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SICUREZZA E SOSTENIBILITÀ: IL BINOMIO POSSIBILE PER LA MOBILITÀ DEL FUTURO
In collaborazione con Federmobilità, ASSTRA, ANAV. Partecipano: Francesco Fortunato, Direttore di ANAV; Ercole Incalza, Capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Franco Marzioli, Esperto dell’Associazione Federmobilità; Enrico Mingardi, Vice Presidente Federmobilità e Assessore alla Mobilità del Comune di Venezia; Luca Persia, Docente al Centro di Ricerca per il Trasporto e la Logistica all’Università La Sapienza; Marco Piuri, Vice Presidente ASSTRA. Introduce Deborah Appolloni, Giornalista. In occasione dell’incontro intervento di saluto di Vincenzo Mirra, Assessore alla Mobilità e Trasporti della Provincia di Rimini.
DEBORAH APPOLLONI:
Buonasera e benvenuti a questo incontro sulla mobilità. Il titolo di questo incontro è: “Sicurezza e sostenibilità: il binomio possibile per la mobilità del futuro”. Quindi come appare chiaro parleremo di trasporti e di spostamenti, sia dei passeggeri sia delle merci in città e altrove. Prima di iniziare, voglio ringraziare il Meeting per l’accoglienza anche di questi temi molto specifici e molto importanti per la vita quotidiana di tutti. Passerei ora immediatamente la parola al padrone di casa, l’Assessore alla Mobilità e ai Trasporti della Provincia di Rimini, Vincenzo Mirra.
VINCENZO MIRRA:
Grazie della cortesia, ringrazio innanzitutto il Meeting che ci dà l’opportunità di parlare questa sera di un argomento che per la nostra provincia è sicuramente fondamentale, perché riteniamo che giungere in luoghi come Rimini, dove il turismo è fondamentale, in tempi rapidi, veloci e accessibili sia per noi un punto nodale del nostro sviluppo. Ho il piacere di rivolgere a tutti, sia gli ospiti che il pubblico, il saluto della nuova amministrazione provinciale, della quale ho l’onore e l’onere di fare parte da poche settimane e certamente il tema della mobilità rappresenta un fulcro strategico delle politiche, dei servizi e della pubblica amministrazione. Affrontare il tema della mobilità ci permette infatti di incrociare più necessità: quella di migliorare la qualità della vita dei cittadini, quello di rendere più accessibile dall’esterno i nostri territori, quello di migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, quello di garantire la competitività delle nostre imprese e, nel nostro caso, di favorire il turismo. Pur nelle diverse esigenze che ogni territorio può avere dal punto di vista delle politiche della mobilità, vi sono comunque alcuni punti fermi che credo siano trasversali e oggettivamente validi. Innanzitutto dobbiamo avere la consapevolezza che si è aperta una fase nuova che chiama tutti e il pubblico in primis a cercare di offrire risposte innovative, all’altezza della complessità a cui ci mette di fronte la modernità. I problemi e le opportunità di oggi sono necessariamente diversi da quelli cui eravamo di fronte anche solo qualche anno fa. I cambiamenti sociali, economici, tecnologici sono così frequenti che siamo obbligati a un monitoraggio e a un aggiornamento continuo, se non vogliamo rischiare di affrontare problematiche nuove con strumenti vecchi. Vi è poi il tema della qualità ambientale; qualcuno dirà che si tratta di una parola forse un po’ abusata; no, il tema ecologico non è davvero un tema da anime belle e un lusso che in tempi difficili possiamo mettere in un angolino. Trascurare la qualità ambientale significa togliere il futuro alle persone e all’economia stessa. Non c’è dubbio che a Rimini, come in tutto il territorio nazionale, non possiamo permetterci di consumare altro territorio; questo è un punto di forza dell’amministrazione provinciale che è stata insediata da poco. Le modificazioni vanno previste solo se capaci di portare un vantaggio indiscutibile alla comunità. Nelle aree metropolitane il tema più delicato riguarda, non c’è dubbio, il tema dell’accessibilità e della mobilità interna. Anche qui siamo alla ricerca di un equilibrio tra le fisiologiche necessità di un territorio ad allargarsi, a crescere produttivamente ed economicamente e quelle della popolazione residente, che deve essere salvaguardata nella sua qualità della vita. E’ comunque necessario partire dalla concezione di fondo che un territorio così come la città non rappresentano in sé un problema ma un opportunità. Su questi temi il governo pubblico è chiamato in causa in maniera forte. A chi ricopre ruoli di responsabilità in questi ambiti, spetta certamente un ruolo propulsivo non facile in questa fase complessa, delicata, persino sconosciuta per generazioni intere. Riuscire ad attuarlo ha molto a che fare con la qualità di vita dei cittadini e con il tema tanto caro agli amici del Meeting, quello della centralità dell’uomo, per questo ritengo necessario che questo ambito venga alimentato da idee ed entusiasmo, che devono coinvolgere gli strati più ampi della popolazione. Abbiamo bisogno di assumere seriamente il tema della sostenibilità, sia perché conviene all’economia, sia soprattutto perché dobbiamo garantire ai nostri cittadini la tutela della salute e della qualità della vita, facendo tutto quanto il possibile per non gravare i costi dello sviluppo e della crescita sull’ambiente e sulle persone. Parte da qui credo la nostra politica di prevenzione e di sicurezza. Io il saluto lo rinnovo perché ritengo che l’amministrazione della provincia di Rimini sul Meeting abbia investito e creda nel risultato che questi incontri possano portare sia al dibattito che alla crescita e alla capacità di fare amministrazione. Ricordo a tutti solo una battuta simpatica, che noi circoliamo ancora su un ponte di 2000 anni fa, che è sempre li e che ci dà, per fortuna, tutti i giorni la possibilità di attraversare il nostro fiume che è il Marecchia. Grazie.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie infinite Assessore e adesso passerei a presentare gli altri ospiti di questo convegno. Abbiamo, andrò rigorosamente in ordine alfabetico, il dott. Francesco Fortunato, direttore dell’ANAV, l’Associazione nazionale delle aziende di trasporto privato, che è anche uno degli organizzatori di questo convegno insieme ad ASSTRA, che è l’Associazione delle aziende di trasporto pubblico, di cui abbiamo come rappresentante il Vice Presidente Marco Piuri. L’altro organizzatore dell’incontro di oggi è Federmobilità l’Associazione degli assessorati ai trasporti dei maggiori assessorati ai trasporti italiani; in rappresentanza abbiamo il Vice Presidente e Assessore della mobilità del Comune di Venezia, Enrico Mingardi. Abbiamo poi al tavolo Ercole Incalza, il capo della Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Franco Marzioli, esperto della Associazione Federmobilità, con una lunga carriera nelle Ferrovie dello Stato ed il Professore Luca Persia, docente al Centro di ricerca per trasporto e la logistica dell’Università La Sapienza di Roma. Io mi presento, sono Deborah Apolloni e scrivo da tempo sul Sole 24 Ore trasporti. A proposito del complesso tema dei trasporti, io dirò due cose, poi lascerò la parola agli eccellenti relatori che abbiamo al tavolo. Quello del trasporto è un tema complesso e chiaramente ci vede tutti coinvolti ogni mattina che usciamo di casa per andare a lavoro. Il titolo di questo convegno ha due parole chiave, sicurezza e sostenibilità, cioè dobbiamo essere sicuri, quindi abbassare la possibilità di incidenti ma anche il trasporto non deve diventare insostenibile. Abbiamo passato tutti lunghe ore al volante o sugli autobus e quindi ci chiediamo ancora come conciliare queste due possibilità, cioè come rendere i nostri spostamenti più sicuri e sostenibili, anche perché la domanda degli spostamenti collettivi sta aumentando, anche se siamo un paese dove gli spostamenti in auto ancora raggiungono l’83% dei nostri movimenti. Sicuramente il trasporto collettivo può essere una risposta ma abbiamo bisogno di dare appunto risposte concrete, di migliorarlo e renderlo sostenibile. Un obbiettivo che sinceramente non abbiamo ancora raggiunto in questo momento come vedremo da uno studio che fra pochissimo presenterà il prof. Persia, uno studio condotto dall’Università la Sapienza di Roma, che ha messo a confronto molte città italiane con città europee. Da questo studio, è inutile dire, usciamo perdenti, capiremo anche i motivi ma cercheremo anche di capire cosa ci aspetta nel futuro. Questa estate, insomma la prima parte del 2009, è stato un periodo molto importante anche dal punto di vista normativo, ci sono state delle novità che sicuramente daranno un altro aspetto al mercato dei trasporti pubblici locali. Quindi quello che vorrei che uscisse fuori da questo confronto, da questa tavola rotonda, è appunto capire il quadro attuale del trasporto, chiaramente del trasporto pubblico locale, insomma dei movimenti quotidiani, degli spostamenti quotidiani ma anche capire come si possono conciliare, raggiungere, dato l’attuale assetto, questi due obbiettivi: la sicurezza e la sostenibilità. Quindi comincerei dando la parola al prof. Luca Persia, che ci illustrerà questo studio estremamente interessante condotto dall’Università la Sapienza di Roma su commissione dei Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Prego.
