Serve ancora il pediatra di famiglia? La pediatria, fra prossimità di cura e riforme di sistema

Antonio D’Avino, Presidente FIMP, Medico Pediatra di Portici, Napoli; Nicola Gobbi, MMG e Medico di Continuità Assistenziale Ambulatorio Urgenze Pediatriche Ospedale Infermi Rimini; Alberto Villani, Direttore del Dipartimento Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale, Ospedale pediatrico Bambino Gesù.  Introduce Mattia Altini, Direttore Sanitario AUSL Romagna.

La pediatria di libera scelta, si differenzia per alcuni aspetti dalla Medicina Generale (MMG), anche se condivide la forma contrattuale convenzionale, forma che è stata oggetto di numerose riflessioni nel momento storico che stiamo vivendo. Resta la sfida del rapporto di fiducia con i destinatari dei servizi, ma il sistema delle cure di prima linea necessita un aumento del rendimento è della accessibilità, e come immaginare un modello di riforma che tenga insieme le esigenze di soddisfazione nella componente professionale, destinatari e sistema delle cure.

Con il sostegno di Doc Generici, BD Italia.

SERVE ANCORA IL PEDIATRA DI FAMIGLIA? LA PEDIATRIA, FRA PROSSIMITÀ DI CURA E RIFORME DI SISTEMA

Mattia Altini: Buon pomeriggio e benvenuti al 43esimo Meeting dell’amicizia tra i popoli. Oggi parliamo di pediatria, un titolo abbastanza come dire abbastanza provocante: “Serve ancora il pediatra di famiglia? La pediatria tra la prossimità di cura e le riforme di sistema”. Ne parliamo oggi con tre amici, tre autorevolissimi ospiti che vado immediatamente a presentarvi: comincio con Antonio D’Avino, Presidente FIMP, medico pediatra di Portici, Napoli, grazie per essere qui con noi. 

 

Antonio D’Avino: Grazie di avermi invitato.

 

Altini: Alberto Villani, direttore del dipartimento emergenza, accettazione, pediatria generale dell’Ospedale Bambin Gesù, grazie mille. 

 

Alberto Villani: Grazie  

 

Altini: E infine un giovanissimo collega Nicola Gobbi medico di medicina generale, medico di continuità assistenziale, ha lavorato anche dell’ambulatorio urgenze di pediatria dell’ospedale di Rimini, grazie di essere qui con noi. 

 

Nicola Gobbi: Grazie dell’invito 

 

Altini: Siamo davanti a un momento molto difficile per il sistema sanitario nazionale e per il paese. Stanno accadendo cose molto rilevanti: la prima che penso che debba essere oggetto di riflessioni è la natalità oggi nel paese a 1,2 figli per donna fertile. È appena stato pubblicato il DM 77 che riordina la medicina territoriale: il sistema sanitario nazionale con i valori della 833 che sono ancora 

attualissimi ha però bisogno di modelli organizzativi nuovi per costruire un futuro, è ancora, secondo me, in maniera importante sottofinanziato. Allora chiedo ai nostri ospiti: quale futuro vedrete vedete nella pediatria di libera scelta, ma nella pediatria in questo scenario. Antonio. 

 

