STORIE DAL MONDO

Rassegna di reportage internazionali. A cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin: Domenica alle 5. L’Irlanda del Nord 10 anni dopo gli accordi di pace. Il lento ritorno alla vita "normale" di due acerrimi nemici. In collaborazione con Sky. Produzione: BBC.

 

GIAN MICALESSIN:
Bene! Guardando questo documentario pensavo a due guerre che ho raccontato nella mia vita. La guerra fra unionisti e lealisti nell’Irlanda del Nord negli anni ’80, quando andavi a Belfast e respiravi proprio il sapore, l’odore della guerra questo odore di bruciato nelle strade, la città che veniva chiusa la sera; e un’altra guerra, che è finita quasi contemporanea con quella dell’Ulster, la guerra del Kosovo, che è finita nel ’99. Due guerre nel cuore dell’Europa, due guerre che molto spesso abbiamo dipinto in Italia come guerra fra cattolici e protestanti. Io ho sempre preferito la definizione di guerra fra unionisti e lealisti, che però avevano nella percezione comune degli aspetti, degli aspetti comuni. In verità quelle due guerre, finite quasi nello stesso periodo, ci offrono oggi un’immagine, dieci anni dopo, molto diversa: Belfast è una città completamente diversa, Belfast è una città dove senti il sapore della pace, il sapore di qualcosa che è cambiato, è una città rinata, è una città dove i vecchi nemici discutono fra di loro; il Kosovo è ancora una guerra che dura, dura nel cuore dell’Europa e dura nell’animo delle persone e nell’immagini che hai viaggiando attraverso il Kosovo. Ecco, la prima domanda che volevo porre a John, che è qui con noi stasera, è che cosa è cambiato in Irlanda in quel good Friday del ’98, cos’è cambiato nel cuore delle persone che ha permesso di mettere fine veramente a quella guerra?

