SOLIDITÀ DEI NODI E MOBILITÀ DELLE RETI

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Arrigo Giana, amministratore delegato ATM; Marco Piuri, direttore generale FNM Group; Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI; Gianpiero Strisciuglio, amministratore delegato RFI; Roberto Tomasi, amministratore delegato Autostrade per l’Italia. Modera Emmanuele Forlani, direttore Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS

Esiste un collegamento tangibile tra le infrastrutture fisiche (con i suoi nodi e le sue peculiarità morfologiche) e le reti di relazioni locali che compongono le comunità e che costituiscono vere e proprie reti di prossimità, resilienti e solidali. Ciò fa emergere come il ruolo degli attori della mobilità sia centrale per lo sviluppo dei territori, sia in termini sociali che economici. Reti fisiche come presupposto delle reti sociali e di relazione.

Con il sostegno di Ferrovie dello Stato, Hines, Automobile Cub d’Italia, Italian Exhibition Group, Knorr – Bremse Rail Systems Italia, Trenord, Seingim, Airiminum, Anas

SOLIDITÀ DEI NODI E MOBILITÀ DELLE RETI

SOLIDITÀ DEI NODI E MOBILITÀ DELLE RETI

Mercoledì 21 agosto 2024 ore 19:00

Sala Neri Generali-Cattolica

Partecipano:

Arrigo Giana, amministratore delegato ATM; Marco Piuri, direttore generale FNM Group; Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI; Gianpiero Strisciuglio, amministratore delegato RFI; Roberto Tomasi, amministratore delegato Autostrade per l’Italia.

Modera:

Emmanuele Forlani, direttore Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS

 

Forlani. Buonasera, benvenuti a tutti in questa seconda giornata di Meeting, un Meeting che ha come tema l’essenziale. “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?” è il tema di questa 45esima edizione del Meeting. Questa sera ne parliamo provando a fare un approfondimento su un tema specifico, un tema che ci riguarda tutti, perché parliamo di infrastrutture, di mobilità, di reti. Il titolo che abbiamo dato a questo incontro non è un titolo suggerito da Marzullo, ma è un titolo particolare: **”Solidità dei nodi e mobilità delle reti”**. Non è uno scioglilingua, non è qualcosa di strampalato, ma parte dal presupposto che non c’è un nesso scindibile tra infrastrutture e trasporti. Non c’è una soluzione di continuità tra infrastrutture, trasporti, mobilità, tra il collegamento delle persone e le relazioni. E non è un caso che, proprio all’interno di un padiglione che abbiamo dedicato all’infrastruttura dei trasporti, abbiamo inserito anche una mostra sui borghi, proprio perché c’è una circolarità tra questi temi, tra questi aspetti così fondamentali che questa sera, nell’oretta che abbiamo a disposizione, vorremmo approfondire. Con degli ospiti di assoluto riguardo, che ringrazio davvero per aver partecipato e per aver accettato il nostro invito. Li presento: qui alla mia sinistra, Marco Piuri, Direttore Generale di Ferrovia Nord Milano; Arrigo Giana, Amministratore Delegato di ATM; il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e Vicepremier Matteo Salvini, grazie per la sua presenza; Gian Piero Strisciuglio, Amministratore Delegato di Rete Ferroviaria Italiana; Roberto Tomasi, Amministratore Delegato di Autostrade per l’Italia; e Angelo Sticchi Damiani, Presidente di ACI. Grazie, Angelo. Per non rubare tempo, visto che abbiamo qualche minuto di ritardo nella partenza, mi limito a ricordare quella che è la sinossi che abbiamo voluto mettere in questo nostro incontro, proprio per dare il là a un giro di interventi. Purtroppo potremo fare solo un giro di interventi per ragioni di tempo, sarebbe bello, ma magari avremo anche occasione in altri appuntamenti. Quello che abbiamo sottolineato è che esiste un collegamento tangibile fra le infrastrutture fisiche, con i loro nodi, le loro peculiarità morfologiche e le reti di relazioni locali che compongono le comunità e che costituiscono vere e proprie reti di prossimità, resilienti e solidali. Questo elemento fa emergere come il ruolo degli attori della mobilità sia centrale per lo sviluppo dei territori, sia in termini sociali che economici, reti fisiche come presupposto di reti sociali e relazioni. Partirei da Marco Piuri, che ringrazio ancora per aver accettato il nostro invito. Ferrovia Nord Milano è il principale gruppo in Italia di mobilità integrata e sta lavorando su alcuni progetti finalizzati al tema che ho appena accennato. Quindi chiederei a Marco Piuri di introdurre in qualche modo questo nostro dialogo.