D’Avino: Grazie direttore Altini. Innanzitutto vi ringrazio, buon pomeriggio a tutti, grazie per l’invito. Io credo che l’opportunità che ci viene data di parlare di un argomento così importante in un contesto così prestigioso sia davvero un’opportunità unica perché ci consente proprio di ragionare di quello che sarà il futuro della pediatria di famiglie e più in generale della pediatria. In realtà noi facciamo parte insieme ai medici di medicina generale, io sono un pediatra di famiglia, insieme ai medici di medicina generale e agli specialisti ambulatoriali, facciamo parte del sistema delle cure primarie, sistema delle cure primarie che è un sistema che nasce diciamo nel dicembre del 1978: la legge di riforma sanitaria, la 833, istituisce il servizio sanitario nazionale e devo dire che in 44 anni molte nazioni hanno provato a copiarci questa legge di riforma che ha tantissimi pregi anche perché va a sostituire un modello corporativistico che era il modello delle mutue INAM, INPDAP, ENPALS. E quindi questa fornitura disomogenea di assistenza data secondo dei criteri non uguali con la legge 833 viene proprio stravolta. In effetti l’innovazione della 833 è proprio quella di dare, basarsi sull’uguaglianza, basarsi sulla gratuità delle cure per gli indigenti, cosa che peraltro viene ribadita dall’articolo 32 della Costituzione, e soprattutto da una visione universalistica. Io parto proprio da qui perché io credo che dobbiamo sicuramente ipotizzare, 44 anni sono tanti, nel frattempo ci sono stati delle svolte epocali, abbiamo recentemente avuto l’emergenza pandemica da SARS COV 2, purtroppo è in corso una guerra, la siccità, problemi ambientali, crisi economiche, l’inflazione che è aumentata insomma fino a delle quote anche nei mesi scorsi abbastanza imprevedibili… ebbene io rispetto a questo credo che dobbiamo partire dai tre principi proprio della legge di riforma chiaramente ammodernandola perché io credo che sia molto importante capire che è fondamentale continuare a garantire a tutti quindi dalla nord Italia al sud Italia, le isole tutta la stessa possibilità, indipendentemente proprio dal censo, di godere delle prestazioni sanitarie. E quindi che cosa ci differenzia rispetto alla medicina generale? Noi siamo fondamentalmente due facce della stessa medaglia, ma è altrettanto vero che abbiamo delle peculiarità: la relazione di cura è la prima peculiarità, il nostro rapporto ovviamente è un rapporto mediato dalla famiglia, tant’è vero che a noi piace molto di più definirci pediatri di famiglia rispetto a pediatri di libera scelta perché il nostro interlocutore è la famiglia che è proprio molto di più di un rapporto di tipo squisitamente sanitario perché andiamo a parlare con i familiari e tutti i componenti di tutte quelle che sono le problematiche a tutto tondo dello sviluppo del bambino e allo stesso tempo anche il tempo di cura è diverso cioè la comunicazione che viene fatta a quella singola famiglia in quel particolare modo e che è proprio nelle condizioni di base della legge 833 che è quella che prevede proprio la scelta dell’assistito quindi, o del legale rappresentante del genitore, di quel pediatra di famiglia quindi garantire a ogni minore, quindi bambino adolescente, il proprio pediatra di famiglia è un punto di partenza su cui si basa il rapporto fiduciario che è alla base del nostro rapporto con la famiglia. Quindi il patto assistenziale, il patto fiduciario, io credo che sia proprio il caposaldo al quale dobbiamo far riferimento anche per costruire e gettare le basi di un futuro, di un riordino di un modello territoriale alla luce, come diceva il dottor Altini del recente Decreto Ministeriale 77 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 giugno. 

 

Altini: Grazie. Alberto. 

 