JOHN WATERS:
C’è una cosa importante da dire, cioè che il processo di pace in realtà è iniziato 20 anni prima, 20 anni prima di quell’ accordo del Venerdì Santo. Si è trattato anche di un cambiamento generazionale, nel senso che tutta una generazione di persone che lottava da entrambe le parti, ha raggiunto un’età di mezzo in cui si sentiva di dover rendere conto ai propri nipoti e di voler porre fine ed è questo che ha portato al cambiamento. In generale, bisogna dire che ci sono altri fattori in gioco, questo è stato un conflitto estremamente complesso e quale conflitto per altro non lo è?
Si può parlare di guerra di religione? Beh! Io starei attento a dirlo. Cosa significa guerra di religione? Senz’altro i protestanti, i realisti, gli unionisti non è che parlavano e discutevano o litigavano circa la transustanziazione, non erano motivi prettamente religiosi quelli che li opponevano, era questione di comunità, di appartenenza a comunità distinte, che li mettevano gli uni contro gli altri. Le radici del conflitto risalgono a molto tempo fa. Nel video che abbiamo visto si fa riferimento a una data, il 1929, come data di inizio del conflitto, ma in realtà si può risalire a tempi molto più addietro, fino a 800 anni fa. In realtà il conflitto risale a un primo rapporto esistito fra il Regno Unito e l’Irlanda, un rapporto che è stato sempre improntato a differenze, come quello che c’è fra servo e padrone, fra occupato e occupante, fra colonialista e colonizzato, e quindi è stato sempre un rapporto estremamente difficile. Adesso insisto brevemente su questo problema del risalire sempre più indietro nel tempo. La ragione iniziale di questo conflitto sta nel fatto che c’è stata una minoranza di religione protestante che stata trapiantata in Irlanda, che proveniva per lo più dalla Scozia. Ebbene questa minoranza in una determinata regione, in una determinata area del paese, era in realtà una maggioranza e ha ottenuto grazie, a questo essere maggioranza, un’indipendenza, ma in realtà si doveva per forza arrivare a una separazione, perché questa minoranza che era solo in una zona una maggioranza, chiedeva un riconoscimento e quindi si è arrivati alla divisione, una divisione che definisce 6 aree del paese come Ulster. Già quando parli di Ulster ad un irlandese, in qualche modo già ti schieri, perché sono solo gli unionisti che definiscono quell’area Ulster. In realtà l’Ulster non è fatta di 6 regioni, ma piuttosto di 9 province, quindi non definisce un’area politica ma solo un’aera geografica, diversa da quella che definiamo politicamente come Ulster, come Irlanda del Nord. Il conflitto, però, quando è riemerso nel 1969, non faceva riferimento a quella divisione, che vedeva appunto 6 province dell’Irlanda definite come Ulster, non si lamentava questo, non si lottava contro questo conflitto storico. In realtà il conflitto emerse per ragioni legate alla democrazia, perché quella minoranza che era maggioranza aveva in qualche modo sottratto dei diritti civili ai cattolici, nel senso che governavano, governavano il paese a proprio vantaggio, non secondo regole democratiche, per cui essendo il potere nelle loro mani, lo sfruttavano per i loro vantaggi economici, sfruttavano le risorse economiche del paese. Per i cattolici era diventato difficile trovare un posto di lavoro, trovare una casa ed è stata questa la scintilla che ha portato in qualche modo al nuovo conflitto del ’69, che è il prosieguo di tutti i conflitti che storicamente ci sono stati. Quindi, in realtà, quando è iniziata quest’altra parte del conflitto, vedevamo una minoranza cattolica che lottava per i diritti civili, all’inizio in modo abbastanza pacifico, mentre gli unionisti hanno reagito viceversa con violenza. Abbiamo visto prima un membro della UdE dell’Ulster che parlava e faceva riferimento agli atteggiamenti dei politici unionisti che si fingevano democratici, mentre in realtà sfruttavano questi ex soldati perché intraprendessero delle azioni contro la minoranza