LUCA PERSIA:
La ringrazio, io mi muoverò un po’ fra i due temi della giornata, quindi sicurezza e sostenibilità, partendo più in generale dal tema della sostenibilità e rifacendomi, come diceva la dott.ssa Appolloni, ai risultati di uno studio che abbiamo condotto per conto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, che ha avuto l’obbiettivo di valutare il livello di sostenibilità delle città italiane in termini di sistemi di trasporto. L’obbiettivo è stato quello di fare un confronto, di fare un benchmarking fra le prime 50 città italiane, in modo da cercare di capire chi funziona bene e chi funziona male, perché funziona bene chi funziona bene e perché funziona male chi funziona male, e cercare di indicare dei percorsi, delle roadmap per chi sta un po’ peggio, in modo di migliorare le sue prestazioni e quindi avvicinarsi a chi sta meglio. E’ stato uno studio molto ampio, perché ha preso in considerazione tutti gli aspetti del trasporto urbano, quindi dal trasporto privato al trasporto pubblico, al trasporto ed alla distribuzione delle merci. Mi fa piacere soffermarmi su una parte di questo studio, che ha visto un confronto anche internazionale, quindi per le città più grandi, abbiamo fatto un benchmarking fra alcune città italiane ed in particolare: Roma, Milano, Torino e Bologna, con un gruppo di 30 città europee. I dati di questo confronto li abbiamo ricavati da un data-base dell’Unione internazionale dei trasporti pubblici, quindi non sono proprio recentissimi, io spero e sono sicuro che c’è stato un miglioramento soprattutto in termini di sicurezza stradale negli ultimi tempi, perché i dati lo confermano, ma in ogni caso sono sicuramente affidabili. Noi abbiamo confrontato le città italiane con le città europee, basandoci su una serie di fattori in modo da rappresentare in maniera completa il livello di sostenibilità del sistema di trasporto, quindi abbiamo preso in considerazione la velocità media del trasporto privato, la velocità media del trasporto pubblico, il tasso di copertura dei costi del trasporto pubblico mediante gli incassi, la percentuale di spostamenti fatti in bicicletta, la percentuale di spostamenti fatti con il trasporto pubblico, il consumo energetico pro-capite ed infine i numero di morti dovuti a incidenti stradali rapportato al numero di abitanti. Mettendo assieme tutti questi indicatori emerge che in questa classifica di 34 città, guidata da città del nord Europa come Helsinky che è la migliore, Berlino, Monaco, Copenhagen e Oslo, le città italiane sono molto indietro. Quindi abbiamo Torino al 26° posto, Milano al 28° posto, Bologna al 30° posto e Roma al 34° posto. La situazione è addirittura peggiore se guardiamo in particolare agli aspetti della sicurezza stradale, quindi in termini di morti per abitante abbiamo al 30° posto Torino, al 31° Bologna al 32° Milano e al 34° Roma. Quindi emerge una situazione sicuramente non idilliaca delle città italiane rispetto alle più qualificate città europee. Abbiamo cercato di capire il perché di queste differenze, guardando a quello che viene fatto nelle diverse città in termini di politiche di trasporti. Cercherò di riassumerlo in poche parole. Diciamo che le differenze fondamentali che abbiamo riscontrato sono essenzialmente tre: la prima in termini di trasporto pubblico, dove si vede che mediamente le città italiane rispetto alle città europee hanno una offerta di trasporto pubblico più bassa in termini proprio di percorrenze, sebbene la dotazione di autobus sia pressoché la stessa, quindi diciamo che li fanno girare un po’ di più. C’è una dotazione di corsie dedicate al trasporto pubblico più bassa, siamo attorno al 35% in meno, c’è anche un numero di taxi più basso e ci sono degli investimenti significativamente più bassi nella media delle città italiane rispetto alla media delle città europee. Quindi questo primo aspetto riguarda il trasporto pubblico, c’è una differenza sensibile in termini di offerta e di investimenti di trasporto pubblico. Un altro aspetto che emerge forte è la differenza in termini di politica della sosta, quindi la politica della sosta adottata nelle città europee che funzionano bene è molto più restrittiva che non nelle città italiane, sia in termini di numero di posti di sosta disponibili e sia in termini di costo del parcheggio. Quindi nelle città europee abbiamo un numero significativamente più basso di posti disponibili rispetto al numero degli addetti dei lavoratori sia nel centro delle città ma anche a contorno nei parcheggi di scambio ed abbiamo un costo medio della sosta che sta attorno al 35/40% in più rispetto alle città italiane. Quindi il secondo punto: la politica della sosta. Terzo punto che emerge chiarissimo è la differenza in termini di veicoli circolanti. Nelle nostre città c’è un numero di automobili che mediamente è il 50% più alto rispetto alle città europee e c’è un numero di motoveicoli che è del 133% più alto rispetto alle città europee. Quindi sono emersi questi tre fattori fondamentali e già questo dato sui motoveicoli ci dà un input diretto che riguarda la sicurezza stradale, perché sappiamo benissimo tutti quanti che il modo ciclo-motore è di gran lunga il modo più pericoloso. Qui entriamo un po’ nel discorso delle cause degli incidenti, su cui vorrei dire alcune cose anche allontanandomi un po’ da questo studio, rifacendomi ad altre ricerche che abbiamo condotto. Riguardo alle cause degli incidenti, noi spesso vediamo sulle nostre strade, anche nei pannelli a messaggio variabile, dei messaggi in cui si dice che il 70% degli incidenti è dovuto a questo, il 30-40% è dovuto a quest’altro. Ora quello che mi preme dire è che questo tipo di analisi spesso può portare anche a delle imprecisioni, perché è basata essenzialmente sui dati raccolti dalle forze dell’ordine, che fanno benissimo il loro lavoro ma fanno un lavoro volto essenzialmente ad accertare le responsabilità degli incidenti più che le cause degli incidenti. Per analizzare nel dettaglio le cause degli incidenti, la commissione europea ha avviato un programma mediante l’osservatorio europeo per la sicurezza stradale, che loro chiamano di deep investigation, cioè di analisi approfondita degli incidenti stradali. Noi in Italia questo lavoro lo abbiamo fatto nella Regione Marche, abbiamo creato dei team che vanno sul campo ad analizzare in dettaglio, molto più in dettaglio, gli incidenti, per cercare di capire le cause, i diversi aspetti delle cause dell’utente del veicolo e dell’infrastruttura. Su questo volevo approfondire un po’ il discorso relativo al ruolo reciproco di questi tre soggetti che entrano in gioco nell’incidentalità stradale. Spesso vediamo dei diagrammi a torta in cui si dice l’80% dipende dall’utente ed il 10% dal veicolo e il 10% dall’infrastruttura, poi si vedono altre cifre. Ora è molto difficile realmente dire quali sono le percentuali, è chiaro che l’utente ha un ruolo fondamentale nel comportamento scorretto che porta all’incidente, ma è altrettanto importante focalizzare l’attenzione sul veicolo e sulle infrastrutture, perché il veicolo ha sia caratteristiche di sicurezza passiva, quindi impedisce o limita i danni una volta avuto l’incidente e, con le moderne tecnologie, ha anche grosse capacità di evitare l’incidente e l’infrastruttura a sua volta, con una opportuna configurazione, fa sì che l’utente abbia più difficoltà ad avere comportamenti scorretti. Il caso più eclatante è quello delle rotatorie. Perché una rotatoria riduce il rischio di incidenti gravi? Perché impedisce l’attraversamento diretto dell’incrocio e quindi impedisce che avvengano degli incidenti fronto-laterali, che sono quelli più pericolosi per gli occupanti del veicolo. Quindi una infrastruttura adeguatamente progettata ha un ruolo molto più importante di quello che si vede comunemente in queste percentuali di ripartizione fra i tre elementi. Ora è chiaro che agire sulle infrastrutture è più complesso e sicuramente anche molto più costoso e quindi l’azione che viene fatta sull’utente risponde sia ad un carattere di giustezza sia ad un carattere di maggior facilità. Però a questo riguardo mi preme dire qualcosa che forse può risultare anche un po’ impopolare. L’azione sull’utente viene comunemente fatta o con le campagne informative o con quello che gli inglesi chiamano enforcement, cioè il controllo della repressione. Le campagne informative spesso vengono presentate come una panacea per la sicurezza stradale, informazione ed educazione, si dice, in molti casi sono il vero rimedio contro gli incidenti stradali; bene così non è, perché gli studi internazionali, fatti da centri di ricerca fra i più qualificati al mondo, hanno dimostrato che le campagne informative hanno un efficacia limitata e anzi, se condotte in maniera generale, cioè se non indirizzate a comportamenti specifici dell’utente da correggere, hanno un efficacia prossima allo zero. Quindi le campagne informative sono importanti in abbinamento, in integrazione di altre misure, ma non sono la risoluzione dei problemi dell’incidentalità stradale. Il controllo e la repressione, viceversa, hanno una efficacia altissima. Anche qui in Italia l’applicazione del tutor ha dimostrato in campo extra urbano l’efficacia di queste misure, così come l’aumento dei controlli alcolemici ha dimostrato la sua efficacia, tuttavia bisogna riequilibrare un po’ il tiro, perché accanto all’enforcement, bisogna guardare molto all’infrastruttura. Chiudo con due spunti, il primo riguarda, facendo io ricerca, il ruolo della ricerca, il secondo lo chiamerei un po’ il coraggio delle scelte. Il ruolo della ricerca devo dire che qui in Italia non è molto sottolineato, nel senso che noi abbiamo una ricerca qualificata, l’Europa ce lo riconosce affidandoci la direzione coordinamento di grossi progetti internazionali anche di esportazione della sicurezza stradale verso altri paesi – noi adesso stiamo facendo un progetto con il Magreb, uno con l’India ed il Brasile – tuttavia c’è una difficoltà nelle nostre amministrazioni ad utilizzare i risultati della ricerca. Noi abbiamo fatto uno studio, commissionato dalla Commissione Europea, che evidenziava come l’Italia è quella che usa i criteri meno scientifici nella pianificazione degli interventi. Quindi il problema fondamentale non è tanto i soldi che vengono dedicati alla ricerca, è l’attenzione ai risultati della ricerca, perché anche quando noi troviamo dei fondi, soprattutto con la Commissione Europea, per fare buona ricerca, poi i risultati di questa ricerca non vengono utilizzati. Questo è un primo spunto. L’ultimo spunto, dicevo il coraggio delle scelte, abbiamo detto la differenza fra città italiane e città europee, trasporto pubblico, lì è semplicemente un problema di risorse, abbiamo detto politica sulla sosta, politica sulla sosta ci vuole un grande coraggio da parte degli amministratori locali, perché ridurre i posti di sosta in maniera significativa ed alzare il prezzo della sosta, sicuramente implica un coraggio che raramente vedo applicare nelle nostra città. L’ultimo punto riguarda il tasso veicolare. Ora e qui mi viene una considerazione: nei periodi di crisi la politica, non riguarda solo il nostro Governo, anche il Governo francese, tedesco etc, è quella di incentivare l’acquisto delle automobili. Capisco che è una politica che dal punto di vista economico è efficace, lo è anche dal punto di vista sociale, perché impedisce che migliaia di persone perdano il loro lavoro, ma bisogna tener presente che una politica di incentivo all’acquisto di veicoli, nel lungo periodo, non porta a risultati efficaci dal punto di vista poi della sostenibilità del trasporto urbano, perché la riduzione del numero dei veicoli circolanti è una condicio sine qua non per migliorare i nostri sistemi di trasporto urbano. Vi ringrazio dell’attenzione.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie moltissimo, vedo che poi la sintesi anche di questo studio è che forse, dico che forse, non mi permetto di essere assertiva, in Italia manca un po’ di attenzione al trasporto pubblico collettivo no? Diciamo che possiamo sintetizzare in questo modo. A questo proposito passerei la parola all’ingegnere Piuri …
MARCO PIURI:
Non sono ingegnere
DEBORAH APPOLLONI:
Scusi qui c’è scritto ingegnere, quindi…
MARCO PIURI:
Per definizione chi segue i trasporti è un ingegnere, io non sono ingegnere.
