l’amore, il dolore, l’immaginazione, l’ideazione, il sogno, e tutte queste dimensioni sono elementi di disturbo per la funzionalità tecnica».
(F. G.)