Nel salone Intesa Sanpaolo B3, Zanetti è stato accolto con entusiasmo per l’incontro “Vincere ma non solo. Crescere nella vita per raggiungere i propri obiettivi”, presentato da Andrea Simoncini, dell’Università degli studi di Firenze e membro del Cda del Meeting. Il titolo ha ripreso quello dell’ultimo libro del calciatore che prima di intervenire si è impegnato in un firma copie allo Sport village, acclamato dai giovani tifosi. Lo sportivo ha parlato del proprio impegno attuale di vice presidente dell’Inter e dell’addio al calcio giocato nel 2014: «Non volevo fare l’allenatore e continuare a occuparmi della parte sportiva, volevo scoprire altre aree dove potermi rendere utile, sono tornato a studiare». Dietro alla scelta apparente di «complicarsi la vita» in Zanetti traspare il coraggio di far fatica, un filo rosso che tiene insieme tanti ambiti della vita del calciatore e che trova la propria origine nella famiglia e nell’educazione ricevuta in Argentina. In merito alla doppia anima italo-argentina e sul rapporto con l’Italia, Zanetti non ha usato mezze misure: «È vero che sono argentino ma non mi sento anche italiano, mi sento italiano perché questo paese mi ha aperto le porte e mi ha dato un’opportunità unica». Completamente argentino e completamente italiano, dunque, nel segno di una comprensività che, chiosa Simoncini, è forse al cuore dell’identità del nostro paese.
La leadership silenziosa di capitan Zanetti è tutta racchiusa a suo dire nella parola esempio: «Il segreto di tutto è non aver mai saltato un allenamento». Nel segno di quest’esempio sta l’aver a cuore il benessere di tutti all’interno di una squadra, che ha portato lo sportivo a impegnarsi in imprese benefiche fuori dal campo, dalla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, cui partecipa ogni anno sempre accompagnato dai figli, perché «aiutare l’altro è qualcosa che una persona deve avere dentro, cerco di trasmettere questo ai miei figli», alla fondazione Pupi, patrocinata insieme alla moglie, a favore di bambini argentini in condizioni di difficoltà. «Cos’è che spinge nella tua vita tutte queste attività e sostiene il sacrificio quotidiano? Ha un ruolo in tutto questo la fede?», ha incalzato Simoncini. «La fede nella mia vita ha un ruolo importantissimo - ha replicato il calciatore -. In Papa Francesco ho trovato un’incredibile semplicità, che lo rende vicino alla gente e ha permesso una familiarità inaspettata nel dialogo personale. A Moratti abbiamo fatto costruire una chiesa in Pinetina – ha aggiunto - così che durante il ritiro potessimo andare a messa. La notte prima della finale di Champions, poi, a mezzanotte e un minuto accendemmo con Cordoba una candela a Santa Rita, le sono molto devoto ed evidentemente ha funzionato».