DEBORAH APPOLLONI:
Il dott. Piuri è in rappresentanza di ASSTRA ma è anche a capo di ARRIVA ITALIA, che è la sede italiana di una grande azienda di trasporto pubblico europea e quindi vorrei capire se da queste considerazioni sulle differenze tra l’attenzione al trasporto pubblico locale in Europa ed in Italia, possano scaturire delle riflessioni, visto che lei ha, diciamo, una visione ampia, butta spesso un occhio in Europa.
MARCO PIURI:
Avendo dieci minuti risulta difficile fare un intervento compiuto, quindi come al solito in queste occasioni, uno va per pennellate e poi lo usa come autoterapia, per liberarsi il fegato. Parto dal titolo e dalle considerazioni fatte, in cui si fanno spesso questi confronti, da cui noi città italiane usciamo sempre molto male, a parte che Helsinki per prima va anche bene ma è talmente brutta che preferisco Roma al 32° posto. Quando parliamo di mobilità sostenibile, bisognerebbe cominciare a capire chi produce inquinamento, congestione e incidenti e quindi, partendo da chi è l’attore principale rispetto a questo, derivare una serie di conseguenze e quindi definire una serie di politiche. I dati sono noti, sono stati ricordati: il tasso di motorizzazione di questo paese, l’ offerta di trasporto pubblico locale ecc.. Il problema però è la qualità del trasporto e la modalità in cui vengono spese le risorse porta a dire che, quando facciamo ragionamenti di questa natura, uno degli errori che ho visto anche nella storia del nostro paese, è che spesso si prendono punti di attacco che non sono esattamente quelli principali. Faccio un esempio: le due leggi principali, Ronchi e Bordon, in merito al tema della mobilità sostenibile, sono partite inventandosi una nuova figura professionale, spesso fatta da ingegneri, che è il Mobility manager. È però un punto di attacco parziale, perché è corretto richiedere alle aziende o ad ambiti territoriali di un certo tipo di provare a ragionare o a organizzare meglio la mobilità, andando nella direzione di una mobilità più sostenibile, che utilizzi di più il trasporto collettivo ecc, è evidente però che l’azione di un soggetto di questa natura, in un contesto di sistema dove alcune scelte fondamentali non vengono fatte, rischia di essere fortemente vanificata. Il punto di attacco, il fatto che si ritenga innanzitutto responsabili alcuni soggetti, sposta secondo me l’attenzione dalla questione vera e porta a casa risultati marginali. Faccio un altro esempio: noi siamo molto preoccupati come azienda del trasporto pubblico, non solo in Italia ma anche in Europa, perché questo tema della mobilità sostenibile sembra prescindere da un ragionamento serio sulle esternalità e quindi rischia di ributtare sulle aziende che fanno trasporto pubblico locale una serie di oneri e di costi, per esempio con riferimento alle scelte degli autobus, a come questi autobus devono essere più ecocompatibili, ai tipi di apparati che devono essere montati. Tutte cose giuste, ma torno alla domanda precedente: chi è che produce sostanzialmente e principalmente inquinamento, congestione ed incidenti? Non certamente il trasporto pubblico, sicuramente quello su ferro ma anche quello su gomma. Allora una delle preoccupazioni che abbiamo è che questa giusta direzione di tentativo di ridurre i consumi, di costruire un sistema più compatibile e più sostenibile, vada a scaricarsi, ancora una volta, sui soggetti che non sono i principali responsabili e che già sopportano una serie di oneri in termini di scelte di sistema non fatte. Vi faccio un esempio di casa mia. Noi ovviamente, ma credo come molti altri ormai, nel costruire i bandi per l’acquisto dei mezzi, in questo caso di autobus, prendiamo in considerazione l’impatto ambientale di questi autobus da diversi punti di vista, non solo in termini di sistema di alimentazione ma anche in termini di sua possibilità di riutilizzo, di consumi energetici ecc, e questo diventa elemento che attribuisce una quota non marginale di punteggio nell’ambito delle gare che andiamo a fare. È giusto che noi lo facciamo; non credo però che il fatto che ci siano autobus meno inquinanti sia la questione fondamentale rispetto al tema che stiamo dibattendo. Vorrei ricordare che quando parliamo di sistema di mobilità, in realtà stiamo parlando di un sistema che, in termini complessivi, utilizza molto poco la leva del trasporto pubblico locale e utilizza moltissimo il mezzo privato e, come spesso succede nel nostro paese, non c’è un dato nazionale, c’è un dato medio, che significa poco. Ci sono tante “Italie”, perché il trasporto pubblico ha un qualche significato nei grandi ambiti urbani, ne ha pochissimo negli ambiti extraurbani o nei piccoli centri urbani, dove il trasporto pubblico locale sostanzialmente non è utilizzato. Così come, se andiamo a vedere come è il trasporto pubblico locale per aree geografiche, il nord-ovest è una cosa, il centro, il sud e le isole sono un’altra cosa, dove il trasporto pubblico sostanzialmente non esiste o comunque raccoglie quote di mobilità che sono molto più marginali rispetto a quelle che dovrebbe raccogliere. Allora io posso anche comprare l’autobus meno inquinante ma se poi il sistema della mobilità è costruito in un altro modo, è evidente che sto sbagliando bersaglio. Da questo punto di vista credo sia interessante tornare su uno dei punti che venivano prima ricordati, nell’ambito delle politiche di sistema, il tema degli incentivi – disincentivi all’utilizzo di una certa modalità di trasporto. Io sono tra coloro che crede che il trasporto pubblico locale, e l’esempio dei paesi europei lo conferma in assoluto, richiede che vengano prese misure molto chiare in termini di scelte infrastrutturali, per esempio le corsie preferenziali, perché, come dico spesso, se io devo stare in coda, sto in coda sulla mia auto che è più bella, più comoda, sento la radio, telefono e mi metto le dita nel naso, non sto in coda su un autobus. Allora o io creo le condizioni per cui il trasporto pubblico locale ha delle sedi protette e privilegiate, entro le quali può correre e quindi può garantire uno degli elementi che sono la puntualità e i tempi di percorrenza, oppure possiamo stare a continuare a discutere. Su questo le città, gli enti locali, le regioni sono molto indietro, perché sono scelte che si fanno fatica a fare; si fanno spesso scelte schizofreniche, si richiede di creare punti di interscambio, l’interscambio, l’intermobilità vale il 5% sull’intero sistema di mobilità e nell’ambito del 5%, l’80% è un intermobilità che riguarda mezzo pubblico su mezzo pubblico, quindi non esiste l’intermobilità tra mezzo privato e mezzo pubblico. Ma perché non esiste, perché il mezzo pubblico non è attrattivo? Certo è una delle ragioni, ma perché non è attrattivo? Ora sono scelte di sistema che non sono scelte che possono essere compiute dalle aziende, sono scelte che devono essere compiute dai regolatori. Allora, da questo punto di vista, io cito tre dati che mi hanno molto incuriosito, che sono sostanzialmente questi: il primo è una ricerca dell’Isfol dell’anno scorso, quando si è chiesto quali sono le misure per ridurre il traffico e l’inquinamento – parlo di media e grandi città, perché il punto sta lì. Allora la prima misura richiesta, io ho segnato sic con punto esclamativo, è applicare sconti sugli abbonamenti dei mezzi pubblici; cioè capite che quando uno legge questa cosa, non vorrei diventare volgare, ma cosa vuol dire applicare sconti? Ma a parte che c’è qui ci sia Moretti che ha fatto una battaglia, è una delle poche cose su cui siamo d’accordo, siamo molto d’accordo sul fatto che il sistema del trasporto pubblico ferroviario, non ferroviario etc. è assolutamente un sistema da rivedere. Per come è costruito, per come è concepito, fa pagare alla fiscalità generale, fa pagare a tutti, in maniera indistinta, un servizio che ha alcune caratteristiche, non fa apprezzare il servizio per quello che è, non permette alle aziende politiche di differenziazione, di incentivazione o quant’altro. Troviamo indicata con 8,5 di punteggio medio questa come prima misura e poi andando sotto, grazie a Dio, aumentare le corsie, i percorsi preferenziali e questo va bene, ma quando si va su misure che dovrebbero disincentivare l’uso del mezzo privato, per esempio far pagare i parcheggi ai non residenti, il tema della pubblica sosta, far pagare l’accesso al centro storico, alle strade intasate dal traffico, andiamo dal cinque in giù