SPIRTO GENTIL – H. VILLA LOBOS: BRANI SCELTI

Spirto Gentil - H. Villa Lobos

Guida all’ascolto dal vivo. Relatore ed esecutore: Piero Bonaguri. Moderatore: Pier Paolo Bellini.

 

PIER PAOLO BELLINI:
Buonasera e benvenuti al secondo incontro del ciclo Spirto Gentil. Come abbiamo detto giovedì durante il primo appuntamento, vorremmo fare tre approfondimenti musicali per aiutarci a comprendere meglio il titolo un po’ paradossale del Meeting di quest’anno: scoprire una mancanza di cui il cuore è pieno. Vorremmo fare questi tre approfondimenti appoggiandoci a stili, autori e sensibilità diverse. La volta scorsa abbiamo ascoltato delle arie d’opera; oggi ascolteremo una musica totalmente diversa, anche se in molti tratti comune, come nel modo di far cantare la voce o lo strumento. Le arie d’opera che abbiamo ascoltato giovedì sono state l’inizio dell’intuizione che ha accompagnato don Luigi Giussani, curatore della collana Spirto Gentil in tutto il suo sviluppo, sia spirituale che musicale: attraverso un’aria d’opera, dalla Favorita, don Giussani ha intuito che Dio esisteva per davvero. L’ha capito, paradossalmente, attraverso un canto materiale, se vogliamo, umano, il canto d’amore di un uomo che sente di perdere la cosa più preziosa che aveva, la donna che amava: “Spirto gentil dei sogni miei”. Ci siamo lasciati la volta scorsa con l’intervento di Ermanno Calzolaio che ci ricordava quello che è l’inizio della collana. Don Giussani dice che nella donna, nel panorama notturno, nel canto, in tutto ciò che è bello, l’uomo rende omaggio a qualcosa d’altro. È nella bellezza che l’uomo si sente spinto a intravedere, a intuire e a rendere omaggio a quello che manca nel suo cuore. La bellezza è la strada privilegiata per trovare quello che manca. Vorremmo ripartire da qui. Ecco perché vi ripropongo ancora una volta il suggerimento di don Giussani. Oggi abbiamo la possibilità di ascoltare dal vivo, introdotti da chi li suona, alcuni brani di chitarra. In questi brani don Giussani ripropone l’idea della bellezza. Cito: “Sono sei corde che si fondono insieme e diventano come il miraggio di una bellezza unita. […] Quando senti una musica così, che è un’autentica bellezza, capisci che Dio ti sta dicendo: «Guarda che esisto, ci sono, ci sono». La bellezza come suggerimento di quella cosa mancante, di quel mistero che ti suggerisce «Esisto, ci sono»“. Oggi abbiamo l’opportunità e la grande occasione di farci aiutare a godere di questa profondità: con noi c’è il maestro Piero Bonaguri. Ve lo presento. È docente di chitarra al conservatorio di Bologna, ha inciso una ventina di cd tra cui l’integrale di Villa Lobos per Spirto Gentil – cosa di cui andiamo molto orgogliosi, perché è l’integrale di tutte le opere per chitarra di Villalobos. Centinaia di nuove opere sono state scritte per lui da compositori di oggi; ha suonato e suona nei cinque continenti, in oltre cinquanta paesi. Oggi ci introduce all’ascolto dei brani che poi eseguirà. Grazie, quindi, a Piero Bonaguri.

