VIA EMILIA: FOOD, MOTOR E WELLNESS VALLEY

Partecipano: Luigi Angelini, Consigliere Delegato Wellness Foundation; Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia-Romagna; Massimo Spigaroli, Chef/Patron Antica Corte Pallavicina. Introduce Roberto Perrone, Giornalista e Scrittore.

VIA EMILIA: FOOD, MOTOR E WELLNESS VALLEY

ROBERTO PERRONE:
Buongiorno, benvenuti a questo incontro su “Via Emilia: Food, Motor e Wellness Valley”.
E’ un piacere essere qui in una regione che è importante sia per il Meeting sia per una serie di ricchezze che ha. Motori e Food si legano sicuramente. Molti anni fa, il giornale per cui lavoravo mi mandò a Modena Maranello per i 90 anni di Enzo Ferrari. Il Drake, come lo si chiamava, non parlò con i giornalisti e dovemmo cercare di strappare ai suoi dipendenti qualche rivelazione sui suoi 90 anni, sul suo compleanno. Ma per chi conosce un po’ il mondo Ferrari, anche l’ultimo degli assunti aveva una cieca fedeltà nell’ingegnere, un senso di appartenenza che non avrebbe mai tradito. E quindi praticamente ci consolammo e andammo a mangiare al Cavallino di Maranello: questo per dire che Food e Motors si legano sempre. E uno dei miei primi servizi da giornalista lo feci all’autodromo di Imola, e mi ricordo che parlai con Peter Osberg, padre di Nicolò Osberg che adesso è uno dei piloti più importanti di Formula Uno. Una delle prime volte che sono stato al Meeting di Rimini sono finito a un concerto a Misano Adriatico con la pista, appunto il circuito di Misano, che è un altro luogo mitico dell’epopea dei motori. Mi ricordo che avevo una piadina in mano con uno squacquerone fantastico! Anche lì, motori e cibo si legavano alla grandissima. Per parlare sempre di cibo, sempre in quel Meeting mi ricordo una cena sensazionale, sempre in un posto che sinceramente non so se esiste ancora, forse non è però a quei livelli: si chiamava “Fino a Riccione”. Ed era per me un posto leggendario, io ogni volta che venivo qui ci andavo. Ferrari, Maserati, Lamborghini, Ducati, Moto Morini, che è rinata a Milano dopo varie vicissitudini: per tutti noi, la Romagna è la terra dei motori, ci sono tanti nomi, ne ho buttato giù qualcuno: Loris Capirossi, lo sfortunato Marco Sic Simoncelli, Andrea Dovizioso, nel passato Walter Villa, Loris Reggiani e ancora adesso Marco Melandri e anche Valentino Rossi, che non è tecnicamente emiliano-romagnolo ma parla romagnolo e fa parte di questa macro area di motoristica, insomma, che ha fatto grande l’epopea delle moto in Italia, qui tra Romagna e Alte Marche. Questa regione è però una regione straordinaria, come dicevo prima, per l’eccellenza del cibo. Il rombo dei motori ci accompagna lungo la via Emilia, tra splendidi luoghi del gusto ancora in attività e memorie di posti mitici che non ci sono più. Vicino esisteva un ristorante che ha fatto la storia della cucina italiana che si chiamava “Il trigabolo di Argenta”, era un luogo leggendario da cui sono usciti tanti cuochi. Come tutti i posti di grande qualità, di grande eccellenza, creano delle generazioni di persone che fanno la storia. Il più famoso di tutti, il più visibile è Bruno Barbieri, che è un personaggio televisivo. E un altro luogo a cui io sono molto legato, che purtroppo non ho potuto frequentare perché ha chiuso prima che capissi che esiste anche un certo tipo di cucina che non è solo quella della mamma – che Massimo invece conosce benissimo -, era Cantarelli a San Boseto, terre verdiane, un altro posto dove si faceva i bus per andare. Se vi interessa, lo potete riscoprire in uno splendido filmato in bianco e nero su Youtube fatto da Mario Soldati, celebre scrittore e primo grande divulgatore delle eccellenze italiane dal punto di vista enogastronomico. Io dico che sempre che la cucina deve saper emozionare. La cucina emoziona se è un luogo di grande sperimentazione, di novità. Come voi tutti sapete, l’Emilia-Romagna è la regione numero uno al mondo nella ristorazione e il cuoco proclamato migliore del mondo – il suo ristorante era Francescana – è Massimo Bottura. Però qui in Emilia-Romagna ho trovato la qualità e l’emozione, perché poi l’importante è la cucina emozionale anche quando mangi semplicemente. E ricorderò sempre una serata in cui con mia moglie – che in quel periodo non si amava come madre, e quindi mi rifilò tre figli, uno in carrozzina e due meno che bambini – uscimmo a cena con questi amici che mi portarono in un posto nell’entroterra marittimo, in provincia di Ravenna. E finimmo in questa casa stupenda in cui facevano tagliatelle: praticamente il bambino e la bambina di addormentarono e rimanemmo io e mia figlia, le migliori forchette della famiglia e ci demmo dentro per cinque! E anche quella, lo ricordo a distanza di 15 anni, fu una cena emozionante, senza bisogno di avere i grandi piatti e la sperimentazione: l’importante è che le cose siano buone e siano fatte con passione a qualsiasi livello. E quindi. alla fine di tutto questo, una regione come questa che è una regione che io definisco completa, ci dà anche l’opportunità di provare a perdere qualche chilo o comunque avere una vita sana.
Quindi, qui, oltre alla Motor Valley e alla Food Valley che praticamente va dalle pendici della provincia di Piacenza fino al mare, c’è anche la Wellness Valley: si può coronare tutto questo viaggio cercando di capire che si può avere una vita sana anche mangiando bene. Dico sempre che mi invitano perché sono la dimostrazione del contrario, praticamente di quello che non si deve fare. Detto questo, vi presento i nostri ospiti, tutti e tre tra la via Emilia e l’eccellenza di questa Regione: alla mia destra, il Presidente della Regione Stefano Bonaccini, alla mia sinistra Massimo Spigaroli, Patron dell’Antica Corte Pallavicina ma soprattutto qui per raccontare l’esperienza molto importante, a questi livelli forse unica, dello chef-to-chef, poi ci spiegherà lui in cosa consista. Un applauso a Massimo Spigaroli: se non siete mai stati da lui, dovete andare per visitare quella che io chiamo la “cripta dei culatelli”, un luogo di una religione mistica e democratica, dove voi potete far maturare il vostro culatello accanto a quello del Principe Carlo o di Alberto di Monaco o di Alain Ducasse. E poi, per curare il nostro fisico, ma anche e soprattutto la nostra anima, Luigi Angelini, Consigliere Delegato di Wellness Foundation, che è l’evoluzione di questa grande azienda che è Technogym, su cui credo quasi tutti abbiamo tentato di buttar giù qualche etto, qualche chilo. Vorrei cominciare dal Presidente della Regione perché, dopo avere fatto brevemente e approssimativamente questo ritratto delle tre valli regionali, vorrei chiedere al Presidente come si riesce a legare – perché poi in qualsiasi regione d’Italia andiamo c’è qualcosa di straordinario – a promuovere, come si fa sistema. In questo conta molto la politica, conta molto chi amministra, cioè dare un sostegno in modo tale che tutto questo diventi visibile, sostenibile, fruibile.