come voto di preferenza. Io credo invece che dobbiamo dire che è esattamente il contrario. E di esempi ne abbiamo a bizzeffe, perché la mobilità è un concetto idraulico, una delle modalità che qualcuno aveva detto è costruire più strade, che è esattamente la scelta sbagliata, perché più strade costruisco, più traffico genero. Io ricordo, quando stavo ancora a Ferrovie Nord, che una città ci chiedeva di creare un punto di interscambio fra il treno e la mobilità privata, per permettere l’accesso in città sostanzialmente in treno e poi hanno realizzato un parcheggio di millecinquecento posti di auto in centro città . Allora bisogna avere il coraggio di dire che le scelte da fare sono scelte di sistema, che stanno sugli enti regolatori che gestiscono, amministrano il territorio e che devono sostanzialmente privilegiare realmente il trasporto pubblico e disincentivare quello privato. Uno dei dati che mi ha incuriosito è questo. Considerando il problema sicurezza, multe, sanzioni e quant’altro con riferimento alla sicurezza e quindi con molto orgoglio, la polizia, l’ACI fanno notare che il 70% delle sanzioni date nell’anno scorso, quindi parliamo di otto, dieci milioni di sanzioni, riguardano due mancanze, che sono la politica della sosta, cioè parcheggi in punti dove non si poteva parcheggiare e l’accesso ai centri storici. Mentre sanzioni più gravi che possono portare a generare incidenti etc. hanno percentuali molto più basse. Ora il lato sicurezza è certamente un dato interessante, ma, visto il lato politico della mobilità sostenibile e le misure di incentivazione e disincentivazione, conferma quello che si diceva prima, cioè che la gente, anche quando esistono quei pochi tentativi di disincentivo e di regolazione diversa del trasporto, con accesso in particolare ai centri medi e grandi in realtà, non rispetta questi accessi. C’è tutto il tema della sanzione, c’è tutto il tema di come vengono regolate queste cose, allora è chiaro che, visto il lato operatori, viene fuori il solito grido di dolore, che sembra ormai il solito grido di dolore che andiamo in giro a fare dappertutto. Non dico che non sta succedendo nulla, però sempre questa ricerca Isfol, oggi non ho il tempo, ma nel momento in cui considera la dinamica di una serie di misure proprio relative all’incentivo al trasporto del mezzo pubblico e al disincentivo all’utilizzo del mezzo privato, evidenzia sì dei movimenti in avanti in positivo, ma che sono assolutamente risibili, che non possono essere una risposta reale al tema che ci stiamo ponendo. Quindi la nostra preoccupazione è doppia, anche perché a livello europeo, come sta accadendo nel Regno Unito, partono politiche che vanno nella direzione di quantificare in termini economici l’impatto, per esempio in questo caso, dell’inquinamento e fanno ricadere sulle aziende l’onere, con il meccanismo per cui io devo dichiarare oggi qual è la politica per l’anno prossimo di riduzione del consumo energetico per l’inquinamento che farò, questa mia dichiarazione viene quantificata in termini economici e alla fine dell’anno qualcuno andrà a controllare se io ho rispettato o meno questo impegno, se non l’ho rispettato dovrò pagare, in questo caso al governo inglese, la quota che non ho rispettato in termini di impegni. La direzione in cui stiamo andando è questa, per questo vi dicevo della preoccupazione che abbiamo sul trasporto pubblico. Continuiamo ad avere un legislatore che se facesse un po’ meno di legislazione e facesse applicare quella che è stata fatta a suo tempo, creando un percorso e verificando quelli che sono i passaggi, forse sarebbe meglio. Per l’ennesima volta abbiamo messo mano alle norme, creando come sempre problemi di interpretazione, ma non vengono fatte le scelte di sistema e la nostra preoccupazione è quella che alla fine il problema della mobilità sostenibile si vada a riscaricare, con onori ulteriori, sul problema del trasporto pubblico locale. E’ evidente che in queste condizioni non andremo molto lontano.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie infinite. Allora sulle scelte di sistema, sulle novità normative, sentiremo alla fine del nostro incontro l’ingegnere Incalza. Intanto io chiederei al dottor Fortunato, direttore generale del ANAV, quindi rappresentante delle aziende private, se questa lettura di scelte non fatte, di mancanze è valida anche per le aziende private e qual è il ruolo di questo settore, del privato nel trasporto pubblico. Grazie.
FRANCESCO FORTUNATO:
Sì grazie. Dunque innanzitutto devo dire che è la prima volta che mi trovo con il tema del convegno e in maniera piena, completa lo sposo. Anzi io dirò che avrei sostituito l’aggettivo possibile con indispensabile, perché non c’è dubbio che se non si realizza un trasporto sostenibile e sicuro in Italia non si va da nessuna parte. Noi abbiamo una concorrenza spietata che è l’auto, ci sono trentaseimilioni di auto in circolazione e settecentomilioni di auto in tutto il mondo e se non si fa nulla in termini di veicoli ad emissione zero o sottozero, addirittura, o non c’è un cambiamento di rotta nella politica della mobilità, addirittura si stima che quei settecentomilioni di autovetture nel mondo nel duemilasessanta diventino più di tremiliardi. Dove andiamo? E’ chiaro che il sistema deve essere un sistema efficiente, sostenibile, economicamente compatibile. D’altra parte il trasporto pubblico è sostenibile nella misura in cui riesce a rispondere alle esigenze dei cittadini nel pieno rispetto dell’ambiente e in un contesto economicamente competente. Non c’è dubbio che sono due le priorità assolute, innanzitutto quello che diceva Piuri, una migliore integrazione dei vari modi di trasporto, la seconda è la introduzione di tecnologie innovative. Sono due aspetti che a mio modesto avviso vanno verso la sostenibilità e la sicurezza. Come si fa a migliorare l’offerta del trasporto? Sicuramente agendo sulla qualità del servizio, agendo sull’efficienza del sistema, agendo sull’efficienza delle imprese del trasporto. Per me è un aspetto fondamentale, dicevamo prima con Ercole Incalza, abbiamo visto distruggere una delle migliori leggi prodotte in Italia, la 151 del ’81, e adesso con quei principi della 151 ci ritroviamo nella legge Federalismo fiscale.
DEBORAH APPOLLONI:
Può dirci in breve …
FRANCESCO FORTUNATO:
La legge 151 è la legge quadro, la legge cornice che aveva introdotto il principio essenzialmente del costo standard, che segnava un po’ la soglia del costo del trasporto dato alle aziende. E adesso quel costo standard si sta prendendo a riferimento non solo per i trasporti ma per tutti i servizi pubblici essenziali, viva Iddio. Per quale motivo l’azienda rivendica risorse? Ma non c’è dubbio, l’efficienza economica nei trasporti, invero in tutti i sistemi, si realizza nella misura in cui i prezzi o le sovvenzioni pubbliche, quando si parla di trasporto pubblico locale, riflettono i costi interni ed esterni che il sistema genera. Se questo non avviene, il sistema non funziona e non ci può essere efficienza.
DEBORAH APPOLLONI:
Ma in Italia questi costi sono bassi?
FRANCESCO FORTUNATO:
I costi in Italia sono alti. Noi abbiamo in Italia le tariffe più basse in Europa e questa è una verità, bisogna dirlo.
DEBORAH APPOLLONI:
In Italia un biglietto medio costa un euro, ecco ci può spiegare, per capire, di questo euro che noi paghiamo per un viaggio in autobus, che parte va alle aziende, come è coperto, cosa copre?
FRANCESCO FORTUNATO:
Vede, la definizione di servizio essenziale in qualche modo dovrebbe estrapolare l’aspetto economico, perché se è essenziale, questo servizio lo devo produrre e c’è poco da fare. L’aspetto critico qual è? Lo stato e le regioni adesso fanno pagare alla socialità le aziende di trasporto e questo è impossibile, il grado di copertura, è risaputo, nel trasporto pubblico locale in alcuni casi non arriva nemmeno al 20% in Italia, questa è la verità. Nemmeno il 20%, nelle migliori delle ipotesi addirittura al 20%, quindi è chiaro che la sovvenzione pubblica, tanto per intenderci, è un passaggio obbligato nella misura in cui però non si ritiene che la sovvenzione pubblica, data alle aziende pubbliche, sia un modo di assistere quelle aziende, perché una cosa è certa, noi facciamo impresa o il prezzo lo paga il cliente o lo paga il committente, qualcuno lo deve pagare il prezzo del trasporto. Se il cliente paga di più, il committente pagherà di meno, questa è la situazione.
