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“VOLEVO ESSERE FELICE”. La svolta imprevista di Enzo Piccinini
Presentazione e proiezione del reportage biografico sulla vita e l’opera del chirurgo Enzo Piccinini. Produzione: Fondazione Enzo Piccinini. A cura di Francesca Bisulli, Elisa Martelli, Matteo Romagnoli, Daniela Zanella, Simone Zanotti. Realizzazione: Flyers adv. Musiche: Lazy Soundsystem. Editing: Paolo Freschi. Regia: Cristiana Lanzarini. Partecipano: Elisa Martelli, Curatrice del video; Massimo Vincenzi, Presidente Fondazione Enzo Piccinini; Simone Zanotti, Curatore del video.
MASSIMO VINCENZI:
Salve a tutti e grazie di essere qui così numerosi. È sempre una sorpresa che mi colpisce molto. Io parlo a nome della Fondazione Piccinini e introdurrò questo incontro, dirò qualcosa, poi passerò la parola a Simone Zanotti ed Elisa Martelli, che fanno parte del gruppo che ha realizzato – insieme a Cristiana Lanzarini, la regista, Daniela Zanella e Francesca Bisulli, che hanno preparato la sceneggiatura – questo video. Perché la Fondazione Piccinini ha prodotto questo documentario? L’idea risale a qualche anno fa. Inizialmente si pensava ad una mostra su Enzo. Io sono in Fondazione da poco più di due anni. Telefono a Milano, a un responsabile del movimento per un confronto su questa faccenda della mostra, ed evidentemente ho dato l’impressione di avere una preoccupazione organizzativa, perché vengo provocato più o meno con questa domanda: “Mi spieghi perché volete fare la mostra? Cosa eviterà che sia solo la commemorazione di un morto?”. Devo dire che questa provocazione è stata fondamentale per accrescere o per determinare una coscienza più adeguata di quello che ero chiamato a fare. Non potevo rimanere nella Fondazione per commemorare qualcuno. Allora, il motivo per cui lavoro alla Fondazione e cerco di contribuire come posso, il motivo per cui abbiamo e ho lavorato per contribuire alla realizzazione di questo documentario, è fondamentalmente lo stesso: cerco di spiegarvelo raccontando un piccolo episodio. Sapete che Enzo fumava i toscani, e giustamente fumava i toscani migliori. Io penso che facessimo a gara per trovargli i migliori toscani. Oggi si chiama Toscana Originale, prima che i Monopoli di Stato facessero i Toscani Originali: i migliori avevano la fama di essere i Toscani Svizzeri, paradossalmente, che non erano proprio a portata di mano. Una volta gliene regalai alcuni pacchetti, accompagnati da un biglietto. Ero a Milano per lavoro, vado alla stazione centrale, prendo il primo treno per la Svizzera, scendo a Lugano, esco dal treno, cerco la prima tabaccheria, compro i pacchetti, risalgo sul treno e ritorno a Milano. Poi, quando sono di nuovo a Modena, faccio un pacchetto, unisco un biglietto e lo do a una persona che sapevo avrebbe partecipato ad un incontro di responsabili con Enzo. Sul biglietto c’era scritto pressappoco questo: “Quanti sigari dovrò ancora regalarti per saldare il mio debito?”. Enzo non mi aveva prestato dei soldi, aveva semplicemente riacceso la mia umanità. Continuava il biglietto: “Ma tu sei tramite, perciò la mia gratitudine è anche la tua”. Mi hanno riferito che Enzo lesse pubblicamente a tutti il biglietto e lo valorizzò, perché la grandezza di Enzo era che veramente voleva essere solo tramite, voleva conquistare i nostri cuori alla stessa esperienza che viveva lui. Esperienza che poi descriverà nella bellissima testimonianza al CLU che chiude anche il video.
“È una gratitudine che caratterizza la mia vita, perciò non ho paura di darla tutta”. Allora questo per me è il punto. Questo video andava assolutamente fatto, perché io desidero per me, per tutti quelli che lo vedranno, di innamorarmi sempre di più, non di Enzo ma di quello che aveva innamorato Enzo. Desidero per me e per tutti di avere sempre la semplicità e a volte anche il coraggio necessari per prendere il treno per Lugano senza cadere nella trappola del borghesismo e di pensieri come: non sono cose da giovani, alla mia età, nella mia posizione, non si può più. Insomma, essere fedeli alla gratitudine verso quello che nella vita mi è accaduto, ci è accaduto e per cui sono stato e siamo stati condotti fin qui, fino all’amicizia con Enzo e fino a vedere questo documentario che ci ricorda l’incontro che abbiamo fatto con lui. Ora do la parola a Simone che racconterà come è nata questa produzione.