STEFANO BONACCINI:
Intanto grazie al Meeting e agli organizzatori per l’invito. Mi pare che cogliamo una delle eccellenze per le quali l’Emilia-Romagna è conosciuta nel mondo, e cioè provare a valorizzare e a garantire la promozione dei prodotti che da queste parti straordinari intenditori riescono a realizzare con un costo del lavoro mediamente più alto che in tante altre parti del mondo, ma la cui qualità risulta inimitabile. Tiene insieme un valore aggiunto, l’avere una delle manifatture più importanti del mondo, sotto la cui voce sta la meccanica, la meccatronica, i motori, con l’agroalimentare, ma anche la ceramica, la moda, il packaging, il biomedicale. Abbiamo alcuni dei distretti settoriali più importanti al mondo. L’Emilia-Romagna, che pochi sanno che alla fine del 1800 era tra le aree più povere del Paese, è diventata una delle aree in cui vi è la più alta qualità della vita in Europa. Dove la qualità della vita per noi non è solo un tema di occupazione – che nel dopoguerra in particolare, e fino a qualche anno fa, era garantita nella sua resa fisiologica del 3, 4% -, è triplicata ed è arrivata al 9%. La stiamo accompagnando a scendere, e se ci dà una mano la crescita di un Paese che cresce ancora lentamente, risente dei problemi dell’Europa, sperando di non avere a che fare con elementi che non dipendono da noi come il terrorismo, può conoscere una stagione di piena e buona occupazione. Qualità della vita però da noi non è mai stato solo il lavoro, che peraltro è importante perché significa dignità; è sempre stata anche la qualità dei servizi che i cittadini trovano quando ne hanno bisogno, da quelli per l’infanzia a quelli per gli anziani, alla disabilità, alle famiglie. Dentro questo, però, qualità della vita è anche qualità di ciò che fa da contorno: dal tema del poter svolgere attività fisica sportiva a come poter mangiare bene. Ora, per farla breve, noi siamo cresciuti di decenni con due assunti che hanno fatto grande l’Emilia-Romagna. Uno era il suo policentrismo: ogni territorio ha le sue cose, esattamente uguali, se non coincidenti, a quelle del territorio vicino, non avendo noi metropoli da un milione di abitanti. Due, il piccolo è bello, anche nell’impresa: abbiamo un’ossatura dell’impresa emiliano- romagnola che è fatta di centinaia di migliaia di imprese, piccolissime, piccole e medie. Piccolo è bello è valso nei territori, nelle istituzioni, ognuno giustamente geloso delle proprie peculiarità, ed è valso nella parte di produzione dell’attività economica. Nella globalizzazione, il piccolo è bello non vale più. O meglio, vale ancora se sai stare assieme a qualcun altro. D’altra parte, chi esporta in questa regione sta volando: lo scorso anno, l’Emilia-Romagna ha fatto qualcosa come 55 miliardi e 300 milioni di export, perché nel mondo la globalizzazione ha comportato che ci siano un po’ più poveri di prima, ma contemporaneamente vi è quasi un miliardo di persone che stanno meglio di 15 anni fa. Quelle persone cercano il Made in Italy che in Emilia-Romagna, in quei settori che ho detto prima, è qualcosa di straordinario. E allora, occorre convincere gli oltre 26 mila imprenditori che abbiamo, e sono tanti, ma per le potenzialità che hanno sono pochi quelli che esportano: vanno accompagnati a provare, ad avere più coraggio, a mettersi insieme, a capire come si fa, perché la piccola dimensione ti spaventa rispetto invece a successi che puoi avere. Dall’altra parte, oggi c’è un elemento in più: Paesi che una volta conoscevamo se volevamo visitarli da turisti, oggi sono economie che ti portano via o ti hanno portato via il lavoro, mercati straordinari. Nel campo del turismo, ad esempio, i cinesi non sono mai stati potenziali turisti del nostro Paese. Nei prossimi dieci anni, ci saranno 40, 50 milioni di nuovi turisti all’anno che possono venire verso l’Europa. Allora, hai due strade per provare ad intercettare coloro che vogliono fare turismo, ma non solo il turismo stanziale, classico della mia generazione o di quelle precedenti, per cui si andava qui in Riviera o in Appennino per 10 giorni, un mese, a secondo del tuo portafoglio, e stavi lì senza muoverti da quel territorio. Oggi mediamente le persone vogliono vedere più cose nel minor tempo possibile. Stanno crescendo due tipi di turismo: uno si chiama turismo culturale: sono coloro che vogliono vedere almeno una volta nella vita quella cosa che vedranno solo in quel particolare territorio. L’Italia ha il 70% delle bellezze artistiche, architettoniche e culturali, ci auguriamo che sappia come Paese promuoversi sempre meglio. Se vengono in Italia, state tranquilli che passano anche dall’Emilia-Romagna, per la sua posizione geografica, perché abbiamo infrastrutture, dagli aeroporti all’alta velocità alle autostrade, anche geograficamente in luoghi convergenti: poi però bisogna sapere come fare sistema. Lo scorso anno all’Expo di Milano abbiamo deciso di lanciare, attraverso il progetto dal nome anche evocativo di Via Emilia-Experience, questa strada che lega da oltre 2000 anni la gran parte del territorio emiliano, dove sono nati e cresciuti ad esempio 8 dei suoi 10 capoluoghi, che arriva fino alla Lombardia ma si collega anche alla costa e, via via, verso il Meridione d’Italia. Da un lato, c’è allora l’esigenza di fare in modo che tutto quello che qui viene prodotto fuori dal policentrismo venga messo assieme. Abbiamo detto che le persone vogliono vedere più cose nel minor tempo possibile? Allora bisogna innanzitutto dotarle di infrastrutture che funzionino. E quindi, fare sistema significa, ad esempio, che dobbiamo lavorare per far sì che ci sia da Piacenza a Rimini un sistema di collegamento il più rapido possibile. Il fatto che fra tre anni inaugurerà ad esempio a Bologna il cosiddetto “People Mover”, che è una striscia sulla quale si salirà con un mezzo collettivo non inquinante e che collegherà in 8 minuti l’aeroporto Marconi con la stazione ad velocità e a media velocità, che è il nodo ferroviario più importante d’Italia, permetterà di essere competitivi a coloro che, a differenza di come facevo io, in questo momento non prenota più attraverso l’intermediazione delle agenzie ma lo fa direttamente, da