DEBORAH APPOLLONI:
Solo per capire ripartendo dall’euro. Oggi una corsa costa un euro, ma a voi aziende quanto vi costa, quant’è la parte coperta dallo stato e qual è la parte che può pagare l’utente, cioè in questo euro ci rientrate o no?
FRANCESCO FORTUNATO:
Ma no che non ci rientriamo nella maniera più assoluta, tenga presente che ci sono due modi di fare i contratti di servizio pubblico, addirittura vi possono dire anche di fare il servizio e l’incasso lo prende il committente, non è questo il problema. Il problema è che il costo di produzione del servizio risente di una miriade di situazioni che non sono riconducibili alle aziende. Si parlava prima della velocità commerciale, noi abbiamo la velocità commerciale più bassa in assoluto, a Roma siamo a dodici chilometri orari, la media europea è oltre i venti chilometri orari, questa è la verità.
MARCO PIURI:
Però possiamo dire, scusa, che con un euro a noi ce ne costa altri tre mediamente, ed è il servizio, a parte gli investimenti. Possiamo dire così: l’euro pagato nel biglietto in realtà ne chiede altri tre di costo per produrre il servizio, in più ci sono gli investimenti. Stiamo parlando di trasporto pubblico su gomma, su ferro è molto di più .
FRANCESCO FORTUNATO:
Quindi è chiaro che, a mio modesto avviso per entrare nel tema del convegno, deve essere fatta molto più una politica a sostegno del trasporto collettivo, perché è chiaro che il trasporto collettivo è più sicuro e più sostenibile. Trasporto collettivo. Se noi vediamo le statistiche parlano chiaro, già il trasporto su gomma rispetto alla motorizzazione è da dieci a quindici volte più sicuro, il ferro poi è venticinque volte più sicuro. Questa è la realtà, e queste le statistiche: nel 2008 trentanovemila vittime in Europa, non abbiamo i dati italiani del 2008 ma nel 2007 erano cinquemilaseicento, duecentottantamila incidenti, diciottomilioni di miliardi di euro solo di incidenti. Queste sono le situazioni che devono spingere il governo centrale, i governi regionali a favorire il trasporto pubblico locale. Il trasporto pubblico locale non è il problema, il trasporto pubblico locale è la soluzione al problema, anzi è uno strumento per realizzare la mobilità sostenibile e sicura. La congestione del traffico è un costo ingente per la società, perché la motorizzazione alle famiglie, la motorizzazione privata, pare che siano sessantamiliardi di euro, sessanta miliardi di euro non è uno scherzo, cioè se noi facciamo le somme di tutti i costi esterni del trasporto, valgono cinque finanziarie. Per cui se non c’è una inversione di tendenza…. Attenzione ci sono delle situazioni di cui dobbiamo farci carico, per esempio l’invecchiamento della popolazione. E’ questo è un problema, anche se viva Iddio campiamo di più, però è un problema serio perché si reputa, si stima che nel 2060 si aumenterà di sette anni la vita media e gli ultra sessantacinquenni, grazie a Dio, saranno il 30% rispetto all’attuale 17%. Questa è gente che ha bisogno di trasporto sicuro, di altissima affidabilità e l’affidabilità deve essere percepita dal cliente, il che significa che ha bisogno di soluzioni tipiche, tipiche di chi ha una capacità molto, molto ridotta. E il trasporto questo oggi non è in grado di farlo.
DEBORAH APPOLLONI:
Benissimo la ringrazio, poi magari se ci sarà tempo focalizzeremo anche l’attenzione sui bisogni immediati, anche perché la crisi economica, al di là dell’invecchiamento della popolazione, ha portato sui mezzi pubblici un maggior numero di persone, e questa è una cosa che abbiamo visto durante il 2008.
FRANCESCO FORTUNATO:
Per alcuni settori urbani, per i settori extra urbani la cassa integrazione ha fatto ridurre la domanda.
DEBORAH APPOLLONI:
Però nelle città…insomma non è che …
FRANCESCO FORTUNATO:
Guardi, lei crede che questo sia un fatto positivo? A me spaventa l’aumento della domanda.
DEBORAH APPOLLONI:
Anche a me.
FRANCESCO FORTUNATO:
Perché noi non sappiamo dare una risposta all’aumento della domanda. E’ un settore che purtroppo è in una crisi endemica. Questa è la verità, le risorse sono ferme ancora al 1996.
DEBORAH APPOLLONI:
Bene, comincerei a passare la parola alle istituzioni e chiamerei in causa l’Assessore Enrico Mingardi, assessore alla mobilità del comune di Venezia e vice presidente di Federmobilità.
ENRICO MINGARDI:
Intanto buona sera a tutti. Alcune considerazioni prima di entrare nel merito dell’intervento. Innanzitutto credo che la mobilità, soprattutto negli enti locali, a livello di comuni, sia una mobilità che va riorganizzata, rimodulata, perché secondo i dati europei, siamo la città che trasporta meno persone col trasporto pubblico locale. Il fatto deriva da scelte che ci trasciniamo ormai da un ventennio, trentennio, che non hanno premiato la infrastrutturazione e l’organizzazione della mobilità collettiva. Noi a Venezia Mestre abbiamo cercato di organizzare la mobilità, non offrendo solo un progetto di maggior trasporto pubblico locale ma cercando di usare tutte le funzioni della mobilità individuale sia di merci che di persone e dare una risposta di pacchetto di mobilità. Per esempio abbiamo favorito molto la mobilità ciclabile, abbiamo favorito l’uso condiviso dell’automobile, il car-sharing, abbiamo cercato di potenziare la rete del trasporto pubblico locale e abbiamo cercato di creare delle interconnessioni tra le varie modalità ed offrire al nostro cittadino un prodotto che possa soddisfare le esigenze di spostamento. Su questo è evidente che l’altra scelta che va fatta è una scelta all’interno della città, che è quella di trovare un modo per chiudere la città o rendere più difficile la usufruibilità o la tracciabilità della mobilità urbana in automobile. In questo è evidente che chi fa l’assessore ha un mestiere molto impopolare e che crea anche problemi di consenso all’interno dell’amministrazione comunale. Noi abbiamo agito cercando di organizzare, pianificare i nostri interventi nei prossimi 5, 10, 15 e 20 anni per quanto riguarda la mobilità. Vi faccio vedere solo pochissime diapositive per farvi capire. Abbiamo creato un piano urbano della mobilità che è una delle proposte che è ancora contenuto nel piano generale dei trasporti della logistica del 2000. E’ il piano urbano di mobilità di Area Bus, che ha preso in considerazione non solo il territorio dove faccio l’assessore, ma ha messo a sistema tutti quei comuni di prima cintura ed è andato ad esaminare con puntualità i piani regolatori per lo sviluppo sia abitativo sia lavorativo. Adesso ci sono gli addetti, prima c’erano gli abitanti, abbiamo cercato modelli teorici che però danno un riscontro di come aumenta la mobilità a seconda dell’insediamento che si va a fare sul territorio. Su questo abbiamo organizzato un ragionamento sull’abbattimento delle emissioni, facendo riferimento al protocollo Kyoto e rientrando in quei parametri che il protocollo detta, e nei prossimi dieci anni, con gli interventi programmati all’interno del nostro piano, dovremmo raggiungere questo tipo di obiettivi. Poi ci saranno le decisioni conseguenti o la coerenza rispetto alle decisioni. Noi abbiamo scelto di costruire nella nostra città una rete tranviaria con due linee e chiuderemo la prima linea alla fine di quest’anno. E’ stato difficile fare una linea tranviaria all’interno della nostra città, una città da 160 mila abitanti. Siamo intervenuti anche nel cuore della città, abbiamo sventrato la città per l’intervento. Stiamo realizzando questa prima linea tranviaria che sarà di 6 km, nel 2012 arriveremo anche a Venezia e avremo esattamente 20 km di linea tranviaria. Però abbiamo pianificato interventi per altre quattro linee tranviarie nelle grandi direttrici, privilegiando il trasporto pubblico locale rispetto alla mobilità individuale. E nel 2017 vorremmo realizzare, se avremo le risorse, vorremmo realizzare quattro linee tranviarie e sicuramente offrire una mobilità collettiva che abbia quella soddisfazione da parte del cittadino, che è quella di avere puntualità, mobilità sicuramente più confortevole ed avere anche una situazione di emissione a basso impatto. Questa è la situazione, per quanto riguarda invece la rete viaria, non è che nel piano urbano della mobilità sottovalutiamo