cattolica. A quel punto incomincia a svolgere il suo ruolo anche l’Ira, che all’epoca poteva essere considerata morta e sepolta, ma in realtà risorse e risorse non tanto per uno spirito patriottico generalista, diciamo, quanto piuttosto per difendere gli interessi dei cattolici nell’Ulster, che non venivano difesi adeguatamente dai soldati britannici. L’Ira, all’epoca, era definita come era una scheggia, una frazione della Ira, che si era assunta come suo onore quello di proteggere i cattolici dalle vessazioni dei lealisti e iniziò a quel punto, ed è stato quello il cambio di livello del conflitto, a voler allargare la propria base, a cercare di trovare nuovi adepti. Questo ha portato un ulteriore grado di confusione nel conflitto, nel senso che anche coloro che erano irlandesi nella Repubblica d’Irlanda si sono sentiti coinvolti nella diffusione, nel desiderio di difendere coloro che venivano percepiti come i propri connazionali. Poi ci furono una serie di atrocità, cui fa riferimento il film, come quella della domenica di sangue in cui, per le atrocità, vennero uccisi anche molti civili. Questo fece aumentare in modo esponenziale la rabbia di tutti gli irlandesi, non solo dei cattolici che vivevano al nord e come è vero per tutti i conflitti, c’era una forte sensazione di rivalsa nei confronti degli inglesi, perché ovviamente senza questo desiderio di rivalsa un conflitto non si alimenta ed è questo che è andato a complicare ulteriormente la situazione. A quel punto sono accadute delle cose orrende, orrende da entrambe le parti, sono successi dei crimini che non sono assolutamente giustificabili: bombardamenti, omicidi di civili, di militari e c’è stata una animosità diffusa sia presso gli unionisti che presso i repubblicani ed era lì che bisognava agire per trovare una risoluzione del conflitto e cercare di stemperare questa animosità. Come dicevo, ci sono molti elementi che aggiungono complessità a questa faccenda, per esempio in questo film se ne sono toccati alcuni, si fa riferimento al fatto che i secondini in prigione non dimostravano per esempio compassione neanche per coloro che si pensava stessero dalla loro parte, cioè gli unionisti; si fa riferimento ai secondini unionisti che hanno gli stessi tatuaggi, e la stessa cosa accadeva anche dall’altro lato, dal lato dei repubblicani. C’era insomma questa forte animosità che doveva essere spiegata e risolta per arrivare a una soluzione del conflitto. C’era poi anche una battaglia a livello intellettuale all’interno della repubblica, nel senso che si discuteva molto animatamente circa la ragione di questa violenza, se si potesse giustificare una violenza portata avanti per l’ideale dell’unificazione. C’era soprattutto una grande stanchezza e anche disagio e vergogna da parte degli irlandesi rispetto a queste azioni terroristiche, portate avanti da coloro che in verità si dicevano dalla parte dall’Ira. Per esempio c’erano degli irlandesi che andavano a Londra, che si vergognavano che a un certo punto succedessero degli attentati gravissimi, tali per cui le auto di Londra venivano distrutte a causa di quelli che si dicevano dalla loro parte. Quindi c’erano sensazioni miste, diciamo, sia da parte degli unionisti che dalla parte dei repubblicani. A questo punto vorrei far presente una cosa, nel senso che io sto esponendo un mio punto di vista personale e in particolare sono nato nella Repubblica d’Irlanda e il background è quello di un cattolico, di un nazionalista che molto spesso si è trovato in qualche modo ad appoggiare o ad essere dalla parte dell’Ira, anche senza appoggiare i metodi da questi adottati. Sempre c’è stata una ambivalenza da parte di molti che, in qualche modo, a livello di logica, erano dalla parte dell’Ira, anche se non necessariamente ne condividevano le metodologia. Alla fine ci siamo tutti convinti che come esseri umani dovevamo tutti ripensare ai nostri ideali e decidere se avallare con una parola, con un gesto, le atrocità che venivano perpetrate.

