Chi siamo
Tibet, cuore dell’Asia
‘Sono ormai passati trent’anni da quando, il 10 marzo 1959, la Repubblica Popolare Cinese invadeva ed annetteva con la forza uno dei paesi più pacifici, religiosi e segregati della terra: il Tibet. Nel silenzio e nell’indifferenza del mondo intero, si è consumata la tragedia di un popolo che ha preservato sul tetto del mondo una delle forme più affascinanti e particolari dell’insegnamento buddhista: il Vajarana, o “Veicolo della Folgore”. Nell’ottobre del 1987 l’insurrezione di Lhasa ha improvvisamente ricordato ad un mondo distratto che il Tibet non era morto, che i tibetani, dopo tre decenni di persecuzione e di indottrinamento forzato, non avevano rinunciato alla propria identità. Il buddhismo Vajarana e la civiltà del Tibet hanno iniziato dunque ad essere oggetto di studio e di interesse per il mondo occidentale, ed è sempre più evidente che essi costituiscono un patrimonio da preservare che appartiene all’umanità intera. Sua Santità Tenzing Gyatso, il 14° Dalai Lama, dal suo esilio di Dharamsala, in India, continua ad essere il faro ispiratore ed una speranza per i sei milioni e mezzo di tibetani rimasti oltre la catena himalayana. Il Tibet, cuore dell’Asia “rappresenta una testimonianza unica proposta da chi, per oltre un decennio, ha viaggiato nelle aree dove la civiltà tibetana prosperava (ed oggi agonizza) ed in quelle dove decine di migliaia di profughi del Tibet stanno tentando di vincere la loro incredibile scommessa con la storia, tramite il mantenimento e lo sviluppo delle principali manifestazioni religiose e tradizionali del Tibet di sempre”. La mostra, composta di un centinaio di foto a colori, rappresenta quindi un omaggio ed è nel contempo un atto d’amore dell’Europa verso l’ennesimo popolo vittima del peso dell’ideologia. Articolata in quattro sezioni, la rassegna presenta innanzitutto l’ambiente dove la civiltà tibetana è cresciuta e fiorita, gli insediamenti rurali che costellano le valli dell’Himalaya tibetano, quelli urbani e la città di Lhasa, sede fino al ’59 del Dalai Lama. Una sezione apposita illustra i. maggiori simboli del Sacro nella civiltà tibetana: dai celebri monasteri, grandi come città, alle tradizionali forme di arte sacra, alla ricca vita liturgica del buddhismo Vajarana, con le sue tipiche funzioni religiose corali. L’ultima sezione è dedicata alla diaspora tibetana e collega la realtà millenaria della cultura del Tibet ai gravi problemi dell’ora presente: Dharamsala è divenuta la sede del Dalai Lama e del governo tibetano in esilio, nonchè il centro propulsore di tutte le attività culturali e religiose che ovunque nel mondo conservano e diffondono l’eredità della tradizione tibetana. La mostra documenta anche le recenti manifestazioni degli esuli contro il colonialismo, dell’ideologia: una dimostrazione di coraggio e di fermezza che attende l’indispensabile appoggio dell’Occidente.’