Chi siamo
STRUMENTI E REGOLE PER GLI INVESTIMENTI NEI TRASPORTI
In collaborazione con: Federmobilità, ASSTRA, ANAV. Partecipano: Francesco Paolo Fortunato, Direttore ANAV; Ercole Incalza, Capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Carlo Maria Giorgio Masseroli, Assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano; Enrico Mingardi, Vice Presidente Federmobilità; Marco Piuri, Amministratore Delegato Arriva Italia e ASSTRA. Introduce Alberto Rossini, Assessore Mobilità Provincia di Rimini.
MODERATORE:
Questo incontro è una sorta di tradizione organizzata da Federmobilità in collaborazione con ASSTRA e ANAV. L’ANAV è una associazione nazionale autotrasporto viaggiatori e l’ASSTRA è l’associazione che riunisce le imprese del trasporto pubblico sia con la parte pubblica degli enti locali che con le imprese private. Il tema dell’incontro come sapete è questa possibilità di riflettere insieme sulla strumenti e regole per gli investimenti nei trasporti, ovviamente è un tema in qualche modo generale che riguarda sia la gestione sai la possibilità di realizzazione di nuove infrastrutture per i trasporti. Tema ovviamente che verrà approfondito dai relatori che presento subito: qui alla mia sinistra abbiamo Carlo Maria Giorgio Masseroli, Assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano, poi Marco Piuri Amministratore delegato Arriva Italia e Vicepresidente ASSTRA, alla mia destra l’Ing. Ercole Incalza, Capo della struttura Tecnica e Missione delle Infrastrutture e dei Trasporti, e poi Enrico Mingardi, Assessore provinciale di Venezia e Vicepresidente Federmobilità ed infine Francesco Paolo Fortunato, Direttore ANAV.
Ecco il tema è un tema di carattere generale, diversamente da quello che abbiamo fatto negli appuntamenti precedenti molto più specifici. Abbiamo ritenuto di fare così, anche per la fase economica che stiamo attraversando, che vede il tema dei trasporti al centro, il tema delle infrastrutture come un tema centrale. E’ stato sottolineato da molti, sia da parte del governo sia da parte dell’opposizione sia da parte di autorevoli esponenti delle associazioni di categoria imprenditoriale, che il tema del trasporto e delle infrastrutture è ormai un tema che si lega in maniera indissolubile a quello della possibilità di creare uno sviluppo quantitativo e qualitativo all’interno del nostro paese, all’interno dei nostri territori. Questo è ormai un assunto definito come tale all’interno della riflessione politica amministrativa, tant’è che i vari territori che vediamo rappresentati in qualche modo anche a questo tavolo esprimono la necessità, l’esigenza di avere nuove infrastrutture così come esprimono l’esigenza, la necessità di avere una gestione dei trasporti, una gestione delle infrastrutture che ovviamente non determini disavanzi di gestione ma almeno sia a pareggio o generi profitto, utile nel caso che siano attività gestite da imprese private o pareggio di bilancio nel caso per esempio del trasporto pubblico. Questo è il punto, c’è questa necessità di incrementare, di sviluppare le infrastrutture. Gli esempi possono essere molti, ne cito alcuni generali. Le infrastrutture – per quanto riguarda il trasporto ferroviario pensiamo all’Alta velocità – le infrastrutture del trasporto metropolitano, del trasporto urbano, penso a tutti i collegamenti di metropolitana di diverse forme, di diverse caratteristiche che sono in progettazione o sono in fase di realizzazione da diverso livello in Italia. Penso alle infrastrutture come ad esempio strade di collegamenti, come possono essere strade statali o strade nuove di collegamento per i poli produttivi o per sviluppi urbanistici di porzioni del territorio. Ma il tema è con quali risorse poter realizzare e poi gestire, mantenere questo tipo di infrastrutture e sappiamo che siamo in una condizione per cui le risorse, quelle pubbliche tanto del governo centrale quanto delle regioni o degli enti locali, sono invece molto poche e spesso non coprono, non riescono a realizzare le infrastrutture, a volte addirittura creano difficoltà anche nel mantenere gestioni o infrastrutture già realizzate, la stessa manutenzione delle strade statali o provinciali diviene problematica. Noi sappiamo che per esempio, rispetto a venti anni, fa la posizione dell’Italia nei confronti di altri paesi dell’Europa, la Spagna ma non solo la Spagna, è nel tempo peggiorata perché il deficit, il gap nelle infrastrutture appunto è aumentato. Allora il tema è con quali possibilità, che strumenti possiamo mettere in campo di tipo legislativo e anche di tipo innovativo, di elaborazione di strategie, di idee che portino risorse per realizzare e poi gestire queste infrastrutture. Questo è il tema che vorremmo approfondire, quindi un tema ovviamente complesso che ha a che fare sia con i territori urbani ma anche con la rete del sistema paese, se vogliamo usare questa definizione. Io mi fermo qui, lascerei la parola per una prima riflessione, anche in qualità di vicepresidente di Federmobilità cioè questa associazione che raggruppa i comuni, le province, le regioni, le associazione di categoria dei settore principali e quindi cerca di creare una sorta di lobby ma anche di pensiero autorevole rispetto a questi temi, lascerei la parola a Enrico Mingardi per una prima relazione.
ENRICO MINGARDI:
Grazie, buona sera, come diceva l’Assessore provinciale di Rimini, ormai sta diventando un’incontro familiare qui a Rimini. Al Meeting si parla di mobilità, si parla di trasporti, è un paio d’anni che Federmobilità si sta impegnando in questa organizzazione, io ringrazio tutti quelli che hanno collaborato a nome di Federmobilità e credo che sia importante che abbiamo questo momento di riflessione. Quest’anno affrontiamo il problema degli strumenti, delle regole, della possibilità dei finanziamenti e come ogni anno cerchiamo di essere estremamente concreti nel dire le cose come stanno. Federmobilità, come ripeteva prima l’assessore, raggruppa tutte le istituzioni di trasporti provinciali, comunali o regionali. Abbiamo cercato di mettere attorno a un tavolo tutti i registi nella programmazione, nella pianificazione per capire poi come si può far più sistema nel mondo della mobilità, abbiamo avuto un decentramento di alcune funzioni, si fa fatica però a decentrarle tra il livello regionale e il livello provinciale e comunale, c’è indubbiamente un problema di dimensione, soprattutto nelle aree metropolitane e dunque una sovrapposizione anche qui istituzionale tra le province e i comuni. Io vengo dal comune di Venezia ed è evidente che rispetto alla provincia di Venezia ci siano problematiche di sovrapposizione o di esigenze da decidere su alcune partite che magari sono a cavallo tra la provincia e il comune; è evidente che anche questo ragionamento del rinnovamento e delle grandi riforme del livello istituzionale inciderà poi nelle decisioni che dovremo prendere sotto il profilo delle funzioni che noi rappresentiamo. Federmobilità sta da molto tempo cercando di portare avanti una politica di approccio diverso, un approccio legato alle risorse, sapendo che queste sono finite e non infinite, sapendo che il momento è difficile, però cercando di capire in che modo si possono riuscire a ricavare risorse per dare poi una giusta gestione a quella che è la mobilità nel territorio, sia essa di persone sia essa di cose. A questo va poi aggiunta la politica degli investimenti. Io adesso facevo una riflessione sulla politica delle gestioni, sugli investimenti. Anche qui va aperto sicuramente un ragionamento, non troppo lungo ma sicuramente strutturato, su ciò che rappresenta il progetto di finanza o sul ragionamento che la tariffa copre sia la gestione che l’investimento sulle infrastrutture. E’ un tema delicato, perché è un tema che ha una durata molto lunga e che troppe volte e troppo spesso trova da una parte poca preparazione nella gestione dei progetti di finanza, che sono molto complessi non tanto nella realizzazione ma nella gestione e dall’altra parte trova anche una sottovalutazione rispetto a ciò che si mette a progetto di finanza. Su questo penso che vada aperta sicuramente una riflessione, perché le infrastrutture primarie è giusto, in un momento di poche risorse, cercarle anche in un ragionamento di mercato, ma se i monopoli pubblici sono difficili da scardinare, i monopoli privati sono poi impossibili da togliere. L’abbiamo visto in diverse fasi della nostra storia trasportistica e stiamo vivendo la difficoltà della grande trasformazione del trasporto aereo, dove si vede la grande difficoltà, essendo oggi una compagnia di bandiera, la grande difficoltà di collocarla in un mercato che doveva essere sicuramente affrontato magari dieci anni fa o quindici anni fa. Ma venendo un pochino a quello che è il tema di oggi, io credo che, come anche esperienza di ente locale – oggi faccio l’assessore nel comune di Venezia – credo innanzitutto che gli enti locali debbano affrontare anche loro una politica di grande cambiamento. Cominciando da una politica di bilancio, che è una politica ancora troppo datata su centri di spesa, gestiti in un modo un pochino superato con logiche di approccio legate soprattutto non a una rivisitazione dei centri di costo ma solo ed esclusivamente a una rimodulazione della spesa storica, rispetto a quello che è l’esigenza