casa o dall’ufficio. E chi si sposta sceglie da solo i luoghi in cui è conveniente andare, anche per il tempo che ci si impiega per raggiungerli. La vera sfida per quei 3 miliardi del Sud-Est Asiatico, quando atterrano in Europa e arrivano a Parigi o a Francoforte, è che in quegli hub devono trovare il modo di arrivare velocemente in Italia, altrimenti si dedicheranno ad altre destinazioni e non vedranno le bellezze che ci sono qua. Allora noi abbiamo deciso di mettere insieme le eccellenze che abbiamo con tre progetti che sono Motor Valley, Food Valley e Wellness Valley, che garantiscono per coloro che nel mondo o in Italia guardano alla nostra regione, l’opportunità di poter avere più eccellenze possibili da sviluppare nel periodo in cui i turisti decidono di spostarsi. E la chiudo così. Food Valley: noi stiamo ricevendo il via libera al 44° prodotto GP e DOP, l’anguria reggiana. Da quando sono Presidente, ne abbiamo avuti quattro: uno è questo. Il primo, detto a Rimini fa anche gioire, è stata la piadina romagnola, poi è arrivato il pan pepato di Ferrara, poi il cappellaccio di Ferrara, adesso l’anguria reggiana: però lì dentro ci sono ancora l’aceto balsamico tradizionale di Modena, il prosciutto di Parma, il parmigiano reggiano. Pensate che Piacenza, che è la provincia più piccola dell’Emilia-Romagna, è l’unica provincia in Italia che ha tre prodotti DOP, tre salumi: la coppa, la pancetta, il salame felino. 44 prodotti GP e DOP, cioè a marchio certificato dall’Europa, non li ha nessuna regione in Europa, non in Italia! Abbiamo detto che le persone vogliono vedere quella cosa che vedranno una sola volta nella vita? E’ anche vero che a questo accompagnano il voler gustare il cibo che mangeranno una volta nella vita, magari solo lì. E da noi, da questo punto di vista, Massimo Spigaroli sta conducendo in maniera eccellente, insieme ai suoi colleghi, l’associazione Chef-to-Chef. Segnalo che a metà novembre io andrò con il Presidente delle Conferenze delle Regioni a Washington a inaugurare la settimana della cucina italiana nel mondo, ma poi ci agganciamo alla settimana della cucina dell’Emilia-Romagna nel mondo. Prima, al telefono, mentre salivamo abbiamo salutato Massimo Bottura che era a Rio de Janeiro, dove ha aperto un refettorio in una favelas per i poveri ed è stato chiamato come co-protagonista di una sorta di progetto sociale. Dall’altra parte, c’è la Motor Valley: noi lavoriamo molto nel mondo, come Regione stiamo facendo collaborazioni su vari temi, perché poi l’Emilia-Romagna è ricercata, ad esempio in Guangdong, la provincia più ricca e popolosa della Cina, 105 milioni di abitanti, non li ha nessun Paese europeo. Sui temi della sicurezza alimentare, della qualità dell’aria e delle imprese, abbiamo sottoscritto lo scorso anno una collaborazione, così come l’ho fatta in California, nella Silicon Valley, anche sul tema del cibo, perché pochi sanno che in California c’è la più autorevole scuola di cucina americana, così come abbiamo fatto con l’Argentina sui temi della sanità. Quando sono stato in questi posti, così come farò in Sudafrica e in Iran, dove andrò per la Regione entro l’anno, non dico che vengo da Campovalano o da Modena, mi basta dire Ferrari o Maserati, parmigiano reggiano, prosciutto di Parma, Pavarotti e capiscono da dove vengo. Se noi quelle eccellenze le mettiamo insieme, siamo in grado di produrre una qualità di ciò che proponiamo che fa sì che lo scorso anno abbiamo avuto 1 milione 600 mila presenze turistiche in più rispetto all’anno precedente. E se tanto mi dà tanto, e se ci assiste il tempo, oltre agli elementi di geopolitica che ho detto prima, noi a fine anno aumenteremo ulteriormente quei numeri. Motor Valley: siamo riusciti finalmente a mettere insieme i circuiti, i musei, le collezioni private, le manifestazioni, le fabbriche. Sono stato in Lamborghini, l’altro giorno, perché poi a proposito di cosa fanno le istituzioni, il Governo, la Regione Emilia-Romagna, con Volkswagen, abbiamo sottoscritto un accordo lo scorso anno, dove mettiamo 20 milioni di euro in 5 anni per la formazione del personale e per la ricerca dei materiali, perché il capitale umano che c’è qui non ce l’ha nessuno. Ma loro hanno fatto un investimento per 600 milioni di euro, e il nuovo SUV della Lamborghini, invece che a Bratislava, in Slovacchia, dove avevano deciso di produrre perché costa meno, lo faranno qui e nel 2018 uscirà il primo modello: stanno raddoppiando lo stabilimento perché qui hanno capito che il capitale umano dato da ingegneri, progettisti, operai specializzati non ce l’ha nessuno e tutto questo ti fa dire che dalla Ferrari alla Maserati, al di là di chi è e di dove è la proprietà, non se ne possono andare da questa terra, perché questa terra è la Motor Valley e mettere insieme tutto questo ti permette di avere quella qualità nell’accoglienza, nel progetto che proponi, che è qualcosa di straordinario. E sulla Wellness Valley, che racconterà dopo Angelini, è evidente che è l’altro tipo di turismo che sta crescendo. Oggi le persone, quando si spostano, siano coppie, siano singoli, siano comitive, sempre più vogliono muoversi, fare sport, attività, camminare, andare in bicicletta, correre, non solo sciare in montagna. E questo presuppone l’idea che il wellness, il benessere, è dato anche da tutti questi elementi che provi a mettere insieme. Noi abbiamo puntato su questi elementi come elemento di riconoscibilità in Europa e nel mondo. Crediamo che da Piacenza a Rimini e da Rimini a Piacenza lavorare uniti e insieme su questa prospettiva possa dare risultati importanti come li sta dando, e possa essere anche un modo, con i piedi per terra e con grande umiltà, per indicare la strada nella quale, fuori dalle appartenenze politiche di cui non me ne può fregare de meno, anche tra i territori, con i sindaci e le istituzioni locali, se impariamo a fare squadra e lo impareremo sempre di più, io credo che l’Emilia-Romagna non abbia da essere messa in competizione con i territori e con chiunque. Serve a noi, serve a una regione che vuole tornare ad avere la piena occupazione, e io credo che l’Emilia-Romagna possa servire anche alla crescita dell’intero Paese.