Piuri. Grazie dell’invito. Per il tempo disponibile, io pensavo di dare due spunti per indicare il modo con il quale, come gruppo, guardiamo al tema che è stato evocato prima. Come diceva prima Forlani, noi siamo un gruppo integrato: gestiamo una rete autostradale, gestiamo una rete ferroviaria, gestiamo i servizi ferroviari in Lombardia, siamo parte del gruppo Ferrovie dello Stato attraverso Trenord, abbiamo imprese che fanno trasporto pubblico locale, insomma, c’è un’articolazione piuttosto complessa. Se fosse possibile guardare la mappa della regione Lombardia, una Lombardia allargata, si vedrebbe che il nostro gruppo fa reti fisiche, reti di servizi; siamo il sistema nervoso della mobilità di una regione importante come la Lombardia. Detto questo, i due punti di vista che penso possano essere interessanti proporre questa sera sono questi: noi ci siamo concentrati molto, a partire da un anno o due prima della pandemia, a fare l’analisi della domanda di mobilità, cioè il punto di partenza è capire come è fatta la domanda di mobilità, qual è la domanda di mobilità, cosa viene chiesto in termini di mobilità. Considerate che la mobilità è quella che dà diritto di cittadinanza e accesso a servizi e opportunità. Abbiamo fatto un lavoro con il Politecnico, e oggi siamo dotati di strumenti che ci consentono una lettura molto granulare, molto dettagliata e dinamica della mobilità. Ora, quello che si vede, anche guardando la dinamica di questi anni, è che la mobilità è sostanzialmente fatta da due tipi di mobilità: la mobilità sui corridoi – i corridoi sono le reti ferroviarie, le reti autostradali, qui ci sono i due operatori nazionali più importanti, quindi non voglio portar via meriti a loro – ma i corridoi che valgono evidentemente anche su scala regionale, e poi c’è la mobilità di prossimità, di comunità, che è quella che si articola sul territorio. Grosso modo, questa mobilità si divide il 30% in termini di spostamenti, il numero di spostamenti nella mobilità sui corridoi, e il 70% nella mobilità di prossimità. Questo vuol dire che il 70% degli spostamenti avviene in aree di un raggio di 10-15 km e non di più. Quindi la mobilità è fatta in questo modo ed è chiaro che c’è un tema di relazione e di connessione fra le reti e i corridoi e la mobilità di prossimità, che è quella che appunto genera la maggior parte degli spostamenti. Con dinamiche interessanti: stasera non c’è tempo, ma ad esempio post pandemia, quello che si vede è che è aumentata la mobilità di media-lunga percorrenza ed è ripreso il peso della mobilità individuale rispetto a quella collettiva di qualsiasi tipo, che sono dinamiche che vanno considerate e analizzate. La struttura della mobilità fatta in questo modo, tra l’altro, evidenzia un’altra cosa: che la domanda di mobilità a valle della pandemia, che sembrava avesse innescato alcuni processi di cambiamento, in realtà non è cambiata. Cioè, è vero che c’è il cosiddetto smart working, che non è smart working ma è lavoro da remoto, comunque lavoro non da ufficio, ma in realtà la gente va meno giorni in ufficio ma si sposta sempre negli stessi orari. Quindi la struttura della domanda di mobilità, con le ore di punta e con le ore di morbida, è rimasta esattamente uguale al pre-pandemia. E questo è un tema, perché è questa struttura della domanda che intasa i corridoi. Questo è il problema delle congestioni che abbiamo tanto sui treni quanto sulle reti autostradali o comunque sui corridoi principali. Ora, credo che questa fotografia dovrebbe portare tutti noi, attori e operatori, ovviamente a partire dai regolatori, a capire se la governance di un sistema di mobilità che riguarda quella individuale e quella collettiva, che oggi c’è, è la più adatta. Per esempio, una cosa che risulta evidente è che corridoi e mobilità di prossimità a comunità non c’entrano nulla con i confini amministrativi. Noi abbiamo un sistema organizzato per confini amministrativi, per comuni e province, e la mobilità non guarda a questo. La mobilità guarda alle funzioni. Ci muoviamo per fare qualcosa. Ci muoviamo perché dobbiamo andare a scuola, dobbiamo andare a lavorare, dobbiamo assistere a un evento, dobbiamo utilizzare un servizio. Quindi questo è un tema enorme che abbiamo, che riguarda tutti gli attori del sistema, e che è il tema che deve portarci a ragionare su reti e nodi, come veniva detto nell’introduzione, per capire qual è l’articolazione, in termini di governance, in termini di struttura fisica e di organizzazione dei servizi, che risponde meglio a questa domanda. Perché allora qui si apre un tema che stasera non si può sviluppare, ma che credo sia quello di cui abbiamo bisogno per poter rispondere meglio alla domanda di mobilità e utilizzare al meglio le risorse che ci sono e che non si può immaginare che possano continuare a crescere. In questa prospettiva, come gruppo, una delle cose che stiamo seguendo, uno dei progetti che mi sembrava interessante presentare è quello che noi abbiamo chiamato “Progetto Fili”, che è un progetto di nuovo metabolismo urbano. Di fatto, è lo sviluppo su una linea di 54 km da Piazzale Cadorna, per chi conosce Milano, che è downtown, diciamo così, fino all’aeroporto di Malpensa. Su questa parte lineare c’è un progetto enorme di sviluppo che ha alcuni poli che si chiamano Stazione di Cadorna, Bovisa, Saronno, ma che in realtà vede uno sviluppo complessivo del territorio che secondo noi ha una caratteristica interessante rispetto ad altri interventi. Normalmente, quando si parla di rigenerazione urbana, la rigenerazione parte dal fatto che si tolgono le infrastrutture di trasporto, perché c’è una riorganizzazione, perché si fanno altri tipi di interventi, e si realizza l’intervento. In questo caso, questo progetto nasce al contrario. Cioè, è la presenza dell’infrastruttura, il potenziamento di queste infrastrutture, che consente l’innesco di questo progetto, che prevede una trasformazione molto forte, molto rilevante del Polo di Cadorna e, in particolare, del Polo di Bovisa, con il nuovo Politecnico. È un approccio oggettivamente diverso, perché dice che ancora una volta l’infrastruttura fisica, se concepita effettivamente al servizio della comunità, è vista come punto di innesco. Per esempio, Bovisa sarà il punto e il gate d’ingresso del nuovo Politecnico, che raddoppierà il numero di studenti attualmente presenti in Bovisa. Parliamo di 30-40 mila persone, numeri assolutamente importanti. Questa prospettiva è quella che, secondo noi, deve guidare nel ragionamento anche di nuove infrastrutture o di tecnologie. Credo che poi qualcun altro parlerà più di tecnologie, che possono abilitare un utilizzo molto più efficace e molto più efficiente delle infrastrutture esistenti, perché abbiamo infrastrutture che dobbiamo adeguare, dobbiamo mantenere e dobbiamo potenziare. Siamo in un territorio, l’Italia, e in particolare nella regione dove operiamo noi, dove c’è una forte urbanizzazione, quindi non è che si possano realizzare infrastrutture così facilmente. E quindi è chiaro che la sfida è capire come realizzare nuove infrastrutture e rendere più efficaci e efficienti quelle esistenti, in una relazione vera col territorio e con le reti di relazioni. Perché alla fine, ripeto, costruiamo infrastrutture, ci muoviamo per fare delle cose, per consentire relazioni e permettere a tutti noi di fare quello che dobbiamo fare. Grazie.

Forlani. Angelo Sticchi Damiani, Presidente ACI. C’è un tema sulla mobilità che è particolarmente rilevante, ed è quello della sicurezza della mobilità, in particolare con il difficile compito di trovare un punto di equilibrio tra almeno tre fattori: infrastrutture, parco circolante, quindi le vetture, gli utenti della strada e un’attenzione particolare ai più vulnerabili. Su questo, ACI penso abbia un’attenzione particolare.

