SOSTENERE LO SVILUPPO. NUOVE POLITICHE PER UN’ECONOMIA INNOVATIVA

In diretta su Agi, Ansa, Askanews, Corriere della Sera, Ilgiorno.it, ilrestodelcarlino.it, lanazione.it, La Stampa, quotidiano.net, Repubblica

In collaborazione con Fondazione per la Sussidiarietà.
Dialogo con Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo; Maria Bianca Farina, Presidente Ania; Francesco Mutti, Amministratore Delegato Mutti Spa, Presidente Centromarca. Interviene Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze. Modera Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

Ottimisti e pessimisti si confrontano sullo sviluppo economico dell’Italia. Due temi di fondo sottostanno al dibattito quotidiano. Il primo: come misurare questo sviluppo. È sufficiente guardare al PIL o si deve considerare un tipo di sviluppo che tenga conto del benessere complessivo della nazione legato anche a istruzione, sanità, welfare misurabile con nuovi strumenti quali il BES (Benessere Equo e Sostenibile)? Il secondo: è ancora tempo del laissez faire e della mano invisibile o è venuto il momento di un nuovo ruolo strategico dello Stato come supporto al mondo delle imprese?

Con il sostegno di isybank, TIM, Ferrovie dello Stato, Invitalia, Centromarca, Philip Morris Italia, Orogel, 34.BI-MU e Tracce.

SOSTENERE LO SVILUPPO. NUOVE POLITICHE PER UN’ECONOMIA INNOVATIVA

SOSTENERE LO SVILUPPO. NUOVE POLITICHE PER UN’ECONOMIA INNOVATIVA

Lunedì, 21 agosto 2023 ore: 11.00
Auditorium Isybank D3

Partecipano:

Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo; Maria Bianca Farina, Presidente Ania; Francesco Mutti, Amministratore Delegato Mutti Spa, Presidente Centromarca. Interviene Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze.

 

Modera:

Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

 

Vittadini. Buongiorno. Benvenuti a questo primo grande incontro su temi economici dal titolo “Sostenere lo sviluppo. Nuove politiche per un’economia innovativa”. Come hanno sottolineato in queste prime battute tutte le televisioni e i giornali con cui abbiamo fatto interviste, questi sono temi centrali nel Meeting perché un’amicizia inestinguibile ha a che fare con la vita della gente, con il bene della gente e fioccano le domande sui temi di attualità. Io personalmente, come altri come Bernhard Scholz e altri, continuiamo a dire “va bene, va bene l’attualità ma ci vuole anche il modello, dove andiamo a finire” perché se non si hanno pensieri di lungo periodo non si può neanche gestire il breve. E allora questa idea di qual è il cambiamento in atto, nello stile del Meeting è l’idea di tenere alta la visuale per poter guardare dall’alto meglio i problemi. E per questo abbiamo degli interlocutori diversi che possono completare proprio una visione di economia su due temi fondamentali. Uno: il tipo di sviluppo che vogliamo costruire. Voi sapete che – l’abbiamo anche presentato qua al Meeting con il presidente dell’Istat Blangiardo – dal PIL al BES, dal PIL all’idea di benessere complessivo. E secondo tema: che modello dopo il neoliberismo, che modello deve avere lo stato il pubblico e altro. Questi sono i due grandi temi che vorremmo sviluppare con domande specifiche per ognuno degli interlocutori che comincio a presentare il primo è Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo che salutiamo.

 

Barrese. Grazie, buongiorno.

 

Vittadini. Poi Francesco Mutti, Amministratore Delegato Mutti Spa, Presidente di Centromarca.

 

Mutti. Buongiorno a tutti.

 

Vittadini. Maria Bianca Farina, Presidente di Ania che è l’Organizzazione delle Assicurazioni, che ringraziamo, in collegamento

 

Farina. Buongiorno

Vittadini. E poi abbiamo Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze, che è in viaggio – come sapete – per i funerali di Stato dei due finanzieri morti tragicamente sul Mangart e nonostante questo parteciperà a questo nostro dibattito in video collegamento. Lo ringraziamo moltissimo perché in queste condizioni difficili è veramente un atto di amicizia verso il Meeting partecipare lo stesso, quindi lo ringraziamo anche lui, essendo anche un grande amico del Meeting in questi anni.

Allora l’incontro si svolgerà in due parti. Le prime parti saranno proprio le domande ai nostri 3 interlocutori e poi il ministro risponderà su questi temi, tirando le fila in modo originale. Allora comincio proprio in particolare dal dottor Barresi – il dottor Barrese è il uno degli esponenti più importanti di Banca Intesa. Allora la domanda che mi incuriosisce è: che cos’è una banca – che di solito è il posto del profitto – che si pone con un obiettivo di sviluppo sostenibile – che poi è una parola che tutti usano, capiscono -ma come mai una banca che fa profitto deve pensare ad un altro modello di sviluppo? Perché questa è la domanda che penso molti di noi hanno e quindi a te la parola perché ci spieghi questo.

 