Villani: Buon pomeriggio a tutti. Innanzitutto, permette di ringraziare moltissimo gli organizzatori del Meeting perché si parla di bambini e di pediatria perché il titolo è “Una passione per l’uomo” noi abbiamo la passione per i bambini molto forte e storicamente la pediatria italiana è una pediatria, pochi lo sanno, di grandissima qualità: noi abbiamo uno dei più bassi tassi di mortalità neonatale e infantile in Italia a riprova dell’importanza della pediatria. Ma io mi vorrei soffermare soprattutto sulla specificità pediatrica perché quando si parla di quale prospettiva c’è, purtroppo nel nostro paese di bambini, di infanzia se ne parla troppo poco per questo è una grande opportunità questa, ringrazio moltissimo anche il dottor Altini per aver avuto la sensibilità di moderare questo nostro incontro, ma soprattutto di parlare di pediatria: la specificità pediatrica un valore estremo. Vi cito pochissimi numeri, ma che fanno riflettere sull’importanza: allora pochi sanno che di fronte ad alcune patologie, quella che sicuramente attira maggiormente l’attenzione mediatica è rappresentata dalla patologia oncologica, un preadolescente se viene seguito in ambiente pediatrico ha una diagnosi in tempi decisamente più brevi, ha delle possibilità di cura migliori, ha una prognosi migliore e questo è uno degli esempi più clamorosi, ma ovviamente questo si ripercuote in tutte le branche, in tutte le specialità. L’altro aspetto fondamentale della pediatria è che la pediatria e l’ultima branca medica olistica, ossia che interessa il bambino a 360 gradi e questo è un altro sicuramente elemento fondamentale, quindi quale futuro nella pediatria? Noi speriamo che sia un futuro quanto più roseo possibile, ma alcuni dati vanno detti e sono purtroppo un po’ tristi a marine [13.06] faceva riferimento all’inizio alla presentazione di questo incontro il dottor Altini, la denatalità che non è più un problema, è un dramma al quale assistiamo regolarmente: ogni anno l’ISTAT comunica la diminuzione del numero delle nascite ma di concreto non viene fatto quasi nulla o viene fatto molto molto poco. Penso che molti di voi sappiano che siamo arrivati a meno di 400 mila nati l’anno, purtroppo le tendenze, le previsioni che si facevano negli anni scorsi si sono rivelate erroneamente ottimistiche nel senso che nessuno poteva immaginare che si arrivasse a questo punto. Ma su questo noi dobbiamo fare una riflessione perché la pediatria ha poco senso se non viene visualizzata in un contesto generale che è l’attenzione al bambino, alla bambina, alla famiglia: questa attenzione nel nostro paese è molto molto flebile e testimonianze ce ne sono tantissime: la denatalità è noto a tutti che anche quando arrivano delle popolazioni con culture diverse nel nostro paese, in seconda generazione, quindi, anche comunità nelle quali c’erano i numeri di figli tre e quattro figli per famiglia diventano anche lì delle situazioni nelle quali la natalità si riduce drasticamente la natalità come problema culturale. Ma se non c’è attenzione al bambino, alla famiglia ci sarà ben poco da fare. Noi come pediatri abbiamo cercato in tutti i modi di far comprendere la gravità del problema, ma purtroppo con poco successo. Anche qui forse intervenire molto di più in ambito scolastico ci aiuterebbe tantissimo: sia fare educazione sanitaria nelle scuole, fare più educazione civica, introdurre alcuni temi, ma soprattutto dare una maggiore tutela alle famiglie per quanto riguarda il problema dei bambini. Questo penso che sia il vero problema, altrimenti facciamo tante programmazioni ma continuando con questo andamento c’è la passione per l’uomo, ma se non c’è la passione del bambino non si arriverà ad avere la passione per l’uomo. 

 

Altini: Grazie prof. Nicola tu che stai iniziando il tuo percorso che cosa vedi davanti a te, quali sono le opportunità che vedi e anche i rischi? 

 