Damiani. Sì, noi riteniamo che sulla strada, in questo caso ci riferiamo soprattutto alle aree urbane, perché poi il 70% dei movimenti avviene proprio nelle aree urbane e periurbane, si debba fare veramente un grosso passo avanti nel rispetto delle utenze più vulnerabili. Il ministro Salvini prima ha detto delle cose molto importanti che noi condividiamo e che abbiamo anche in qualche modo sostenuto e suggerito al ministro nella fase di formazione delle linee principali del codice della strada. Il pedone alla fine resta il più vulnerabile e anche le utenze diciamo “dolci”, quelle chiamate mobilità dolce, ciclisti e monopattinisti rappresentano un pericolo per il pedone, che non è protetto da loro. Oggi, purtroppo, assistiamo a una serie di mancanze di attenzione anche da parte dei pedoni stessi. I pedoni non sono sempre molto attenti a dove mettono i piedi e soprattutto c’è una grande disattenzione da parte delle municipalità nel tenere in ordine gli attraversamenti pedonali, soprattutto nell’illuminarli, quelli in periferia, e nell’usare delle vernici che non sbiadiscono dopo un mese o un mese e mezzo. Questo è fondamentale, perché altrimenti diventa veramente un lavoro continuo e poco razionale. Ora, su questo tema, secondo me è importante cercare di capire che il pedone ha dei diritti, ha maggiori diritti rispetto a tutti gli altri perché è più fragile, e in questo senso noi dobbiamo proteggerlo. Lo devono proteggere anzitutto gli automobilisti, che sanno di essere in una posizione di forza rispetto a loro, e quindi non solo non devono sostare davanti alle strisce pedonali, ma devono anche immaginare che forse quella persona si sta avvicinando alle strisce pedonali prima che le attraversi, cioè usare questo sistema di rispetto reciproco che deve avere questa lucidità. Le città devono essere più attente. Noi, nel 2011, abbiamo pubblicato le linee direttrici per la progettazione degli attraversamenti pedonali. Le stiamo aggiornando utilizzando anche l’intelligenza artificiale perché siamo convinti che su questo ci sia ancora troppo da fare. Per esempio, i semafori con il countdown sono importantissimi per il pedone, perché il pedone non sa quanto dura quel giallo per poter attraversare soprattutto una strada molto larga e quindi un attraversamento lungo. Sono importanti sia per l’automobilista, che sa esattamente quanto tempo ha ancora, sia per il pedone, che ha la possibilità di regolarsi se attraversare o meno. Tutto questo, diciamo, la tecnologia ci aiuta. Sono investimenti importanti, questo mi rendo conto, però stiamo parlando della protezione di coloro che si fanno più male in caso di qualunque tipo di incidente. L’ha detto bene il ministro Salvini. Io sono convinto che questi benedetti monopattini, che a volte sembrano un giocattolo per adulti, devo dire la verità, per come vengono usati, perché non è vero che sempre sono un mezzo con emissioni zero che serve a ridurre il traffico veicolare. Io continuo a vedere ragazzi che vanno in due e che naturalmente lo usano per gioco e non certamente per un desiderio di mobilità, poi ci sono anche quelli che lo usano correttamente, ovviamente. Su questa cosa sarà importante, quando entrerà in vigore il codice della strada, e anche io mi auguro presto, Ministro, che ci sia l’assicurazione obbligatoria, che ci sia l’uso del casco. Questo probabilmente creerà qualche malumore e probabilmente disincentiverà l’uso del giocattolo, ma non quello del monopattino, perché se serve per lavoro uno si assicura e mette il casco. Poi, come è stato detto prima da Norris Capirossi, perché è pericoloso? Perché ha un baricentro molto più alto rispetto a quello delle biciclette e le ruote piccole piccole. Più rischioso di così non può essere un mezzo rispetto alla bicicletta, che ha le ruote grandi e il baricentro più basso. Quindi è evidente questo. Noi continueremo a lavorare in questo senso perché si crei questo spirito da parte degli automobilisti. Noi ci sentiamo di rappresentare un po’ gli automobilisti, con il nostro milione e 200 mila soci, ma sentiamo di rappresentare un po’ i 40 milioni e facciamo tanta azione proprio perché possiamo spiegare loro che l’uso della strada deve essere non solo corretto e consapevole, ma rispettoso di chi ha meno possibilità di salvarsi in caso di incidente. Grazie.

Forlani. Grazie ad Angelo Sticchi Damiani. Penso che poi raccoglieremo anche alla fine i tanti spunti che stanno emergendo. Gianna, TM, non aggiungo molto alla provocazione iniziale, se non il fatto di poter capire anche da lui quali sono i razionali e la logica che in qualche modo portano a disegnare le reti di servizi e quindi per rispondere anche a quale tipo di bisogno relazionale.