Barrese. Grazie, grazie Giorgio, grazie chiaramente a chi è intervenuto. Allora, questa è una domanda che può sembrare complicata, no, se il profitto è l’unico obiettivo che una banca, un’azienda si dà. Dal mio punto di vista bisogna sempre partire da qual è il reale obiettivo, no, che in questo caso una banca, un’azienda si deve dare. E per quanto riguarda l’attività di impresa il vero obiettivo deve essere sempre la persona, la comunità, cioè chi è quindi il destinatario dei servizi diretti o indiretti che un’azienda deve erogare. È chiaro che un’impresa poi deve generare profitto, che è funzionale alla sua esistenza e sussistenza. Ma il vero tema è come fare l’attività d’impresa. Nel caso specifico una banca deve orientare la propria attività a sostenere i territori, sostenere le comunità, far sì che chi fa impresa possa farla meglio e chi vuole avviare un’impresa, che sia individuale – e quindi parliamo anche della prima cosa, lo studio per esempio – o addirittura un’attività di impresa, una nuova attività di impresa, una nuova azienda possa iniziare questa attività e avere i mezzi, con il giusto tempo, per poter naturalmente portare avanti questa attività e far sì che sia un successo. Una banca deve essere capace di mettere insieme tutti questi elementi: difficile perché si porta dietro degli elementi valutativi, perché nel fare la propria attività una banca e nel fare credito – che è una delle sue attività chiave – deve valutare il rischio di quel credito che va ad erogare, ma allo stesso tempo deve fare di tutto per far sì che l’accesso al credito consenta a chi non ha i mezzi di poter realizzare quel potenziale che poi è a beneficio anche del titolo che abbiamo oggi dell’intervento, che è lo sviluppo. Cioè non c’è sviluppo in un Paese se non si dà possibilità a chi ha un potenziale di poterlo realizzare. È un’attività complicata. Sicuramente in banca noi facciamo, per esempio, attraverso tutte le attività d’impatto- le chiamiamo così – l’attività diretta a sostegno del terzo settore, che a suo modo porta con sé questi elementi. Il terzo settore, che viene in modo sbagliato chiamato “no profit”, perché è “profit”, è “poco profit” o “marginalmente profit” ma proprio perché è così ha bisogno di una lettura del suo rischio, tale da consentire a chi fa credito di poterglielo fare e assicurare a quel punto un impatto sulla società importante che altrimenti non verrebbe garantito da nessun altro. E poi andando su, naturalmente, lungo la filiera del rischio e quindi sulle attività d’impresa classiche. Ma proviamo per un attimo a soffermarci sul mondo degli studenti giovani. Il Meeting di Rimini per sua natura è molto orientato, no, sul tema dei giovani. Non tutti hanno accesso allo studio, alle possibilità di poter avere uno studio con un certo inquadramento. Allora finanziare lo studio è una delle prime missioni che, per esempio, ci siamo dati all’interno della banca: è fondamentale garantire a chi vuole studiare e che ha difficoltà nel farlo perché non è soltanto pagarsi l’università o un corso specialistico, ma anche avere i mezzi per poter studiare in una città diversa dal luogo d’origine, e poter accedere a finanziamenti che sono rimborsabili in 30-40 anni con tassi assolutamente gestibili è il primo dovere che una banca deve avere. Perché – torniamo sul tema dello sviluppo – se non diamo alle nuove generazioni la possibilità di avere un’istruzione qualificata che è funzionale al loro futuro e al futuro delle società per le quali poi lavoreranno o per le attività che da loro poi porranno in essere, in realtà noi non stiamo garantendo un futuro a noi stessi. Allora fare la banca con un’accezione di questo tipo è il primo dovere, ma che poi è il dovere di qualunque azienda che naturalmente opera all’interno del Paese. E – guarda caso – aggiunge quegli elementi qualitativi su quegli indicatori che giustamente voi avete, di cui voi avete discusso no? I famosi indicatori BES, cioè, aggiungiamo delle componenti qualitativi significative ad un aspetto che altrimenti sarebbe puramente quantitativo. E torno sul punto: l’utile netto di per sé non significa niente se non si porta dietro un vissuto e un portato legato all’impatto qualitativo che si riesce a generare nella società – ripeto, diretto attraverso l’attività che si fa o indiretto. Ultimo esempio: facciamo tante cose anche indirettamente, magari non si sanno. Per esempio, nell’ultimo anno, attraverso anche il profitto generato, abbiamo supportato circa 30 milioni di persone attraverso pasti, vestiti, farmaci. Questo è un paese in cui le differenze si stanno accentuando e quindi riuscire a dare indietro anche componenti importanti di quel profitto è un aspetto molto importante e serve anche per tenere insieme la società, per elevare le persone che oggi stanno naturalmente in una situazione di difficoltà e farle rientrare all’interno di un circuito, in questo caso, virtuoso che naturalmente poi va a ridurre le differenze, che è un aspetto significativo – per altro parte integrante di una mostra che ho avuto la fortuna di vedere, appunto, girando all’interno dei padiglioni.

 

Vittadini. Allora io confermo quello che diceva adesso Barrese perché l’anno scorso, quando abbiamo presentato il rapporto sulla Sussidiarietà e Sviluppo Sostenibile, si è visto che partecipare al terzo settore crea sviluppo. Però qui abbiamo anche un grande imprenditore, di cui tutti probabilmente abbiamo goduto del prodotto perché è un prodotto molto comune nelle nostre cucine e così via. E allora dico: ma l’impresa a maggior ragione ha bisogno, è per lo sviluppo e si sente dire “sviluppo sostenibile”, è un mantra. Che cosa vuol dire per un imprenditore oggi tener conto di questo, quando il fine dell’impresa rimane comunque il profitto? Cosa significa cambiare questa ottica? Perché abbiamo sentito la banca, ma mi interessa moltissimo sentire anche un grande imprenditore, oltretutto presidente di Centromarca che è un’eccellenza nelle eccellenze del Paese.

 

Mutti. Buongiorno a tutti. Grazie innanzitutto per queste parole, direi che più che un grande imprenditore, probabilmente è una persona che si è occupata di pomodoro e adesso, continuando a fare pomodoro, cercando di farlo bene, si occupa anche di un’altra area che è, appunto, Centromarca. Credo che il connubio tra la generazione di profitto, che è un elemento imprescindibile, come si diceva, per la vita e per lo sviluppo delle imprese, ed è un grandissimo bene. E qui comincerei a fare un piccolo passaggio, perché, molto spesso, specie a livello nazionale, consideriamo il profitto qualcosa di negativo. La nostra cultura cristiana profonda ci porta spesso a ritenere come il profitto possa essere qualcosa di sbagliato, viceversa, dovremmo considerare il modo con cui quel profitto viene allocato, perché la generazione di profitto è il modo con cui la nostra società va avanti, va avanti vuol dire paga più tasse e quindi ha più risorse da destinare alla sanità, alla sicurezza, alle infrastrutture, ma vuole anche dire la capacità di migliorare la qualità del lavoro delle persone che operano all’interno. Riuscire ad essere più competitivi vuol dire generare ricchezza all’interno del paese. Quindi c’è un tema del profitto, però va coniugato. Attenzione, qui forse scopriamo un attimino l’acqua calda, perché un imprenditore – si parlava di grandi imprenditori – ecco Olivetti era un grande imprenditore. Io faccio pomodoro e lui faceva il grande imprenditore, aveva profondissima questa sensibilità, questa attenzione senza per questo andare a costruire poi una narrazione, se non forse dalla sua esecuzione, perché ancora una volta bisogna fare una grande attenzione fra il narrare del bene o il fare il bene, quindi cosa vuol dire per un’impresa? Innanzitutto, partire da dei cerchi stretti. Non si può, a mio avviso, fare, avere un ruolo sociale, se non si parte dall’interno della propria organizzazione. E questo vuol dire il modo con cui si trattano, si rispettano, si fanno crescere i propri collaboratori, le persone che collaborano, i fornitori. Io vengo da un mondo, che è un mondo che attinge in modo diretto dal mondo agricolo. Benissimo, la capacità di rispettare gli accordi con il mondo agricolo, di valorizzare il valore e il lavoro del mondo agricolo, di riuscire a dare un ruolo economico, ma anche sociale ad una cosa fondamentale come la gestione della terra, la coltivazione, il prendersi cura della sacra terra è un ruolo che non può essere precluso. E poi da lì puoi cominciare a costruire dei cerchi un po’ più ampi. Innanzitutto, devi partire da quello che è il nucleo centrale, un po’ quasi la tua famiglia, è inutile che tu vada a fare del bene fuori, se non poni in primis un’attenzione alla tua famiglia e non sai gestire quella. Poi c’è un ruolo, banalmente, che almeno personalmente sento molto, che è di rispetto dell’ambiente. Lo sento molto non perché oggi sia di moda, forse perché la cultura che mi è stata trasmessa dalla famiglia, ma anche il mio lavoro, il fatto di dover ogni giorno valutare qual è l’impatto del clima, la variazione del clima su quello che è la qualità dell’essenza della materia prima, che noi trasformiamo, è un elemento cardine. Ancora poi c’è la comunità più allargata. E qui comincia veramente un ruolo fondamentale, cioè qual è l’intersezione tra l’impresa e la propria comunità. A volte i disservizi che un’impresa che trasforma tanto può ingenerare rispetto invece al ritorno che da a questa comunità. E questo può essere declinato in tantissimi modi, ma va identificato in modo molto chiaro appunto questo. E qui potrei entrare in una serie di dati. Stiamo costruendo, in questo caso come Mutti più che come Centromarca, stiamo costruendo un luogo di ritrovo. Noi abitiamo in campagna, un luogo di ritrovo che è questa splendida struttura architettonica, che sarà compiuta a breve, che è in un qualche modo una interazione con la nostra comunità. Stiamo supportando dei centri per gli anziani, così come le scuole del territorio, per passare a sistemi di riscaldamento tramite geotermica. Queste sono ricadute importanti, stiamo prendendoci cura di un’organizzazione di volontari, che si chiama Croce Azzurra, per riuscire a dargli un momento di tutela in una grave difficoltà economica, un’organizzazione che esiste da tanto tempo. Quindi è questo costante equilibrio tra una generazione, da un lato, una generazione economica e poi come ripartisce quelle risorse. Un po’ come uno stato, che devi andare a decidere se vuole fare delle politiche più di sussidio o più di valorizzazione di quelli che generano, ed è una scelta una più sociale l’altra più prospettica. Così un’impresa deve essere capace costantemente di saper allocare al meglio le proprie risorse e al meglio, ripeto, non vuole dire solamente per poter continuare a generare, ma proprio per riuscire a creare qualcosa che sia molto più vasto rispetto ad un mero valore economico.