di una riorganizzazione a livello degli enti locali. E su questo credo che vada aperta una riflessione, anche qui sotto il profilo del cambiamento della impostazione stessa del bilancio, perché da parte di un assessore ci vuole qualche anno per capire come funziona la spesa del bilancio, per capire poi a livello del bilancio consolidato quali siano gli strumenti di realizzazione o di programmazione. Anche su questo noi, per esempio, come amministrazione comunale stiamo cercando di impostare una politica di bilancio che in qualche modo rappresenti la spesa storica, ma che non sia trascinata da una situazione dinamica di aumento dei costi senza mettere in discussione una serie di funzioni che molto probabilmente vanno rivisitate anche sotto il profilo dell’erogazione stessa del servizio, che dell’ente locale. Dall’altra parte bisogna anche aprire a un ragionamento di approccio sotto il profilo delle funzioni. Io sto pensando al mio comune e alla spesa riguardante per esempio le infrastrutture sia di manutenzione ordinaria che di investimento. E c’è un approccio anche qui che va cambiato, perché sono cambiate anche alcune funzioni demandate alle regioni. Sto pensando alle strade, noi nel nostro territorio abbiamo, per esempio, una società che è di struttura regionale e provinciale, è la società che gestisce le strade regionali e le strade provinciali. Noi stiamo vedendo che se a livello comunale possiamo cominciare a far sì che l’ente locale ovvero il comune sia un ente di controllo e sia proprio un ente di gestione e soprattutto di gestione anche di contratti di gare, esistono tuttavia tutta una serie di strumenti ormai farraginosi, che portano a tempi molto lunghi, ad approcci tante volte discutibili, a trasparenze che in qualche modo trovano poi difficoltà nel mercato e stiamo cercando di trovare delle soluzioni che siano di service, legate alla prezzazione, legate sempre di più alla efficienza del sistema stradale nella nostra realtà. Però anche questo si scontra con una cultura, con una mentalità che trova molte, molte resistenze. Lo stiamo facendo sul sistema dei lavori pubblici, lo stiamo facendo sul sistema della cultura. Per esempio a Venezia abbiamo creato una fondazione dei musei, abbiamo cercato di farla diventare più operativa e la stiamo cercando di collocare anche su una politica di raffronto con altri sistemi che hanno costi decisamente diversi. E’ evidente che con questo non è che voglio accusare nessuno, anche perché facendo l’assessore me ne devo prendere le responsabilità. Io credo che troppe volte spendiamo troppo o spendiamo anche male, sicuramente bisogna che conteniamo la spese e che rientriamo in un ragionamento di costi che siano paragonabili a quello che è il costo del sistema privato. Dopo è anche vero che noi siamo degli enti locali, abbiamo delle procedure che sono quelle della concorrenza, della trasparenza, però troppe volte dietro a queste parole c’è una inefficienza che il cittadino sente, vede e in qualche modo evidenzia poi con un malumore istituzionale nei confronti di chi governa. Quello che stiamo facendo nella nostra città, è di avere un approccio un pochino più sistematico ai temi dei trasporti, della mobilità, abbiamo fatto, varato da poco un piano urbano della mobilità; è urbano perché rappresentiamo il comune, però è un piano che sta cercando di mettere a sistema non solo l’area comunale ma l’area quasi provinciale; abbiamo coinvolto anche tutti i comuni di prima e seconda cintura. abbiamo cercato di fare un piano decennale che cerca di mettere a sistema le infrastrutture nel rapporto costi benefici non solo di ordine economico ma anche di ordine trasportistico; lo abbiamo fatto, è un piano molto importante, ci sono investimenti per circa seicentomilioni di euro, ne stiamo già investendo nel nostro territorio molti, basta pensare al passante di Mestre che sicuramente è un investimento importante. Stiamo facendo la metropolitana regionale, stiamo facendo il tram per un investimento di circa duecentomilioni di euro, abbiamo due linee tranviarie, ne prevediamo quattro, abbiamo e chiediamo in qualche modo di poter riappropriarci di una autostrada che passa all’interno di una città, che è la tangenziale di Mestre, conosciuta da tutti come un punto di grande congestione; stiamo cercando di fare una politica della mobilità che tenga conto che bisogna in qualche modo riequilibrare il sistema trasportistico della città, riportare la gente alla mobilità collettiva all’interno della città e questo lo facciamo da una parte cercando di spiegarlo, dall’altra parte prendendo anche delle decisioni che sono un pochino impopolari, come quella di vietare l’accesso nelle zone a traffico limitato, ovvero quella di cercare di disincentivare l’uso all’automobile soprattutto nell’area urbana. Questo lo stiamo facendo soprattutto grazie a una politica governativa che ha stanziato delle risorse per quanto riguarda le infrastrutture del tram. Stiamo puntando molto anche a un ragionamento del bilancio della ciclabilità, stiamo discutendo venti milioni di euro per fare i circa cento chilometri di piste ciclabili all’interno della nostra città, perché crediamo che nell’arco tra i zero e cinque chilometri la bicicletta resti e noi siamo una città medio piccola. Sono politiche un po’ lunghe, sono politiche che hanno bisogno di tempo e tante volte anche l’amministrazione ha una durata troppo breve, cinque anni, dunque si tenta di realizzare il tutto nel quinquennio di propria competenza, però è una politica che mira sostanzialmente a rilanciare una politica all’interno della città e della mobilità collettiva che dia un servizio e un’alternativa all’uso dell’automobile, usando anche tutti gli strumenti che sono quelli classici che ormai conosciamo un po’ tutti. Facciamo ormai un milione e duecento mila chilometri nella nostra città usando le automobili in modo collettivo, stiamo lanciando il buono della mobilità per dare a tutta la città, e soprattutto ai lavoratori, un buono che possa essere usato per comprare mobilità, non solo mobilità di trasporto pubblico ma mobilità più in generale. In questi ultimi due anni di amministrazione, abbiamo dei dati confortanti, sta aumentando il trasporto pubblico e sta diminuendo l’uso dell’automobile anche se le immatricolazioni stanno ancora aumentando. Chiudo dicendo che per quanto riguarda il discorso delle regole, noi siamo perché ci sia più competizione nel mercato della mobilità collettiva ossia speriamo che quest’anno finalmente la nostra regione, dopo tanti anni, lanci la gara legale sul trasporto pubblico locale. Vado a chiudere, nei progetti di finanza ci scontriamo con la grande capacità che il sistema finanziario ha e la poca preparazione che l’ente locale ha nei confronti di questo mondo, che quando un contratto dura quarant’anni sicuramente metterci una firma sopra è facile, perché ci penserà chi arriverà dopo, però è di una grandissima responsabilità perché, ripeto, si lascia una gestione di una infrastruttura che deve trovare nella gestione la copertura del debito e anche della gestione. Ecco, non vorrei che troppe volte e troppo spesso per fare un pochino i primi della classe o per lanciare dei progetti faraonici si sottovaluti questo problema dei rapporti e delle gestioni delle convenzioni. Su questo noi ci siamo impegnati, abbiamo degli importanti progetti, il tram è fatto con concetti di progetto di finanza, la nostra sub lagunare, che è una metropolitana che dovrebbe entrare nella città di Venezia, la stiamo facendo con questo concetto, però, ripeto, ci stiamo impegnando al fine di non demandare debiti ad altri che verranno. Stiamo cercando di prenderci le nostre responsabilità con un po’ di difficoltà, però credo che ci riusciremo, perché è nel bene comune riuscire a rilanciare una politica delle infrastrutture della mobilità perché è necessaria, è indispensabile, perché è sotto gli occhi di tutti, perché così sicuramente non si può più andare avanti. Bene chiudo dicendo solo una cosa su Federmobilità. Federmobilità ha lanciato un progetto che è basato su dieci punti per trovare, per incentivare, per cercare di rilanciare una fase che in questo momento qua o in questi ultimi anni ha avuto una fase un po’ di stanca su tutto il settore della mobilità, soprattutto nella mobilità all’interno delle città. Io dico sempre, bisognerebbe che tra ANCI, UPI, tra Federmobilità, le associazioni ANCI, UPI e Conferenza delle regioni ci fosse un patto quinquennale con questo governo, che possa mirare non solo alla politica di anno in anno della finanziaria e cercare di fare l’assalto alla diligenza ma un patto di cinque anni per vedere un pochino più in là quello che può succedere in una politica che invece è sempre stata di corto respiro, una politica che ha mirato soprattutto ad avere delle risorse o a prendere qualche cosa in quella finanziaria o in quel provvedimento. Ecco, io credo che Federmobilità stia cercando anche di facilitare questo tipo di ragionamento e speriamo che l’approccio del prossimo governo o l’approccio futuro sia quello di una pianificazione perché, ripeto, il sistema delle infrastrutture dei trasporti non si conclude nel breve periodo, ma ha bisogno di un tempo un po’ più lungo per vedere poi i frutti del lavoro che si è seminato. Intanto grazie e buon lavoro a tutti.