SIMONE ZANOTTI:
Molto velocemente, per non rubare tempo alla proiezione del video. L’idea di questo lavoro è nata circa tre anni fa sull’invito che la Fondazione mi ha fatto di pensare ad uno stand per il Meeting. Io ho accettato subito con molto entusiasmo, ho iniziato a coinvolgere intorno a me un gruppo di amici abbastanza improbabili, feriti in diversa maniera dall’incontro con Enzo ma probabilmente anche dalla vita. Abbiamo pertanto iniziato questo lavoro con molto entusiasmo: e man mano che andavamo avanti vedevamo che era impossibile contenere Enzo, la sua grandezza, la sua vita, le cose che aveva fatto, detto, ecc. Per cui, abbiamo cominciato a cambiare l’idea: dall’idea di uno stand è diventata l’idea di una mostra fino a quello che io indico come la svolta del nostro lavoro. Vi è stata una cena fatta un paio di anni fa a Modena dove noi, molto carichi, abbiamo fatto vedere la ipotesi cui eravamo arrivati, alla famiglia, alla Fondazione, a un giro abbastanza largo di amici. In questa occasione, a parte alcune sottolineature molto ovvie – state attenti, stai attento, di ogni tipo -, è arrivata una indicazione che poi ha determinato il prosieguo di tutto il nostro lavoro in questi anni. E’ stata una cosa che ci ha detto Giancarlo Cesana, forse non si ricorda ma per noi è stata molto importante. Ci ha detto: “Non pensiate comunque di conoscere Enzo, non pensiate di conoscerlo fino in fondo e di averlo in mano, semplicemente per il fatto che ci siete stati insieme per tanto tempo. Avete fatto una esperienza bellissima con lui, ma non pensate di conoscerlo”. Per me è stata la svolta, perché poi tutto il lavorìo che è nato in questi ultimi due anni ha portato al frutto finale che è il DVD che adesso faremo vedere. Non voglio anticipare niente, voglio semplicemente dire che il lavoro di questi ultimi due anni, soprattutto per me, ha significato rendermi conto che mi sono sempre fermato un passo indietro, anche nell’esperienza fatta con Enzo. Per cui, io voglio ringraziare, ma veramente, cioè non in maniera formale, la famiglia, la Fiorisa soprattutto, che ci ha dato la possibilità di fare questo lavoro, e la Fondazione, perché ci ha inizialmente investito di questo compito.
ELISA MARTELLI:
Bene, buongiorno a tutti e benvenuti. Io entrerò un po’ in merito anche alle scelte del film, per farvelo comprendere appieno. Devo dire che vedendo qui oggi tante persone che sono state coinvolte con Enzo in una storia personale ben più lunga e ben più completa, come conoscenza, della mia, mi assale un po’ di imbarazzo. Ma più forte di questo imbarazzo è il desiderio di potervi descrivere, di potervi raccontare ciò che abbiamo scoperto, alcune scoperte che sono avvenute in itinere durante questo lavoro. Prima di questo, faccio una premessa che è d’obbligo. Come diceva Massimo, fondamentalmente questo film nasce da una gratitudine per quello che abbiamo ricevuto attraverso il rapporto con Enzo. Ma questa gratitudine aveva il desiderio di avere non un orizzonte domestico ma un orizzonte grande, grande quanto il mondo, perché se una cosa è vera lo è per sempre e per tutti, ecco perché pensiamo che Enzo è per tutti e di tutti. Questo è anche il motivo per cui, per esempio, abbiamo sottotitolato il film in cinque lingue, oltre l’italiano, non per mania di grandezza ma proprio perché questo orizzonte che è Enzo quasi ce lo imponeva ed è questo forse il motivo per cui anche il libro ha avuto successo.