le infrastrutture viarie, abbiamo il passante, che è già in funzione e finalmente ha fatto sì che la tangenziale sia diventata una tangenziale di valenza urbana, che viene usufruita soprattutto dalla cittadinanza e dai cittadini della città di Mestre e della prima e della seconda cintura, e a questo abbiamo anche aggiunto una serie di interventi che sono già pianificati e finanziati per quanto riguarda la nostra realtà comunale. Scorro molto velocemente, a questo va aggiunto anche tutto il sistema ferroviario che si sta sviluppando nel nostro territorio tra Padova, Venezia, Treviso; abbiamo fatto anche lì una proiezione su quello che succede in questo triangolo, che è molto importante per gli spostamenti delle persone (coinvolge circa un milione di persone) e già l’entrata in funzione della metropolitana regionale, sta entrando a Steppe, e anche l’infrastrutturazione che stiamo avendo con il potenziamento del trasporto pubblico, fa sì che sicuramente avremo un cambio di usufruibilità per quanto riguarda il trasporto pubblico. Sul discorso ferroviario abbiamo preso anche in considerazione quello che sarà lo sviluppo dell’alta velocità sul nostro territorio, cioè un progetto importante, che è il collegamento con l’alta velocità e l’aeroporto di Venezia, e con questo e con le reti ferroviarie abbiamo lavorato e abbiamo simulato la crescita dell’aeroporto e anche delle funzioni ferroviarie per quanto riguarda il nostro territorio. Questa è l’immagine della rete viaria; a questo va aggiunto che gli investimenti programmati sono investimenti per circa 1 miliardo e 100.000 euro, di cui 500.000 sono già in atto, e dunque dovremo aggiungere circa 500 milioni di euro per realizzare quello che prima vi avevo fatto vedere. Abbiamo anche studiato la città storica, una città particolare che si muove solo, quasi esclusivamente sul trasporto pubblico locale, abbiamo fatto una serie di rilevazioni, voglio solo darvi una informazione sulla città storica, l’obiettivo è quello di realizzare una rete di sub-lagunare metropolitana, che possa riorganizzare anche qui la penetrazione nella città di Venezia, perché ormai abbiamo un problema di saturazione per quanto riguarda la città antica. Ecco, noi abbiamo fatto il piano urbano della viabilità, non per fare e cercare di realizzare un ulteriore piano, tra i piani magari che già l’amministrazione aveva fatto. L’abbiamo fatto perché abbiamo cercato di individuare in un unico centro di pianificazione e di programmazione tutto quello che sono gli interventi per quanto riguarda la mobilità. E su questo spero, c’è qui l’ingegner Incalza, ma anche una proposta che stiamo facendo come coordinamento dell’ANCI, spero che riusciremo a scrivere finalmente il regolamento dei piani urbani della mobilità, che ci permetterebbero sicuramente di avere anche una semplificazione di spesa all’interno delle amministrazioni comunali, e avere e dare una pianificazione integrata di quelle che sono le esigenze al territorio. Dopo, sulle risorse, si faccia un patto di legislatura, io dico, e non di anno in anno, per quanto riguarda il discorso del DPF e ci dicano con certezza quali sono le risorse che possono essere trasferite ai comuni, e poi i comuni scelgano le priorità rispetto agli investimenti che vanno fatti. Sul ragionamento invece del codice della strada, sempre per quanto riguarda i comuni, è evidente che tutte le trasformazioni e info-mobilità che ci sono state nel nostro territorio – zone a traffico limitato, l’organizzazione della mobilità tramvai, attraverso l’info-mobilità -comporta anche dei cambi sostanziali per quanto riguarda le regole del codice della strada, che ci permettano finalmente di poter governare anche qui l’organizzazione della sicurezza nella città, non solo con i vigili urbani, o non solo con la figura del vigile urbano, ma che venga superata, perché ormai le funzioni dei vigili urbani sono più legate alla sicurezza, diciamo così, di ordine sociale, che di ordine modale. Anche su questo, credo che il legislatore dovrebbe semplificare molto e far sì che alcune figure, che sono gli ausiliari al traffico, della sosta e quant’altro, possano diventare sempre più figure importanti per quanto riguarda l’organizzazione della mobilità. Chiudo dicendo altre due considerazioni. Noi a Venezia abbiamo lanciato una serie di progetti. Dicevo prima, quello del car-sharing, è nato quasi per scherzo nel 1999, oggi la rete urbana della città di Venezia, per quanto riguarda il trasporto pubblico nella terraferma, è di 13 milioni di chilometri, il car-sharing oggi percorre circa un milione e mezzo di chilometri. Abbiamo raggiunto 4.500 abbonati e siamo credo la prima città in Italia, ma siamo anche tra i primi in Europa. E’ dunque una risposta di incentivazione che abbiamo fatto. Abbiamo lanciato un altro progetto, che credo che anche a livello nazionale dovrebbe essere in qualche modo considerato, che è quello del concetto del ticket-referent, noi lo chiamiamo il ticket della mobilità, secondo il concetto che come tutti mangiano, tutti si muovono e tutti hanno l’esigenza di usare un ticket, un mezzo pubblico, o anche individuale, per muoversi all’interno della città. Ecco noi abbiamo lanciato questa proposta di ticket della mobilità, che abbiamo fatto con la nostra azienda, fornendo un buono, un buono che oggi ha un valore nominale pari a 250 euro all’anno, ma se entrasse nel concetto della defiscalizzazione o quant’altro, potrebbe diventare sicuramente appetibile. Abbiamo dato e stiamo incentivando la possibilità che il mondo del lavoro, il mondo delle professioni, ne possano usufruire con agevolazioni fiscali, e dunque potrebbe essere anche introdotto come elemento di contrattazione, per semplificare la spesa delle famiglie. La possibilità di comprare mobilità, mobilità di trasporto collettivo, mobilità per quanto riguarda tutte le altre mobilità, di mobilità pulita diciamo, non benzina, perché altrimenti sarebbe un paradosso, stiamo vedendo che interessa anche le imprese, che pian piano si stanno facendo avanti per capire come possono avere dei benefici per usare questo buono annuo della mobilità che, come dicevo prima, serve a incentivare l’uso del trasporto pubblico, l’uso della mobilità nelle nostre città.
DEBORAH APPOLLONI:
Ci fa un esempio di cosa possa essere acquistato con questo ticket?
ENRICO MINGARDI:
Noi abbiamo messo nel nostro menù: l’abbonamento del trasporto pubblico, abbiamo messo la possibilità di acquistare il parcheggio, il car-sharing, la ciclabilità, abbiamo messo varie possibilità e vediamo che c’è una curiosità e speriamo, come dicevo prima, di poterlo fare. Però questo io mi ricordo che lo avevamo già lanciato anche a livello nazionale, altri stati lo stanno portando avanti, se rientra in un ragionamento di riconoscere una contrattazione collettiva, come prestazione del lavoratore, dunque con le caratteristiche, come dicevo prima, di non incidenza fiscale, ma valore nominale, come oggi c’è sul buono pasto, sicuramente credo che avremo la possibilità, io direi anche in forma volontaria inizialmente, di dare alle famiglie un buono che possa acquistare mobilità e che non abbia l’aggravio, dicevo prima, né per l’impresa, né per i lavoratori, di tutto quel ragionamento della fiscalità. Si sta parlando proprio in questo momento qua, sentivo l’altro giorno sia Sacconi che i sindacati, di una contrattazione di secondo livello che non abbia incidenze di ordine fiscale. Ecco, questa potrebbe essere sicuramente una possibilità di incentivare questo tipo di volontà. Vediamo se nei prossimi mesi riusciremo a sfondare su questo. Io mi fermo. Grazie.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie. Molto interessante il ticket della mobilità, perché tra le altre cose, porterebbe una abitudine, l’abitudine a utilizzare una mobilità sostenibile e lasciare in garage l’auto. Finora non è stato affrontato, o comunque abbiamo solo sfiorato il tema del trasporto ferroviario. Abbiamo tra noi l’ingegner Marzioli, che è un esperto di ferro-mobilità, ma anche ha avuto una lunga carriera nel gruppo Ferrovie dello stato, al quale chiederei: quando conviene il treno? Cioè, quando conviene scegliere il treno anziché la gomma? Grazie.