 

Vittadini. Alla dottoressa Farina voglio proporre la stessa domanda che riguarda l’assicurazione. L’avevo preparata dicendo cosa vuol dire che non è più l’assicurazione solamente sugli infortuni, ma può essere la sanità, l’assistenza, l’educazione. Voglio partire con un piccolo esempio personale. Io sono stata operato di una seria operazione che, se non avessi avuto, per caso, grazie a un funzionario di Banca Intesa, l’assicurazione, avrei dovuto fare il novembre. Grazie a questa l’ho fatta prima e per fortuna sono in piedi, se no non ci sarei. Allora mi interessa capire come un’assicurazione può essere qualcosa, che supera il ruolo tradizionale, per diventare un fattore del welfare, quindi del bene comune. Quindi, completando il quadro banca impresa, assicurazione. Prego

 

Farina. (in video) Buongiorno a tutti, mi faccia innanzitutto dire che sono davvero dispiaciuta di non essere qui con voi, ma un piccolo incidente mi ha procurato una frattura e adesso non posso muovermi. Quindi mi scuso con tutti voi, in primis con gli organizzazioni del meeting che ringrazio, con lei signor ministro e con tutti gli altri autorevoli relatori che sono qui e certamente con tutto il pubblico. Ecco in relazione alla sua osservazione, debbo dirle che, effettivamente, le banche e le assicurazioni hanno un ruolo centrale per lo sviluppo del paese. Perché l’assicurazione non riesce a ridistribuire ricchezza, ma di fatto però è molto efficace nella puntualizzazione dei rischi. Che cosa significa tutto ciò? Vi faccio qualche esempio. Prendete il caso della salute, appunto, e diciamo di tutto il tema del welfare, dove oggi avete bisogno di tante risorse aggiuntive, risorse che il pubblico può mettere in campo, in quanto ha un debito pubblico che tutti conosciamo, e che dovremmo considerare insostenibile che non ci permette di crescere, così come abbiamo ……….. (min 40:35 video YouTube) quindi, drenare risorse aggiuntive, quante ne servirebbero, drenare, dico, dalla fiscalità risorse aggiuntive che servirebbero per le crescenti esigenze in tema di welfare, credo che sia per la situazione in cui siamo quasi impossibile. Che cosa, quindi, dove, appunto, l’assicurazione può in questo campo, quello del welfare, ma in tanti altri per la protezione generale dei rischi in Italia, beh può affiancare il servizio pubblico, ma a condizione, a mio giudizio, che ci sia un’integrazione di finanziamenti fra pubblico e privato, una regia pubblica naturalmente, risorse pubbliche e private accertate e queste risorse sarebbero spese molto meglio, se, appunto, facessero perno sulla mutualizzazione assicurativa. Che cosa significa? Che di fronte a un problema, ad un rischio, la persona, se fosse sola, se dovesse pagare con le proprie risorse, perché lo stato non copre quella prestazione o la copre in tempi non giusti, dovrebbe pagare di tasca propria. Se mutualizza, invece, il rischio con altri, con tanti altri cittadini che hanno la stessa posizione, pagano molto meno, perché appunto, il rischio e il costo di quel rischio e il costo di quel rischio sono ridotti, ma è sicuro di ricevere la prestazione giusta, ma molto più alta sicuramente del premio che ha pagato ma che gli consente di aver ……. (min 42:47 video YouTube). Quindi, tutto questo per dire che, l’assicurazione ha nel suo dna, fa protezione dai rischi, ho parlato di una protezione sanitaria, che, appunto, può affiancare le prestazioni pubbliche, e oggi tutto questo funziona male perché le persone pagano di tasca loro, se avviene …… (min 43:16 video YouTube) integrato, ripeto la guida … beh, probabilmente non si sprecano risorse e si ha una situazione equa. Come dicevo, sulla sanità senz’altro, ma pensate alle catastrofi naturali, quelle che oggi sconvolgono, hanno sconvolto anche la regione che ospita il meeting di recente, bene anche lì oggi tutto viene fatto con l’intervento pubblico, ma l’intervento pubblico ex-post, senza un chiaro, direi, sempre in emergenza e debbo dire con tempi e risultati che conosciamo. Bene, se anche qui ci fosse una parte di pubblico e privato insieme al settore assicurativo, beh, le cose cambierebbero tanto. È certo che, le assicurazioni devono muoversi con procedure, come si muovono d’abitudine, con procedure trasparenti e con attenzione alle esigenze del territorio, con tempi certi di risarcimento, e soprattutto con un’attenzione importante alla prevenzione. Ecco potrei farvi tanti altri esempi di questo tipo, per dirvi che dobbiamo essere realisti, oggi gli italiani si assicurano poco, molto poco, siamo il fanalino di coda in Europa su questo tema, e questo rende il nostro paese più fragile, più fragile perché essere scoperti contro gli imprevisti che si presentano, significa non investire abbastanza significa non gestire in maniera migliore le proprie finanze. E ripeto, tutto questo rende il paese più fragile, mentre se arriviamo a gestire in maniera sempre seria, sana, trasparente, una, come dire, una vicinanza, una integrazione delle prestazioni pubbliche con quelle assicurative sicuramente il paese sarà più protetto. Le persone, le famiglie e le imprese potranno svilupparsi e tutto il paese e tutta l’economia del paese potrà fare ……….. (min 46:13 video YouTube). Grazie.