Gobbi: Si, innanzitutto volevo ringraziare anche io tutti gli organizzatori dell’evento, grazie dell’invito. Dunque, sì io la mia esperienza lavorativa, per adesso abbastanza limitata nel senso che ho concluso il percorso di studi quattro anni fa e appunto ho intrapreso il percorso del corso di formazione specifica in medicina generale e ho avuto l’occasione, l’opportunità di lavorare in pronto soccorso pediatrico, quindi sono in grado di avere appunto una fotografia un pochino su quella che è la condizione della medicina generale, su quella che è la condizione della pediatria attualmente in un contesto, in una realtà sostanzialmente modificata da quello che ci è accaduto, cioè la pandemia da COVID 19 che ha sostanzialmente modificato il nostro modo di vedere, il nostro il nostro modo di pensare e il nostro modo di lavorare. E in questo contesto se da una parte l’adulto diciamo ha subito quelle che sono le conseguenze dirette, fisiche del virus, non bisogna trascurare assolutamente quelli che sono stati gli effetti indiretti sul bambino. Infatti sono aumentati in maniera notevole gli accessi sia a livello ambulatoriale sia a livello ospedaliero di condizioni che non hanno sostanzialmente una base organica, ma che sono legati appunto alla condizione di frustrazione, di ansia, appunto di questi ragazzi che vivono delle età particolari: il bambino è un soggetto in transizione, il bambino ha delle esigenze diverse a seconda dell’età e quindi su questo bisogna fare assolutamente attenzione. Sono aumentate le patologie anche croniche: il sovrappeso, l’obesità dovuto appunto ad una ridotta attività fisica, a squilibri dietetici… Quindi su tutto questo, su questi cambiamenti bisogna lavorare e per fare questo bisogna riappropriarsi di quello che è appunto il rapporto di cura, il rapporto di fiducia diretto tra il medico e la famiglia del bambino, proprio per assumere nuovamente quello che secondo me è un ruolo educazionale fondamentale da parte del pediatra che dovrebbe appunto essere lo stesso livello della scuola e della famiglia in maniera tale da interagire e da creare quindi le condizioni più favorevoli per quello che è lo sviluppo bio-psico-sociale del bambino e il suo inserimento proprio nella società. E per fare questo chiaramente il pediatra dovrà essere necessariamente, il pediatra di libera scelta, l’interlocutore fondamentale per il futuro della sanità così come in ambito appunto dell’adulto lo dovrà essere il medico di medicina generale, perché la battaglia sui grandi numeri si vince appunto a quel livello lì. E soprattutto bisogna riappropriarsi proprio della prossimità di cura, della relazione anche fisica con la famiglia e col bambino perché sicuramente le nuove tecnologie ci possono venire incontro, però tutto quello che appartiene anche alla comunicazione verbale e non verbale con cui si riesce a interagire col bambino, per me appunto, costituisce un elemento fondamentale del momento del momento di cura e di relazione. Quindi confido in un futuro roseo; per fare questo però serve un’organizzazione adeguata e soprattutto per quanto mi riguarda una formazione adeguata, perché senza di questo chiaramente non è possibile realizzare tutto ciò. 

 

Altini: Grazie, grazie a Nicola. Mi aggancio a questa tua ultima riflessione, i colleghi oggi mi devono sopportare come diceva l’ex ministro Balduzzi io sono un po’ monello, quindi vorrei sapere: abbiamo comparti molto definiti, noi ci troviamo di fronte, quando facciamo management, all’ospedaliero, al territoriale piuttosto che lo specialista ambulatoriale, il convenzionato… mentre sono risorse professionali dal mio punto di vista assolutamente paragonabili nella competenza e nell’interesse, ma sono molto verticali, settorializzate, quasi impermeabili. Allora la domanda che ti faccio, Antonio, è: ma possiamo cominciare a lavorare insieme anche indipendentemente dai contratti? Cosa possiamo fare in questo senso? 

 