MODERATORE:
Ringrazio l’assessore Mingardi che ci ha tratteggiato il quadro complessivo rispetto agli interventi che sono necessari sul territorio. Le cose sono state dette per il comune di Venezia, ma, tolta la parte lagunare, possono essere riprese e sono simili, analoghe per altri territori. I nodi, i passanti, penso per esempio per Rimini, alla provincia di Rimini, per il comune di Rimini al tema della nuova statale, perché quella che abbiamo è congestionata e quindi è ormai un problema cronico da risolvere, penso al tema dell’incentivare il trasporto pubblico. Credo che dentro i ragionamenti che sono stati fatti ci sia la necessità di uscire dall’emergenza per avere una sorta di programmazione che veda un po’ più lontano, veda anche con degli obiettivi alcune volte ambiziosi, senza però dover lasciare ad altri il compito di gestire le fasi difficili. In queste settimane, in questi mesi in cui il prezzo della benzina, il prezzo del petrolio è schizzato molto in alto, noi abbiamo un incremento del trasporto pubblico che va dal 5% al 15% circa, a seconda delle diverse situazioni delle aree geografiche del paese e quindi abbiamo anche una possibilità di rilanciare il trasporto pubblico. Ecco, vorrei chiedere al direttore dell’ANAV, a Paolo Fortunato se quest’incremento, questa necessità, questa nuova domanda che emerge anche in questi giorni, anche in queste settimane, è una domanda che ci trova nelle condizioni di dare risposte. Lo chiedo ha chi ha le mani in pasta tutti i giorni rispetto a questo.
PAOLO FORTUNATO:
Sì, buona sera, la domanda mi fa paura perché è vero, è vero quello che dice l’assessore, c’è un aumento della domanda di mobilità. Noi rappresentiamo, io rappresento le aziende private che esercitano anche autolinee di competenza statale oltre al trasporto pubblico locale. Ebbene, in questi mesi è aumentata del 10% la domanda di mobilità, è segno che il cittadino incomincia a fare i conti in tasca e comincia a verificare che evidentemente l’uso della macchina costa, fa un po’ di conti e si riversa sul trasporto pubblico locale, sul trasporto collettivo. Ma la domanda che bisogna farsi è: siamo noi in grado di recepire questa nuova, questa maggiore domanda? Cosa abbiamo fatto in tutti questi anni per migliorare l’efficienza del sistema trasportistico? Perché noi riusciremo, una volta catturato questo cliente, a mantenerlo, solo se riusciamo ad essere competitivi rispetto alla motorizzazione privata. Per essere competitivi bisogna naturalmente ridurre i tempi degli spostamenti, non c’è dubbio perché è quello che chiede il nostro cliente, avere un servizio efficace, un servizio di qualità. I costi del gasolio sono ormai giunti a livelli veramente che nessuno poteva prevedere. Io mi sono intrattenuto sull’allegato 1, programma della infrastrutture, e devo dire che il documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per il periodo 2009 gennaio 2013 è eloquente, sia perché mostra il livello di infrastrutturazione del nostro paese che è tra i più bassi in assoluto, come diceva prima l’assessore, sia perché mette in correlazione l’aumento della infrastrutturazione, dei livelli della modernizzazione delle infrastrutture con l’aumento del Pil, con l’aumento della occupazione e con la riduzione quindi del disavanzo pubblico, che sono i problemi del nostro paese. Non investire nei trasporti significa dare al cittadino una qualità della vita scadente, questo è il problema, il problema reale. Noi dobbiamo metterci in testa che investire nei trasporti significa risparmiare e da questo punto di vista è altrettanto eloquente questo documento di programmazione economica e finanziaria; io francamente non sapevo che la congestione del traffico in Italia genera costi di circa nove miliardi di euro all’anno. E’ una cosa inconcepibile, ma questi sono dati eloquenti che il trasporto, che l’uso del trasporto privato, l’uso del trasporto privato costa quaranta miliardi all’anno di euro, signori, che gli incidenti stradali costano circa diciottomiliardi di euro. Ora, investire nel trasporto significa risparmiare e aumentare, migliorare la qualità della vita dei cittadini. Questo lo stiamo predicando noi, ASTRA, ANAV e Federmobilità da tanto tempo ormai. Abbiamo detto che noi che rappresentiamo le imprese vorremmo essere imprese, vorremmo poter programmare, pianificare la nostra attività e per poter programmare e pianificare la nostra attività occorrono regole chiare, certe e risorse altrettanto chiare e certe nella loro entità. Tutto questo in Italia non si verificato.
La legge finanziaria del 2008 un “la” l’aveva dato, sia per l’esercizio perché sono circa 400 milioni di euro in più che sono venuti in aggiunta rispetto alle risorse che disponevano le regioni, poi non solo, si è dato una svolta anche dal punto di vista de metodo, perché la compartecipazione alla Cisa delle Regioni va verso il federalismo che, secondo me, è l’unica strada per poter risolvere questo grande problema dell’infrastrutturazione.
Allora io dico questo, nel momento in cui siamo, in cui l’inquinamento ambientale è giunto ormai a livelli di guardia, si dice che nel 2010 non ci sarà più possibilità di circolazione alcuna in alcune città, quindi il trasporto collettivo è una esigenza, diventa una necessità per il paese. Proprio perché è una necessità bisogna fare attenzione, e io mi rivolgo al sottosegretario giacché è presente qui in aula, di fare una maggiore attenzione nell’articolazione della legge. La legge finanziaria del 2008 è una grande e bella opportunità, poche regioni l’hanno attuata. Quindi bisogna, secondo me, agire nell’ambito della conferenza Stato-regione affinché si attui la legge finanziaria.
A prescindere dagli incidenti di percorso, la legge finanziaria comunque aveva istituito un fondo per la promozione e per gli investimenti, ma, signori, rispetto al fabbisogno è poca cosa: sono 113 milioni per il 2008, 130 milioni per il 2009, 110 milioni per il 2010 e 2011. Se voi pensate che solo per il rinnovo del parco autobus, per portare dagli attuali nove, dieci anni di media della vetustà degli autobus italiani, ai sette anni europei, occorrono 26.000 autobus, vale a dire una spesa di 900 milioni di euro all’anno…. I 113 milioni servono per acquistare gli autobus, per acquistare i treni, per fare gli investimenti, per le infrastrutture, i 113 milioni servono per tutto: beh basta dare questi dati per dire che effettivamente siamo molto, molto indietro, bisogna fare dei passi enormi.
Quali sono gli strumenti?
Le regole ci sono, basta applicarle. Il problema in Italia è che si progetta molto, si pianifica molto e poi magari i fatti sono poca cosa rispetto a quella che è la programmazione e la progettazione. Anche in questo senso, da questo punto di vista, il documento di programmazione dà una risposta. La legge obiettivo del 2001 ha portato il nostro livello di strutturazione in cinque anni ad aumentare di 11 punti, basta pensare che dal 1985 al 2000 erano aumentati di soli 5 punti. Fatto 100 l’indice UE, noi eravamo a 105 nel 1985, a 109 nel 2000, a 120 nel 2007, bene signori, la Germania è a 260, la Francia è a 240, la Spagna ci ha superato, lo diceva lei assessore, perché ha avuto 36 punti in più di aumento di modernità nelle infrastrutture.
Quindi è chiaro che bisogna fare passi avanti.
Allora dirò brevemente, occorre che si faccia un piano poliennale serio per gli investimenti, sia per le infrastrutture, sia per rinnovare il parco rotabile e sia per l’innovazione tecnologica. Bisogna evidentemente pensare un po’ agli strumenti, non bastano evidentemente le risorse dello Stato, non basteranno neanche le risorse delle regioni e degli Enti locali, bisogna ricorrere evidentemente al privato.
E per catturare il privato, qui bisogna fare il discorso dell’uovo e della gallina: perché il privato possa in qualche modo investire nelle infrastrutture, bisogna che le infrastrutture rendano, altrimenti il privato si allontana. E questo vale per i progetti di finanza, vale anche per la finanza pubblica allargata, per la finanza privata, per le banche, vale per qualunque soggetto che voglia investire. E’ chiaro che il capitale deve essere remunerato, per essere remunerato occorre una gestione efficiente.
Poi bisogna modificare le regole. Il governo scorso varò un disegno di legge di modifica della legge 420 del 1997, per la prima volta nella storia fu un evento storico, un disegno di legge condiviso da tutti, ma è rimasto lettera morta.
Bisogna riprendere quel disegno di legge, lì ci sono degli spunti enormi, ecco, per quanto riguarda gli investimenti, lì c’è il problema che, io ritengo, prima o poi debba essere affrontato, vale a dire il costo economico standardizzato, che oltre ad essere un livello di efficienza dell’impresa, è un livello di efficienza anche delle Regioni e degli Enti locali, il costo economico standardizzato, Benedetto Iddio!