ROBERTO PERRONE:
Allora, a proposito di questo, collegandomi proprio alla proposta che viene fatta di competizione, di politica comune, di strada comune, Massimo Spigaroli è uno dei fautori di questa iniziativa che si chiama Chef-to-chef, che percorre tutta l’Emilia: un’esperienza molto importante perché è un tentativo di fare sistema. Io vorrei che tu ci raccontassi un po’ di questa esperienza.

MASSIMO SPIGAROLI:
Sì, diciamo che sono tutte cose che nascono ma che, più che altro, si sentono. C’è stato un momento, ormai sette anni e mezzo fa, che alcuni cuochi, almeno quelli più in vista, quelli che riuscivano a parlare forse prima con le istituzioni, dicevano: vabbè, noi siamo qui, abbiamo bisogno di tante cose ma se non le chiediamo nessuno ce le darà. Perché dovete capire che tante volte i politici aspettano delle proposte che vengono dalla base: quindi, abbiamo chiesto e ci è stato dato. Ci siamo riuniti e abbiamo cercato di mettere a disposizione i nostri saperi per aiutare quelli che erano i nostri prodotti importanti, il turismo della nostra regione, per fare sistema. Non ci sono cose che possono funzionare se non sono messe a sistema. Anche in una famiglia, se non ci si parla si fa fatica a ottenere dei risultati e a fare delle cose. Questo rapporto è stato molto piacevole e fondamentale per portare avanti questa associazione che si chiama Chef-to-chef e che è stata promossa da poche persone, tra cui Massimo Bottura, Igles Corelli, io e altri, che si sono date delle regole. La prima regola è che non può esistere una buona cucina se non ci sono dei buoni prodotti e quindi, oltre ad associare una cinquantina di chef, quelli che hanno qualcosa da dire o quelli che sono rimasti più in evidenza, ci sono anche i produttori che producono i prodotti così importanti come quelli che diceva prima il Presidente. Anche perché sembra che tutto succeda qua. Possibile che tutto succeda in Emilia-Romagna? Io analizzo questa cosa e devo dire che parecchio succede veramente qua. Perché ci sono persone che ci tengono e credono in quello che fanno, poi un po’ di esperienza e di testardaggine che non mancano mai. Quindi, poi ci siamo messi insiemi e abbiamo messo insieme anche i produttori, abbiamo parlato con i consorzi e abbiamo cercato di mettere in valore tutto quello che era questo patrimonio. Ci sono esempi importanti. Come dicevo prima con Perrone, quando tutti i cuochi cucinavano il tonno, quasi non ce ne accorgevamo e vuotavamo il Mediterraneo dal tonno: vuol dire la forza di comunicazione della cucina in questo momento e di questi chef, perché alla fine sono degli chef anche oratori, il sig. Bottura è il nostro guru, lo vediamo da quello che accade quando parla di una cosa. Stiamo cercando di mettere in valore tutte queste produzioni parlandone, mettendole a sistema, mettendole nei nostri menù, più che altro mettendoci in filiera l’uno con l’altro. Quando uno consiglia di andare a mangiare dall’altro ristoratore, non perché siamo tutti uguali ma perché ognuno di noi cucina in modo diverso, penso sia importante in un mondo in cui si dice che i campanili bisogna lasciarli da parte: credo invece che una cosa fondamentale del nostro territorio siano i campanili. La cosa più importante secondo me è che ognuno guardi al suo campanile, sia nella cucina che nel paese, però comunichiamoli tutti insieme, qui siamo maestri. Siamo stati bravi perché capaci di mettere da parte il nostro campanile quando c’è bisogno, e di usarlo nel momento in cui diventa comunicazione. Questa secondo me è una delle peculiarità della nostra regione, sotto il profilo della cucina, dei motori, di qualsiasi cosa. Altra cosa importante che abbiamo fatto l’anno scorso, e siamo stati fortunati perché le strutture ci hanno appoggiato, è stato pensare a come andare ad Expo. E’ stata una cosa molto carina, più che altro perché abbiamo pensato di farlo utilizzando quelle vie di comunicazioni così importanti della nostra regione, per fare massa, quel gruppo che andava verso Expo e che prendeva in esame la via Emilia, 2203 anni, facendo un cibo da strada, il cibo del momento. Poi, invece, il fiume: la via d’acqua. La via di comunicazione più antica come una grande barca dove si faceva meditazione di cibo, un comizio agrario dove si parlava di terra, di produzione, di cibo di qualità, del futuro del cibo, un pensatoio errante che arrivava da Rimini fino a Piacenza. L’altra era la via dove si andava a piedi, percorsa dai ragazzi, dove abbiamo messo in valore tutto quello che era il selvatico di pregio, il prodotto della montagna: e sempre gli chef di chef-to-chef che, insieme ai produttori, andavano a cucinare e ad interpretare il territorio. Ci siamo ritrovati a Milano, il Presidente era con noi, i vari assessori, ecc.: abbiamo tirato una sfoglia che è l’immagine dell’Emilia-Romagna, abbiamo voluto mettere insieme a tutti gli chef, alle massaie e alle sfogline che abbiamo raccolto durante il percorso, questa sfoglia di 60 metri, unica, dove ognuno metteva un ripieno diverso e dava una forma diversa alla pasta. Penso che sia questa l’immagine dell’Emilia-Romagna: un grande pensiero unico che è la pasta, un grande pensiero che è la qualità dei prodotti dove però ognuno rimane con la sua personalità ma che assieme vendono la loro immagine, per far sì che la nostra regione abbia un futuro importante, perché chi passa dall’Emilia-Romagna si deve fermare. Posso dire da operatore del settore che tanti si fermano.