 

Vittadini. Grazie, allora passiamo alla seconda domanda ai nostri tre interlocutori, dopodiché sentiremo nella seconda parte dell’incontro, il ministro Giorgetti. La seconda domanda è integra a questa. Abbiamo parlato in fin in fin dei conti del bene comune da cercare insieme. Ma andiamo ad un secondo tema: quale può essere il rapporto tra i vostri tipi di realtà e il pubblico, lo stato. Io comincio ad avere un po’ di anni ed i primi Meeting erano nella prima Repubblica e mi ricordo di quando ero giovane, giovane che addirittura più del 50% del PIL era pubblico, statale. Poi siamo passati al neoliberismo, per cui lo stato era un po’ ancora un demonio. Ma cosa vuol dire oggi invece, per esempio, per una banca, cosa si aspetta una banca come collaborazione con il governi con l’ente pubblico in modo virtuoso. È solo il mercato oppure c’è interesse, ci può essere una strategia fatta insieme? Prima Barrese.

 

Barrese. Devo dire che c è già, nel senso che magari non è adeguatamente conosciuto, però il rapporto fra il pubblico, cioè lo stato, e il sistema delle banche, di cui noi siamo parte e lo utilizziamo, devo dire in modo efficiente ed efficace, è molto stretto. Cioè uno degli strumenti chiave, che viene utilizzato dal sistema bancario per migliorare, aumentare l’accesso al credito, che sia interno, che sia, per esempio all’export, che si porta dietro tutta quanta una serie di rischi legati all’imprenditore piuttosto che al paese, è il meccanismo delle garanzie. Il meccanismo delle garanzie, date attraverso il fondo centrale, piuttosto che attraverso SACE o, come vedo qui anche fra i padiglioni, ho visto un bel padiglione anche su Invitalia, che supporta direttamente o indirettamente il sistema bancario nelle attività di impresa, per esempio nelle nuove attività di impresa, o nella crescita. Se pensiamo al capitale di rischio è un rapporto molto stretto, che ha trovato il suo apice della collaborazione durante il covid. Queste cose magari non si sanno adeguatamente, ma durante il covid, nell’esigenza di fare arrivare tanta liquidità, in pochissimo tempo, a tutto il sistema, che fossero i professionisti, che fossero le aziende, pubblico e privato, quindi lo stato insieme alle banche, hanno utilizzato il meccanismo delle garanzie che consentiva alle banche di erogare credito mediamente in 4 – 5 giorni, quindi supportare con la liquidità le aziende che, ricordo, nel 2020 in primavera, erano chiuse e dovevano pagare, oltre il supporto, che già stava erogando lo stato attraverso la cassa integrazione, stipendi e fornitori. E l’attività comunque continuava. Questo è un rapporto che è consolidato. Su queste fondamenta si può costruire qualunque cosa. Un’altra iniziativa molto importante, visto che parliamo di sviluppo, di innovazione, e, come abbiamo detto, per i giovani è fondamentale il lavoro, ma è fondamentale la costruzione del loro futuro, per esempio l’abitazione. Un’altra delle cose importanti che vengono fatte, per esempio, è il supporto che viene dato ai giovani nel comprare casa attraverso un mutuo, e questo viene fatto anche attraverso una garanzia che lo stato eroga a supporto, che addirittura copre fino al 100%. Sono cose importanti queste, perché più la collaborazione è stretta e più si riesce a ridurre quel gap, che dicevamo all’inizio, un gap di conoscenza, un gap di rischio, e che consente a un paese come il nostro, che ha un grandissimo potenziale ma che nasce da un elemento chiave a cui il potenziale è agganciato, che non sono le risorse naturali, ma sono le risorse umane, il cervello. Il nostro paese, che peraltro alimenta, ne parlavo proprio prima con Giorgio, il 50% dei nostri laureati vanno via all’estero. Noi siamo il principale paese al mondo nel distribuire materia prima significativa per la crescita. Noi dobbiamo fare in modo tale che questa materia prima cresca, cresca qui, rimanga qui, qui possa stabilirsi, possa invertire quel trend demografico, che purtroppo vediamo, e possa diventare questo paese sempre più attrattivo anche nei confronti dei tanti, e c’è ne sono tanti, laureati all’estero, che ormai non trovano la possibilità di poter sviluppare la propria persona nei paesi dove sono. Quindi noi dobbiamo diventare attrattivi, lo siamo, perché abbiamo le migliori aziende del mondo e abbiamo un gap occupazionale, che periodicamente viene anche raccontato, per esempio, dalla Confindustria, queste 300.000 posizioni da coprire. Sono 300.000 posizioni che non sono soltanto posizioni estremamente operative ma anche posizioni con dei contenuti dal punto di vista della preparazione, dal punto di vista della qualita’, molto elevate.

Quindi in realtà si può fare tantissimo. Si può fare tantissimo. Bisogna sempre ricordarsi che siamo tutti parte di un’unica comunità dove l’elemento chiave, come ho detto all’inizio, è sicuramente far sì che l’economia cresca, ma non c’è economia che possa crescere se al centro non ci sono le persone, il loro benessere, la loro salute – come abbiamo sentito prima – le loro prospettive, la loro sicurezza e quindi torniamo sul tema del lavoro, importantissimo, che ho visto appunto nella mostra precedente, e quindi le tutele del lavoro. Non è possibile programmazione futura senza la certezza che passa attraverso le tutele, quindi un’adeguata retribuzione, ma le tutele. Quindi questo è un Paese che ha un potenziale enorme, il più importante di tutti – fa più di tutti e magari non lo sappiamo adeguatamente. Una delle cose che mi ha colpito, Giorgio, peraltro qui il tema dell’ambiente è uno dei temi chiave, no? Cioè noi praticamente abbiamo ridotto le nostre emissioni negli ultimi 10 anni del 30%, siamo fra i minori contributori in Europa e al mondo per quanto riguarda le emissioni e quindi, cioè questo è un Paese che ha un potenziale enorme. Dobbiamo cambiare, ecco – e anche qui torno sul tema del pubblico / privato, non c’è contrapposizione, c’è sinergia – questo Paese deve superare le contrapposizioni. E questo è un Paese che, quando fa unione, non ce n’è per nessuno. Scusate – lo dico ridendo- dallo sport e quindi dallo sport alle cose chiaramente che fanno parte della quotidianità di ognuno di noi. dobbiamo ricordarci di questo: non ce n’è per nessuno Quindi abbandonate lo storytelling negativo da cui siamo sommersi. Questo è un Paese che va bene, va molto meglio degli altri. Non dobbiamo bearci di questo. Dobbiamo lavorare per far sì che continui, dobbiamo far sì che i nostri ragazzi e le nostre ragazze rimangano, dobbiamo far sì che tutti possano avere un’educazione qualificata e quindi torno sull’impegno della banca e quanto già oggi viene fatto dal pubblico. Dobbiamo far sì che chi si approfitta del pubblico – quello che ha detto prima fra le righe, no, la Bianca – cioè il tema della sanità è un tema che deve andare a beneficio degli ultimi, di quelli che non si possono permettere di pagarsi un’assicurazione come ha fatto Giorgio e raccontarlo in modo naturalmente positivo. Ecco, questo significa essere parte tutti di una grande comunità, la migliore al mondo perché non c’è dubbio che il mondo – ricordiamocelo, per come lo conosciamo – è partito qui in Italia.