Giana. Buonasera a tutti e grazie dell’invito. Io riprendo quello che stava dicendo Marco Piuri. Noi essenzialmente facciamo trasporto urbano, quindi gestiamo reti di trasporto urbano complesse, multimodali, quindi autobus, tram, metropolitane, e lo facciamo essenzialmente a Milano ovviamente, e lo facciamo anche in un paio di altre città europee, Copenaghen e Salonicco, in una logica di mettere a fattore comune delle esperienze che abbiamo accumulato e cercare di renderle un elemento di business che ci consenta di crescere. Noi facciamo quella che Marco definiva la mobilità di prossimità e sono molto d’accordo su quello che si diceva. Il primo errore che storicamente viene fatto da questo punto di vista è pensare che i confini siano quelli amministrativi. I confini non sono quelli amministrativi e devo dire che il Comune di Milano e chi disegnò le prime linee metropolitane questa cosa ce l’aveva ben presente, tant’è che la linea 2 della metropolitana di Milano è una forse delle prime esperienze di linee metropolitane che escono dal tessuto urbano specifico della città e con le successive realizzazioni questo concetto è stato portato avanti, tant’è che sia la 4 che la 5 hanno in previsione un’estensione, la 5 verso Monza e la 4 verso Segrate, perché i bacini di mobilità sono un’altra cosa e devono rispondere a delle esigenze, sono le norme che in qualche modo poi devono adeguarsi a quelle che sono le esigenze di mobilità. Noi negli ultimi 50 anni forse abbiamo fatto un po’ il contrario e in alcune situazioni si sono perse delle occasioni. Le grandi aree urbane, il concetto di città metropolitana forse in qualche modo lo richiama, hanno delle esigenze di mobilità interne perché sono aree che attraggono interessi economici, finanziari, lavorativi, poli di interesse come ospedali, università e quant’altro e sulla base di queste necessità bisogna costruire le reti. Faccio l’esempio di Copenaghen perché da questo punto di vista è emblematico. Ovviamente la storia e il tessuto urbano di Copenaghen sono totalmente diversi dai tessuti urbani delle città italiane che mediamente hanno piante medioevali, se non ancora più antiche. Però quando noi abbiamo vinto la prima volta la gara di Copenaghen, e il ministro Salvini se lo ricorda, con il suo precedente incarico politico, abbiamo preso questa linea in gestione che era nel nulla. Era una linea che attraversava un ex poligono militare ai bordi della città di Copenaghen, verso l’aeroporto, e noi siamo arrivati e abbiamo detto: “Ma questi hanno costruito una metropolitana nel nulla”. In realtà oggi quell’area, e non so se conoscete Copenaghen, se vi è capitato di andarci, è la più sviluppata di Copenaghen. Sono sorti teatri, centri commerciali, centri congressi, edilizia abitativa enorme. Cosa hanno fatto? L’authority dei trasporti di Copenaghen, capitalizzando gli oneri di urbanizzazione futuri, ha trovato le risorse per creare un’opera bellissima che attraversa tutta la città, ma che ha sviluppato quella zona. Sono partiti dalla rete di trasporto per poi progettare il tessuto urbano della città, che è esattamente quello che forse noi non riusciamo a fare. Ribadisco, le nostre città hanno una storia diversa, quindi ovviamente non è semplice. Però questo dovrebbe essere l’approccio. Noi oggi stiamo sicuramente fronteggiando una mobilità che è totalmente diversa. Ci si continua a muovere nelle stesse fasce orarie e questo determina un’inefficienza fisiologica nella gestione delle risorse. Durante il Covid, forse ricorderete, abbiamo cercato di appiattire le curve della punta del mattino e della sera perché dovevamo dare il distanziamento sui mezzi e quant’altro. E ci sono stati esperimenti nelle varie città che hanno cambiato gli orari della città e qualche risultato lo avevano ottenuto. Ci auguravamo che questa cosa potesse continuare come esperienza, ma in realtà non è avvenuto. Oggi siamo in una situazione in cui le punte sono le medesime. Siamo ancora un 10-15% sotto in termini di passeggeri rispetto al periodo pre-Covid, ma anche qui con una distribuzione diversa. La mobilità durante i weekend è più alta rispetto al periodo pre-Covid, quindi vuol dire che la gente si muove e si muove per motivi diversi che non sono essenzialmente quelli del lavoro o dello studio, ma si muove di più per altri motivi, essenzialmente legati alla propria vita privata. I motivi classici del pendolare si manifestano meno e quindi anche nella pianificazione dei calendari dovremmo fare qualche intervento. Anche agosto non è più il classico mese in cui le città erano deserte, però noi abbiamo ancora calendari che rispecchiano quelli storici, in cui ad agosto tutte le fabbriche erano chiuse, la gente si muoveva dal lunedì al venerdì, e il weekend non c’era in giro nessuno in centro. Non è più così. Da questa situazione facciamo un po’ fatica ad adeguarci e da questo punto di vista richiamo anche qui qualche esperienza che abbiamo visto in giro per il mondo. Le autorità dei trasporti, o come le vogliamo chiamare, chi si occupa di pianificare i trasporti, in altre città come Parigi, Copenaghen stessa, o Londra, sono delle organizzazioni tecniche super specializzate con delle esperienze e un know-how incredibile. Noi consideriamo queste figure come aziende, come dei soggetti che ci girano un po’ intorno, con i quali dobbiamo fare i conti, spesso cercando di sostituirci a loro, ma è forse lì che dovremmo investire in termini di know-how, incrementare il livello tecnico di questi soggetti perché poi da lì deriva la pianificazione, il disegno delle reti e in ultima istanza la soddisfazione del cliente, che poi è il motivo per cui tutti noi lavoriamo.

Forlani. Grazie. Strisciuglio, che come dicevo prima è amministratore delegato di RFI, il tema della pianificazione, della programmazione, dell’investimento sicuramente è un tema che quotidianamente ha affrontato in una realtà che investe ininterrottamente per la costruzione di una rete ferroviaria. Penso siano passati poco più di vent’anni da quando si è introdotta l’alta velocità, della quale oggi penso nessuno potrebbe più fare a meno, nonostante le polemiche più sterili, tanti dibattiti e tante discussioni. Forse lo stesso potremmo dire tra poco anche di un’altra rete infrastrutturale, ma sicuramente questo lo ha riguardato. Ecco, RFI ha di fronte anche un piano di investimenti che tiene conto di questa programmazione. Qual è il contesto nel quale si sta muovendo?