Per quale motivo non si introduce questo concetto? Evidentemente perché si ha la consapevolezza di essere molto ma molto lontani dai modelli di efficienza che sono necessari perché le imprese possano essere competitive.
Questa è la verità. Il costo economico standardizzato deve poter contenere anche i costi per l’ammortamento del parco rotabile, di modo che l’impresa, che voglia stare sul mercato, rinnovi il parco rotabile rispetto alle proprie capacità di insistere sul mercato, perché se io compro degli autobus a un’impresa inefficiente e compro degli autobus a un’impresa efficiente, ho fatto un grande errore, un grandissimo errore. L’impresa efficiente deve poter mostrare la propria efficienza mostrandosi sul mercato in maniera competitiva con un prodotto di qualità. Questo è il concetto sul quale io da molti anni, per la verità, mi batto e questa volta, anche con uno strappo da parte di moltissime realtà, in particolare delle mie amiche aziende pubbliche, c’eravamo riusciti ad introdurre questo concetto. Il costo economico standardizzato nell’esercizio significa praticamente rallentare per taluni l’ingresso nel mercato, o per altri addirittura essere espulsi dal mercato. Noi abbiamo detto che eravamo pronti, evidentemente, a introdurre questo concetto per gradi, gradualmente, ma è chiaro che prima o poi è un concetto con il quale bisogna fare i conti: il costo economico standardizzato è la vera soluzione dei problemi, e per l’esercizio, e per gli investimenti.
Grazie.
MODERATORE:
Grazie a Paolo Fortunato, che con molta passione ha soprattutto insistito sulla gestione, oltre che su una finanza di progetto che, ovviamente, risponda a criteri di remunerazione del capitale.
Io, prima di passare la parola a Giorgio Masseroli per un approccio diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora, vorrei ringraziare la presenza in sala del sottosegretario Bartolo Giacchino che, ovviamente, se vuole intervenire è ben gradito al tavolo.
Darei la parola, ora, a Giorgio Masseroli.
CARLO MARIA GIORGIO MASSEROLI:
Grazie, buonasera a tutti, è po’ anomalo l’invito a un assessore all’urbanistica dello sviluppo del territorio, parrebbe un po’ anomalo su un tema come quello dell’investimento dei trasporti, delle infrastrutture dei trasporti, invece io ritengo che non lo sia. Io sono assessore a Milano, Milano lo dimostra. Milano ha una pianificazione che risale al 1954, il piano regolatore di Milano è del 1954, è stato rivisto nell’ottanta, ma ha avuto tra le caratteristiche negative quella che la pianificazione della città, la pianificazione urbanistica della città, è nata ed è vissuta in modo completamento scisso dalla pianificazione dei trasporti, dalla pianificazione della mobilità della città.
Che cosa ne è nato? Ne è nato una città che ha ambiti di grande attrattività senza avere una infrastruttura adeguata e ambiti infrastrutturati senza avere funzioni. Nel 1980, anzi qualche anno dopo il documento, il direttore decise a un certo punto che dovesse essere realizzato il passante ferroviario, che ha avuto per altro, stiamo parlando degli anni ottanta, la inaugurazione della stazione di Rogoreto a Sud-Ovest della città a Luglio, quindi prima delle vacanze, ma che fino a quel momento aveva come punto di arrivo e di partenza la Bovina, la Bovina a nord della città e il centro, la zona centrale Porta Vittoria. A Porta Vittoria doveva nascere l’università che invece è nata a Bicocca. E’ successo così che porta Vittoria è un buco, siamo stati anche sfortunati perché il progetto che era in fase di realizzazione è della IPI che avuto qualche problema in particolare nella sua direzione e quindi il progetto che era partito non è stato realizzato. Quindi non c’è niente a Porta Vittoria, è attaccata alla fermata del passante, ma non c’è niente e di Bovisa stiamo discutendo ancor oggi, il progetto, il progetto della goccia di Bovina, che è un progetto in cui dove c’era una volta la Montedison partì un accordo di programma dieci anni fa e scaduto adesso andava ripreso in mano. Insomma la pianificazione della città in cui l’infrastruttura, l’urbanizzazione non vanno insieme, genera delle aberrazioni, tanto e vero che si discuteva qualche tempo fa ad una trasmissione televisiva a cui ero stato invitato, trasmissione televisiva locale, di quale fosse il motivo per cui questo benedetto passante, dopo tutti gli investimenti che ci sono stati, non viene usato. E non viene usato perché non collega niente con niente. Ma non è questo l’unico esempio che si può fare a Milano, ce ne sono tanti, c’è appunto l’università. La Bicocca doveva nascere a Porta Vittoria, poi si è deciso di farla in Bicocca. Bicocca non ha la metropolitana, allora l’università che nasce con l’obiettivo di essere un polo di eccellenza internazionale non è raggiungibile e poi c’è tutto il conseguente problema dell’intasamento dei parcheggi che mancano eccetera, perché dopo non si può che arrivare in macchina. C’è un altro tema molto recente: City Life. City Life, la metropolitana cinque, nella pianificazione della città si fermava, quando io sono diventata assessore due anni fa, a Garibaldi zona Garibaldi, zona centrale della città, l’ex varesino, adesso non so, non tutti conoscerete bene Milano, ma è una zona nevralgica dove dal dopoguerra c’era degrado. Nasce questo grande progetto che adesso è in fase di realizzazione, peraltro molto vicino a dove sta nascendo la torre nuova della Regione Lombardia, con la metropolitana che collega questo punto a nord-est della città, dove c’è Bicocca. Finalmente si collegherà l’università dopo una decina d’anni che l’università funziona. C’è un piccolo particolare che nel frattempo, appena spostati un po’ ad ovest, sta nascendo questo grande progetto con le tre torri di cui avete sentito parlare tutti quanti ,che sono le tre torri delle archi star del mondo. La torre storta di cui si discusse, insomma grandissimo progetto. Tre torri vuol dire grande densità funzionale abitativa. Bene lì la metropolitana non era stata prevista o meglio si era previsto di impostare tutte le infrastrutture perché potessero accogliere la metropolitana qualora fosse arrivata nel tempo, se non che quella metropolitana aveva il punto di partenza sotto il progetto di Garibaldi Repubblica di cui diceva prima, cioè si chiudeva Garibaldi Repubblica e da lì bisognava far partire fra vent’anni la metropolitana che andava fino a City Life e fino alla zona dello stadio di Milano. Io ho bloccato il progetto di Garibaldi Repubblica e abbiamo fatto in modo che la metropolitana cinque, oggi, abbia un’unica progettazione, che da Bicocca, da Monza poi arrivi fino alla stadio di San Siro. Un’ altra delle cose che Milano ha è questo grande stadio internazionale senza metropolitana, con la gente che abita lì vicino che ovviamente subisce ogni volta che c’è un evento grandi disagi. Allora abbiamo bloccato il progetto di Garibaldi Repubblica, con un ritardo quasi di un anno a questo punto di cui mi prendo la responsabilità, ma così la metropolitana cinque và in continuità fino sotto City Life e fino allo stadio di San Siro. Vi faccio un altro esempio ancora: c’è a sud est della città una fermata che si chiama Porta mare. Se voi chiedete ad un milanese se ha mai usato quella fermata, non ne trovate uno che l’abbia mai usata, perché pochi sanno cos’è il Porto di mare, nessuno c’è mai uscito, perché a Porto di mare c’è una grande discarica, occupata poi in modo più o meno abusivo da degli operatori che vendono, comprano, fanno cose abbastanza nascoste, diciamo, al resto della città. Però c’è una fermata della metropolitana, c’è del valore lì che nessuno usa, che nessuno usa perché non si è mai pensato, non ci si è mai accorti che lì si può investire. Allora il grande tema è certo che bisogna ancora investire, ma se l’investimento infrastruttura non nasce insieme all’investimento urbanistico, l’investimento delle funzioni della città, si buttano via soldi e poi si cerca di incorrere nuovi investimenti senza accorgersi di quello che già c’è. Il tema ovviamente collegato al meeting è che il protagonismo di chi vuole investire sul territorio è strettamente connesso alla capacità che si ha di mobilità. Se tu non hai mobilità, l’opportunità che hai di investire su te stesso, su ciò che vuoi essere, diventa meno possibile, diventa meno possibile avere l’università Bicocca in cui si possa parlare l’inglese, perché non ci si arriva. Il protagonismo di chi investe su se stesso, sul futuro della città, è strettamente connesso a ciò che il pubblico investe insieme al privato. Devo dire sul tema dell’infrastrutturazione e dei trasporti che questo ha un’enorme connessione