 

Vittadini. Una domanda analoga a Mutti: ma cosa ci aspetta come impresa per continuare a crescere oggi dal pubblico?

 

Mutti. Innanzitutto, credo che dovremmo vedere la nostra economia in un modo un po’ più olistico, come un insieme. dovremmo capire bene quali sono le vere potenzialità del nostro sistema paese. Noi rischiamo di agire molto spesso per punti, mentre invece dovremmo agire un po’, di più fare un’analisi un po’ più profonda e agire un po’ di più su un insieme che il nostro paese. e dobbiamo avere. Innanzitutto una consapevolezza di che cos’è il nostro paese perché noi pensiamo che l’Italia sia ancora un po’ Caput Mundi -Premesso che condivido moltissimo quanto espresso la dottor Varese e pochi secondi orsono. l’Italia però un paese piccolo Noi rappresentiamo meno dell’1% della popolazione mondiale lo 0,6% delle terre emerse siamo veramente piccolini, eppure abbiamo un ruolo economico ancora importante. ma in un’economia che evolve ed evolve rapidamente noi dobbiamo essere in grado di capire che ruolo vogliamo giocare. e come una persona è in grado di determinare tramite la sua volontà, la sua consapevolezza, il suo sapere e la sua volontà cosa vuole diventare, un po’ anche il sistema Italia dovrebbe fare lo stesso. capendo che ci sono dei ruoli che sono abbastanza preclusi, giustamente – si parlava prima non siamo un paese che ha risorse naturali Siamo un paese che non può andare a competere sul tema del prezzo in senso assoluto sono paesi pensiamo all’est del mondo, al sud est che avrà una competitività e per le prossime decine di anni estremamente superiore. Allora cosa deve fare l’Italia? l’Italia deve lavorare su quello che sa fare, sulla qualità, sulla capacità di creare dei prodotti eccellenti, dei prodotti esclusivi. Questa è la nostra missione come italiani. è quello che ci evoca quando parliamo di Made in Italy: non è evoca un prodotto di bassissima qualità, evoca un prodotto di eccellenza. Ma per fare l’eccellenza noi dobbiamo fare alcuni passaggi. L’eccellenza non passa solamente da dal prodotto: passa dal modo con cui noi gestiamo chi lavora con noi, passa dal modo in cui lo stato interagisce con le imprese passa nel modo con cui lo stato fa rispettare le regole perché Ricordiamoci che se noi abbiamo un grande Brand come il made in Italy ma poi abbiamo qualcuno, il furbetto del quartierino che non rispetta le regole e in questo modo ci fa una concorrenza interna, questo distrugge il valore del made in Italy e ci portano una competizione di prezzo. ancora il fatto che noi non siamo in grado di tutelare il nostro territorio, il nostro territorio ha un valore infinito: uno perché è nostro e già di per questo ci dovrebbe portare ad un livello di attenzione enorme, due perché sono risorse che non sono o rigenerabili o facilmente rigenerabili. quando noi distruggiamo quello che abbiamo attorno invece di saperlo valorizzare, quando noi rendiamo il nostro paese sporco quando noi non siamo in grado di prendercene cura noi distruggiamo miliardi di valore. il turismo passa dalla nostra capacità di saperlo accogliere in un luogo che è idilliaco e che noi semplicemente dobbiamo cercare di non distruggere. Che cosa ci si aspetta come imprese dallo Stato? Ma innanzitutto che crei delle condizioni idonee affinché questo vada avanti. Cosa vuol dire? Innanzitutto ripeto il rispetto delle regole del gioco. Noi dobbiamo uscire da una logica di sfruttamento per passare ad una logica di valorizzazione. Noi, l’Italia non cambierà in modo sostanziale se saremo disposti anche a riconoscere un salario minimo, che mi sembra un livello di dignità minimo. Ma noi genereremo molto di più se saremo in grado di trattenere quelle centinaia di migliaia di giovani laureati che hanno un livello di professionalità elevato e che il sistema Italia oggi non è capace di trattenere o di richiamare. Questo è il vero salto in avanti dal punto di vista economico. E guardate che c’è una cosa bellissima: questo salto in avanti non è contraddistinto da lacrime, sudore, sangue di churchilliana memoria ma invece un progetto molto più bello, molto più divertente, molto più entusiasmante. Il prendersi cura del nostro Paese, dei nostri luoghi non è un lavoro umiliante, è un valore che ci autogenera valore. Ma ci autogenera perché vivremo anche noi meglio nel nostro Paese. La capacità di sapere trattenere questi 300 mila giovani che se ne vanno non è dandogli una zappa e dicendo “Dovrai lavorare il 15 di agosto con il sudore della fronte”, ma è dargli degli stimoli e delle opportunità che consentano loro di dire “No, rimango all’interno del sistema Paese”. Quindi è un disegno molto, molto bello e noi lo dobbiamo saper fare uscendo da alcune gabbie mentali. Le gabbie mentali a volte sono molto pericolose: no, sto in questo momento parlando – me ne rendo conto – più dell’economia reale di quanto non dovrebbe fare lo Stato e arrivo e, concludo sul tema statale, ma la capacità di mettere a sistema tutto questo è proprio del sistema Paese. Uno: eliminando quelle contrapposizioni che molto spesso ci sono. Esiste una progettualità per il sistema Paese che non può essere legata ad un governo, piuttosto che ad un altro. Occorre la capacità di sapere tracciare alcune rotte principali, poi andremo a stabilire come ripartiremo la, la ricchezza che verrà generata, ma il generare ricchezza è il primo elemento che dovremmo mettere al centro. Dover ripartire sullo sviluppo perché lo sviluppo è quello che genera occupazione, miglioramento dell’occupazione, attenzione alla sanità di chi lavora all’interno del paese. Quindi tutto questo va messo rigorosamente a sistema creando – e concludo – quelle condizioni affinché le imprese possano all’interno del panorama legislativo – fondamentale – ottenere la massima capacità di crescita perché da lì noi otterremo un paese più ricco, dove dietro la parola “ricchezza” non c’è solamente poi quello di chi va a comprare lo yacht, ma c’è la capacità di generare risorse per tutti e poi ridistribuirle.

 

Vittadini. Dottoressa Farina, nel suo primo intervento lei ha già accennato alle necessità di integrare il sistema assicurativo con quello pubblico. Se può approfondire quegli accenni si può completare il quadro.