Strisciuglio. Grazie dell’invito. Anche io partirei dallo spunto di Marco Piuri, perché in esso c’è un po’ la sintesi della pianificazione integrata delle reti di trasporto, cioè la necessità di coniugare la mobilità di media e lunga percorrenza con la mobilità di prossimità o comunque al servizio delle aree metropolitane. Questa è ovviamente la sfida più importante che abbiamo nella pianificazione integrata ai trasporti nei prossimi anni, e che è già in atto con una serie di interventi e di investimenti importanti, non solo da parte di Rete Ferroviaria Italiana. Direi che tutto questo poi in realtà trova la sintesi nelle stazioni, che per noi sono ovviamente il cuore della pianificazione dei trasporti, e trattiamo questo argomento con l’attenzione di chi, come Rete Ferroviaria Italiana, ha in gestione più di 2200 stazioni su tutto il territorio nazionale. Ovviamente di diversa natura, di diversa accessibilità, ma soprattutto al centro non solo dei servizi di mobilità, ma devo dire oggi anche luogo sempre più nevralgico di tutto il tessuto urbanistico delle grandi aree metropolitane e non solo. Sulle stazioni in realtà abbiamo una grande sfida. L’abbiamo affrontata sotto tre punti di vista. Il primo è quello dei servizi di mobilità, il secondo è quello dell’infrastruttura di stazione, il terzo è la contestualizzazione delle stazioni all’interno delle aree urbane o comunque delle aree antropizzate. Dal punto di vista della mobilità, direi che sono tanti gli interventi. Condivido lo spunto di Marco, è fondamentale lavorare tanto sulle tecnologie. Sappiamo di essere un’eccellenza a livello mondiale dal punto di vista dei sistemi tecnologici per la gestione del traffico ferroviario, l’ERTMS è nato in Italia, oggi lo stiamo portando non solo sulle linee di alta velocità, ma lo stiamo estendendo gradualmente su tutte le infrastrutture ferroviarie, quindi la cosiddetta rete convenzionale. In futuro, nelle grandi aree metropolitane, la possibilità di utilizzare l’evoluzione dell’ERTMS ci consentirà di aumentare la frequenza dei treni e sappiamo che oggi spesso nelle grandi aree metropolitane è difficile costruire o potenziare con nuove infrastrutture la rete, perché ci troviamo, come è facile intuire, in contesti fortemente antropizzati dove anche fare cantieri è complicato e va fatto con la massima attenzione. Quindi lo sviluppo delle tecnologie, lo sviluppo delle infrastrutture, resta ovviamente una grande opportunità per decongestionare alcune stazioni. Spesso abbiamo anche un giovamento indiretto da parte di alcuni interventi che servono sostanzialmente per specializzare le infrastrutture ferroviarie. Oggi noi abbiamo 10.000 treni al giorno, di cui quasi 8.000 sono a vocazione regionale e metropolitana, e questi servizi in gran parte coesistono sulle stesse infrastrutture. Quindi è fondamentale fare dei passi avanti, come stiamo facendo con i progetti e con gli investimenti non solo del PNRR, nella specializzazione delle infrastrutture, aumentando ovviamente la dotazione di reti ad alta velocità, alta capacità, sia al nord che al sud, consentendo poi alle infrastrutture convenzionali di dedicarsi al traffico di prossimità. Nelle infrastrutture di stazione è importante lavorare su sicurezza, decoro e accessibilità. Abbiamo un patrimonio architettonico incredibile con delle caratteristiche da salvaguardare. Non è facile intervenire in questi ambiti, ma lo facciamo con grande attenzione e con una grandissima quantità di interventi. Ogni anno Rete Ferroviaria Italiana investe più di 350 milioni di euro in manutenzione delle stazioni, di tutti i tipi, su tutto il territorio, con vari interventi, con l’obiettivo di renderle più sicure, più accessibili, e soprattutto lavorare su una serie di servizi che possono consentire alle stazioni di recuperare la centralità nei territori che le stesse stazioni servono. Spesso si dice che la ferrovia separa ambiti urbani, ma in realtà molto spesso, un po’ prendendo spunto da quanto diceva Arrigo, sono le diverse urbanizzazioni che sono nate da parti opposte della ferrovia, e ora ci troviamo con il compito di renderle più connesse lavorando proprio sulle stazioni. Qui abbiamo anche l’attenzione su quegli interventi che spesso sono ritenuti piccoli ma che in realtà danno grandissima attrattività e centralità alla stazione. Ci siamo trovati a giugno a inaugurare il cantiere sull’apertura del secondo fronte di stazione a Roma Trastevere. Abbiamo fatto questo intervento in chiave Giubileo. Le stazioni saranno ovviamente dei luoghi centrali anche in questi grandi eventi, come il Giubileo o Milano-Cortina, e abbiamo fatto questo consapevoli del fatto che, sulla base dei nostri studi di mobilità, solo con questo intervento siamo capaci di aumentare l’attrattività di una stazione che nasce in un contesto fortemente congestionato dal punto di vista delle infrastrutture stradali del 30% in più, garantendo un’accessibilità anche con le infrastrutture ciclabili a un maggiore livello di utenza. Ultimo punto che volevo toccare, lo sviluppo anche delle stazioni che rappresentano, e questo lo possiamo vedere in gran parte del nostro Paese, grandi opere architettoniche che stiamo costruendo e che lasciamo anche alle future generazioni. Qui abbiamo tanti progetti, progetti importanti, pensati proprio per dare alle stazioni, non solo dal punto di vista trasportistico, ma dal punto di vista dei servizi integrati di mobilità, un ruolo centrale. Si pensi a Venezia Mestre, a Bergamo, al nodo verde di Bari, ma anche a tanti piccoli interventi che vanno a servire le tantissime stazioni che abbiamo. Ultimo aspetto, facciamo questo con una grandissima attenzione alla progettazione sostenibile, che credo sia un richiamo importante che va fatto sia per l’utilizzo di materiali, ovviamente in chiave sostenibile, sia nella cantierizzazione. Il nostro sforzo è quello di incidere sempre meno sulla viabilità urbana con i nostri cantieri. Si pensi, per esempio, a come stiamo realizzando il tunnel di Firenze, dove la gran parte dei materiali li portiamo via con il mezzo ferroviario. E, ovviamente, l’altro grande tema è l’illuminazione, quindi l’idea di dare un aspetto più sicuro e una percezione migliore dell’accessibilità alle stazioni, che devono essere un luogo dove arrivare e sostare, e non un posto da cui scappare via, rispetto ad altre problematiche che purtroppo abbiamo vissuto in passato. Grazie.

Forlani. Grazie a Strisciuglio. Mi sembra che emergano diverse analogie di approccio concettuale e culturale sul tema. L’ultimo che sentiamo prima del Ministro è Tomasi, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. In questi giorni ricorre un anniversario importante, perché sono i 60 anni dalla realizzazione dell’Autostrada del Sole, che certamente ha avuto il pregio di collegare il nord dell’Italia con il sud dell’Italia e in qualche modo documentare già da tanti decenni come l’investimento infrastrutturale sia motore dello sviluppo. Alla luce di quello che abbiamo sentito, chiederei a Tomasi di chiudere questo giro.