ROBERTO PERRONE:
E dopo la sfoglia ci facciamo 30 o 40 minuti di tapis roulant e di cyclette. Luigi Angelini ci farà vedere un filmato ma adesso ti chiedo se puoi raccontare il passaggio da Technogym, azienda leader nel settore, presente a Rio: da anni faccio il giornalista sportivo militante, ho seguito 9 Olimpiadi e ho sempre trovato i prodotti Technogym nelle palestre dell’Olimpiade: volevo sapere come è stato il passaggio da questa grande azienda all’idea del wellness.

LUIGI ANGELINI:
Buon pomeriggio a tutti, vi porto i saluti di Nerio Alessandri che, come è stato detto, è stato trattenuto alle Olimpiadi di Rio più del previsto e tutti i programmi che aveva sono slittati. Il passaggio è stato questo: Technogym nasce nel 1983, molti di voi conosceranno la storia nel garage di casa Alessandri, con i due fratelli Nerio e Pierluigi che disegnano e costruiscono macchine per il movimento delle persone il sabato, la domenica, la notte. Pierluigi studiava, Nerio lavorava, faceva il disegnatore industriale di macchine per il packaging della frutta, essendo da sempre Cesena un grande distretto dell’ortofrutta. E nasce l’azienda, si sviluppa, Nerio lascia il proprio lavoro e diventa imprenditore a tutti gli effetti, con già l’idea che dovesse essere il mondo il terreno di competizione della sua azienda. I primi anni 80 sono gli anni del bodybuilding, gli anni dei muscoli gonfi, dei corpi perfetti, dove la componente del muscolo era predominante. Dopo qualche anno, il bodybuilding viene sostituito dal fitness, che ha meno componenti di muscoli ma ha comunque una forte componente di edonismo. Io faccio attività e mangio bene perché voglio essere più bello in spiaggia, conquistare di più, guardarmi allo specchio, piacermi. Tenete conto che il settore nasce negli Stati Uniti d’America, non nasce a Cesena. Quindi, un’azienda appena nata che vuole competere su questo terreno deve distinguersi dal concetto di fitness: l’intuizione vincente è quella di passare dal fitness al wellness: la parola wellness nasce dall’unione di due componenti: wellbeing e fitness. Si prende la prima parte di wellbeing e l’ultima parte di fitness e viene fuori la parola wellness, che è uno stile di vita ed è la versione contemporanea, moderna, di “mens sana in corpore sano”, che è una tradizione e una cultura che ci portiamo dietro da migliaia di anni e che ci rende credibili come sistema Paese che vuole insegnare al resto del mondo il vivere bene. Nel 2003, quando Technogym è già un’azienda avviata, che ha successo e che ha già accumulato 20 anni di competenze, di esperienze, lavorando con le grandi squadre di calcio, di basket, con i medici perché c’è tutto il mondo importante relativo all’esercizio fisico come farmaco, quindi ha accumulato una quantità enorme di scienza e di conoscenza di questi temi, Alessandri decide che questo capitale, che era il capitale culturale dell’azienda, deve essere messo a disposizione della collettività. E lo fa creando una fondazione che si chiama Wellness Foundation, che ha sede in un altro luogo, diverso da Technogym perché è un’altra realtà, separata da Technogym, non è un’azienda cosiddetta corporate ma un’azienda di famiglia che si sostiene per la maggior parte con finanze che la famiglia in prima persona mette all’interno della Fondazione. Il passaggio che richiamavi prima è questo, dalla cultura di un’azienda a una cultura condivisa da un’intera comunità: assieme alla Fondazione, nasce un progetto che è quello della Wellness Valley, cioè il desiderio di fare della Romagna il primo distretto mondiale per competenze, quindi non un distretto solamente industriale ma un distretto di sapere, un distretto culturale. Il primo distretto mondiale per competenze sul benessere e sulla qualità della vita delle persone, attingendo al capitale umano, intellettuale, istituzionale ed imprenditoriale che questo territorio ha e che sta rafforzando, fa in modo che la Romagna venga identificata nel mondo come il luogo dove viene creata e diffusa la cultura dello stile di vita sano, del wellness che tiene insieme l’esercizio fisico, quindi la vita attiva, l’alimentazione sana e quello che noi chiamiamo l’approccio mentale positivo alla vita, il nostro sistema di relazioni, il nostro lavoro, l’amicizia, la famiglia, la gestione dello stress. E’ un passaggio culturale non banale per una impresa e il progetto Wellness Valley ha questa missione precisa. E’ chiaro che, come tutti i progetti culturali, ha un orizzonte di medio-lungo periodo, perché il processo culturale richiede parecchio tempo. Ma quello che abbiamo visto in questi tredici anni è che il passaggio dalla cultura dell’impresa al progetto sociale, alla cultura condivisa dal territorio ormai è avvenuto ed è assodato. Oggi noi abbiamo 250 stakeholder, cioè 250 attori del territorio che ruotano intorno al progetto, che lavorano attivamente al progetto, la Regione Emilia-Romagna, in prima linea ma anche l’Azienda Sanitaria, il mondo del turismo, l’ATP ma anche le altre imprese del territorio che si occupano di questi temi e non solo di movimento, ma anche di alimentazione, le scuole, l’Università di Bologna che ha nei quattro campus romagnoli la maggiore concentrazione di corsi di studio che riguardano la qualità della vita delle persone e poi c’è il mondo medico. Ci sono attori molto diversi per origine, cultura, forma mentale, ma che hanno trovato nel tema della qualità della vita il comune denominatore e il filo rosso che tiene tutti insieme e che rende possibile una collaborazione che non è così scontata. Faccio alcuni esempi molto pratici. Il progetto Wellness Valley ha tre declinazioni fondamentali: una è quella delle prevenzioni delle malattie attraverso i sani stili di vita. La Regione Emilia-Romagna è stata la prima in Italia – lo diciamo sempre con grande orgoglio – ad inserire nel proprio sistema sanitario la prescrizione dell’esercizio fisico in ricetta medica. Significa che già da tre anni, per specifiche patologie come il diabete, l’ipertensione e le altre malattie cosiddette croniche che rappresentano l’80% delle malattie, in Emilia-Romagna i medici possono prescrivere al posto dei farmaci tradizionali delle sessioni di allenamento specifiche per patologia, perché la scienza è arrivata ad un tale livello di perfezione su questo tema, per cui si sa esattamente che un certo allenamento indicato ad un diabetico ha esattamente gli stessi effetti delle pillole tradizionali, poi varia da caso a caso perché ci sono diverse variabili. L’Emilia-Romagna è stata capace di cogliere prima delle altre questa opportunità. Sul tema dello sviluppo economico, che è il secondo pilastro del progetto Wellness Valley, ci sono due elementi fondamentali, prima di tutto la nascita di start-up che riguardano non solo il tema del movimento ma anche della alimentazione. In questi quattro anni sono nate sul territorio trenta nuove aziende, soprattutto tecnologiche, che riguardano i temi della qualità della vita delle persone e che sono orientate a migliorarla. Il secondo aspetto è quello del miglioramento della qualità della vita in azienda: ci sono tante aziende che stanno cominciando a lavorare sulla salute dei propri dipendenti per il semplice motivo che conviene all’azienda, perché c’è un ritorno dell’investimento fra il 6.7% e il 20%, a seconda dell’azienda, perché le persone che stanno meglio lavorano meglio, lavorano di più, sono più creative. Poi c’è il mondo del turismo: nel maggio scorso la Regione ha approvato la nuova legge regionale sul turismo ed il marchio Wellness Valley è stato inserito come progetto strategico di promozione della Romagna sui mercati internazionali con cui si è iniziato un percorso virtuoso di questo nuovo marchio. Ma anche gli imprenditori privati si stanno mentendo in gioco per riqualificare le strutture in senso wellness. So che anche la Regione ha in programma strumenti economici su questo tema, penso ad esempio a Rimini, alla città che ci ospita: il Sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, nel proporre il progetto del Parco del Mare, cioè il progetto di rifacimento del lungomare della città, ha in mente di fare la più grande palestra a cielo aperto del Mediterraneo, dove palestra non significa solo fare movimento, significa anche l’alimentazione, significa gli sport d’acqua, significa le diverse discipline, però tenute insieme da un elemento di coerenza che è quello di dare agli ospiti una qualità della vacanza che non possono trovare in altri luoghi, che attinge ad una tradizione che è molto forte, che si rinnova attraverso questo concetto. Perché il territorio ha accettato la sfida della Wellness Valley? Perché ci sono numeri che dimostrano che si può rilevare un ottimo investimento. Solamente nel turismo, il valore mondiale del wellness è di cinquecento miliardi di dollari, con una crescita annua del 10%, che è il massimo indice di crescita tra i settori turistici. L’ideale sarebbe andare a prendere tutti i 500 miliardi, posto che sarà difficile, però quello è il settore che sta crescendo moltissimo e sfruttare il vantaggio competitivo che abbiamo creato in questi tredici anni vuol dire porsi ad un livello di competizione superiore agli altri, che stanno arrivando, perché non è che in giro per il mondo dormono, si stanno attrezzando ma noi siamo avanti e dobbiamo rimanere avanti.
Nel sogno dell’imprenditore, e il sogno di Alessandri è quello, c’è che, se qualcuno si sveglia in una parte del mondo e ha voglia di fare impresa e di andare a studiare il sistema digitale, ha in mente la Silicon Valley nella zona di San Francisco; la stessa persona, lo stesso ragazzo che ha voglia di impegnare la propria vita nel mondo del wellness, abbia in mente la Romagna come posto nel mondo dove andare ad investire, andare a studiare, andare ad impegnarsi. Quindi, il grosso lavoro che noi stiamo facendo è tenere insieme tutti questi attori, ognuno dei quali ha esigenze diverse, ma che ha trovato in questo campo un motivo per unire le forze e anche per garantire la coerenza dei progetti che vengono fatti. Mentre l’enogastronomia è una cosa molto specifica e gli attori sono molto specifici, il wellness è molto trasversale, tocca il movimento ma anche l’enogastronomia, ma anche il patrimonio culturale, il patrimonio ambientale. Trovare la formula giusta per tenere insieme tutti questi elementi e promuoverli nel modo migliore per attrarre turismo, investimenti e capitale umano, quei famosi talenti in giro per il mondo, non è impresa facile. Però l’impressione che noi abbiamo in quest’ultimo anno e mezzo, è che c’è stata una vera e propria svolta nella velocità e nella intensità con cui il progetto sta andando avanti, e quindi più di prima siamo fiduciosi che la Wellness Valley, che poi c’è già ed è ciò che oggi abbiamo, crescerà ulteriormente.

