Effetti speciali, cinema e animazione. Quando pensi all’essenziale, il tema del Meeting di quest’anno, non ti viene in mente il cinema. Eppure anche di questo parla il Meeting, attraverso la storia di persone che ne hanno fatto un mestiere, e forse anche una missione. È il caso di Alessandro Jacomini, direttore della Fotografia di tanti film Disney. Cesenate, ha scoperto la magia del cinema con “2001 Odissea nello spazio”, e dopo alcune esperienze, ha attraversato l’oceano per gli Studios. Il suo mestiere è la luce, ha raccontato al convegno “Tra immagini e luci: un dialogo tra cinema e animazione”. Da spettatori non sempre ce ne si rende conto ma è lei a dare vita alle scene, a trasmettere l’atmosfera, a dare il tono emotivo a quel che dice un attore. In questo settore le formule non contano, è questione di interpretazione. “La poesia è l’arte che più si avvicina al cinema – spiega -: devi trasmettere un sentimento per immagini, con le luci. Un’arte interpretativa, come la musica. Infatti ci sono toni, animazioni, rime visive.
Questione di chiaroscuri, molto spesso, conferma Michelangelo Frisoni, artista di effetti digitali per il cinema. Anche lui è stato folgorato da piccolo con la visione di Matrix a 9 anni: “Lo guardo, non capisco niente ma resto affascinato da come il protagonista schiva le pallottole. Come ha fatto? Tutto nasce da lì”, racconta. Lui fa il composing di un film: mette insieme effetti sulle scene girate. Anche la grana dell’immagine parla. Serve a raccontare il movimento, una storia. “Perché dire tutto, a volte, è dire meno – spiega -. E introdurre un difetto può essere la scelta per comunicare in modo più adeguato. Far percepire piuttosto che vedere. Così si affascina”.
Di luce e di tenebra si è parlato anche nell’incontro sulla custodia dei luoghi di Terra Santa all’Arena internazionale C3. Un’introduzione alla mostra Luxtenebra sui cento anni dalla costruzione delle basiliche dell’agonia, nel Getsemani e della Trasfigurazione al Tabor. L’architetto Vincenzo Zuppardo, curatore della mostra, ha partecipato a uno degli ultimi restauri della chiesa progettata da Antonio Barluzzi, il Gaudì della Terra Santa, sul Tabor.
“Queste due basiliche sono opposte: il Tabor è un’esplosione di luce, totalmente assente nella basilica dell’orto degli Ulivi”. Qui è la luce che permette di entrare nel mistero, di raccontare ancora oggi quel che è avvenuto in questi luoghi 2mila anni fa. Di farlo rivivere oggi: “La memoria dell’essenziale, di qualcosa che ancora vive, la persona di Gesù”, come fa notare fra Alessandro Coniglio, professore di Esegesi dell’Antico Testamento a Gerusalemme.
Se la vetrata della cripta del Tabor, grazie a un uso particolare di un doppio vetro, di toni e opacità diverse, riluce di colori diversi a seconda delle ore del giorno e dei periodi dell’anno, la luce si fa guida nel buio del Getsemani: “Senza l’illuminazione che al tempo di Barluzzi non c’era, il baricentro visivo di tutta la basilica è il lucernaio. Lo spazio si definisce in modo dinamico: come scoperta e introduzione al mistero”. Un valore simbolico che oggi, abituati alle luci senza sfumature dei supermercati facciamo sempre più fatica a cogliere.
L’essenziale della famiglia, secondo Gigi De Palo, protagonista dell’incontro organizzato da Tracce sull’ “audacia della famiglia” sta nel profumo. L’espressione, tiene a sottolineare il presidente della Fondazione Natalità, ex portavoce del Forum delle famiglie e padre di cinque figli, è della moglie, Maria Chiara. “Se mettessi qui, davanti a voi la giusta quantità di sale, lievito e farina, olio -esemplifica… vi verrebbe fame? Se mettessi invece una pagnotta fragrante con il suo profumo? Da lì si sente il desiderio del pane. Ecco, il matrimonio, la fede, la famiglia funzionano per profumo, non per regole”. Per troppo tempo, come chiesa abbiamo dato spazio solo a questione dottrinali. Mentre “è il profumo è quello che cambia la storia”.
È la sua storia. Dal primo incontro con Cristo nella Prima Comunione, alle GMG, al matrimonio con Maria Chiara, all’impegno politico, associativo ed ecclesiale: “Non ho iniziato ad andare a Messa perché mi spingevano in casa. Mia madre segue una setta messicana: c’è stato il periodo della cristalloterapia e della magnetoterapia. Ci vado perché ho incontrato una bellezza che ho cercato di approfondire”. Non un cammino in piano, niente di lineare: “La fede è fuoco non è fatta di schizzi di spumante”.
E non è nemmeno questione di impegno, di bravura, aggiunge. È scegliere, a un certo punto, se dare o non dare la vita. Niente di razionale: trovi l’energia perché riconosci che sei stato così
amato, hai avuto così tanta misericordia che hai solo questo corpo e questa vita per provare a restituire. Un amore che ti fa desiderare qualcosa di bello, di grande.
Qui sta il profumo dell’esperienza cristiana, secondo De Palo. Il nodo sta nel riuscire a trasmetterlo. “Vorrei un mondo cattolico meno vittima, e più consapevole delle sue capacità. Lo voglio dire qui al Meeting perché è così che deve essere: fresco, colorato, pieno di proposte e di bambini”.
Qual è il problema? Non è internet, non sono le lobby LGBT, e neanche la massoneria. “è che non riusciamo più a raccontare la storia più bella del mondo. Spariamo a salve. C’è tanto di bello da dire e da dare”. Al Meeting si vede.
dal podcast "L’altro Meeting" di Daniela Verlicchi