PIERO BONAGURI:
Grazie. Sono molto onorato di essere qui, in questo Meeting, in questa serie di incontri di Spirto Gentil. Ho assistito a ciò che ha generato la pubblicazione di questi brani nella collana, perché credo di essere stato il primo ad aver fatto sentire qualcosa di Villa Lobos a don Giussani. Avvenne nel 1976, in occasione degli esercizi spirituali degli universitari. Mi fu chiesto di suonare un pezzo e io suonai un pezzo di Villa Lobos. Ma perché suonai un pezzo di Villa Lobos? Perché, ancora prima, suonando per gli amici accomunati da una tensione ideale come noi oggi, mi ero accorto che in qualche modo la musica di Villa Lobos era forse la più adeguata a vivere un momento insieme di musica. Così anche in quell’occasione proposi un pezzo di Villa Lobos, e don Giussani ne rimase molto colpito. Mi chiese chi era l’autore, e mi disse che gli ricordava l’Appassionata di Beethoven – un accostamento molto ardito. Nella guida all’interno del cd addirittura fa accostamenti a Pergolesi, a Schubert, e ad un’affermazione bellissima e tremenda di Dostoevskij sul dolore: “È meglio essere tristi che essere disperati”, in riferimento a uno dei pezzi che suonerò. È come se Giussani si sia dimostrato sensibile fin dall’inizio all’intensità espressiva di un musicista che diceva che la sua musica “è il riflesso della sincerità”. Arriviamo subito ai primi due pezzi. Sono in un certo senso musica leggera. Villa Lobos suonava la chitarra da autodidatta in alcuni gruppi musicali che nella Rio degli anni ’20 offrivano un intrattenimento musicale prendendo le danze europee. C’è una mazurka, uno scottish riproposti in chiave brasiliana. A me colpisce che anche in questa musica leggera, perché la suonavano nelle strade, o nei salotti, al caffè concerto, si legge una grande intensità espressiva. Dal punto di vista formale sono pezzi molto semplici, ricalcano un po’ lo schema del ritornello con la strofa. Nella mazurka sentiamo subito il ritornello, poi una strofa, poi ancora il ritornello, un’altra strofa e il ritornello, con una piccola coda, che non c’è nello scottisch. Nello scottisch c’è la stessa forma: ritornello, strofa, ritornello, strofa. Che cosa mette l’autore, musicalmente parlando, in questa musica così semplice? Qualche suono un po’ strano, che fa sentire che c’è un compositore colto anche se giovanissimo che rielabora questo materiale. Soprattutto mette questa sincerità, questo cuore, che è come se purificasse la musica di semplice intrattenimento.

Musica

Adesso propongo due Preludi, il n.4 e n.1. I Preludi sono degli ’40, credo proprio del 1940, e Villa Lobos è già un uomo maturo, con più di cinquant’anni. Nei preludi il riferimento non è più la musica leggera. Nel numero 4 c’è un sottotitolo – che non si sa fino a che punto sia originale – ma che si riferisce all’indio, alle origini, alla cultura del Brasile ancestrale. Nel n.1 il riferimento in generale è alla tradizione del tardo Romanticismo europeo. Anche qui c’è una comunicazione molto diretta che approfondisce la questione del cuore. Soprattutto il preludio n.1, ha ispirato una bellissima meditazione di Giussani sul dolore, prendendo spunto dalla corda bassa che canta la melodia. Villa Lobos suonava anche il violoncello, per cui probabilmente c’è qualche reminiscenza. Anche qui la forma è molto semplice: in tutti e due c’è una prima parte che viene poi riproposta alla fine, con una parte centrale contrastante. Giussani parla di un dolore grandissimo, e fa riferimento a La morte e la fanciulla di Schubert e a Pergolesi. Io mi chiedo: che cosa ha visto? Che lungimiranza ha avuto per vedere in questa musica, stimata certamente, ma per lo più conosciuta tra i chitarristi, paragoni così alti. Don Giussani di certo non era un critico musicale, ma forse proprio per questo era libero, osava, quando una musica gli suscitava qualcosa di grande non aveva paura a fare questi paragoni. Che cosa ha visto in questa musica? Domanda che mi faccio perché la sua è una grande valorizzazione del repertorio della chitarra. Mi sono anche chiesto che cosa ha visto in me quella prima volta, giovanissimo, e poi le altre volte, un po’ più vecchio, per arrivare a chiedermi di suonare in questo cd. Non è che non ci fossero chitarristi bravissimi e famosissimi in giro. Questa non è solo una valorizzazione ma per me diventa una indicazione, perché se lui ha visto qualcosa nel mio modo di suonare, io devo capire che cos’è. Questa scoperta di sé è quella di cui si parla al Meeting; dovevo capire che cos’è e dovevo rimanere fedele a questa indicazione per me. Propongo questi due preludi. Il tema di entrambi è molto semplice, ve lo faccio sentire. In qualche modo l’accordo e la scala diventano materiale di partenza di questi temi così profondi ma anche così semplici.