 

Farina. Sì, molto, molto volentieri. Vorrei riprendere il tema che adesso appunto si stava dibattendo sulla crescita e poi veniamo appunto all’assicurazione. Volevo dire che non si può sottovalutare, come diceva Mutti adesso, che la crescita è uno strumento di lotta alla povertà formidabile. Però il punto è che ancora oggi noi abbiamo 5 milioni di individui in Italia in estrema povertà quando nel 2006 ce n’erano soltanto 2 milioni. Ora è vero che questo ha conciso con la caduta più forte del PIL che c’è stata in quel periodo il nostro Paese, però ecco che ora che una ripresa c’è, i poveri sono ancora in così alto numero. E la crescita serve per, appunto, per diminuire questo impatto così importante. E detto questo, però, direi di una fede semplicistica nella sola crescita sarebbe un errore, un errore però che molti governi, molti intellettuali hanno commesso negli anni d’oro della globalizzazione. Quindi non basta adorare il feticcio del PIL, come dire, non basta certo a creare benessere, non basta ad assicurare equità, sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale, non basta a creare opportunità di istruzione per tutti, accesso alle cure. Ecco, quindi la crescita è sicuramente necessaria al benessere, ma non è sufficiente perché i valori di coesione sociale sono una parte fondamentale del paese … 00:59:40. Però, ecco, io vorrei dire che tutti noi abbiamo la responsabilità di creare le condizioni per una visione giusta di una crescita sana e dobbiamo anche recuperare una relazione che connetta l’economia con le istanze che riguardano l’uomo, il suo ambiente sociale e culturale. Secondo me questa connessione l’abbiamo un po’ persa, anche se mi rendo conto che determinare la volontà di conciliare il libero mercato con i valori dell’uomo è molto complesso. Ecco dovremmo Però tutti lavorare in questa direzione, è la direzione che sicuramente è impegnativa complessa difficile però è un percorso che io ritengo che oggi dobbiamo assolutamente fare. quindi spingere sulla crescita perché è essenziale, ma questa, in questa mettere sempre al centro no si diceva – perché lì, è lì che dobbiamo fare una svolta più decisa più importante di questa (….. 01:01:10) e per quanto appunto tornando al nostro mondo , quello del settore assicurativo sono come vi dicevo certa che possiamo dare un contributo fattivo. La domanda di welfare come dicevo sarà sempre crescente. Oggi sono 4 milioni gli ottantenni in Italia, ma tra un quarto di secolo ne avremo 7 milioni. Questo richiederà più cure, più assistenza e non c’è dubbio che il modo migliore – dobbiamo essere, applicare un sacco di realismo, secondo me – dobbiamo convincerci che le risorse pubbliche più di tanto non ne potremmo avere e quindi, sempre guidando integrazione tra pubblico e privato, dovremmo andare verso questo connubio con le assicurazioni che, motorizzando il rischio, abbassano notevolmente il costo per il cittadino. E su questo io credo molto. Tenete conto che lo stesso discorso – perché le assicurazioni, diciamo, hanno due grandi compiti: quello, appunto, di proteggere dai rischi e, come dicevo prima, quindi ……… min 01:02:42 possono destinare investimenti migliori, eventuali risparmi. Ma c’è un altro compito che è quello degli investimenti. Ecco, anche qui molto si può fare. Anche qui, tenete conto, che gli assicuratori pagano centinaia di miliardi di tasse, quindi sono tra gli investitori istituzionali più importanti, forse i più grandi investitori istituzionali in Italia e già oggi 80 milioni di assicurati finanziano la nostra economia. Si può fare di più, si potrebbe fare se di nuovo si potessero affiancare, organizzare insieme sotto un’altra … 01:03:45 anche gli investimenti a supporto delle necessità del paese. Il PNRR da questo punto di vista consentirà una svolta, ma quelle risorse non saranno sufficienti per fare tutti gli investitori di cui il nostro paese ha bisogno. Ecco, noi lì possiamo esserci con risorse e soprattutto atteggiamento collaborativo, noi vogliamo essere a fianco del pubblico, ripeto sotto un’unica regia perché avere un’unica visione sicuramente migliora i risultati. E da questo punto di vista vorrei chiudere con un’altra, con un altro concetto che si lega a tutte le cose che ho detto, che è quello della conoscenza, cioè noi dobbiamo lavorare molto perché le cose migliorino, perché appunto l’uomo sia sempre più consapevole di sé, dei valori che porta e di come va orientata l’economia, che è quella della conoscenza. E da questo punto di vista ho apprezzato molto le iniziative del Ministero dell’Economia …. 01:05:25. Tra questi anche l’educazione finanziaria ha un valore, ha un valore importante e devo dire che tutti dobbiamo impegnarci che questo avvenga nel tempo più breve possibile. Fatemi chiudere su questo concetto della conoscenza, questa mia risposta, con un passo del Vangelo di Giovanni che mi piace molto e che dice “Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi”. Ecco, ripeto, la piena libertà economica e, non solo, la piena emancipazione dipendono dalla conoscenza. Ecco questo è un tema che vorrei che non si dimenticasse, per un altro presupposto che non si trascurasse, perché è un presupposto formidabile per far crescere… mettendo al centro l’uomo nella nostra economia globale. Grazie.

 

Vittadini. Allora, grazie. Approfondiremo i temi del lavoro ancora durante il Meeting nel talk “Generazione lavoro”: comincerà oggi pomeriggio con il Ministro del Lavoro con l’incontro con la presidentessa della Corte Costituzionale Sciarra. Ma, ma dobbiamo completare questo tema dello sviluppo mettendo in causa il Ministro Giorgetti che ancora ringrazio per la presenza in queste condizioni e dicendo una cosa personale: che io ho avuto occasione di presentarlo in tante occasioni diverse e lui ha avuto sempre il merito di smentire quello che dicevo io, dicendo cose originali e quindi penso oggi che sarà la stessa cosa in termini generali. Non è solo Ministro, ma un pensatore per cui la prima domanda che gli faccio è proprio questa con cui abbiamo cominciato. Cosa vuol dire dirigere un Ministero dell’Economia avendo come prospettiva non solo il PIL ma il BES, il benessere di un Paese, quando tutti lo tempestano evidentemente sul PIL, sulla crescita? Cosa vuol dire questa nuova visione di sviluppo? A lui la parola ringraziandolo molto per la presenza.

 