Tomasi. Di sicuro questo è un anno importantissimo per il sistema autostradale, perché ricorre il sessantesimo anniversario dell’apertura dell’Autostrada del Sole, completata in 8 anni, con più di 800 km che hanno unito il nord al sud. Ma è anche il centenario della prima autostrada europea, forse mondiale, che è la Milano-Laghi, costruita quando in Italia c’era ancora la monarchia. Ogni tanto noi dimentichiamo cos’è un sistema infrastrutturale: se facessi una domanda su quanti sono nati prima del ’64 in questa sala, non tutti alzerebbero la mano, e quindi abbiamo dimenticato che cos’è un sistema infrastrutturale. Chiedevo ai miei collaboratori in questi giorni, per raccontare cos’è un sistema infrastrutturale, di dirmi quanti sono gli utenti che sono entrati nell’autostrada a partire dal 1° luglio ad oggi, solo nell’autostrada gestita da Autostrade per l’Italia, che fa circa il 50% della rete e il 70% dei flussi. Sono entrati 150 milioni di veicoli. Se consideriamo una media di due persone per veicolo, perché normalmente in ferie si va con la famiglia, siamo a 300 milioni di persone che sono entrate in un mese e mezzo in un sistema autostradale. Quindi, 300 milioni vuol dire che, se fossero stati tutti italiani, dividendo per cinque, sono le persone che sono entrate in un sistema infrastrutturale. Questo dà la misura di quanto sia importante per l’economia di un Paese un sistema che unisce. In questo caso, poi andremo a fare qualche ragionamento sulla sovrapposizione delle modalità, perché non sono così sovrapponibili come immaginiamo. I sistemi infrastrutturali sono gli abilitatori della crescita del Paese. Ma, anche qui, proviamo a rendere il ragionamento più semplice: se vediamo la crescita del PIL, e la dividiamo per il numero di abitanti, è la ricchezza media pro capite che ognuno di noi ha. Quindi sono un abilitatore perché quella ricchezza possa effettivamente rimanere. Questo è il primo elemento. Il nord e il sud, probabilmente, senza voler togliere nulla alle norme, è stato sicuramente un’opera che ha unito e fatto crescere un Paese. Provate a fare un ragionamento, anche qui è abbastanza semplice: se prendessi un compasso e tracciassi 20 km da un’area di servizio, da un’area di ingresso nel sistema autostradale, si concentra l’80% della capacità produttiva. Ma non è che le aree di accesso al sistema autostradale siano state costruite in funzione dei luoghi di produzione; viceversa, i luoghi di produzione sono nati dove c’era la possibilità di mobilità. Quanto è possibile sovrapporre queste mobilità? Tiriamo via anche qui un bias percettivo. In realtà ben poco, cioè immaginare che i sistemi siano così sovrapponibili non è vero, ovvero non è così facile spostare le persone da chi si sposta su gomma a chi si sposta su ferro e viceversa. Abbiamo solo qualche percentuale di ottimizzazione, quindi quello che è stato raccontato recentemente, ovvero che era possibile spostare modalità, non è vero. Se voi andate a vedere gli studi fatti dalla stessa Commissione Europea, la Commissione Europea dirà che al 2050 la mobilità aumenterà, ma rimarrà pari pari a quella che oggi viviamo, con qualche percentuale in più o in meno. Quindi la mobilità rimarrà sempre la stessa. Questo pone un’enorme sfida, perché vuol dire che i sistemi che oggi utilizziamo devono essere mantenuti. La prima grande sfida che abbiamo di fronte è la rigenerazione della rete. Anche qui, facciamo un ragionamento: non lo diamo per scontato, ma il fatto che le autostrade, i sistemi ferroviari, i sistemi di mobilità cittadina stiano diventando vecchi. Mediamente, se inauguriamo l’Autostrada del Sole oggi, vuol dire che sono passati 60 anni. Ma ne abbiamo altre dove sono passati 70-80 anni, e hanno bisogno di una rigenerazione in presenza di traffico. Veniva osservato prima che la rigenerazione in presenza di traffico non è una banalità, perché immaginare di modernare un’infrastruttura mantenendo i livelli di trasporto non è un’operazione così semplice. Anche qui vi porto su un esempio probabilmente a voi molto vicino: il passante di Bologna. Passano 300.000 mezzi al giorno, bisogna potenziarlo mantenendo i 300.000 mezzi che passano tutti i giorni, e non possiamo privarci di un mezzo o dire di chiudere quell’infrastruttura per qualche anno per poterla modernare. Questa è una sfida tecnologica, utilizzerei le stesse parole che venivano utilizzate da Aldo Moro quando inaugurò l’autostrada: è una sfida dell’ingegno e dell’arditezza che dovremo avere per poter affrontare queste sfide. La seconda è potenziare i nodi, e la terza, che non è da poco, è quella di traghettare la mobilità verso la mobilità sostenibile. Questa è una sfida che riguarda tutti noi, quelli che sono seduti a questo tavolo, perché la necessità di mobilità aumenterà e sappiamo che gli impatti dal punto di vista ambientale non sono insignificanti, anzi sono significativi. Da questo punto di vista, due sono le possibili soluzioni che dobbiamo mettere in atto per risolvere il problema. Il primo è il digitale. Il digitale deve essere spinto ancora di più, perché le persone si muovono quando sono informate. Tanto meglio sono informate, tanto meglio scelgono i sistemi più funzionali, e dobbiamo dire che il sistema diventa più funzionale se inquina meno. Sembra strano, ma vuol dire consumare di meno e quindi inquinare di meno. Su questo, l’integrazione dei sistemi è fondamentale, e il ruolo del Ministero sarà centrale nel coordinamento di tutti gli attori che sono attorno al tavolo. La seconda è quella di creare campioni nazionali. Ricordiamo che l’Italia fu la prima a costruire il sistema autostradale, tanto che anche all’estero viene utilizzato il termine “autostrada” per definire le autostrade, quindi siamo stati i primi, ma siamo stati anche tecnologicamente i primi a introdurre, ad esempio, il telepedaggio agli inizi degli anni 2000. Dovremo essere anche qui i primi affinché il sistema possa diventare sostenibile. Da questo punto di vista, anche qui le soluzioni sono diverse: bisogna andare verso una neutralità tecnologica. Non credete che esista una soluzione unica; non esiste tutto elettrico, non esiste tutto biocarburante, perché è un problema complesso e quindi ha bisogno di diverse soluzioni per poter abbattere la nostra impronta carbonica. Impronta carbonica vuol dire di fatto diminuire la quantità di energia che noi utilizziamo e quindi rendere i nostri trasporti più efficienti, anche per rendere la mobilità e le infrastrutture certamente più sostenibili.

Forlani. Nel dare la parola al Ministro per l’intervento conclusivo, penso che le provocazioni e gli spunti siano talmente tanti che non ci sia bisogno di aggiungere nulla, se non il fatto di chiedere sinteticamente a questo punto che cos’è essenziale, visto anche il titolo di questo Meeting, nelle infrastrutture dei trasporti oggi.