Musica

Col terzo ascolto che vorrei proporvi entriamo negli Studi, che invece sono stati scritti nel 1929, a Parigi, dopo il suo incontro con il grande chitarrista Segovia che gli chiese appunto di scrivere uno Studio per chitarra. Scrisse questi 12 Studi. È importante il fatto che li abbia scritti a Parigi perché Villa Lobos era andato a studiare a Parigi per perfezionarsi. Parigi era il centro anche per la composizione musicale. Alcuni anni prima, a Parigi era stata rappresentata Sagra della Primavera, i quadri della Russia pagana di Stravinskij con grande scandalo. Il clima favoriva quello che fa Villa Lobos negli Studi. Fa una sperimentazione molto ardita dal punto di vista tecnico – gli Studi sono pezzi che servono anche per migliorare tecnicamente – e affronta vari stili, varie situazioni musicali. Per esempio, il numero uno si rifà alla musica di Bach, con un arpeggio che torna sempre uguale su accordi diversi. Vi propongo anche il numero 8, che torna ad un’atmosfera del Choro, un’atmosfera romantica e nostalgica, dove la melodia principale è già presente all’inizio, rivestita di suoni un po’ più difficili da ascoltare. Il numero 7 è uno dei più avveniristici perché mette insieme tecniche diverse: ci sono le scale, la solita melodia centrale, ma ci sono anche degli accordi ribattuti, il trillo, possibile anche perché si usa un procedimento tecnico molto innovativo. Quindi sono stati pezzi molto importanti anche dal punto di vista dei tecnicismi della chitarra, tanto è vero che per tanti anni nessuno li ha suonati, tranne Segovia. Un tratto caratteristico che già vediamo nella sua musica, è che Villa Lobos prendeva un accordo sulla chitarra e lo portava su e giù. Era una cosa che probabilmente gli veniva spontanea. Suonava la chitarra ma era anche innovativo dal punto di vista musicale e scardinava le regole che erano state in auge fin dall’’800.

Musica

C’è tempo anche per l’ultimo ascolto che volevo proporre, gli Studi 11 e 12 e il Choro numero 1. Come abbiamo sentito già nel numero 7, tra i vari riferimenti della musica di Villa Lobos c’è anche quello al Brasile pre-colombiano, cioè la giungla. Questi rimandi si sentono molto anche nei prossimi due Studi, uniti a questo cuore pulsante, questa tensione di cui ho parlato prima. Villa Lobos, non so se l’ho già detto, diceva addirittura che il cuore è il metronomo della vita e gli uomini dovrebbero ascoltare di più questo metronomo che ciascuno porta dentro di sé. Riecheggia qualcosa che sicuramente tanti di noi hanno già sentito detto in un modo diverso. E diceva di non essere un erudito, perché il suo libro era il Brasile. Lo Studio 11 è il culmine della sua espressività, è quello per cui don Giussani ha detto quelle bellissime parole citate in precedenza, delle sei corde che si formano una bellezza unita. Lo Studio 12 è più selvaggio: anche questo è diviso in tre parti, e usa l’idea degli accordi che si spostano su e giù. L’accordo è sempre quello ma perde la sua funzione, viene usato in un altro modo, come una macchia di colore. Questo è ereditato da Villa Lobos dall’impressionismo musicale, che usa il suono come fosse colore. Faccio infine il Choro numero 1, del 1920: qui riecheggia un altro mondo ancora, un mondo popolare, un samba. Il tema principale è stato scritto da Ernesto Nazarè, un musicista popolare a cui Villa Lobos dedica questo pezzo. Adesso suono e non parlo più. Volevo dire le ultime due cose, una conclusione che non conclude. Nel mio lavoro di musicista, che non è solo suonare Villa Lobos, vorrei portarmi dentro il modo di guardare la musica che don Giussani ci testimonia, in modo particolare in questa collana discografica. Vorrei averlo anche quando faccio altre cose. Due giorni fa, per esempio, ho avuto l’occasione di scegliere, senza potermi consultare con don Giussani, le musiche di Rodrigo durante lo spettacolo di Santa Teresa. In quell’occasione, ho cercato di fare la l’operazione che adesso vi propongo come provocazione. Se il modo di ascoltare la musica che ci propone Spirto Gentil è vero, che cosa rimane nell’approccio al resto della musica che ascoltiamo, nel resto della nostra vita? Per chi fa il musicista di mestiere credo che l’esperienza di Spirto Gentil debba essere in qualche modo un punto di paragone anche quando fa altro. Il secondo spunto che volevo lasciarvi è che se questo modo di proporre la musica, di ascoltarla, ha un valore, può diventare domanda aperta affinché queste modalità accadano più spesso, magari in forme diverse. E se su questo, qualcuno di voi avesse qualche idea, qualche proposta, sarei molto contento di conoscerla. Finisco con gli Studi 1, 11 e 12 di Villa Lobos.

PIER PAOLO BELLINI:
Quando senti una musica così, che è autentica bellezza, capisci che Dio ti sta dicendo: “Guarda che esisto, ci sono, ci sono”. Ringraziamo Piero Bonaguri per averci fatto sentire questo struggimento. Vi ricordo che c’è un ultimo appuntamento in cui ascolteremo l’Arpeggione di Schubert, eseguito da Giulio Giurato e Andrea Noferini, mercoledì 26 agosto alle ore 19.00. Grazie.

Data

23 Agosto 2015

Ora

19:00

Edizione

2015

Luogo

Sala Neri CONAI
Categoria
Spettacoli