con la visione politica e con la ristrettezza del territorio. Per esempio Milano è una città piccola, centottantamila chilometri quadrati, e al di fuori abbiamo delle metropolitane che toccano dei punti dei territori che sono fuori della città, dove anche lì non si investe per realizzare funzioni oppure abbiamo che grandi città danno spazi per costruire ma non sono strettamente connessi ai punti, alle funzioni urbane importanti, per cui tutti usano la macchina. C’è un grande tema di pianificazione urbana ed infrastrutturale su cui stiamo fortemente lavorando insieme alla provincia anche di colore diverso, perché ci sia coerenza di sviluppo. L’ordine della coerenza di sviluppo dà ovviamente una valorizzazione a ciò che è già stato investito e, devo dire, un significato agli investimenti che si chiedono. Cosa stiamo facendo quindi a Milano? Vi dicevo, nel ’54 piano regolatore, nel ’80 grande variante al piano regolatore; oggi stiamo buttando a mare il piano regolatore e stiamo ridisegnando la città. La stiamo ridisegnando in che modo? La stiamo ridisegnando attraverso tre reti, la rete ambientale cioè i percorsi ciclabili della città perché ci sia una qualità della vita che cresce, di questo fa parte anche l’obiettivo che abbiamo di riqualificare i navigli di cui si è parlato, poi cito brevemente l’Expo. La rete dei servizi e la rete infrastrutturale. I nodi infrastrutturali del territorio sono nodi di valore. Milano, che è una città fortemente radiale, ha un centro e poi si collega verso le periferie. Vogliamo che diventi una città non più radiale ma articolare, per cui da un punto all’altro ti puoi spostare. Oggi per andare da nord – est a nord – ovest di Milano non ci sono opportunità, se non qualche strada che per lo più passa per i quartieri, per strade che sono della cosiddetta città lenta e si intasano facilmente. Allora le trasversalità. Milano deve diventare una città articolare non più radiale, su questo vogliamo fortemente investire sulle infrastrutture e i nodi infrastrutturati sono nodi di valore. Allora il valore che il pubblico porta attraverso questa operazione è un valore che deve essere usato e su cui anche gli operatori privati devono avere l’opportunità di accedere attraverso un percorso, regole e strumenti. Dobbiamo incentivare noi, come pubblica amministrazione a farlo, a coinvestire in queste attività. E’ chiaro che gli ordini di gradazione sono diversi, però City Life realizza la fermata della metropolitana sotto le tre torri, l’amministrazione pubblica può consentire che ci siano funzioni all’interno di queste fermate della metropolitane, che non abbiamo solo la funzione di collegare l’esterno con l’interno, ma che siano funzioni il cui valore possa essere distribuito, anche rinvestito in queste funzioni, che diventino ovviamente di interesse pubblico le infrastrutture della metropolitana in primis. Altro tema su cui io credo che è fortemente necessario una collaborazione con il governo perché snellisca le procedura, è il tema del project financing. Milano ha rischiato di fare, sta rischiando di fare la metropolitana mentre la linea cinque, un pezzo della cinque, la seconda parte è ancora in discussione. Quando siamo partiti su questa cosa, io non c’ero, non ero assessore, ma c’era addirittura il diritto di prelazione. Oggi non c’è più. Oggi il project financing è assolutamente un’arma spuntata, non funziona più, non lo fa più nessuno. Stiamo ragionando sul tunnel che collega il nord-est, scusate il nord –ovest con il sud –est della città, cioè l’area dell’Expo fino all’area che poi va verso Linate e beh li lo stiamo facendo in project financing. C’era l’ipotesi del project financing, l’abbiamo ridiscussa profondamente nei suoi termini, oggi dover ripartire con il project financing diventa più difficile se non si cambiano le regole e chi investe in un progetto e poi ha il diritto di prelazione? E’ paradossale che questo non ci sia, è come dire al privato, beh adesso non mi perderei in esempi che poi il tempo non mi consente di fare. Comunque questo è veramente importante perché ci sia una stretta collaborazione, un interesse da parte del privato vero a poter investire e percorsi da questo punto di vista semplici. Questa mattina sentivo parlare di strumenti alla conferenza stampa dove con Formigoni è intervenuto il sindaco Alemanno. Si è parlato di ICI, ovviamente della non volontà di reintrodurre l’ICI, perché è una tassa sulla proprietà che è sbagliata, sulla proprietà della casa ma ovviamente io condivido quanto diceva lì, in quella occasione, Alemanno, cioè la possibilità che ci sia una condivisione dell’investimento da parte degli immobiliaristi, laddove la pubblica amministrazione immette valore attraverso l’infrastrutturazione. L’infrastrutturazione dà valore, quel valore è un valore che oggi han portato a casa solo gli immobiliaristi. Io sono un filo immobiliarista totale, cioè se non ci sono interlocutori che vogliono investire, la città muore, il territorio è finito. Bene, però voglio dire il valore che la pubblica amministrazione immette è un valore che non può finire tutto in chi poi fa l’operazione finale, utilizzando questo stesso valore, lo fanno tutti così, lo danno tutti per scontato ormai nel nostro paese, è scontato, sarebbe come introdurre una tassa nuova, invece è logico che ci sia una condivisione di questo valore che la pubblica amministrazione immette sul territorio.
Altro tema e così chiudo, è il percorso che ci siamo inventati dell’Expo, su quale debba essere la governance di questa nuova società che nascerà, che dovrà gestire l’Expo. E’ chiaro che il coinvestimento da parte dello Stato deve avvenire in tempi e modi che devono essere più veloci di quelli attuali, perché se no l’Expo non lo si vedrà, perché altrimenti le infrastrutture di cui parliamo oggi non vedranno l’Expo. Allora la convergenza di investimenti privati fa sì che l’investimento pubblico possa generare un volano vero, un moltiplicatore vero, però dobbiamo inventarci un po’ di creatività, un po’ di pragmatismo, percorsi e metodi che siano più veloci degli attuali, più flessibili, laddove l’operatore privato sia realmente interessato e garantito nell’investimento. Grazie.
MODERATORE:
Adesso chiederei a Marco Piuri, Amministratore Delegato Arriva Italia e Vicepresidente ASSTRA, quale tipo di regole, quale tipi di strumenti le imprese si aspettano per poter operare all’interno di questo scenario, così come si è venuto delineando nell’intervento precedente.
MARCO PIURI:
Grazie, buonasera. Avendo promesso all’Ing. Incalza che avremmo chiuso entro una certa ora, bisogna che …. Io non sono in condizione a questo punto di fare e, non l’avrei fatto comunque, un intervento organico, anche perché alcune cose sono state dette, mi limiterei a dare due tre sollecitazioni o se volete provocazioni. La prima parte da questo e riprende quello che diceva prima Masseroli dal suo punto di vista, che però è assolutamente condivisibile e certamente è uno degli elementi di maggiore carenza del nostro sistema. Mi riferisco al fatto che, pur avendo ormai consapevolezza che parliamo di un sistema della mobilità che è un sistema, diciamo così, fortemente, necessariamente interconnesso con altri tipi di sistemi, normalmente nel nostro paese le azioni sono azioni che non tengono conto di questa logica di sistema. Questo vale per moltissime cose, vale per gli investimenti. Io ricordo un intervento che fece l’Ing. Incalza in un’altra occasione, analizzando come si sono sviluppate le infrastrutture in Italia, che tipi di intervento erano stati realizzati, ed evidenziando in quel caso, nel rapporto fra le diverse modalità di infrastrutture, la mancanza di questa logica di sistema. La logica di sistema vale anche per altre cose. Masseroli ha fatto una serie di esempi, ne faccio uno che ho già fatto in tante altre occasioni, che è un po’ semplicistico se volete, ma che secondo me dice bene di questa cosa e cioè il tema della congestione degli spostamenti. Gli spostamenti aumentano, sapete che aumentano, la domanda di mobilità cresce in particolare nel raggio compreso fra i dieci chilometri, le ragioni degli spostamenti cambiano e quindi c’è una minore regolarità degli spostamenti stessi e rimane però il fatto che in particolare una certa fascia oraria della mattina è caratterizzata da una forte domanda di spostamenti. E c’è il tema della congestione, congestione dei mezzi congestione delle strade e quant’altro. Ora sarebbe sufficiente in una città come Milano ma anche da altre parti, spostare di un’ ora l’orario di inizio delle scuole e il problema della congestione sui mezzi pubblici sarebbe quasi risolto.