Salvini. Innanzitutto, grazie per essere qua. L’anno scorso ero intervenuto promettendo che il Ministero sarebbe tornato con un suo padiglione, un suo stand. Un organo di stampa, in particolare in questi giorni, ha dedicato addirittura la prima pagina allo spreco e ai soldi che Salvini butta via parlando di infrastrutture al Meeting di Rimini. Per me è un onore parlare di infrastrutture al Meeting di Rimini e spiegare al popolo del Meeting che cosa stiamo facendo. Ogni riferimento al “Fatto Quotidiano” è puramente casuale, ovviamente non voglio fare nomi e cognomi accostandolo a “Repubblica”. Detto questo, poi l’anno prossimo vedremo di essere ancora più presenti. Ad esempio, stasera non finisce qua per me perché, col ministro Piantedosi, andiamo con la stradale, con la polizia locale e con i ragazzi di un’associazione di volontariato in schema on the road a fare pattuglia sulle strade di Rimini, spiegando che il monopattino, la bicicletta, la Vespa, la macchina possono portarti in spiaggia, in discoteca, al ristorante, alla laurea, al lavoro, al matrimonio, ma se non usati con il senno necessario possono portarti anche all’ospedale. E quindi evidentemente l’urgenza di approvare il codice della strada.

Certo, riempire una sala il 21 agosto parlando di infrastrutture è una roba che solo voi del Meeting riuscite a fare, e l’anno prossimo coglierò l’invito di chi m’ha detto: “Matteo, però al di là delle sei giornate del Meeting, vale la pena venire nei giorni precedenti coi 500 ragazzi volontari a vedere che cosa succede prima.” Quindi, l’anno prossimo magari ci vediamo anche prima per vedere il pre.

Due riflessioni. Due riflessioni fondate sui numeri, perché ovviamente il ministro dei Trasporti non può scegliere in base alle impressioni. Innanzitutto, parto dall’autostrada del Sole perché in Italia certe cose non cambiano. 700 chilometri finite in otto anni, inaugurata il 4 ottobre del ’64. Andate a googlare, andate a cercare su Google fra un quarto d’ora la prima pagina all’epoca di un quotidiano nazionale, “l’Unità”, quotidiano allora del PCI. Questa non è polemica politica, è ricostruzione giornalistica. Il giorno prima dedicò la prima pagina e paginate intere dicendo: “L’autostrada non serve, non la userà nessuno, costa troppo, inquina, è un’autostrada solo al servizio delle automobili. Prima dell’autostrada del Sole si dovrebbero fare tante altre opere: le scuole, le strade, gli ospedali.” Sono passati 60 anni. Se aprite qualche giornale a caso, diranno “non serve, prima di quella roba lì fate quell’altra roba.” Oggi, pensare l’Italia senza la Milano-Roma-Napoli è una roba da ricovero, ma a maggior ragione per l’autostrada dei Laghi. Ci sono incontrati tanti milanesi, tanti lombardi che compie 100 anni e fu fatta. E questo è quello che porta al mio modo di agire al Ministero di Porta Pia, cioè fare delle infrastrutture non solo là dove c’è già sviluppo. Portare la metropolitana da Milano a Monza, perché ormai Milano e Brianza è un continuum, la provincia di Monza è la terza città della Lombardia, quindi c’è lo sviluppo, devo portare un servizio. Noi dobbiamo avere la forza di programmare laddove ancora non c’è sufficiente sviluppo: se tu porti un’infrastruttura, crei sviluppo.

L’esempio purtroppo in Italia spesso dopo le grandi opere c’è il deserto. Se uno viene nell’area post Expo a Milano, perché uno si ricorda i Mondiali ’90, ci sono ancora strade, ospedali, alberghi, mezzi diroccati per i post mondiali. Il post Expo a Milano è un esempio di riconversione dove porti università, porti ricerca, porti business, porti investimenti privati. E quindi quello che noi adesso stiamo progettando, poi il Ministero che ho l’onore di condurre, di accompagnare per altri tre anni e due mesi, perché ci hanno votato per cinque anni e noi per cinque anni andiamo avanti a governare, perché questa è la missione che ci siamo imposti, noi ci occupiamo di casa, ci occupiamo di acqua, di porti, di aeroporti, di sostenibilità, quindi attenzione al comportamento, la raccolta differenziata, il monopattino, il tappo di plastica attaccato alla bottiglietta, il riscaldamento, gli infissi, le case green, il Green Deal, green green green, giusto, sacrosanto. I letti in cartone al villaggio olimpico a Parigi. Ho fatto il sopralluogo ieri al villaggio olimpico di Milano. Mi hanno confermato che ci saranno letti in legno prodotti in Italia con legno italiano, così almeno non si correrà il rischio di far dormire male gli atleti. Però i dati sulla CO2? Uno dice: “Ma con tutti i sacrifici che giustamente ci stiamo auto imponendo e con tutte le tasse che le imprese stanno assecondando nel nome del green, sarà diminuito nel mondo ‘sto benedetto CO2.” Ebbene, il 2023 è l’anno record storico mondiale di emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ma come? E tasse, divieti, regolamenti? Sì, perché l’Europa ha sì tagliato di 200 milioni di tonnellate le sue emissioni nel 2023. Nello stesso 2023, la Cina le ha aumentate di 460 e l’India di altre 230, perché l’Europa, che si sta tafazzianamente auto castrando il suo sistema economico, agricolo e industriale, se taglia una parte, l’Europa è il 7% del CO2 mondo, la Cina il 31%. Un bambino di 7 anni capisce che se il 7% della superficie mondiale, mettendo a rischio il suo sistema industriale, riduce di una piccola parte le sue emissioni, mentre chi produce il 31% brucia carbone per produrre le batterie elettriche con cui noi poi possiamo girare nella ZTL di Milano o di Roma o di Bologna, il declino è il suicidio economico industriale e aggiungo culturale dell’Occidente.