FRANCO MARZIOLI:
La prendo un po’ alla lontana. E’ tardi, ma farò presto. Vado per flash. Scegliere. Quando è opportuno scegliere, quando si deve scegliere il treno, chiede la dott.ssa Apolloni. Questa è la parola chiave di tutto il discorso che facciamo adesso: dobbiamo scegliere sicurezza e mobilità nella mobilità del futuro. Ma già oggi il sistema è in crisi nera. Tutti i giorni onda verde nei giorni normali, non nei giorni di punta, denuncia le stesse crisi, tutti i giorni sono uguali. Quindi già oggi non reggiamo, figuriamoci che succederà con la mobilità che andrà ad aumentare le pay, quindi bisogna intervenire, bisogna scegliere. Insisto molto su questa parola, perché fino adesso scegliere possiamo dire che è stata una opportunità, è stata una possibilità. Quando abbiamo risorse scarsissime la scelta diventa un obbligo, quindi tutto quello che faremo dovrà seguire le scelte e tutte le scelte lasciano dietro di sé persone scontente. Quindi per risolvere il problema dobbiamo mettere in conto che faremo tanti scontenti, se questo non succederà probabilmente non avremo risolto il problema. Oggi la strada la fa da padrona, tutti i numeri che leggiamo differiscono in qualche cosa ma dicono che la mobilità oggi è quasi tutto strada: parlo in Italia da Brennero a Siracusa. Dove così non è, vedi Roma/Firenze, le cose vanno meglio: Roma/Firenze, la ruota… della strada non è preponderante se non di poco, c’è una ruota ferroviaria che è forte. Su Onda verde non sentiamo mai difficoltà in arrivo a Roma da nord o a Firenze da sud o quasi mai, sentivo oggi, sentivo lo so, ma ho sentito sottolineare dall’Amministratore Delegato di Autostrade S.p.A. che l’unico tratto della A1 a doppia corsia, e non a tre corsie, va bene così e probabilmente andrà bene così ancora per tanto. Incidenti ce ne stanno anche in misura non paragonabile al resto, quindi dove già oggi c’è un equilibrio modale, un disequilibrio modale minore, le cose vanno meglio. Parola d’ordine quindi, ci siamo messi tutti d’accordo, riequilibriamo le modalità, quindi spostiamo il traffico dalla strada alla ferrovia, se siamo sul trasporto terrestre. L’obbiettivo come al solito è condiviso da tutti, quando poi alla strada per arrivarci tutti quanti si mettono a discutere e qui è il momento delle scelte. Direi non solo offriamo, andiamo sull’equilibrio modale, ma proponiamo un sistema alternativo di servizi di trasporto pubblici che diano una alternativa al trasporto privato. Possiamo fare tutto quello che ci pare, al limite tutto, ma mi pare che tutti quanti siamo d’accordo che si riesca a fare qualcosa che scoraggi l’uso del mezzo privato, non che invogli a prendere il mezzo pubblico. Andiamo quindi a spostare l’obiettivo. La strada però arriva in tutti i punti del territorio, la ferrovia no, quindi intermodalità e quindi le scelte, l’obiettivo finale è la rete intermodale ferro/Roma. Occhio a questo punto, i punti di scambio sia nel merci che nei passeggeri, questo vale da per tutto, i punti di scambio sono delicatissimi, fino adesso mi sento di dire che hanno avuto una parte un po’ marginale nel sistema. In realtà ricordo che alle Olimpiadi di Pechino la staffetta americana degli Usa, favoritissima, perse le Olimpiadi perché sbagliarono i cambi del testimone. Quindi occhio al punto di scambio intermodale, perché può da solo garantire la soluzione competitiva con il privato oppure no? Vado per punti così mi viene meglio. Fermo rimanendo l’intermodale qual è allora a questo punto il ruolo del ferro? Ferrovia o strada? Pure qui attenzione, non è una cosa di principio, purtroppo la sento sempre dire spesso in questo modo generico, meglio la ferrovia della strada oppure meglio la strada della ferrovia. Ci sono situazioni, scelte opportune diverse per ogni situazione, quindi ragionare in termini di valori medi, di valori standard ci porta fuori strada. Per esempio: premesso che la ferrovia avendo dei costi che non dipendono, se non in minima parte, dalla composizione, non è competitiva dove la domanda è bassa, il costo, il parametro che dobbiamo considerare è la sedia chilometro, quanto costa una sedia per il viaggiatore o uno spazio per una tonnellata per il merci. Questo è un indicatore che ci orienta nelle scelte: per il treno con 12 carrozze o con 2 o per il treno merci lungo 700/800 metri o lungo 50 metri, il costo grosso modo è lo stesso, capite bene che mettersi a competere su tratte a domanda bassa non è il caso, ragioniamo quindi su tratte a domanda alta. Pure lì ci sono i parametri che poi danno la sostenibilità dell’uno o dell’altro. Parlo di sostenibilità, perché sulle scelte la sicurezza la vedo non come un parametro di scelta, come un must che dobbiamo avere su tutte le modalità, tenendo conto di tutto, ogni sistema ha la sua sicurezza. Mi viene da riflettere che un anno di ferrovia porta come conseguenze di morti e feriti, statistica ANSF, quanto due weekend sulla strada. Chiaramente sulla sicurezza ci sono le regole ma ci sono anche comportamenti, ci sono anche i controlli e le sanzioni. Ho conosciuto personalmente degli autotrasportatori merci che si facevano chiaramente il calcolo benefici/costi del superare i limiti di velocità o i tempi di guida dell’autista e avevano visto che conveniva loro superarli, perché nell’economia del sistema li beccavano poche volte, per cui gli conveniva farlo. Quindi occhio a regole/comportamenti. La sicurezza la vedo come un obiettivo finale non come un fattore di scelta. Fattore di scelta grosso è la sostenibilità, quindi quando la ferrovia riesce a dare delle performance di tipo fisico/economico, tempo di viaggio oppure costo della sedia chilometro, tali da rendere appetibile andare sulla strada, è bene andare su strada. Anche qui c’è la distanza della ferrovia e quella della strada ma anche qui va vista caso per caso: 80 Km. Roma/Nettuno, la ferrovia vince sulla strada con il 60% del tempo di percorrenza e con un costo, essendoci un mare di gente, che sul posto chilometro è più basso della strada. Tra Sora e Avezzano con gli stessi 80 Km. la ferrovia ci mette una volta e mezzo la strada, di gente ce ne è molto poca, lì sono paesini di centinaia di persone, mentre sulla Nettuno/Roma sono città di 10.000/20.000 persone ciascuna, in quel caso la ferrovia perde. Insisto molto sul caso per caso, lavoro molto difficile, complicato, lungo, noioso, però ritengo che sia l’unico modo per riuscire a arrivare ad avere un intermodale che dia a ciascun segmento la modalità ottimale. Ci sono altre situazione dove la ferrovia già offre performances migliori della strada ma dovrebbe fare di più e a quel punto c’è la crescita, quindi investo per aumentare la capacità. Ci sono delle situazioni dove la ferrovia oggi non offre performances adeguate, ma potrebbe farlo, investo per la qualità e per la capacità, ci sono poi delle zone dove ci sono performances, non c’è la gente, a quel punto si investe sull’organizzazione. E’ chiaro che questo è una rivisitazione completa che per altro è in atto, non è che nasce qua, è in atto, sta andando avanti, con lo slogan che a me piace molto che è: “intermodalmente da una rete di fatto passare a un progetto di rete”, quindi una rete funzionale, intermodale per le merci, per i viaggiatori solo, e quindi con la complicazione di doverle integrare. Senza far così la vedo difficile. Grazie.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie infinite. A questo punto passerei la parola all’ing. Incalza che è stato chiamato in campo diverse volte durante questa tavola rotonda. Ricorderei soltanto vari passaggi. Dalle aziende è venuto fuori sostanzialmente il bisogno di scelte di sistema sia a livello centrale dal governo che dai governi regionali. Poi abbiamo parlato di scarsità di risorse, di un biglietto da 1 € per un viaggio che in realtà ne costa 3, abbiamo soltanto sfiorato il modello organizzativo e normativo del nostro paese, quindi insomma a lei chiederei chiaramente di tirare le fila del discorso, di farci intravedere che cosa dobbiamo aspettarci in questo settore nel prossimo autunno e di dirci quali sono le linee del vostro ministero. Grazie.