ROBERTO PERRONE:
Nel secondo intervento poi vedremo un filmato per avere una idea della Wellness Valley, per chi non la conosce. Vorrei chiedere una cosa al Presidente Bonaccini. Prima abbiamo parlato di fare sistema, di crescita, tutte queste cose molto importanti che ci danno una speranza per il futuro. Io però vorrei fare l’avvocato del diavolo: cioè, dove sta la magagna? Parlavamo prima di gelosie, che sono uno dei più grandi ostacoli, cioè il campanile è bello però non tutti sono favorevoli alla diversità del campanile. Si dice sempre che è difficile investire in Italia per le tasse, la burocrazia, per aprire una impresa ci vogliono duecento miliardi di documenti, a Londra in cinque mesi apri un ristorante, se sei bravo in dieci hai fatto i soldi. Ecco, tutti questi luoghi comuni, ci sono o non ci sono? E quali sono le difficoltà?

STEFANO BONACCINI:
Io sono stato a pranzo con l’Ambasciatore John Philips tre settimane fa e abbiamo affrontato il tema di come l’Italia riesca ad attrarre pochi investimenti statunitensi verso il nostro Paese, perché siamo l’ottava destinazione di investimento nonostante ci sia una lunga tradizione e storia anche di affinità culturale e istituzionale fra i due Paesi, mentre gli Stati Uniti, per una regione come la nostra, sono il secondo mercato di esportazione. Il primo extraeuropeo è la Germania, il secondo gli Stati Uniti, il quarto, purtroppo, la Gran Bretagna: gli effetti della Brexit, nel lungo periodo, potrebbero avere una incidenza anche per noi, con la sterlina che a quel punto sarebbe molto debole. Questo per dire che non è vero che ciò che accade nei vari Paesi possa avere una incidenza e una relazione con gli altri Paesi. Nel ragionare di questo, lui indicava due fattori di scarsa competitività per il nostro Paese. Uno, la lentezza della giustizia: un imprenditore che sa che un processo medio in sede civile ci mette quasi dieci anni è evidente che rischia di stare lontano, è il tema della lentezza delle istituzioni a concedere permessi. Lui citava come case history, e un po’ se ne era inorgoglito, questo elemento della Philip Morris che entro fine settembre vedrà aprire un’area da Anzola dell’Emilia. Se si passa in autostrada, c’è un nuova uscita a Valsamoggia – a proposito di campanili, è la più grande fusione di campanili fatta in Emilia-Romagna con cinque comuni per trentamila abitanti -; la Philp Morris ha deciso di aprire un prodotto a basso rischio di salute che nelle loro intenzioni dovrebbe raggiungere a breve l’8%, il 9%di quota di mercato. Dicono di aver trovato istituzioni attente e veloci e che, oltre all’indotto e al capitale umano e al valore aggiunto dato dai macchinari, sono venuti ad investire qui e offriranno 600 nuovi posti di lavoro, verrà il Presidente del Consiglio a inaugurarla entro fine settembre. Citava questo come esempio positivo: a ottobre proverò con i miei colleghi Presidenti a capire come possiamo con i governi americano e italiano fare un ragionamento d’insieme. Perché ho fatto questo esempio? Perché è evidente che noi abbiamo bisogno di alcune riforme che ci diano una mano per evitare che quella lentezza che – al netto della corruzione – ha portato ad allontanare le persone da un buon giudizio e dalla fiducia nelle istituzioni e nella politica, ci deve essere un Paese meno burocratico. La riforma della Pubblica Amministrazione, che ha cominciato ad avere gambe, credo ci aiuterà in questo perché, ad esempio, accorcerà di moltissimo, o di molto, i tempi, ad esempio per le imprese o per le stesse famiglie, rispetto ad una serie di provvedimenti che oggi ci mettono molto di più ad essere adottati. La digitalizzazione aiuterà tantissimo. Mi faccia dire – è un elemento d’orgoglio – che l’Italia è venticinquesima su ventotto, che diventeranno purtroppo ventisette, Paesi europei come ritardo digitale: è incredibile per un Paese che è tra i primi otto più industrializzati del mondo. Per fortuna, si è investito: io ho firmato, come Presidente della Conferenza delle Regioni un investimento con il Governo, all’unanimità dei Presidenti, di circa tre miliardi di euro. 1 miliardo e otto il Governo lo metterà a disposizione dei nostri territori (per capirci, per l’Emilia-Romagna sono 180 milioni di euro) e le Regioni, poi, se sono capaci di spendere i Fondi europei nelle loro programmazioni ci aggiungeranno del loro. Per l’Emilia-Romagna, significa 180 più 26 milioni di euro che arriveranno dai fondi cosiddetti POR FESR per la ricerca e l’innovazione. Li abbiamo già banditi: ci sono 160 aree produttive di questa Regione che nei prossimi anni vedranno arrivare la banda ultra larga in tutti i loro territori, perché nella competizione per le imprese tu puoi avere il miglior Paese del mondo, ma se non hai in futuro una competitività digitale rischi di rimanere indietro. Dall’altra parte, abbiamo 49 milioni di euro sui cosiddetti fondi PSR, Piano di Sviluppo Rurale, che c’entrano ad esempio con l’agricoltura e con la montagna. Perché? Perché noi, entro il 2020, digitalizzeremo l’Emilia-Romagna al cento per cento con la banda ultra larga a trenta mega, a cento mega per la metà di tutto il territorio. Nella metà delle scuole siamo a quattrocento: significa già fibra ottica. Perché? Perché vogliamo che i Comuni, le imprese e le scuole abbiano tutti quanti la banda ultra larga. Lei tenga conto che oggi, se a Zerba -che è l’unico comune con meno di cento abitanti nell’alta Val Trebbia – o a Casteldelci, qui nell’alta Val Marecchia – uno si immagina di non avere le stesse condizioni di competitività di Bologna Città Metropolitana, può avere a disposizione il fatto che si collega con tutto il mondo – anche un imprenditore che abbia un Bed & Breakfast o un’impresa – e può vendere i prodotti che prima vendeva soltanto se si muoveva o telefonava o andava in una fiera. Lei capisce che la competitività diventa straordinaria? Quindi noi oggi siamo nelle condizioni di poter colmare ritardi che questo Paese subisce per colpa delle sue classi dirigenti del passato. Che hanno tanti meriti, intendiamoci, l’hanno portato fuori dalla guerra, come ha spiegato molto bene il Presidente Mattarella, l’hanno fatto diventare, da Paese che aveva quelle colpe drammatiche di aver appoggiato il nazifascismo, una delle più grandi potenze industriali. Ma poi, ad un certo punto, nella contrapposizione, anche un bene del Paese, che non dovrebbe avere segno politico, diventava effetto del blocco di non poter trovare un accordo comune per dividersi un voto in più o un voto in meno. Io spero che entriamo in una fase in cui quei ritardi, che abbiamo accumulato e che potrebbero farci volare o correre più velocemente, possano essere superati. Quindi, io guardo con fiducia al futuro, abbiamo dei passaggi che determineranno se l’Italia vorrà essere qualcosa di meno burocratico, più moderno, quindi più giusto, oppure se vuole rimanere quella che è. Decideranno i cittadini. Ma io penso che in questo momento noi dobbiamo intercettare tutte quelle sfide che portino ad avere una velocità superiore a quella che avevamo. Per ultimo, a me non piace dover sempre dare la colpa a qualcun altro dei ritardi che magari accumuli anche nel tuo territorio, lo scorso anno abbiamo firmato un patto per il lavoro a luglio, un caso unico in Italia, con tutte le parti sociali. Vale 15 miliardi di euro di investimenti tra Fondi europei, nazionali, regionali e privati nelle infrastrutture, perché se il ritardo che l’Emilia- Romagna ha accumulato è su alcune infrastrutture di cui si parla da quando io ero ragazzino, e che oggi stiamo sbloccando una ad una. Ad esempio, il passaggio del nodo bolognese, per cui adesso allargheremo l’autostrada e la tangenziale, facendo la Cispadana, che collegherà il secondo distretto del biomedicale al mondo laddove ha colpito il terremoto quattro anni fa e dove, vi segnalo, non se n’è andata una sola multinazionale, anzi, ce ne sono più di prima. E dove stiamo ormai a zero per cassa integrazione, a proposito di cosa significa la “ricostruzione” di un Paese. Si collegherà alla Brennero, quindi all’Europa, arriverà all’alto Adriatico, quindi sarà un’alternativa al passaggio, per chi vuole venire in Romagna, attraverso Bologna, e diventa di fatto una competizione per la quale in Romagna, invece, abbiamo bisogno di mettere a posto l’asse Nord-Sud, che è un asse un po’ medievale, mentre è molto moderno quell’altro. Insomma, qualche ritardo lì lo si è accumulato. Dobbiamo risolverlo e lo risolveremo davvero, per provare a dare una mano ad essere noi un contributo di competitività. Tutto ciò che si chiama globalizzazione e che ci spaventa, e che ha anche dei lati molto negativi, può essere valutato dall’altra parte di quella medaglia e fatto diventare un’opportunità, e anche positiva. Io credo che bisogna provare a mettersi in condizione di trovare le ragioni che uniscano, perché penso che abbiamo, stando insieme, come sistema territoriale e regionale, tali e tante forze che danno una mano. Per ultimo, potrà sembrare curioso che io sia, da Presidente di questa Regione e della Conferenza Regioni, uno di quelli che spera che proceda la riforma del Titolo quinto alla voce “promozione dell’Italia all’estero”, perché l’Italia ha bisogno di tornare ad essere centralizzata nel sistema Paese e nella sua promozione nel mondo. Ognuno di noi porta la propria Regione a svolgere missione all’estero, e cerchiamo di farlo in quell’idea di attrattività. Segnalo che abbiamo appena fatto un bando dove noi mettiamo 77 milioni di euro. Arriveranno qui nei prossimi anni 611 milioni di investimento dall’estero. Si è fatto “Oh” a chi è venuto a investire 150 milioni in una certa parte del Paese, per fortuna. Noi quattro volte tanto: sono diciassette multinazionali che verranno a investire in Emilia-Romagna nei prossimi anni per la prima volta o che, già presenti, amplieranno: e saranno duemila posti di lavoro. Però io sono uno di quelli che pensa che non è importante che noi ci mettiamo una medaglia sul petto, perché l’ Emilia-Romagna va negli Stati Uniti, la Sicilia in Cina e la Toscana magari in Australia. È importante che questo, dal punto di vista del sistema Paese, della sua competitività, della promozione turistica, avvenga con un Paese che acquisti una quota non di venti Regioni tutte fini a se stesse, ma come elemento. Abbiamo bisogno di attrarre qui altri milioni di persone che, se arriveranno, poi vedrà che in qualche modo passeranno anche da questa parte.

ROBERTO PERRONE:
A Massimo Spigaroli, invece, riallacciandomi al tema della modernità e dell’innovazione, volevo fare questa domanda: c’è un grande dipinto nel tuo ristorante, “L’Antica corte Pallavicina”, dov’è rappresentata la tua famiglia in cucina: ci siete anche tu e tuo fratello, i vostri parenti, ecc. Questa è l’immagine della tradizione, della famiglia, e però poi nel tuo ristorante sei andato avanti, la tradizione l’hai conservata ma al tempo stesso rielaborata. In questa sfida tra tradizione e innovazione, tu come ti poni, quali sono i tuoi valori?