Tutto quello che desideravamo raccontare su Enzo è contenuto nel film che vedrete tra poco. Io mi limito a segnalarvi alcune scelte che possono farvi entrare un po’ nell’esperienza che lo ha generato. Prima di tutto, il film non è un documentario e non è una storia biografica ma racconta alcuni episodi, che Enzo stesso definisce chiave. Prima Simone raccontava di questo desiderio e di questo suggerimento di riconoscerlo: ad un certo punto ci siamo accorti che non era sufficiente ciò che sapevamo di lui. In fondo, cosa sapevamo di lui? Sì, il nostro rapporto one to one, ma era sufficiente per parlare di lui intero? No, e allora ci siamo messi a riscoprirlo studiando gli incontri, la sua storia personale: ore di sbobinatura di cassette perché, ragazzi, negli anni Novanta c’erano solo quelle. E ci siamo resi conto che Enzo in qualche modo indicava lui stesso degli episodi chiave della propria vita. Quindi, una traiettoria, più che pensata, trovata. A un certo punto ci siamo interessati anche di che cosa voleva dire episodio chiave, chiave rispetto a che cosa? Rispetto alla domanda che lui aveva di essere felice. Dice lui stesso, in una delle prime testimonianze che abbiamo trovato: “Quando qualcuno mi chiedeva che cosa vuoi fare, avevo molto chiaro cosa volevo fare, volevo essere felice”. Il film è quindi dunque il frutto di una investigazione: visita negli archivi più improbabili, sbobinature, siamo andati a intervistare decine e decine di persone, letture di libri o studio di libri sulla storia della Chiesa, sui movimenti, sugli anni Settanta, roba anche pesantissima sugli anni Settanta, proprio da aspirina. Ma perché c’era il desiderio di capire, di osservare, di contestualizzare quei fatti che lui stesso aveva definito chiave, perché il destino passa attraverso la storia che sceglie per ognuno di noi, come segreto per il compimento.
Faccio solo un piccolo esempio. Il film racconta dell’entusiasmo giovanile di Enzo per gli anni Settanta, ecco perché li ho citati prima. Ma questo entusiasmo, lui stesso lo racconta come legato a un episodio chiave della sua vita, che è quello con l’incontro con i ragazzi di “One Way”, che allora era il movimento. E anche lì si capirà bene che non è il passaggio tra due ideologie ma è proprio una lealtà con la domanda più vera che aveva, la domanda di essere felice. E’ per questo che abbiamo poi dato questo titolo non facile, l’uso dell’imperfetto non è facile in un titolo, “Volevo essere felice”: non è una caramella, suggerisce la domanda “ci sarà riuscito?”, era per dare l’idea della traiettoria umana di questa domanda che non l’abbandona mai, la traiettoria di un uomo a cui, a un certo punto della vita, accade una svolta per cui il fatto cristiano lo investe. In un periodo come quello degli anni Settanta, dove il cristiano era pensato come un uomo ridotto, un uomo che viveva il cinque per cento, una figurina, figure come quella di Enzo sono significative – forse lo capiamo più oggi che dieci anni fa -, perché hanno trasmesso questa idea di una fede autentica, vera, piena, coinvolgente e corrispondente a tutto ciò che l’umano, l’uomo cerca: in questo, la sua storia personale è stata un valore aggiunto. Chi di noi potrebbe dire che le cose negative che gli sono successe, che sono successe nella sua vita, sono un valore aggiunto? E’ possibile dirlo solo se c’è un destino presente.