Perché gli studenti sono una delle popolazioni più significative che occupano i mezzi pubblici, treni ed autobus in certa fascia della mattina. Dopodiché è evidente che quando voi ponete questo problema di orari della città e di vita della città e delle funzioni della città, è chiaro che non è che si risolve così, perché spostare di un’ora, ammesso che sia possibile, l’orario di inizio delle scuole, parliamo ovviamente di scuole superiori e università, non parliamo delle scuole di ordine inferiore, questo implica una serie di altre ripercussioni. Ricordo di averne discusso con alcuni rettori a Milano, dicendo: “perché da quest’anno non cominciano dopo, cosicché gli studenti non utilizzino i treni dalle sette, diciamo così, alle otto e trenta, ma cominciano dopo?”. Risposta: perché in università hanno fatto investimenti di tipo immobiliare, il capitale immobiliare va’ utilizzato fino in fondo, dobbiamo utilizzarlo dalle otto del mattino alle otto di sera. Risposta vera, falsa, comunque che ha un senso. C’è da dire però, oggettivamente, che il tema della mobilità richiede questo approccio di sistema e a questo punto è chiaro che le imprese sono uno degli attori ma che certamente non hanno in mano le leve fondamentali per definire queste regole, semmai le subiscono. E’ l’accenno che faceva prima Fortunato quando diceva: “attenzione! Le imprese in fondo che cosa stanno chiedendo? Chiedono che in questo sistema ci siano delle regole certe e definite, che permettano ad uno degli attori del sistema, che è quello chiamato ad erogare il servizio, che poi è quello che più direttamente, diciamo, è chiamato a gestire il rapporto con l’utilizzatore del servizio, che permettano a questi soggetti di definire comportamenti, assumendosi proprie responsabilità in maniera chiara, perché altrimenti è un giochino dove alla fine non c’è mai nessun responsabile e il sistema nel suo complesso non funziona o provoca diseconomie”.
Io vi faccio un altro esempio che mi ha colpito molto: io da qualche mese ho cambiato, sempre in questo settore, ma ho cambiato posizione. Io lavoravo per un’azienda che era Ferrovie Nord, quindi un’azienda prevalentemente ferroviaria controllata dal pubblico, per quanto quotata alla Borsa di Milano, ma con azionista di maggioranza assoluta la Regione Lombardia. Oggi lavoro per una società che è uno dei principali operatori a livello europeo che si chiama ARRIVA, di matrice inglese, quotata alla Borsa di Londra fra le prime 250 aziende come capitalizzazione, con un fatturato di tre miliardi di euro. Una delle cose che mi ha colpito dall’inizio, lavorando in un contesto di quel genere. è questo, come normale che sia: che il settore del trasporto, delle infrastrutture, ect. è un settore che richiede e prevede una prospettiva di medio lungo, per cui quando noi presentiamo alla Borsa di Londra agli investitori i risultati, uno degli elementi che mettiamo in evidenza è il fatto che operiamo in un sistema stabile, che questa società sta investendo in un soggetto che garantisce stabilità e continuità nel tempo. Se oggi ARRIVA smettesse di acquistare aziende o di partecipare a gare per acquisire servizi, avrebbe altri quindici anni di vita, considerando i contratti, le attività che ha già in pancia. La cosa paradossale è che questa situazione e condizione di stabilità in Italia non c’è. Qui è esattamente il contrario. Le imprese non sanno di anno in anno che cosa succede. Lo diceva prima Fortunato, io vorrei essere più esplicito: la Finanziaria 2008 ha stanziato una serie di risorse che dovrebbero essere destinate al settore ed in particolare ai costi di gestione delle imprese. Le imprese questi soldi non solo non li hanno ancora ricevuti ma non sanno se li riceveranno, quando li riceveranno e in che misura li riceveranno.
E stiamo parlando di una legge finanziaria dell’anno scorso, perché poi c’è il passaggio nell’ambito regionale, le regioni stanno decidendo una serie di cose secondo me un po’ a capocchia. Capite che a me la cosa, che avevo già sulla mia pelle ma vissuta in un contesto e paragonata in un contesto che invece evidenzia esattamente l’altro tipo di aspetto, mostra in maniera ancora più chiara quali sono i problemi con cui dobbiamo confrontarci. Cioè noi abbiamo bisogno di certezze, perché questo è un sistema che in termini di risorse, di tempi per realizzare gli investimenti, di modalità di organizzare il servizio, richiede una visione temporale di medio lungo e richiede certezza. La certezza oggi non c’è da nessun punto di vista perché, per l’ennesima volta, art. 23bis recentemente approvato dal Parlamento, siamo qua a fare la riforma della riforma della riforma del sistema dei servizi pubblici locali e quindi anche del trasporto pubblico. Peccato che la riforma originaria, cominciata nel ’96, non è mai stata attuata fino in fondo, non ha mai avuto un momento di verifica rispetto a quanto aveva previsto, non ha mai visto una introduzione di modifiche, di correzioni come è normale che sia in un percorso che si avvia e che poi deve prevedere momenti di verifica. In altri paesi europei le riforme in questo settore le hanno avviate con questo approccio, con questa logica. L’Olanda ci ha messo quindici anni a fare la riforma del trasporto pubblico locale, prevedendo dopo cinque anni e dopo quindici anni un momento di verifica per correggere le distorsioni del sistema. Allora che cosa chiediamo? Innanzitutto questo, chiediamo questo, che i regolatori, facendo i regolatori, definiscano un sistema e un quadro di regole definite e certe dentro le quali poi gli operatori possono agire.
L’ultima cosa che volevo dire è un passaggio invece sul tema proprio della finanza delle risorse e quant’altro. Perché qui, l’abbiamo già detto in altre occasioni e anche in questa sede, uno dei limiti con cui facciamo i conti è il fatto che il nostro sistema nel suo complesso sostanzialmente fonda tutto sulla fiscalità generale e alla fine poi ‘sta coperta non funziona. Non funziona perché troppo corta in tema di risorse ma è anche troppo corta, fra virgolette, in termini di efficacia e di possibilità effettiva di intervento. Perché la fiscalità generale, voglio dire, è un contenitore troppo grosso, entro il quale tutto finisce, non si capisce cosa ci finisce e soprattutto non si capisce bene cosa esce e con che logica esce.
Ora è evidente che se parliamo di infrastrutture, c’è un tema di grandi infrastrutture nazionali che devono trovare riferimento nella fiscalità generale, che devono corrispondere a certe regole, semmai qui il tema è quello della politica che dibatte spesso con difficoltà oggettive e comprensibili. Cioè difficoltà a definire una scala di priorità chiara, a identificare davvero gli interventi prioritari decisivi che devono far fare il salto di qualità. Ma poi c’è un tema di investimenti e di infrastrutture di livello locale che ha una duplice valenza. La grande infrastruttura nazionale rischia di veder vanificata la sua efficacia nel momento in cui poi non trova sul territorio un infrastruttura di tipo locale regionale di grandi ambiti metropolitani che sia coerente con la grande infrastruttura nazionale. Come fare un grosso tubo che poi arriva dove non può scaricare. Che poi è il problema che esiste ancora oggi in moltissime realtà. Io dico che su questo tipo di investimenti bisogna avere il coraggio di fare il passaggio definitivo. Il tema del federalismo fiscale è un tema che, al di là di una serie di implicazioni, è un tema che deve essere assolutamente analizzato. Perché io rimango convinto che quando parliamo di infrastrutture di livello locale e di investimenti anche su rotabili, treni, autobus, eccetera, la dimensione locale è assolutamente quella prevalente. E in questo caso i livelli istituzionali locali devono essere nelle condizioni di agire, di agire la leva fiscale e di agire la leva tariffaria. L’altro grande dramma di questo paese è che per il sistema del trasporto la tariffa è tabù. Con qualunque politico parliate, la tariffa del trasporto pubblico è una cosa, è come la Madonna, non si può toccare. Perché ha una serie di implicazioni,.. Quando invece è dimostrato con dati che l’impatto che ha la tariffa del trasporto pubblico, in realtà è quella che ha minore impatto sulla dinamica inflattiva, sulla bilancia delle famiglie, eccetera, perché ha un valore in tema di percentuali assolutamente risibile. Io credo che se noi riusciamo a spostare davvero sul livello locale, in termini di federalismo fiscale e di appropriati strumenti, la possibilità di decidere e di agire sulla leva fiscale e sulla leva tariffaria, forse facciamo un passaggio interessante. Perché intanto ciascuno di noi, quando ha a che fare con un interlocutore di livello locale più visibile, un signore come questo, come Mingardi, che utilizza la leva fiscale e la leva tariffaria dicendo che le sta utilizzando per fare quell’intervento piuttosto che quell’altro, può certamente controllare meglio di quanto invece non accada nel grande contenitore, nel grande deposito della fiscalità generale, dove appunto