Giorgetti. Grazie, grazie a voi, grazie anche della comprensione. Io sono a Tarvisio per dare l’ultimo saluto ai 2 finanzieri, Lorenzo Paroni e Giulio Alberto Pacchione, com’è giusto che sia da Ministro dell’Economia e delle Finanze. Gli argomenti sono estremamente stimolanti, io ringrazio sempre il Meeting per offrire le occasioni di riflessione. Diciamo che la prima cosa da fare per discutere di queste, di questi temi così alti è, caro Giorgio, è non leggere i giornali o seguire il dibattito quotidiano perché da qualche giorno le proposte più o meno corrette o più o meno strampalate dal punto, dai diversi punti di vista fioccano senza che neppure i diretti interessati le conoscano. Ma, al netto di questo, io penso che la prima riflessione sia effettivamente quella che riguarda il PIL perché tutti gli strumenti indicatori a livello internazionale, a livello europeo fanno sempre riferimento a questo benedetto PIL che noi – sappiamo benissimo – è nato come una misurazione di contabilità nazionale; quindi, si può far lievitare anche facendo delle spese totalmente assurde e spese pubbliche che non promuovono assolutamente lo sviluppo. E quindi, però, è quello che abbiamo e quello che dobbiamo utilizzare e naturalmente è uno strumento come indicatore, questo, che non ti permette di cogliere fenomeni di assoluta importanza oggi. Da un lato, ad esempio, l’economia informale, tutta quella che si sostiene nelle famiglie, piuttosto che il degrado dell’ambiente che oggi è diventato chiaramente un tema centrale. Quindi la riflessione che, che voglio fare è questa: che se noi riflettiamo sulla crescita economica o lo sviluppo è estremamente opportuna, anche se devo dire scontata, inflazionata, quasi banale, l’aggiunta del termine “sostenibile”. Perché dico questo? Perché lo sviluppo sostenibile oggi è normalmente declinato sotto l’aspetto – diciamo così – più ambientale, cioè la sostenibilità ambientale che – per carità – è fondamentale, ma se uno affronta la questione a tutto tondo non può negare il fatto che il sistema si tiene se le generazioni hanno una continuità e se c’è una solidarietà intergenerazionale. Il tema della denatalità, che io ho posto qualche mese fa e che intendo riproporre, è un tema fondamentale. Non c’è nessuna riforma previdenziale, non c’è nessuna misura previdenziale che – oserei dire, salutando l’amica Bianca Farina – anche di tipo assicurativo che tiene nel medio lungo periodo con i numeri della natalità che noi vediamo oggi in questo Paese. Quindi lo sviluppo sostenibile è un concetto a tutto tondo che fa riferimento anche ad aspetti di cui si parla purtroppo, purtroppo poco, che evidentemente non sono di moda, ma che sono fondamentali. E la riflessione mia sullo sviluppo e sulla crescita è che essa inevitabilmente passa attraverso la dimensione dell’impresa. Ma io aggiungo non semplicemente dell’impresa, dell’im-pren-di-to-re cioè un essere in carne ed ossa che dà origine a un’impresa, perché il concetto di “imprenditore” è una qualificazione – oserei dire – superiore, di ordine superiore rispetto a quella di “impresa” e ovviamente deve raggiungere il profitto, il giusto profitto. E questa dimensione dell’imprenditore, dell’impresa, secondo me, è centrale nella misura in cui dobbiamo abituarci a ragionare un po’ in modo diverso rispetto a quello che abbiamo fatto dagli anni ‘70 ad oggi e cioè, sostanzialmente, che siamo in grado di innescare crescita e quindi sviluppo alimentando soprattutto la domanda, soprattutto la domanda pubblica, ma non solo. Io penso che invece ci si debba concentrare moltissimo sul lato dell’offerta nella dimensione, appunto, delle imprese e anche del lavoro. Ne parlerete in altri ambiti, però, il tema dell’offerta del lavoro e della qualità, della giusta ed equa remunerazione del medesimo è un tema fondamentale che è anche quello che permette l’eccellenza, il successo dell’impresa stessa. E quindi la dimensione dell’imprenditore, dei lavoratori associati all’imprenditore io credo che sia l’elemento chiave per in qualche modo giudicare la prospettiva di sviluppo e di crescita di questo paese. Ma per fare questo dobbiamo creare un ambiente favorevole allo sviluppo dell’impresa e alla nascita anche di nuove, nuovi imprenditori. Sotto questo aspetto io richiamando e anche magari stimolando Barrese che ovviamente ha spiegato molto bene il ruolo della banca oggi, il ruolo della banca anche con le garanzie dello Stato oggi, la riflessione che io volevo fare era quella legata alla dimensione del profitto, del giusto profilo nella logica del breve o del lungo periodo. La domanda che io mi pongo è: “Riusciamo in qualche modo, riesce il sistema creditizio con tutti i nuovi strumenti, con tutte le nuove regole, con tutto quello che è stato costruito a valutare correttamente il merito di credito del nuovo imprenditore o dell’imprenditore che, in qualche modo, rinuncia al profitto immediato – diversamente, magari, da qualche fondo speculativo proprietario – e che quindi crede nel futuro, investe nel futuro, rinuncia all’immediato, rinuncia all’uovo oggi per la gallina domani?”

Questo è un tema, un tema che – potrei fare una piccola digressione anche con Bianca rispetto al fatto che forse “fondi speculativi” per definizione non dovrebbero essere azionisti di assicurazioni, per fare riferimento a parti anche di attualità – Ecco ma questo logica della fiducia nell’imprenditore, nell’impresa che guarda a lungo periodo e che in qualche modo noi dobbiamo cercare di aiutare è l’elemento cruciale oggi. E l’elemento cruciale oggi onestamente in una fase di grandi cambiamenti , una fase in cui sostanzialmente tutto sta cambiando, ecco, probabilmente confidare unicamente nella mano invisibile del mercato non è la soluzione corretta. Quindi, secondo stimolo che dai tu, Giorgio, rispetto al ruolo dello Stato, ruolo pubblico sull’economia è un altro grande tema da approfondire. Se vuoi passi subito questo.

 

Vittadini. Sì, sì, passi, passa subito a questo perché la domanda è che si vede che nella tua azione, la vostra azione c’è qualcosa di nuovo dopo tanti anni. C’è un interventismo positivo per lo sviluppo che francamente nei primi anni del 2000 non c’era e che è molto diverso da quello dell’IRI di tanti anni fa. E quindi volevo capire qual era la filosofia di questa collaborazione dello Stato e della, del tuo e del vostro governo, dell’idea nuova di economia a cui stiamo andando.

 

Giorgetti. Allora, premesso e ribadendo che secondo me l’impresa è il motore di avviamento di tutto lo sviluppo ma ribadendo anche che la mano invisibile del mercato non può funzionare in una fase come questa, io penso che oggi si potrebbe tranquillamente applicare esattamente il quadro della distruzione creatrice di cui teorizzava Schumpeter, cioè: qui stiamo assistendo a un cambiamento totale di paradigma, e quindi in queste fasi di grande cambiamento il ruolo del pubblico, adesso qui cambiamo concetto non vorrei usare il termine Stato, ma il ruolo del pubblico diventa fondamentale nell’accompagnare le transizioni, e quindi promuovere l’innovazione e la nuova imprenditoria. In queste dimensioni abbiamo appunto degli stati sovrani o, meglio, delle realtà pubbliche che sono più funzionali affinché questo sviluppo e questa innovazione si crei, rispetto ad altre. Allora lo stimolo è: se dipendesse tutto dal nostro governo io mi assumo e mi assumerei, per quanto di competenza, totalmente le responsabilità, ma evidentemente il ruolo pubblico non è soltanto dello Stato. Viviamo in una realtà in cui, soltanto per fare qualche piccolo esempio, oltre al governo italiano c’è la Commissione europea e c’è magari la Banca Centrale Europea. Per carità, soggetto pubblico, cioè, sono delle realtà che incidono inevitabilmente sulla dinamica economica quotidiana e di prospettiva. Basti pensare che la Commissione Europea rispetto a qualche anno fa, negli anni in cui citavi tu, ha completamente cambiato paradigma rispetto, ad esempio, alla clausola generale che non si è applicata in questi anni per quanto riguarda il patto di stabilità e che forse, spero di no, partirà dal primo gennaio del 2024. Col vecchio Generation EU ha deciso di fare un grande programma di investimento pubblico di accompagnamento a quelli che sono gli investimenti nelle aree, in particolare della transizione digitale e della transizione ambientale, ma non solo. Anche questo un fatto totalmente nuovo: ha deliberato in magari incolpevole ritardo rispetto alla provocazione degli Stati Uniti d’America – e parliamo degli Stati Uniti d’America cioè la patria della mano invisibile del mercato, che ha approvato l’Inflation Reduction Act, sistema massiccio di sussidi pubblici per l’industria e in qualche modo affronta la transizione tecnologica e ambientale – e l’Europa poi è arrivata con Net-Zero Industry Act e le norme sugli aiuti di Stato.