Da ultimo, ci premeva dirvi una cosa: questo lavoro di quasi tre anni e mezzo, questa investigazione ci ha portato a un punto, un punto che magari non è il vostro perché io non voglio darvi chiavi di lettura, siete abili e arruolati a dare la vostra, però ci tenevamo a darvi anche il nostro personale punto di approdo. Poi si andrà ancora avanti, non è finito niente, ma ci siamo resi conto che la vera eredità, quello che è interessante oggi, il vero pungolo, è chiedere la fede. Non il temperamento, non l’energia, non il carisma da assaltatore che dicono nel video, per altro ineguagliabili, ma proprio la fede, perché la fede è ciò che, incontrando Enzo, faceva dire: questo è un uomo. Vorrei raccontarvi solo l’ultimo episodio legato a questo: è inedito perché non c’è nel film, quindi posso raccontarvelo. Su questa cosa della fede, su questa cosa che il cristiano è colui che vive più intensamente, gode di più, ama di più, per cui sei il regalo dell’amicizia con Cristo. Nei nostri pellegrinaggi vari, da vari interlocutori – preti, vicini di casa, politici, imprenditori, medici, chirurghi, pazienti, la gente del popolo, insomma -, ad un certo punto, come in ogni progetto editoriale che si rispetti, abbiamo cercato lo scoop. Anche noi volevamo un nostro scoop e lo scoop era proprio capire meglio che cosa succedeva tra lui e Giussani perché era difficile tirarlo fuori, trovarlo, non lo capivamo. Per vari giri siamo arrivati da Adriano Rusconi, che per noi era interessante perché era un osservatore, cioè una persona che aveva osservato cosa succedeva tra Enzo e Giussani nel senso che era presente. Era presente molte volte quando parlavano, quando si vedevano, quando cenavano. Siamo andati a dirgli: dicci qualcosa, dai, fai il bravo. Ci ha molto colpito una cosa che, secondo noi, sintetizza questa roba della fede che vi ho raccontato che non è qualcosa di astratto. Lui ci ha raccontato che ha visto Enzo cambiare anche nel rapporto con Giussani. All’inizio era molto teso a capire che cosa Giussani diceva sulle cose, sulla politica, sulla Chiesa, su quello che succedeva. Poi, a un certo punto, Adriano ha visto Enzo che cominciava a volere entrare in merito con le sue cose, raccontando di sé, addirittura portando tutta la famiglia, per esempio, da Giussani. Ma perché? Perché voleva in modo trasparente, in modo leale, fare vedere come viveva per poter chiedere a Giussani, non solo un confronto o un paragone o una correzione, ma come si può vivere di più, in maniera più intensa, più vera, più giusta. Questo di più era sempre il nesso con il movimento per la Chiesa. Grazie.
MASSIMO VINCENZI:
Vi rubo solo ancora un paio di minuti per ringraziamenti doverosi. Non sarebbe stato possibile realizzare Il film senza il contributo, in particolare, della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Poi ringrazio di nuovo Simone, l’Elisa, la Daniela, la Francesca, la regista Cristiana Lanzarini, Matteo Romagnoli, per l’enorme lavoro che hanno fatto, per il coraggio che hanno avuto tutti quelli che hanno collaborato in qualche modo al video, in particolare quelli che appariranno con le loro interviste. In particolare, vorrei ringraziare Antonio Socci che ha scritto l’introduzione al libretto che è allegato al DVD, ha scritto una introduzione che è qualcosa di strepitoso, quando l’ho letta facevo fatica ad arrivare alla fine perché mi sembrava di rivivere la sfida affascinante che si avvertiva tutte le volte che si incontrava Enzo.
Vi do quattro avvisi: il DVD è in vendita presso la libreria del Meeting e lo stand della Fondazione, che si trova nel padiglione A6. Nello stand è possibile ritirare anche la newsletter e associarsi alla Fondazione. Secondo avviso: giovedì 21 ottobre, nell’aula magna della Facoltà di medicina di Modena, si terrà la prima edizione del premio Enzo Piccinini, in collaborazione con Medicina e Persona e l’Università. L’iniziativa ha lo scopo di indicare e valorizzare personalità del mondo della sanità e dell’educazione che, con il loro impegno, hanno saputo generare realtà di accoglienza, cura, assistenza, educazione che possono essere di esempio per tutti. Nella prima edizione, il premio intitolato a Enzo verrà assegnato al dott. Mario Melazzini, medico e malato di sclerosi laterale amiotrofica, una personalità che con il suo impegno culturale e professionale incarna gli obiettivi e le finalità del premio. Allo stand, è possibile ritirare anche il materiale pubblicitario relativo al premio. Questa è una cosa che raccomando di fare a tutti coloro che in qualche modo lavorano nell’ambito sanitario. Poi, giovedì prossimo 26 agosto, presso la chiesa di Viserba Monte, la Santa Messa della militanza verrà celebrata in memoria di Enzo. Infine, si ricorda che oggi, lunedì 23 alle ore 17, in Auditorium, si terrà l’incontro “Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, può credere, credere proprio alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?”. Questo è tutto, buona visione.
(Trascrizione non rivista dai relatori)