D’Avino: Sicuramente possiamo cominciare a lavorare insieme e questo è davvero un palcoscenico dal quale può partire un messaggio proprio di condivisione di percorsi. E io l’ho anticipato prima: noi siamo anime della stessa pediatria, non c’è… ognuno ovviamente ha il proprio ruolo, io credo che sia importantissimo cominciare proprio a parlarci… ragionavamo prima, si parla di integrazione ospedale territorio da decenni: di fatto questa integrazione non è mai avvenuta e tante volte, troppe volte, troppe volte noi, abbiamo posto ai nostri diciamo interlocutori politici proprio questa forte volontà di costruire un’area pediatrica, ognuno nel rispetto del proprio ruolo, ma un’area pediatrica perché fondamentalmente noi crediamo davvero che noi pediatri ci occupiamo del bambino e dell’adolescente fondamentalmente. Quindi io credo che quello che diceva il direttore Altini sia la strada che dobbiamo perseguire tenendo alcuni punti fermi: per noi pediatri di famiglia i punti fermi sono il rapporto fiduciario che è quello che proprio ci deriva dal rapporto che costruiamo con la famiglia dai primi giorni di vita – voi lo sapete che seguiamo i lattanti dal terzo-quarto giorno di vita li portiamo fino a 14 anni e alcuni fino a 16 – ebbene noi crediamo forse davvero che questo rapporto sia un rapporto privilegiato per noi: noi siamo l’unico pediatra, l’unica tipologia di pediatra che ha questa visione longitudinale del bambino. Vedete, gli amici ospedalieri quando hanno l’opportunità di visitare i bambini curano la malattia: io penso che questo sia molto, molto importante, ma magari quel bimbetto non lo rivedranno più, lo rivedranno dopo mesi o dopo anni. Il pediatra di famiglia invece dai primi giorni di vita instaura un’alleanza forte, un patto fortissimo con i familiari di questo bimbetto e porta avanti questo patto assistenziale fino all’adolescenza. Quindi rapporto fiduciario, capillarità degli studi professionali e tutte queste cose sono fortemente ribadite nel decreto ministeriale 77, un po’ la nostra stella polare. Forse a proposito di questo, direttore, mi permetta di dire un paio, fare un paio di considerazioni: noi sappiamo bene che il decreto prevede proprio dei finanziamenti per quello che è il contenitore, per quelle che sono le case della comunità, gli ospedali di comunità, le centrali operative territoriali: uno dei grossi problemi è proprio che per la spesa corrente, cioè per le risorse umane per le figure sanitarie e non sanitarie che andranno a operare nei modelli organizzativi futuri, al momento non sono state individuate ancora delle risorse o in minima parte. Bene, forse noi dovremmo lavorare insieme proprio perché questo avvenga, perché se noi vogliamo che davvero queste case della comunità funzionino davvero, dobbiamo secondo me partire da dei dati numerici: ragionavamo prima il 70% dei comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. Questo vuol dire che fare delle case delle comunità e non mettere in rete gli studi professionali dei pediatri di famiglia o, come noi ormai facciamo da tanti anni perché sono forme associative ormai diffusa in tutto lo stivale, creare e potenziare il livello qualitativo degli studi professionali associati, io sono per esempio in una pediatria di gruppo, questo significa poter visitare gli assistiti dei colleghi che stanno in gruppo con me, ma significa poter fare anche diagnostica presso lo studio con del self help, significa iniziare un processo diciamo di tipo terapeutico, che arriva alla terapia, ma che parte dalla diagnosi. Allora questo credo che vada fortemente potenziato, quindi quando noi ragioniamo che cosa sarebbe bello se ci fossero qua i decisori politici, io ancora ringrazio il direttore per l’opportunità che ci ha dato il Meeting di Rimini che veramente è un palcoscenico prestigiosissimo, la prima cosa che chiederei è ascoltate chi lavora sul territorio, chi lavora in ospedale, perché costruire delle progettualità senza ascoltare chi tutti i giorni si cimenta con queste problematiche credo sia un progetto destinato a fallire. Quindi partiamo davvero dall’ascolto e io devo dire grazie perché io sono veramente felice del fatto che si parli di pediatria, che si parli di pediatria di famiglia e che si parli di un riordino del servizio sanitario nazionale che non può prescindere da quelli che sono stati i punti di forza in questi quarantaquattro anni. Concludo proprio dicendo: a parte questa peculiarità, il nostro lavoro deve sicuramente essere ulteriormente mirato e potenziato per tutto quello che riguarda gli aspetti della prevenzione, la promozione di corretti stili di vita, l’educazione sanitaria, vogliamo farci carico delle attività vaccinali a tutto tondo, noi vogliamo davvero fare in modo che aumentino le coperture vaccinali indipendentemente… la governance del sistema la possono anche tenere i dipartimenti di sanità pubblica e va bene, ma noi vogliamo concorrere affinché le coperture vaccinali aumentino e vogliamo essere messi in condizione di poter lavorare al meglio in questa direzione. Questo vuol dire: lavorare per dotare queste forme di gruppo, queste forme associative, gli studi professionali dei pediatri di famiglia, di quel personale minimo infermieristico e collaboratore amministrativo che ci permetta di ritornare a fare i medici e non dedicare gran parte della nostra attività, molte delle ore purtroppo recentemente sono state dedicate a tutto quello che riguarda burocrazia o tutto quello che riguarda quella parte che forse per un medico dovrebbe davvero costituire una piccola parte dell’attività lavorativa. E concludo proprio dicendo: credo che sia molto molto importante continuare in questa direzione: parliamoci, chiedo che la politica ascolti queste istanze e credo che davvero se ci mettiamo tutti attorno a un tavolo ognuno con il proprio ruolo, ben consapevoli che non dobbiamo assolutamente mantenere dei silos indistinti, ma purtroppo oggi abbiamo ancora degli accordi collettivi che in qualche misura limitano questa integrazione, noi vogliamo anche andare oltre questi accordi collettivi, condividiamo dei percorsi, condividiamo delle progettualità, partiamo sin dalla fase programmatoria proprio per poter insieme tenere, come abbiamo fatto fino a ora, il bambino al centro di tutti i nostri ragionamenti. 