ERCOLE INCALZA:
Intanto io volevo congratularmi con chi ha scelto come tema quest’anno il titolo “La conoscenza è sempre un avvenimento”. Io penso che don Giussani sarebbe stato contentissimo e sono convinto che in questi 30 anni di Meeting questo sia il titolo più riuscito. Però, proprio perché è un titolo riuscito, è utile evitare che l’ignoranza diventi sempre un evento, lo stesso titolo può anche essere utilizzato, e faccio questa precisazione perché Bechis iniziando, aprendo il confronto con Moretti, con Castellucci e con Tafani, ha dato un’immagine di un paese fermo, che non ha fatto nulla, e quindi ha dato un’immagine kantiana, cioè un’immagine di una non evoluzione, quindi in questo caso non è una conoscenza, quindi non un avanzamento ma è una staticità e nel caso specifico, però, diventa ignoranza, cioè non conoscenza, in quanto in questi anni io penso si sia fatto moltissimo in un paese che fino al 2001 era un paese privo di infrastrutture e soprattutto non aveva una coscienza di questa assenza di infrastrutture. Quindi questa è una precisazione che volevo fare e ringrazio Moretti che ha ricordato che purtroppo era una disinformazione quasi diffusa e quasi sistematica. Ho voluto fare questa precisazione perché ogni anno, questo è il quarto anno che il Meeting affronta il trasporto collettivo, il trasporto pubblico, ci incontriamo, di confrontiamo, però alla fine ci accorgiamo che non conosciamo ancora il malato, non conosciamo ancora la patologia, se conosciamo i sintomi li conosciamo poco o peggio ancora tentiamo ogni volta di promettere o di indicare soluzioni che poi è difficile trovare. Qual è l’unico fatto positivo di questi anni, a parte le cose che si sono fatte? Io non le voglio elencare, perché diventerebbe una elencazione di metodo e non di merito. Voglio solo ricordare che l’attenzione alle città in termini di infrastrutturazione metropolitana è senza dubbio un dato misurabile. Ma veniamo al discorso dell’approccio e della conoscenza. In più casi proprio noi abbiamo utilizzato il confronto con il sistema sanguineo, cioè la mobilità è una evoluzione, facile, seguibile con il percorso del sangue e mentre c’è la comparazione facile tra le reti e le arterie, non riuscivamo mai a capire la polpa, il cuore del sistema qual era e dove era. L’unico fatto innovativo degli ultimi anni è che questa pompa, questo cuore è legato all’area dei consumi, all’area della produzione e nel 75% quest’area, questo nucleo propulsore del sistema è la città. E guardate, Moretti lo ha accennato, ma fra poco, nell’arco di pochi mesi, ci chiederemo che cos’è il trasporto pubblico in Italia? Dall’Eur alla Tiburtina, a Roma, ci vogliono 47 minuti con la metropolitana, da Linate a Garibaldi, ci vogliono 49 minuti, da Roma a Napoli 1 ora e due primi, da Firenze a Bologna 47 primi, da Bologna a Milano potrei continuare ad elencarvi i segmenti di un collegamento veloce che praticamente annulla la logica del trasporto banale e riporta al sistema metropolitano un paese, legando ben 13 milioni di soggetti e quindi annullando le forme tradizionali, gli approcci alla logica del trasporto collettivo e del trasporto pubblico locale. Giustamente a questo punto, dicono, apriamo un tavolo chiaro di confronto, perché le regole del gioco stanno cambiando e quindi rischiamo di non essere più non gestori ma di non essere più identità capaci di interagire con una domanda che sarà rivoluzionaria sia in termini di sistematicità giornaliera sia in termini di turismo. Se voi pensate che Roma, Napoli, Firenze aggregano quasi il 60% della ricchezza turistica in termini di architettura, archeologia del paese, immaginate quale afflusso e quale legame si dà la mondo con un collegamento veloce e quale però è la ricaduta su sistemi urbani, se questo afflusso non trova poi in rete urbane in rete metropolitane, un sistema adeguato. Se guardiamo attentamente scopriamo che M1 M2 M4 M5 sono cose, parlo di metropolitane di Milano, non del 1980 non del 2000 ma del 2003, 2004. Se guardiamo alla linea C di Roma a alla linea D di Roma o alla serie di rete che diventeranno B1 B2 di Roma, scopriamo che non è un qualcosa di vecchio ma qualcosa che è nato a valle di un cambiamento sostanziale che si è avuto soltanto nel 2002, 2003, 2004 e quindi negli ultimi anni. E potrei portare l’esempio di Torino, potrei portare l’esempio delle città del mezzogiorno come Napoli, che in questi 5 anni ha realizzato 4 di reti metropolitane. Perché faccio questi esempi? Perché se il cuore o la pompa è nell’urbano, ipotesi di supporto normativo o ipotesi di supporto finanziario, senza un’azione chirurgica sulla rete e sull’offerta a guida vincolata, rimane solo un’ipotesi temporanea e non sostanziale. Dico questo perché onestamente qual è il problema vero? Il problema vero io, mentre sono d’accordo con Fortunato che fa paura l’esplosione della domanda, ricordo però che se riuscissimo ad avere una vera crescita della domanda e un’adeguata offerta, il valore delle tariffe riuscirebbe a garantire almeno una soglia di copertura pari al 40 45% del costo, quindi in realtà il paradosso qual è? Abbiamo paura della crescita della domanda, perché l’offerta non c’è, ma se ci fosse la domanda e l’offerta contestualmente adeguata, noi riusciremmo ad avere tariffe basse, cosa che con il sistema ferroviario non potremmo avere, perché parte da molto lontano e ha un livello basso di calcolo. Questo approccio già 4 anni fa, tentammo, qualcuno se lo ricorda, di risolverlo con le accise, che significa utilizzare una quota parte delle accise sui carburanti per destinarle a questo fondo da destinare proprio al bilancio non solo del trasporto a ferrovia vincolata ma in genere del trasporto pubblico. Non si è fatto, come ricordate, nello stesso tempo c’è stata un’esplosione sul costo del carburante e quindi non si è potuto più incidere ulteriormente. In alcuni paesi tipo l’Inghilterra, la Germania, la Spagna, si è lavorato invece sull’IVA, un punto due punti percentuali dell’IVA è stata destinata al trasporto. Però qual è il punto doloroso? Dovremo ulteriormente sensibilizzare tutti noi, guardate un punto, io non faccio una responsabilità del passato o dei governi, il trasporto pubblico collettivo e locale è una sommatoria di responsabilità e riguarda lo stato, le regioni, i comuni, le province e i colori di questi soggetti istituzionali sono tutti colori diversi e quindi le responsabilità non sono mai identificate in una logica di schieramenti politici. Quindi le responsabilità diffuse fanno capire che in realtà, nel caso specifico, l’approccio non può che essere quello di capire cosa è il vero dramma del trasporto pubblico non efficiente. Guardate il dato è leggibile in pochissimi numeri. Pino e Fortunato hanno detto qual è il costo delle famiglie, sono 30 miliardi. Poi se guardiamo qual è il costo dell’incidentalità nell’urbano, a parte i morti, a parte i feriti, a mio avviso non dovrebbero avere un costo perché il patrimonio umano è l’unico patrimonio reale che il paese ha, però nel caso specifico il danno che si ha è intorno ai 40 miliardi . E l’unico riferimento misurabile qual è? Che se per caso riuscissimo a passare dal 25%, che è l’attuale percentuale sul trasporto pubblico, ad almeno il 40%, noi avremmo un vantaggio annuale di circa 20, 22 miliardi di euro. Su queste cifre ci sono due correnti di pensiero: alcuni, rido perché in realtà il confronto è banale, i dicono che il risparmio è di 18 miliardi, altri ipotizzano che è di 22 miliardi. Ma anche 18 miliardi di euro dimostra quanto annualmente perdiamo nel non aver subito dato una risposta. E qui entriamo nel merito delle azioni. Abbiamo visto che il trasporto vince sulla parte del costo energetico, pensate che un quinto del consumo energetico nazionale si brucia nel trasporto. Vince sull’inquinamento, se i sindaci non volessero o meglio ancora se i sindaci decidessero di rispettare le centraline dovrebbero bloccare quattro volte a settimana la mobilità. Vince sulla parte dei costi di gestione e l’abbiamo detto, e vince soprattutto sul costo dell’incidentalità che è del 44% dei morti e dei feriti. Allora, se questa forza è motivata ed è vera, qualcuno si chiederà: ma allora il governo perché non interviene in modo più forte, in modo più mirato? Io devo dire onestamente che senza dubbio questa è una responsabilità che viviamo non come governo ma penso che il paese viva da anni, ma il vero motivo di un’azione del genere è che non possiamo trovare motivazioni che non siano collegabili ad un’azione finanziaria, perché quando la volontà a realizzare le opere è misurabile, quindi non può essere attaccata su questo fronte, rimane soltanto il problema della certezza dei trasferimenti delle risorse per garantire un adeguamento dell’offerta, per garantire un adeguamento della gestione. Questo quindi rimane il punto chiave. Io penso che dopo questa crisi, io dico sempre che dopo questa crisi nulla sarà come prima della crisi, quindi la crisi è stata utilissima a misurare. Il fatto che sia aumentata del 20% in alcuni casa la domanda dimostra che l’impoverimento ha portato le famiglie a capire quanto era assurdo bruciare 4.000 euro l’anno per muoversi nelle città, invece di 3-400 euro l’anno per muoversi in un servizio e con un biglietto o abbonamento. Però anche in questo caso è discutibile pensare la comparazione, quando poi l’offerta non è adeguata a rispondere a queste domande. Però nel caso specifico penso che l’unica soluzione è quella di ricorrere a un fondo per il trasporto collettivo e locale. Io voglio concludere con questo esempio che può essere criticato o meno, ma per la prima volta lo stato ha preso due decisioni: le risorse del trasporto regionale sono state date alle regioni e si è deciso di dare un rapporto contrattuale triennale, quindi un arco, un respiro temporale valido – ho detto tre perché inizialmente era stato 3 + 3. Ma se questo modo di approccio fosse ripetuto e soprattutto ci fosse la coscienza, quello che dicevo all’inizio, come trasporto collettivo che con l’alta velocità cambia anche la iterazione tra la lunga, media percorrenza del trasporto locale, allora forse questa esperienza, la consegna alle regioni di gestirsi questo fondo, porterebbe a interagire con le ferrovie in modo più organico, più misurabile. Allora se questa esperienza fosse trasferita su tutte le altre modalità, parlo di altre modalità perché questo discorso vale sulla mobilità su gomma ma anche quella su guida vincolata, noi, come richiamava la 151, torneremmo alla 151 con un fatto nuovo. La 151 aveva privilegiato la spesa storica, cioè la 151 era nata avendo come riferimento le spese sostenute dalle città e quindi il fondo di 4 mila miliardi di lire lo trasferiva a Milano, a Roma, a Napoli a Palermo, alle grandi città quasi in totale. Invece, un fondo che riuscisse in modo capillare a garantire il servizio della mobilità recupererebbe automaticamente annualmente 20 miliardi o 18 miliardi di euro. Come vedete quindi, e concludo, un approccio di questo tipo in cui la conoscenza è un avvenimento, ha quanto meno un vantaggio: raccontarci le cose con la trasparenza e tranquillità senza essere faziosi e senza ogni volta dire che non si è fatto nulla. Io concludo con l’esempio di Mestre. Dal 95 al 2008 il passaggio da Mestre aveva da 3 km di coda fino a 25 -30 km di coda. Questo range di 30 km. si verificava da 120 a 160 volte l’anno. Quest’anno si è verificato solo per l’esodo. E’ stato un esempio utile, l’Italia ha capito quanto incide sull’urbano risolvere soltanto un segmento. Grazie.
DEBORAH APPOLLONI:
Grazie infinite. Credo che potremo chiudere questo incontro con questa bellissima notizia del fondo che ci ha comunicato l’ing. Incalza, speriamo che prenda forma prima della fine del 2009. Ci possiamo lasciare con questo augurio. Grazie a tutti. Buona sera
(Trascrizione non rivista dai relatori)