entrano un po’ di cose, escono un po’ di cose e uno non riesce mai a misurare e a verificare fino in fondo. Quindi questa è un’ altra questione, poi subito ci sarebbero, ma non c’è tempo, sollecitazioni anche più interessanti. Io con una maglietta diversa, quella della Fondazione per la Sussidiarietà, che è un soggetto molto attivo anche a livello di questo Meeting, abbiamo fatto una serie di ragionamenti sugli strumenti giuridici o sui soggetti giuridici che potrebbero svolgere una certa funzione. E qui c’è tutto un tema, accenno solo, è quello del non profit, inteso come strumento che potrebbe a livello locale diventare il contenitore e l’interlocutore più appropriato per le reti di tipo locale che sono un bene pubblico, che sono valore per il territorio. Perché, guardi, faccio una sparata, la mia esperienza dice che le società di capitali con azionista pubblico sono una cosa che non funzione per definizione. Proprio per definizione, perché gli obiettivi dei due soggetti sono oggettivamente diversi: l’ente pubblico, il soggetto pubblico e politico ha un obiettivo che è quello del consenso sul territorio, la società di capitali ha un codice civile che dice che deve fare alcune cose. Ora secondo me ci sarebbero degli spazi interessanti da esplorare anche utilizzando forme giuridiche diverse più appropriate. Ancora una volta qui il sistema anglosassone ci dà degli esempi fantastici. E’ chiaro che non si può riprodurre meccanicamente, automaticamente, perché i sistemi giuridici sono diversi ma ci sono delle realtà non profit che gestiscono reti enormi. La rete dell’acqua del Galles a altre sono realtà non profit, che mantengono la proprietà pubblica della rete ma non la esauriscono nell’idea che la proprietà pubblica è quella dell’ente locale, perché il soggetto pubblico non è l’ente locale e basta. E’ il territorio che si esprime, si manifesta con forme anche diverse. Ultima battuta e davvero chiudo, sul tema project financing e quant’altro. Io capisco da un certo punto di vista, credo di capire, almeno per il tema collegato con l’urbanistica, sul settore dei trasporti, credo che si debba essere molto realisti. Perché il project financing funziona tanto in quanto la realizzazione di quella certa infrastruttura, l’investimento che richiede trova una copertura o un ritorno da un flusso che viene prodotto dalla gestione del servizio che su quella rete deve passare. Nel settore dei trasporti, diciamocelo con franchezza, a parte pochissime eccezioni, non ci sono le condizioni per cui l’investimento venga ripagato da questo flusso che viene generato, ci possono essere delle eccezioni. Oppure bisogna realisticamente dire che la quota che può essere coperta da un project financing è il 20%, il 30%, però diciamolo che può esserci una componente di questo tipo. Il ragionamento che faceva prima Masseroli credo sia assolutamente in questa linea. C’è il tema della allocazione del rischio e della valutazione di questo rischio. Tante volte, nel momento in cui bisogna allocare il rischio di un investimento e capire qual è il costo di questo rischio, è molto più conveniente che il rischio lo prenda tutto il soggetto pubblico. A me spiace che abbiano abolito l’I.C.I., non perché non sia d’accordo sul fatto che era una tassa, diciamo dal punto di vista morale, ingiusta, ma perché uno dei miei cavalli di battaglia, quando mi occupavo di ferrovie, era che dicevo ai sindaci: ma scusa, la mia ferrovia, che il sindaco diceva disturbare il territorio, spaccarlo in due, ha incrementato i valori immobiliari? Sì. Allora io voglio un pezzo dell’I.C.I. come impresa ferroviaria. So che è un modo grezzo, e mi scuso di questa grezzezza, ma voglio dire che il tema della creazione di valore che l’infrastruttura porta e di come questa debba essere oggettivamente calcolato, ripartito e riallocato, è sicuramente un tema. Chiedo scusa, grazie.
MODERATORE:
Grazie. Ingegnere Incalza, credo ci sia materia per una riflessione…
ERCOLE INCALZA:
Intanto grazie. Io mi ricollego inizialmente a quello che ha detto Masseroli, sul motivo conduttore di questo Meeting, sul protagonismo o meglio ancora il protagonismo inteso come obbligo quasi del singolo ad essere attore, attore forte nel processo decisionale. Io distinguo un protagonismo di tipo singolo ed un protagonismo di tipo generazionale. Io penso che anche il Meeting di Rimini scelga una ipotesi di protagonismo generazionale. Se scegliamo un protagonismo di tipo generazionale mi sento ottimista, perché il protagonismo generazionale per essere tale ha bisogno di un tempo, di un fattore tempo tale che consenta al protagonista di poter incidere sulla scelta e sulla definizione strategica. Se guardiamo un po’ l’analisi storica, scopriamo che gli unici governi che hanno superato la soglia dei quattro anni sono stati protagonisti generazionali. Il governo Craxi, il governo Berlusconi 2001-2006 e questo governo che sicuramente con cinque anni ha tutte le motivazioni e le certezze per essere protagonista. Perché ho fatto questa premessa? Perché ricordo sempre un aneddoto che è un aneddoto storico. Ferdinando II era solito ogni anno passare delle ferie, nel mese di settembre, nella zona della Capitanata e ogni anno andava da Napoli in questo villino che aveva tra Cerignola e Manfredonia e vi passava una quindicina di giorni. Un anno, durante questo viaggio, viene colpito da un temporale: pioggia, la strada viene bloccata, e Ferdinando II rimane bloccato due, tre giorni, prende una bronchite e ritornando a Napoli decide di far realizzare in un anno una strada nuova da Napoli in questa zona e in un anno viene realizzata. Perché porto questo esempio? Perché è l’esempio di un protagonista che senza analisi costi-benefici, per un fatto solo personale, per un’esigenza del re, decide di fare un’opera. Giustamente voi dite cosa c’entra questo esempio? C’entra, perché fino al 1986 il nostro paese è stato gestito in questo modo. Il ministro dei trasporti, il ministro dei lavori pubblici era presidente dell’ANAS e delle Ferrovie e non c’era nessuno che poteva incidere in nessun modo, né a livello parlamentare né a livello di Governo, sulle decisioni del ministro. Quindi fino al 1986 questo paese ha avuto una forma di protagonismo singolo e di monarchia pura e devo dire che solo con la Legge 210 del 1986 c’è stata questa decisione di rendere le Ferrovie dello Stato un Ente Pubblico Economico, quindi con budgetario e lo stesso è avvenuto per l’ANAS. Ma questo perché è avvenuto? Perché durante il governo Craxi, nel bene e nel male, un piano di trasporti ha raccontato e detto alcune cose che hanno portato a determinati risultati pragmatici. Si decise di fare il Fondo unico dei trasporti. Prima giustamente, sia Fortunato, sia Mingardi ricordavano le esigenze di certezze e di unitarietà: il Fondo unico garantiva almeno la trasparenza del fondo. Si decise di fare il Ministero unico dei trasporti, non si riuscì, ma si decise di farlo. Si decise di fare il CIPET, Comitato Interministeriale Promozione Economica Trasporti, perché si capì, e sono contento che Tiepoli sia presente, si capì che c’era una correlazione diretta tra l’aumento del PIL, l’aumento della mobilità e l’aumento della infrastrutturazione. Era all’epoca una cosa difficile da dire e solo grazie a due premi Nobel – noi piani li facevamo con i premi Nobel e non con altre persone – riuscì a convincere questo paese di questa correlazione. E ancora, sempre all’epoca riuscimmo anche ad aprire un chiaro rapporto con le Regioni: il piano fu redatto con le Regioni. Tutto questo avvenne grazie al fatto che per quattro anni e sei mesi ci fu un Governo che consentì questo protagonismo generazionale. Poi è arrivato il 2001 e c’è stato un altro protagonismo: un protagonismo legato al fatto che nel bene e nel male dal 1985 al 2001 il nostro paese ha investito, ha approvato progetti di infrastrutturazione per 14 miliardi e ne ha cantierati 7 miliardi. Dal 2001 al 2006 il governo Berlusconi ha approvato al CIPET 96 miliardi di euro, ne ha cantierati 58. Sono dati veri, quindi già questo dimostra un protagonismo generazionale misurabile e Masseroli è testimone: se l’Expo’ si fa’, lo si fa’ solo perché le risorse della legge obiettivo e gli interventi su Milano per l’ 80% sono legati a reti metropolitane e legate alla legge obiettivo. Poi farò dell’autocritica, ma prima volevo ricordare questa capacità che governi stabili sono riusciti a regalare al paese e devo aggiungere che senza dubbio questa coscienza nasce da fattori drammatici. Perché fattori drammatici? Giachino è testimone. Un giorno di blocco dell’autotrasporto produce danni reali di 185 milioni di euro. Quando eravamo più giovani, molti di loro forse non erano ancora all’interno di questo mondo, ricordo che i blocchi di 4 giorni dell’autotrasporto generavano un danno molto più basso e generavano un segnale molto più basso in termini di blocco delle catene industriali. Ci siamo meravigliati che solo sette ore di blocco dell’autotrasporto hanno bloccato catene di produzione, a parte quella della