MASSIMO SPIGAROLI:
Ma, intanto ci sono delle cose che vanno capite, come dicevo prima al Presidente Bonaccini. Forse, quando nasciamo in un Paese, pensiamo che tutto quello che c’è di più importante sia ciò che non c’è nel tuo Paese. Poi, quando vai all’estero, invece capisci che forse nel tuo Paese ci sono cose importanti che vanno comunicate. Questo è un po’ il mio percorso: Italia, scuola alberghiera, all’estero a fare esperienza. La Francia mi fa capire tante cose: attorno a poco riescono a comunicare tanto. Più sto all’estero, più capisco quanto ho nel mio Paese: buona cucina, sistemi di cottura che vengono esaltati all’estero ma che io ho sempre visto a casa mia, razze di animali che vengono confezionati come se fossero delle piccole star, che hai anche tu a casa tua, ma poi magari frughi, no? Una grande festa attorno a una cipolla, che tu hai esattamente uguale a casa, che però tu tagli e mangi come una cipolla normale. E pensi. Torni a casa e sai qualcosa in più, cominci a dar valore alla tua terra. Ma hai capito che comunicare la tua terra può essere il valore aggiunto. Da noi c’è un grande prodotto, sempre osannato da tutti, che abbiamo sempre tenuto nascosto: pensate che i marchesi del Pallavicino – sto parlando del Culatello, ora che lo chiamiamo con nome e cognome perché è una delle prime DOP arrivate in Emilia-Romagna, lo chiamiamo “di Zibello” – lo avevano di diritto: avevano diritto di caccia, di pesca e i due culatelli del maiale. Cominciamo, in primis Cantarelli, la mia famiglia, Trattoria Colombo, La Buca, tutti questi ristoranti famosi che hanno avuto il grande merito di credere nel territorio e di rimanere lì a fare comunicazione, a fare cibo del territorio, a far conoscere il nostro territorio quando la massima ambizione, visto che fuori c’erano i cartelli “zona depressa”, era di andare a fare i portinai a Milano. Quindi, rimaniamo lì, io torno nella mia terra, capisco che questo è un grande prodotto, e cerco di fare comunicazione attorno a questo prodotto, ma più che altro mettendomi dei limiti: era e doveva rimanere un prodotto di qualità, era un prodotto che viveva, era rimasto nascosto nelle cantine e aveva delle peculiarità importanti, quella di essere un prodotto naturale, veniva da un maiale importante ma più che altro viveva di microclima del territorio, un territorio sano, incontaminato, dove la nebbia era uno degli ingredienti. Cominciamo a lavorare attorno a questo, il prodotto diventa sempre più conosciuto, vendiamo l’immagine di questo prodotto legato a questi casolari e a questo territorio: questo è il merito di questo prodotto, avere mantenuto un territorio, essere rimasto un prodotto importante, di punta, aver creato l’indotto di un turismo enogastronomico incredibile. Dopodiché, noi dobbiamo imparare a raccontare quello che siamo, e allora le origini: ogni cosa che facciamo, se uno è del territorio, la trova nella storia di quel territorio, quindi la nostra storia. C’è sempre qualcosa, che forse capisce di più chi è stato fuori dal territorio ed è tornato, piuttosto di chi vive nel territorio e cerca di trovare la storia al di fuori della sua terra. E poi, questo grande avvento di Internet, questa comunicazione incredibile! Parlo come privato, per la mia attività. Abbiamo ristrutturato l’antica Corte Pallavicina che era un vecchio castello del paese cadente, dove c’erano però queste cantine che hanno settecento anni, dove soggiornavano quei culatelli. Noi siamo ancora agricoltori, siamo produttori di salumi – mio bisnonno faceva il Norcino per il Maestro Giuseppe Verdi – e facciamo ospitalità. Tre attività messe assieme. Quando un giorno chiedo a mio padre: “Ma perché, papà, dobbiamo fare tre cose?”, lui mi risponde: “Nei territori marginali, chi non fa tre cose, tre mestieri, deve andare ad abitar via”. E lì capirò che alla fine è una filiera: il contadino produce, poi trasformi, vendi, trasformi, e quindi penso che sia un po’ chef-to-chef: c’è chi produce, chi vende il prodotto, chi lo trasforma, ecc. E diventa molto importante poter comunicare in un modo corretto e veloce al mondo chi sei. Ormai c’è questo turismo enogastronomico legato ai grandi prodotti, che ci porta ad avere, in questo periodo in cui gli italiani vanno all’estero, al mare o in montagna, il 95% delle presenze straniere, con il 98% che si ferma a mangiare: cosa vogliono? Vogliono tranquillità, vogliono un bell’ambiente, vogliono cortesia, personale che parli le lingue e che li lasci in pace, vengono per cercare un po’ la nostra tranquillità e magiare la nostra cucina. Questo è il fulcro, e penso che di questi casi ce ne siano tanti, ma che l’ Emilia-Romagna sia queste cose, bisogna solo metterle in evidenza, fare comunicazione riguardo alle cose che già facciamo. Non cercano altro, non dobbiamo copiare gli americani, dobbiamo prendere spunto ma attualizzarlo nel nostro sistema: questo è il motivo del quadro, dove io ho rappresentato tutta la mia famiglia, prendendo spunto da una fotografia fatta nella cucina del nostro ristorante, che ancora oggi è Cavallino Bianco più Antica Corte Pallavicina. Alla fine, diciamo quelli che siamo: non eravamo conti né marchesi, anche se adesso gestiamo un castello. Ma più che altro siamo noi che continuiamo, e questa è l’evoluzione della nostra storia. Quindi, la storia continua, ogni prodotto va emancipato, la cucina va avanti e anche le famiglie e le imprese devono andare avanti guardando il futuro. Penso che questo sia il futuro.

ROBERTO PERRONE:
A proposito di futuro, adesso Luigi Angelini ci ha portato il contributo di un filmato. Volevi dire qualcosa?

LUIGI ANGELINI:
Rispetto a quello che vi ho raccontato prima, il video ha mostrato cosa significhi poi in concreto dare vita ad un distretto per competenze sul benessere. Prima vi ho illustrato la filosofia, l’idea generale. Quelli che avete visto sono alcuni dei progetti concreti, perché poi si parte della visione: cosa vogliamo diventare, cosa vogliamo essere. Poi c’è la cultura e il lavoro di disseminazione culturale, con la concretezza dei progetti sul territorio: progetti delle scuole contro l’obesità infantile, progetti per l’invecchiamento attivo, il prodotto turistico che deve tenere insieme tanti attori, la Wellness Week, che è questo evento che nella seconda edizione ha visto 420 mila partecipanti e 800 mila contatti, insomma, uno strumento di promozione del territorio molto forte. Molto concreto è anche il lavoro che l’università di Bologna sta facendo, perché uno dei progetti che illustreremo e presenteremo a breve è quello della realizzazione in Romagna del più grande centro studi, ricerche e didattica sui temi della qualità della vita esistente al mondo, fatto da Regione Emilia-Romagna, Wellness Foundation e università di Bologna, perché l’elemento di formazione e di crescita delle nuove generazioni, dal punto di vista culturale, è l’elemento chiave per imporsi nel mondo. Non competiamo con la Toscana, con il Veneto, con la Liguria, il nostro terreno di competizione è il resto del mondo: sono gli Stati Uniti, la Cina, i Paesi Arabi, l’India. Questo è il nostro terreno di confronto, perché quelli sono i Paesi veloci, che chiamare in via di sviluppo è ormai inadeguato. Sono Paesi ampiamente sviluppati ma soprattutto Paesi che hanno una capacità di reazione volto veloce. Da questo punto di vista, devo dire che la disponibilità e la competenza che abbiamo trovato tanto nella Regione, nelle sue diverse strutture, che nell’Università di Bologna, è di grande competenza, di grande velocità, non solo di pensiero ma anche di azione. Quindi, riassumendo, una visione molto precisa è garantita da un imprenditore che ha le idee chiare su quello che deve essere fatto: un sistema di collaborazione tra attori diversi, perché quello che fa la differenza sono progetti concreti sul territorio che vanno a declinare il tema del wellness nelle diverse realtà, è quello il lavoro più complesso. Finché si parla di grande strategia, di grandi visioni, siamo tutti d’accordo. Lavorare giorno per giorno con i singoli attori, con le loro esigenze, con i loro problemi e far accadere le cose e far cadere i benefici di questa visione sulle persone, siano esse residenti o visitatori, è cosa più complessa, ma è questo lavoro quotidiano che vediamo dare i frutti migliori. Grazie.