GIAN MICALESSIN:
Grazie John, e adesso lasceremo spazio alle vostre domande. io faccio ancora una ultimissima domanda a John. L’ultima volta che sono andato a Belfast, quello che ho percepito è stato il desiderio dI una parte dei cattolici di liberarsi dal controllo dell’Ira. L’Ira è una organizzazione che per molti anni è stata una organizzazioni in cui moltissimi si riconoscevano e che la maggioranza riconosceva, oggi è diventata invece una organizzazione pesante da sopportare, una organizzazione che ancora influisce nella vita privata di molti cattolici, ne determina i comportamenti, imponendo determinati comportamenti, una organizzazione che non ha saputo trasformarsi in partito politico. Ecco, non pensi che questa trasformazione dell’Ira, questa fine dell’Ira, non sia fondamentale per arrivare a una pace effettiva del paese? E dal tuo punto di vista quale sarà il futuro delle sei contee cioè dell’Ulster?

JOHN WATERS:
Senz’altro l’adesione dell’Ira è importante e ci stiamo arrivando adesso, è importante perché fino adesso e per anni abbiamo accettato l’Ira, e adesso ci stiamo domandando se viceversa l’Ira, questa scheggia, era effettivamente quello che sosteneva di essere, cioè se era a favore del movimento di liberazione e la risposta che sempre più diamo a questo quesito è no! Nel senso che l’Ira era in realtà una fazione locale, fortemente contaminata da elementi criminali, che si sono resi rei di atrocità enormi, non solo verso la fazione nemica ma anche all’interno della sua stessa comunità. E sin dalla fine del conflitto cioè fin dall’approvazione dell’accordo del Venerdì santo, abbiamo visto che il partito politico che era il braccio politico dell’Ira cioè il Sinn Fein, ha visto in qualche modo declinare il proprio appoggio, nel senso che la gente sempre più si rende conto che il Sinn Fein, così come l’Ira, non rappresentava veramente il movimento di liberazione dell’Irlanda e che tutta questa storia era un po’ una frode. A questo punto non c’è più motivo di dare potere politico al Sinn Fein. Questa però non è una cosa che tutti condividono, ma è un principio che sta prendendo sempre più piede tra la popolazione irlandese. Per quanto poi riguarda l’ultima parte della sua domanda sul futuro dell’Irlanda del Nord, credo che questa pace non vada data per scontata. Abbiamo già visto che all’inizio è stata la misura dell’occhio per occhio dente per dente che ha prevalso, è stato questo poi l’atteggiamento che ha portato all’esplosione del conflitto. Dobbiamo renderci conto che le animosità, per così dire, tribali, persistono nel nostro territorio, che vanno tenute sotto controllo. Sappiamo, per esempio, che negli ultimi mesi ci sono stati ulteriori omicidi e si tratta ovviamente di schegge impazzite, di atteggiamenti di sedicenti repubblicani, persone che si attaccano al passato. Bisogna stare attenti perché se provocano l’altra parte, se suscitano una reazione dall’altra parte, questo può in qualche modo far scattare la scintilla perché il conflitto riprenda.

GIAN MICALESSIN:
Grazie John, e adesso spazio alle vostre domande.

DOMANDA:
Può essere questa pace un motivo per dare modo ad altre realtà, come l’Eta, come il conflitto del Kosovo, di iniziare un discorso, di riuscire a fare un’azione di pace o è solo una realtà del vostro paese?

JOHN WATERS:
Già un po’ di anni fa, al Meeting, io parlavo della possibilità di adottare come modello quello che era stata la risoluzione del conflitto nel mio paese, ma è importante ricordarsi comunque qual è la natura dei conflitti, qual è la componente tribale di questi conflitti. Per esempio anche in Jugoslavia possiamo avere popoli diversi che convivono pacificamente per anni, dopodiché una scintilla provoca l’esplosione di un conflitto e anche il Ruanda è un altro caso che potremmo citare allo stesso modo. Il conflitto quindi senz’altro può essere risolto, può essere risolto però in un momento dato, grazie alle personalità coinvolte, alle situazioni culturali prevalenti. Dobbiamo sempre tenere presente che non dobbiamo autoglorificarci, dobbiamo sempre essere perfettamente consapevoli che c’è un rischio forte di ricaduta. Nel nostro caso, nel caso dell’Irlanda, c’è stata una soluzione che qui è stata anche culturale grazie al coinvolgimento di una generazione intera di leader di tutte le parti coinvolte, nell’Irlanda del Nord, nella Repubblica d’Irlanda, nel Regno Unito. Questo secondo me, questa grossa volontà di trovare una risoluzione da più parti, è stato l’elemento che ha trovato una soluzione al conflitto. Vorrei a questo punto sottolineare un fatto e cioè il ruolo fondamentale svolto da Tony Blair. Tony Blair fra l’altro sarà ospite del Meeting giovedì prossimo e il suo ruolo è stato determinante. Lui assolutamente si diversifica come un leader diverso rispetto agli altri leader del passato della Gran Bretagna, come un leader diverso, la cui volontà è stata determinante nel trovare una soluzione al conflitto.

GIAN MICALESSIN:
Ecco, io, ascoltando John, ho perso il senso del tempo e sono già le 20:40. Abbiamo fatto in effetti molto tardi rispetto agli orari, ma ne valeva la pena penso. Vi invito invece domani a seguire soprattutto Roberto Fontolan, che vi presenterà due interessanti reportage sul Sud America. Vi invito perciò alla stessa ora domani. Un grazie ancora a John e un grazie a voi.

(Trascrizione non rivista dai relatori)

Data

24 Agosto 2009

Ora

19:00

Edizione

2009

Luogo

Sala A4
Categoria
Testi & Contesti