FIAT, ricordiamo sempre la FIAT, ma soprattutto catene di produzione di alta specializzazione nel settore delle opere finite o semilavorate. E questo perché? Perché, guardate, ci dimentichiamo sempre di chi eravamo negli anni 70 in termini di articolazione e di produzione del PIL e di chi siamo oggi. Guardate, negli anni ’75 il PIL era bilanciato: 32, 31 e la parte restante tra agricoltura industria e terziario. Attualmente il terziario è il 68%. Dove avviene il terziario? In ambito urbano, quindi l’economia delle città produce automaticamente ricchezza e crescita del PIL. Che cosa avviene nelle città? La distribuzione delle merci. La distribuzione delle merci bloccata dall’autotrasporto incrina in modo diretto la crescita del PIL. E’ una equazione talmente facile da poter farla anche capire ad un bambino delle scuole elementari. Primo dramma. Secondo dramma. Noi abbiamo un costo da congestione pari al 2,2%, che significa 20 miliardi all’anno di euro che bruciamo. Poi abbiamo un altro dato, ancora più grave. Abbiamo il 22% del costo della logistica: 206 miliardi di euro all’anno. Gli altri paesi dell’Unione Europea hanno una percentuale massima del 14-15%. Questa differenza produce quindi un danno reale come costo nella nostra logistica pari a 56 miliardi di euro; se aggiungiamo il costo da congestione in ambito urbano, Matteoli lo dirà dopodomani, arriviamo circa a 75 miliardi di euro. Questo è un dato vero, che conosciuto ha allarmato il governo Berlusconi, ha allarmato questo governo e giustamente questi dati, proprio perché sono veri, portano automaticamente a una chiara decisione sulle priorità. Io cerco di essere chiaro: che senso ha scegliere quando per venti – trent’anni non si è fatto nulla in termini infrastrutturali? Se volessimo, e qui c’è un continuo antagonismo tra quelli che dicono scegliamo solo alcune opere, ma le opere che sono scelte nel piano triennale di infrastrutture sono di per sé le opere obbligatorie e devo aggiungere che le opere fatte per l’urbano, 15 miliardi di euro approvati, di cui 9 miliardi in cantiere, sono la soglia minima per un paese che, come dicevo prima, ha ormai il 70% di consumi in aree urbane, con densità tale da aggregare il 45-46% della popolazione. Quindi questa grande emergenza è la grande emergenza del superamento di un danno, che è un danno, guardate, che non solo incide, lo diceva prima sia Mingardi che Fortunato, sulle famiglie con 40 miliardi di euro l’anno. Ma, guardate, c’è un fatto misurabile: a Roma bruciamo ogni giorno 12 milioni di euro di carburanti; Roma ha un servizio, che si chiama metrobus, dove il servizio viene offerto a 260 euro l’anno; spendiamo per mezzo privato circa 3-4 mila euro l’anno. Questo dimostra che i romani pagano praticamente due volte le tasse. E allora vi chiedete: con questo metrobus dovremmo avere un numero di abbonati pari, non dico a 2.700.000 quanti sono i cittadini romani, ma almeno a 1.300.000- 1.4000.000; sono invece 100 mila, 120 mila, 150 mila. E perché? Perché l’offerta non è adeguata alla domanda e allora prende corpo quello che forse è l’emergenza della legislatura. Nell’allegato infrastrutture, che vi prego di leggere almeno per le parti che vi interessano, c’è scritto che vi sono solo due emergenze in questa legislatura. Quindi non abbiamo raccontato elenchi enormi ma le due emergenze sono: il trasporto pubblico locale e la logistica. Mi fermo sul trasporto pubblico locale: perché è un’emergenza? Sia per le cose che ho detto prima, ma anche perché quando i costi del carburante raggiungono livelli quali quelli attuali, si vive un processo che è un processo esplosivo. A me dispiace che in questo paese, quando qualcuno prevede delle cose in anticipo e poi le cose si verificano, viene definito iettatore e quindi non viene definito lungimirante ma, nel caso specifico, sia Fortunato sia Mingardi sia Piuri sanno quante volte abbiamo ricordato, preallertato e allarmato il governo e i governi che avremmo vissuto questo fenomeno: l’esplosione della domanda, soprattutto in realtà urbane non solo grandi ma anche medie e piccole. E questa esplosione ha avuto un segnale epidemico del 10%; temiamo che nell’arco di due anni l’esplosione raggiungerà il 30-35-40% e l’offerta, lo sanno, è un’offerta che può al massimo soffocare un’ulteriore soglia del 2-3% alla soglia del 10%. Quindi questa, il ministro Matteoli lo ha ribadito in parlamento, al governo e lo ribadirà sicuramente dopodomani, è la più grande emergenza che questo paese vive. Qual era la serie di autocritiche che io volevo fare? Noi, nel quinquennio 2001-2006, abbiamo puntato essenzialmente sulla realizzazione di reti metropolitane. Io mi sento soddisfatto di questo, perché se oggi passiamo da 96 km a 270 km, e siamo soltanto al terzultimo posto europeo, (quando eravamo a 96 eravamo ultimi, perché Atene ci aveva superati con la rete metropolitana fatta per le olimpiadi), ebbene se siamo vicini a questa soglia, almeno abbiamo una offerta infrastrutturale solida che è quella delle reti metropolitane. Però non abbiamo, e devo fare autocritica, affrontato il tema della parte gestionale, della certezza cioè di un fondo capace di garantire nel tempo non solo le risorse gestionali ma anche le procedure per quanto riguardano la gestione delle reti. Su questo mi soffermo un attimo. Tutti temiamo, o meglio, c’è chi teme e chi non teme i processi di liberalizzazione; perché? Il concessionario che viene scelto per gestire una rete di trasporto urbano, spesso è un concessionario che non riesce, non riesce a condizionare la distanza che c’è tra la previsione teorica e la previsione reale. Faccio un esempio: su una città di 100 mila abitanti, la ipotesi della domanda teorica, come uso sistematico di un mezzo, dovrebbe attestarsi intorno a 30-35 mila passeggeri al giorno; in realtà poi, al dato pratico, si vede che non supera l’8-10 mila unità; come mai questa distanza tra 8 mila e 35 mila? Dipende dal fatto che il gestore non ha intelligenza gestionale capace di vendere e di ottimizzare l’offerta. Bene, questo fattore, questo elemento, è un elemento che deve necessariamente portarci a un confronto governo, regione e gestori concessionari, capace di superare i vecchi vincoli che, voi ricordate benissimo, erano quelli della vecchia 151 che era legata alla spesa storica. Questo tema, lo ripeto fino alla noia, non lo abbiamo affrontato nel 2000 -2006, lo dobbiamo, riattivare; ma soprattutto perché? Non per creare un fondo, tipo il 151, ma per creare qualcosa che superi, un fatto anche questo discutibile. Il reddito pro capite di un cittadino lombardo è 25 mila euro; il reddito pro capite di un cittadino del mezzogiorno è 14 mila euro. Giustamente la tariffa standardizzata non ha un connotato regionale, è una tariffa che è nazioniforme. Allora l’incidenza sul reddito di un cittadino lombardo e l’incidenza sul reddito di un cittadino del mezzogiorno non può non tener conto di questo differenziale, che è un differenziale sostanziale. Questo è un esempio che impone quindi un rapporto intelligente tra organo centrale, organo regionale e il mondo che rappresenta chi gestisce, un rapporto che superi questa discrasia. Ultimo tema, quello della logistica. Come superare questo dramma che porta da 206 miliardi a 250 miliardi la distanza tra la nostra economia e le altre economie, quindi la non competitività? Solo garantendo investimenti nel prossimo biennio per 44 miliardi di euro; di questi 44, 30 miliardi sono già identificati con capitali privati o con fondi comunitari, il dramma sono i 14 miliardi. Su questi 14 miliardi il ministro Matteoli sta cercando, soprattutto con forme di parternariato pubblico – privato, di garantire queste risorse che, come vedete, non sono un fondo perduto come era la logica del passato, sono investimenti. Senza un piano del genere, noi non solo non competitivi, ma il nostro prodotto interno lordo non può crescere. Io quindi volevo soffermarmi su questi argomenti, vedo però che un incontro del genere non concede tempi lunghi e quindi torno al tema iniziale per concludere. Il protagonismo generazionale ha bisogno di tempi, cinque anni consentono a un governo di essere protagonista, e soprattutto di non essere un protagonista di tipo borbonico, cioè tale da finalizzare le esigenze per una strategia di schieramento politico. Nel caso specifico, come vedete, il governo Craxi aveva uno schieramento politico diverso dallo schieramento di Berlusconi, però entrambi hanno segnato in questo paese fatti che, oggi dobbiamo ammettere, sono fatti carichi di lungimiranze, di intelligenza gestionale e devo dire che abbiamo avuto purtroppo anni bui, anni in cui la continuità di governo non ha consentito di regalare a questo paese una infrastrutturazione. Grazie.
MODERATORE:
Ringrazio tutti, ringrazio il Meeting che ci ha ospitato, ringrazio soprattutto la presenza del sottosegretario, ringrazio ovviamente Federmobilità, ASSTRA e ANAV e tutti quelli che hanno avuto la pazienza di stare qui in sala fino all’ultimo. Grazie ancora.
(Trascrizione non rivista dai relatori)