di Oscar di Montigny
Viviamo in un sistema sferico nel quale ogni pensiero, ogni emozione, ogni azione impatta su tutti e su ciascuno dei 7 livelli delle nostre esistenze. Quelli che definisco 7P: Person, cioè ogni individuo. People, l’Insieme, l’umanità. Partnership, tutte le relazioni. Profit, il frutto che dobbiamo produrre. Prosperity, la ricchezza non solo materiale ma intellettuale ed emotiva. Planet, la nostra Madre Terra che abbiamo in prestito dai nostri figli. Peace, l’attitudine umana di mettersi “in relazione con” e non “in contrapposizione a”.
Che cosa è importante per me? Qual è la condizione interiore ed esteriore più funzionale alla mia evoluzione?
Secondo uno studio dell’Institute for Economics and Peace, a fine 2019 nel mondo erano solo undici i Paesi non coinvolti in qualche conflitto bellico, e cioè il Botswana, il Brasile, il Cile, la Costa Rica, il Giappone, Mauritius, Panama, il Qatar, la Svizzera, l’Uruguay e il Vietnam. Se restringiamo il campo ai paesi che non partecipano neanche in maniera indiretta a guerre, escludendo cioè chi abbia fornito armi o altri tipi di supporto logistico e militare, l’unico Stato veramente pacifico è la Costa Rica, che ha rinunciato del tutto alle proprie forze armate.
Ma il concetto di Pace non è da intendersi solo come l’assenza di conflitto esteriore fra gli uomini, bensì anche come la condizione interiore dell’essere umano che prende atto della propria responsabilità nei confronti del tutto e, per questo, decide consapevolmente di provare gratitudine nella pace del cuore.
Davanti a un telegiornale che elenca le atrocità del mondo, non è forse la prima cosa a cui pensiamo? Qual è la via della pace? Sembrano tutte frasi fatte, tic linguistici, banalità.
Io credo invece che questa pervasività sia una spia della forza del concetto di pace.
Oltre il rumore perpetuo dei telegiornali, però, la pace ci riguarda anche in una dimensione più intima. Cerchiamo la pace nel nostro specchio interiore, nei momenti da cui ogni evoluzione ha inizio. E anche nel nostro foro interiore la domanda è la stessa: finiranno mai i litigi, le incomprensioni, i malumori? Riusciremo a trovare pace dentro noi stessi? E in famiglia, e tra gli amici?
Forse la pace è così desiderabile perché è qualcosa di estremamente raro.
Siamo in un momento storico particolarmente complesso per il futuro nostro e dei nostri figli. La complessità è data da una crisi intensa che interessa ogni aspetto delle nostre società: dalla politica alle istituzioni, dalle economie ai consumi, dalle culture alle religioni, tutto ci appare particolarmente e dolorosamente privo di valori di riferimento. In uno scenario che perpetuamente ci riflette lo stato di annichilimento della nostra coscienza non è inverosimile che si finisca per scegliere un modello che ci somigli per delusione, vessazione e rabbia, e che lo si alimenti giorno dopo giorno per accrescerlo in credibilità e potenza facendolo assurgere sino al gradino più alto, quello di guida.
Il tema della pace è centrale nella giornata di oggi al Meeting. Nel pomeriggio ascolteremo Muhammad Yunus, economista, premio Nobel per la pace 2006, un uomo che come pochi altri ha legato insieme i temi della pace e dello sviluppo. Un uomo che ha saputo puntare sulla responsabilità delle persone più fragili, così come delle piccole comunità di villaggio.
La sua vicenda, così come quella di tanti altri, ci insegna che la responsabilità dell’attuale situazione di crisi e incertezze non è attribuibile a forze lontane e invincibili, ciascuno di noi porta una parte del peso. E a pensarci bene è fantastico: noi siamo il problema, ma al contempo anche la soluzione! Si tratta ora di prendersi questa responsabilità.
La società riflette la situazione degli esseri umani, dunque di tutti noi messi insieme. Non è possibile risolvere fuori da noi quello che ogni individuo non è prima capace di risolvere dentro di sé. E l’essere umano, nella sua interiorità, è logorato dalle battaglie contro i nemici fuori di sé tanto quanto dal conflitto con sé stesso.
La causa prima di ogni conflitto tocca una dimensione quasi personale: cosa induce ognuno di noi, ogni giorno, a combattere? Nel corso della vita, in quasi tutti i campi, un essere umano è esposto più spesso alle dinamiche del conflitto piuttosto che a quelle della Pace. Il principio “mors tua, vita mea” regna in tutti i settori, dallo sport alla politica, dalle relazioni sociali a quelle di affari; in ufficio, al semaforo, in famiglia, nelle assemblee condominiali, allo stadio. E lo sviluppo e la diffusione dei principi della pace, della cooperazione o semplicemente del buon senso sono spesso relegate a istituzioni moralistiche e dogmatiche.
Domandiamoci quindi: nella mia sfera di influenza, in quale modo perseguo quotidianamente, davvero, il raggiungimento di questa condizione di pace e la permanenza in essa?