Fare il ministro delle Infrastrutture in questo momento significa anche difendere un modello culturale, un modello di sviluppo che ovviamente si occupa di efficienza del sistema autostradale. Mi hanno chiesto del passante di Bologna e ho detto che è come la Gronda di Genova, ovviamente una delle priorità sul tavolo. Io ogni giorno ho il report alle 17 della puntualità ferroviaria e devo dire che la giornata di oggi arriva al 93% di puntualità dei treni, con 1.400 cantieri aperti per la sicurezza per 650 milioni di euro. Anche qua, campagna stampa vergognosa: “Ci sono dei ritardi ad agosto”. I tecnici mi hanno spiegato e mi hanno convinto che è più intelligente, se devi fare tanti cantieri per la sicurezza, è bene farli quando non ci sono gli studenti, quando non ci sono i pendolari, quando non ci sono gli operai che prendono i treni, per ripartire a settembre in pieno vigore. Un anno e dieci mesi. Se venite nel mio ufficio, c’è una programmazione non indifferente. Vi invito, se ancora non l’avete fatto, a visitare nei prossimi giorni il padiglione del Ministero perché dai ragazzi della Guardia Costiera al simulatore di volo, mi hanno accompagnato in questa cabina dicendo: “È il primo decollo che lei farà dall’aeroporto Malpensa-Silvio Berlusconi.” Ho detto: “Speriamo che vada tutto bene.” Però siamo decollati e siamo atterrati, grazie all’aiutino esterno che mi hanno dato, ovviamente, altrimenti ero ancora là. Però è una grande responsabilità soprattutto per i nostri figli perché, ripeto, sapere che Ferrovie Nord farà viaggiare entro il 2025 il primo treno a idrogeno fra Brescia e la Val Camonica è essere green. Avere 1.400 cantieri aperti sulla rete ferroviaria significa sì essere green, sviluppare la rete metropolitana non solo a Milano ma il progetto del ponte sullo Stretto porterà, ad esempio, alla metropolitana dell’area vasta dello Stretto, tre fermate in metropolitana a Messina e sul ponte passerà il treno che unirà Messina e Reggio Calabria, quindi un complesso di mezzo milione di persone. E sono due fra le province con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, non d’Italia, d’Europa. Quindi io mi domando come anche alcune forze sindacali possano dire di no a un’infrastruttura che porta lavoro in due aree da cui oggi i ragazzi si diplomano, si laureano e scappano. Ecco, quindi io conto che alla fine del mandato ci sarà un’Italia un po’ più moderna, un po’ più visionaria. E da un certo punto di vista un po’ più coi piedi piantati per terra, dico conservatrice. Il ministro delle Infrastrutture non si occupa di valori, teoricamente, di famiglia, di etica, però ognuno, entrando qua ci saranno medici, avvocati, insegnanti, camionisti, camerieri, poliziotti, ognuno nel suo lavoro porta il suo essere, porta la sua testimonianza di intendere una missione, perché è delicato fare il ministro, ma è delicato fare l’infermiere, è delicato fare il pompiere, è delicato fare l’insegnante. Quindi la cosa che io cerco di portare al Ministero e ovunque vada anche in questi giorni estivi è un certo modo di intendere l’Italia come un Paese che non ha paura del futuro, come un Paese che sceglie i sì.

Io ho l’anno del Signore 2032 in testa, perché il primo treno, se tutto va come stiamo lavorando perché vada, attraverserà lo Stretto nel 2032, il primo treno attraverserà la TAV nel 2032, il primo treno passerà sotto il Brennero nel 2032. Il primo vagone della metropolitana, per non essere milano-centrici, della linea più incredibile in lavorazione, che è quella di Roma, sotto Colosseo, sotto Fori Imperiali, sotto Altare della Patria, fino a Farnesina e fino a Stadio Olimpico a Roma Nord, 2032. Ovviamente è più facile dire di no, chiudo con questa riflessione, è più facile dire: “Ma cosa ci vai a fare al Meeting di Rimini? Ma non fate lo stand al Meeting di Rimini, tanto non serve, ma chi la userà l’autostrada del Sole?” E oggi c’è un po’ di gente che la usa. “L’autostrada dei Laghi, peggio ancora”, perché l’ingegner Puricelli, che è quello che poi ha disegnato anche l’autodromo di Monza di F1, fu preso per matto perché disegnò l’autostrada dei Laghi quando non c’era minimamente il numero di macchine che potevano usarla. L’autostrada del Sole negli anni ’50, prima o poi – si disse – servirà. Tranne quelli de “l’Unità”, tutti avevano capito che l’autostrada del Sole sarebbe stata utile a milioni di italiani. L’autostrada dei Laghi no, perché c’erano le macchine ma quelle del mio bisnonno. Un grande italiano vede avanti, laddove oggi non c’è domanda io ti porto un servizio e tu vedrai che la domanda ci sarà. Un po’ il ragionamento che abbiamo fatto noi per il ponte, per tante altre grandi opere, che poi, e chiudo, vengano usate dagli uomini e dalle donne. Non bisogna aver paura del futuro dell’intelligenza artificiale, però non occorre delegare il nostro essere a questi strumenti qua, perché poi quando c’è WhatsApp che ti va in down per due ore, panico, e sei isolato sull’isola dei famosi. Quindi conto l’anno prossimo di essere qua con altre piccole e grandi opere in disegnazione, in programmazione, in finanziamento. Ripeto però, e qua invece di modernista torno a essere conservatore: usate dagli esseri umani, usate dalle donne, usate dagli uomini, usate dalle famiglie. Perché, e chiudo per 15 secondi veramente, da vicepresidente del Consiglio e smetto di fare il ministro dei Trasporti, faccio il vicepresidente del Consiglio e segretario della Lega, su alcune cose non mi convinceranno mai che quello sia futuro, che il suicidio generalizzato sia futuro, no. Che il diritto alla droga sia futuro, no. Che il fatto che la famiglia sia un concetto superato e siamo fluidi e poi decidiamo giorno per giorno che cosa siamo, anche no. Io rispetto le scelte di vita di tutti, però siamo esseri umani unici. Siamo esseri umani unici. Non grande Salvini, la cosa drammatica è che siamo ad agosto 2024 a ribadire che la mamma si chiama mamma e il papà si chiama papà, è drammatico il momento storico in cui devi ribadire che la mamma è la mamma. Cioè, come dire, oggi è mercoledì. Oggi è mercoledì, non è che è quasi giovedì. Però ecco, quindi tenete presente che con tutti i miei mille difetti, però al Ministero cerco di portare l’idea di un’Italia più moderna, più sicura, più efficiente. Mi sono preso allo stand due alcool test gratuiti di quelli che distribuiamo gratuitamente ai ragazzi, anche se… Grazie, perché a me come Ministro arrivano tanti inviti. Poi, quando ti arriva un invito per il 21 agosto… Però ormai da tempo la prendo come uno stimolo per aggiungerci un giorno di vacanza prima e un giorno di vacanza dopo, ma veramente questo è un patrimonio italiano da tutelare. Il Meeting di Rimini è veramente un confronto di idee diverse, di culture diverse e viva la diversità, grazie.

Forlani. Grazie al ministro Salvini, grazie ai nostri ospiti, avremo occasione quindi di andare avanti nel nostro dialogo. Buon Meeting a tutti, proseguiamo con il programma. Grazie ancora, buona serata.

Data

21 Agosto 2024

Ora

19:00

Edizione

2024

Luogo

Sala Neri Generali-Cattolica
Categoria
Incontri

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