Questo per dire che il ruolo del pubblico in questo momento di grande trasformazione, e per mantenere una competitività a livello globale anche in epoca di deglobalizzazione, oltre che per altri ordini di motivi, diventa cruciale. Diventa cruciale quindi che il pubblico affianchi il sistema privato nella costruzione di un quadro certo, di regole da un lato e di infrastrutture dall’altro, e che abbia anche a cuore dei concetti molto più politici che economici come quelli dell’autonomia strategica, perché poi alla fine quando si dimentica anche il valore della politica, della politica alta, si fa fatica in qualche modo a capire i processi e improvvisamente ci ritroviamo a corto di beni di prima necessità, per qualsiasi tipo di produzione anche di sopravvivenza, e capiamo quanto sia importante e decisivo garantirci anche in qualche modo la sovranità tecnologica, e non solo per quanto riguarda determinate produzioni. Quindi il ruolo del pubblico, diciamo sofisticato anche da tutte queste interazioni sovranazionali, diventa fondamentale, ma diventa fondamentale non semplicemente il fatto che si facciano questi interventi, non semplicemente che si mettano tante risorse per fare questi interventi, ma diventa decisivo come, che tipo di qualità hanno questi interventi. E’ per questo motivo che oggi più che mai siamo chiamati, la responsabilità del governo in questo senso e ovviamente massima e l’impegno pure ad esempio per quanto riguarda questo benedetto piano di ripresa e resilienza, abbiamo queste risorse che ribadisco solo parzialmente sono gratis altre pagano il loro interesse e quindi non possono essere sprecate anche per questo motivo, che devono essere usate nel modo migliore possibile. Quindi non c’è semplicemente, e qui mi permetto di dirlo assumendomi la responsabilità, il puntuale rispetto o fare in fretta. Fare bene oltre che fare in fretta! Se fare in fretta significa fare male è meglio fare bene ma in qualche modo valutare attentamente le situazioni, perché è un’occasione unica per promuovere la crescita e lo sviluppo e anche la eventualmente riconversione di tante imprese in questo paese. E ribadisco che nulla è gratis, nulla è gratis quando si fa debito quando si fa deficit dobbiamo sempre pensare anche un discorso di sostenibilità, perché se oggi – sì certo per colpa anche della Banca Centrale Europea ma anche dell’immensa mole del debito pubblico che abbiamo ereditato soltanto per l’anno prossimo dovremo spendere magari 15 miliardi in più per interessi sulle rendite invece di mettere a disposizione per la crescita e per l’economia reale e per le famiglie – questo in qualche modo è una responsabilità che il Ministro dell’Economia e delle Finanze e un governo e un politico, qualsiasi politico di maggioranza di opposizione, non dovrebbe mai dimenticare. Quando in qualche modo si usano risorse pubbliche, si chiedono di risorse pubbliche ai propri cittadini, lo sforzo per utilizzare nel modo migliore possibile deve essere sempre massimo. Noi come governo ci approcciamo alla legge di bilancio che sarà una legge di bilancio chiaramente complicata tutte – le leggi di bilancio sono complicate, anche quelle dell’anno scorso erano complicate – siamo chiamati poiché facciamo politica a decidere delle priorità, non si potrà fare tutto, si metteranno in ordine di priorità gli interventi. Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi come abbiamo fatto su quella di contribuzione, perché l’inflazione riduce enormemente il potere d’acquisto e colpisce in particolare una ingiusta tassa esattamente su questi redditi, ma dovremmo anche in qualche modo utilizzare le risorse che sono a disposizione per promuovere la crescita, per promuovere e premiare chi lavora, chi in qualche modo accetta di ingaggiarsi. Siano essi imprenditori siano essi e lavoratori. Questo è l’indirizzo, ed quello che auspichiamo è che a livello europeo – come dicevo prima non siamo semplicemente noi gli attori di questo gioco – si capisca la dinamica e soprattutto il senso del tempo. Prima ricordavo che si esce dalla clausola generale dagli … (YouTube 1:24:54) closed che era stato deciso in epoca di pandemia Io osservo che purtroppo siamo ancora in una fase di guerra in Europa che influenza profondamente anche i dati fondamentali dell’economia, basti pensare che l’inflazione in Europa è generata dall’esplosione dei prezzi dell’energia che in qualche modo mi sembra correlata alla vicenda della guerra e dall’invasione russa in Ucraina, e quindi io spero che in Europa quando si decideranno e decideremo – e iniziano a stagione a settembre proprio su questo – le nuove regole di governance europea si tenga conto delle necessità, ed è questa la posizione negoziale italiana su cui noi siamo attestati. Noi non facciamo un problema di riduzione del debito o mancate riduzione del debito noi, vogliamo semplicemente che gli investimenti siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti con un discorso coerente con tutto quello che credo che io ho detto in questo intervento. Noi non possiamo, in un momento in cui purtroppo siamo ancora in una situazione eccezionale, tornare a delle regole che ignorano la necessità di accompagnare e aiutare famiglie e imprese verso queste grandi trasformazioni che stiamo vivendo. Per questo motivo i prossimi mesi Io li vedo con un governo responsabile – l’abbiamo sempre ribadito, questo è il termine fondamentale – responsabile anche in termini finanziari, per carità, ma che in qualche modo chiede all’Europa di capire il senso della storia e il senso del momento che stiamo vivendo, altrimenti diventa tutto molto più complicato e magari anche autolesionista.

 

Vittadini. Grazie ministro. Io concludo brevemente ringraziando tutti i nostri interlocutori, non solo qui come Meeting ma anche per il lavoro che faccio da anni come Fondazione per la Sussidiarietà. È l’idea da tanti anni, anche qui in giro, di domandarsi di una nuova economia senza essere come al solito massimalisti. Non torneremo mai allo statalismo ma forse, come è stato detto, oggi da tutti, non è più la mano invisibile, l’egoismo dei singoli che attraverso la mano invisibile porta al benessere collettivo. Forse non c’è più l’invisibile e non c’è neanche la mano. Forse bisogna mettersi insieme, questo è lo stile del meeting di questo incontro, perché l’amicizia inesauribile non sia solo nel privato ma sia nel pubblico. Ci si salva insieme, pubblico, privato, assicurazioni, impresa e terzo settore. È la solidarietà intesa come un’amicizia per il bene comune, e io penso che questo meeting anche negli incontri, sul talk della Fondazione per la Sussidiarietà sul Lavoro, sugli altri corsi sul lavoro sugli incontri con i ministri voglia promuovere ed essere un piccolo spunto per andare avanti come oggi in un dialogo che, come diceva don Giussani, sia fatto di una curiosità desiderosa del vero. Grazie.