 

Altini: Alberto che modo vedi per lavorare insieme in modo più strutturato? 

 

Villani: Appunto concentrandoci sul bambino, nel senso che il bambino è sempre lo stesso indipendentemente da chi se ne fa carico in quello specifico momento; quindi, è necessario proprio per quella che è la situazione che si è venuta a creare, diciamo il sistema sanitario nazionale, l’organizzazione che è stata concepita più di 40 anni fa è senz’altro qualcosa di pregevole, di straordinario è effettivamente quando è stata concepita era qualcosa di avveniristico. Però, anche le cose migliori che sono state fatte 40 anni fa in realtà sono state profondamente rivisitate e credo che sia giunto il tempo di rivisitare profondamente anche l’assistenza dei bambini cercando di ricordarsi della specificità ed evitando di scimmiottare ciò che è avvenuto nell’adulto. Nell’adulto c’è stata la disgregazione della medicina in senso olistico e questo è stato un grande danno per i pazienti nel senso che poi si è arrivati ad avere veramente la difficoltà di identificare chi si fa carico di. Noi pediatri forse in questo siamo agevolati e dobbiamo sicuramente lavorare in tal senso facendo riferimento anche a quando diceva prima il giovane collega mantenendo quanto più alta possibile l’asticella della professionalità del pediatra, quindi ricordandoci che a differenza dei colleghi che operano sul territorio che sono bravissimi medici di famiglia, ma non necessariamente degli specialisti, il pediatra è uno specialista in pediatria e questo secondo me è un elemento che caratterizza il nostro lavoro e la necessità dei bambini di avere lo specialista e l’integrazione deve essere totale. Sappiamo dell’aumento significativo che c’è dei bambini con cronicità: ecco questi sono dei bambini che hanno sempre enormi difficoltà quando dall’ospedale giungono nel territorio. Allora è indispensabile che si abbiano le competenze, che ci sia un interscambio e su questo bisognerà lavorare molto. Se poi la domanda del direttore qual è il sogno del pediatra, il sogno per lo meno di un pediatra ultra sessantaquattrenne a fine corso che ha vissuto con grande entusiasmo e gioia la possibilità di lavorare in un paese in cui a ogni bambino, per il momento purtroppo devo aggiungere, per il momento è garantita la possibilità di essere assistita da un pediatra, il mio sogno è quello che ci sia un pediatra che faccia fronte a tutte le situazioni che sia in grado, in linea con quelli che sono i tempi, di poter lavorare in ogni contesto ai massimi livelli. 

 

Altini: Grazie 

 