ROBERTO PERRONE:
Visto che abbiamo parlato della Via Emilia, chiedo ai nostri ospiti di rispondere. Cominciamo per ordine dal Presidente: il luogo dell’Emilia-Romagna da consigliare per una vita…

STEFANO BONACCINI:
E’ fatta davvero di tali e tante eccellenze che credo si possa veramente visitarla un po’ tutta, ci sono anche posti poco conosciuti che meriterebbero invece di essere conosciuti.

ROBERTO PERRONE:
Massimo, tu non sei un politico, quindi puoi dire il posto da visitare, il luogo…

MASSIMO SPIGAROLI:
Ma io sono di parte…

ROBERTO PERRONE:
E uno deve essere di parte.

MASSIMO SPIGAROLI:
Solo per il fatto di quello che è successo, bisogna venire a vedere nella bassa parmense: penso che sia anche un caso da studiare, dove un prodotto ha rivitalizzato l’economia di un territorio ma dove probabilmente si è innescato un volano talmente importante che un territorio deve rimanere quello che è, pressoché incontaminato, dove l’aria è buona. Alla fine si crea un turismo importante che diventa un volano per tutta la nostra regione: chi viene dall’Australia, dall’America, ecc., non viene solo per noi ma arrivano i giapponesi o i cinesi che si fermano, mangiano, si parla di culatello, di buona cucina, il giorno dopo vanno alla Ferrari, sul circuito, poi alla Ferrari che probabilmente si comprano si fermano dal mio amico Massimo, a mangiare all’Osteria Francescana, dopo si fermano e fanno l’aceto balsamico, poi tornano e il giorno dopo si fanno il Parmigiano Reggiano. Penso che sia un volano importante ma quello è un punto: la nostra regione è piena, ci si ferma magari nel modenese e dopo si viene da noi. Probabilmente non c’è un posto dove bisogna andare, bisogna cercare di vedere tutto quello che è il nostro sistema e cercare di capire, perché alla fine la nostra regione è divisa un po’ per aree, quella del fitness, quella dei motori, ecc. Poi, alla fine, è talmente tutto vicino che uno aiuta l’altro, non c’è motore senza il cibo, uno non è che si diverte solo perché guida la Ferrari, poi si ferma a mangiare. L’aspetto fisico è importante ma è dato anche da una corretta alimentazione, anche noi siamo spronati ad usare sempre più verdure e a fare un cibo sempre più legato al territorio ma che esprima, dal punto di vista salutistico, qualcosa di importante. Quindi, io direi che amo la mia terra, non lo faccio perché qui c’è il Presidente, la sento e basta. Alla fine, chi viene da noi ha un motivo e se tanti vengono vuol dire che qualcosa di vero c’è. Non solo per la posizione geografica ma perché chi viene ha un ricordo globale di un sistema: il nostro non è un sistema cibo, un sistema motore, non è solo un sistema di prodotti ma è un sistema dove uno viene e vive bene perché ci siamo riusciti.

ROBERTO PERRONE:
Bravo. Luigi?

LUIGI ANGELINI:
Il luogo che consiglio e pratico, in realtà dove porto gli amici, quelli che vengono dall’estero, è tutto il complesso dell’entroterra, in particolare di questo territorio. Parlo della Valmarecchia, della Valconca, se non erro, il mare è di là, ma se noi ci giriamo e guardiamo di qua, abbiamo un territorio che tiene insieme tantissime cose. Il percorso in bicicletta, che fa gran parte delle persone, ti permette di passare attraverso passaggi strepitosi, di andare in luoghi dove ci sono trattorie, ristoranti, cantine di grande pregio, ma anche di arrivare in punti dove non c’è assolutamente nulla se non il paesaggio e il rumore del vento. Penso che questa combinazione di elementi sia qualcosa di veramente eccezionale, che lascia stupite le persone che vengono qua e fanno quei percorsi perché non se l’aspettano.

ROBERTO PERRONE:
Vi dico la mia, anche se non sono regionale. Il posto che ho visto prima, lo conoscevo ma non c’ero mai stato, la biblioteca malatestiana che secondo me è un luogo straordinario: se fosse a Londra, ci sarebbe la coda fino a Dover per visitarla, siccome è in Italia, gli italiani non sanno neanche di avere queste meraviglie. Se vi capita di andare a Cesena, visitatela, perché è qualcosa di straordinario, non è finto. Io ho visitato tutto il mondo e ho visto molte cose finte, noi non ne abbiamo, di cose finte, cioè ci sono anche le cose finte ma diciamo che la percentuale di cose vere e autentiche e straordinarie che c’è in questo Paese non l’ha nessuno. La seconda domanda riguarda il motore.

STEFANO BONACCINI:
Noi siamo cresciuti con il mito della Ferrari, ma non il mito dal punto di vista di doverne ambire in termini o quello o niente, io giro in fiat Ibiza, quindi non ho la vocazione all’auto di lusso. Il tema è che Ferrari ha rappresentato davvero un po’ quello che secondo me sono in gran parte gli emiliano romagnoli, gente che si lamenta poco che si rimbocca le maniche, ha un sogno quel sogno lo fa diventare realtà, se voi andate al museo Ferrari di Modena, che adesso accompagna quello di Maranello che c’è da molto più tempo, lì riuscimmo, dico cosi perché facevo l’amministratore, in una cosa che in questo paese è difficile da realizzare, cioè a fianco di un luogo storico che è la casa dove Enzo Ferrari è nato ed ha aperto la prima officina, che poi fu venduta e quindi è di un privato, credo in comodato d’uso, a fianco di quel bene facemmo un concorso di progettazione internazionale e uno studio inglese vinse la realizzazione del museo che è il cofano giallo di un’auto, Ferrari credi rappresenti bene l’emblema di una terra nella quale qualcuno si è prodigato. Per cui ovviamente come si fa a non apprezzare, Maserati, Lamborghini, Ducati, De Tommaso e tutto quello che c’è di altro in questa terra. Però se mi chiedi sulle quattro ruote cosa è che prediligo, ovviamente farei fatica a non dire Ferrari. Per altro il 31 Agosto il bilaterale Renzi-Merkel italo tedesco non sarà in una capitale ma a Maranello e credo che per l’Emilia-Romagna, ma per l’Italia sia la proiezione nel mondo del cosa vuol dire made in Italy.

ROBERTO PERRONE:
(Rivolgendosi a M. Spigaroli) Il tuo motore?

MASSIMO SPIGAROLI:
Il mio motore, motore… ma io sono per i prodotti tipici. Io son di parte, lo dico, quindi non lo so, è una domanda difficile.

LUIGI ANGELINI:
Io son venuto qua in moto, mi piace molto la velocità. Chi non è appassionato di motori in Romagna?

ROBERTO PERRONE:
L’ultima domanda: il piatto… , che mangiate, che chiedete sempre?

STEFANO BONACCINI:
C’è ne sono troppi in Emilia-Romagna, ma se me ne chiedi uno secco: i tortellini.

MASSIMO SPIGAROLI:
Tortellini in brodo.

LUIGI ANGELINI:
Difficilissimo, io potrei dire gli spaghetti con le vongole, ma è uno di diecimila.

ROBERTO PERRONE:
Io invece vi dico le tagliatelle al ragù, i tortellini, praticamente tutti. Vi ringraziamo di essere stati qui. Vi avviso che prosegue la campagna di Foundraising, incoraggiati dall’esperienza positiva dell’anno scorso rilanciamo a tutti la proposta di contribuire a costruire questo dove abbiamo dibattuto oggi e dove nei prossimi giorni avrete altri incontri, nel padiglione incontrerete numerose postazioni dove donare. Le donazioni devono avvenire unicamente in questi punti, riconoscibili dal logo della campagna. Ringrazio il presidente della regione Stefano Bonaccini, Luigi Angelini di Welles foundation e Massimo Spigaroli, Spigaroli. Grazie di essere stati con noi.

Data

19 Agosto 2016

Ora

15:00

Edizione

2016
Categoria
Incontri