Gobbi: Si, io penso che da un punto di vista organizzativo a livello territoriale appunto passi quella che è la medicina del futuro come ho detto prima. E per fare questo chiaramente servono degli investimenti sulle strutture, almeno a livello locale diciamo che si stanno facendo dei passi, comunque, molto importanti in questo senso. E un altro aspetto fondamentale è appunto la riduzione in generale di quello che è secondo me il carico burocratico sul medico stesso, ho vissuto punto sia la realtà della medicina generale sia la realtà della pediatria di libera scelta e, in questi anni soprattutto di pandemia, gran parte forse della critica appunto che veniva mossa anche agli specialisti del territorio, fondamentalmente non erano legati tanto appunto alla quantità e alla qualità del lavoro dei professionisti quanto appunto il problema maggiormente sentito era il senso di impotenza in un certo senso, di frustrazione di fronte a questo carico burocratico che era avvenuto appunto a pesare un po’ sulle spalle del professionista. Quindi bisogna in un certo senso trovare le modalità giuste per cercare di equilibrare questo tipo di carico, bisogna cercare di integrare maggiormente le figure all’interno del territorio e tra ospedale e territorio, cercando di creare dei momenti di condivisione per aumentare il proprio bagaglio culturale, ma anche per cercare di migliorarli quelle che sono le linee di indirizzo e i percorsi di cura senza disperdere quindi anche le risorse. E le medicine di gruppo dovranno essere non più solamente dei luoghi di condivisione di spese, di risorse, ma dei luoghi di condivisione di idee, di momenti formativi in maniera tale da integrare in maniera corretta il lavoro appunto dei vari medici e in maniera tale da creare una sorta di interscambio anche tra i professionisti della stessa medicina di gruppo. Diciamo che l’Italia in questo senso da un punto di vista culturale vive il rapporto medico – paziente come un rapporto fiduciario 1 a 1, quindi questo sicuramente non è semplicissimo da affrontare da un punto di vista culturale, da far capire anche alle famiglie, ai bambini e alle loro famiglie, però sicuramente si dovrà cercare di lavorare in maniera tale da creare appunto un carico più equilibrato sui diversi professionisti in maniera tale da fornire quindi al medico gli strumenti necessari per agire con maggiore efficacia e riporre appunto al centro dell’attenzione appunto il bambino. Quindi servirà sicuramente una maggiore, una migliore canalizzazione delle risorse e per quanto possibile appunto cercare di creare almeno a livello delle realtà locali una maggiore uniformità per non creare appunto quei disequilibri che possono poi portare a delle problematiche di gestione appunto tra ospedale e territorio. 

 

Altini: Grazie Nicola perché anche in questo caso un’idea è l’occasione per andare un po’ più a fondo sul tema della multidisciplinarietà. Allora, noi siamo abituati, siamo prodotti in medicina per andare in un ambulatorio da soli. Questa è la storia del sistema di formazione medico. Purtroppo la medicina del futuro non è questo perché nessuno è più sufficiente per rispondere a bisogni crescenti del nostro destinatario dei servizi cioè il motivo per cui poi abbiamo fatto aveva fatto i medici. Allora la domanda è: crediamo veramente nella medicina di gruppo e nella multidisciplinarietà e siamo disponibili come pediatria a metterci… pediatria di comunità, pediatria di libera scelta a metterci come dire in qualche modo in un sistema per il quale gli effetti che ci sono sul pronto soccorso, degli accessi come dire dei bambini è anche giocare questa partita insieme per far sì che anche l’ospedale sia più sostenibile? 

 

D’Avino: Sì, assolutamente sì. Non solo crediamo fortemente che la multidisciplinarietà sia uno dei principi cardine, per altro anche il decreto 77 più volte il PNR ma anche il decreto riporta questo concetto di lavorare non solo come figure sanitarie, ma affiancare alle figure sanitarie figure professionali molto importanti proprio per la riuscita del processo finale. Io credo che il futuro sia questo: lavorare in associazione, non vedo altre strade. È chiaro che occorrono dei prerequisiti: la messa in rete ovviamente di tutti gli studi professionali associati che diventano degli spoc così come previsto dal decreto 77 dove c’è una struttura, una casa della comunità di riferimento hub che ovviamente prevede per dei livelli di cura superiori, particolari interventi. Mi spiego: proprio per evitare l’accesso improprio, i ricoveri impropri, ma soprattutto gli accessi impropri per codici bianchi ai pronto soccorso è fondamentale creare un sistema filtro sul territorio e noi questo sistema filtro lo possiamo fare seguendo proprio i dettami del decreto 77. Già è aumentato il numero di ore che la aggregazione funzionale territoriale, che è quella struttura individuata come un insieme, di struttura che riunisce un insieme di pediatri di famiglia deve garantire durante la giornata, noi aumenteremo grazie a questa legge, grazie al decreto 77 come aggregazione il numero di ore per cui aumenterà anche la possibilità del cittadino, del legale rappresentante di trovare degli studi che però debbano rispondere a determinati requisiti. Io batto molto sull’aspetto di elevare il livello qualitativo perché soltanto così noi riusciremo a evitare l’accesso improprio in ospedale, soltanto dando delle risposte forti sul territorio e soltanto rendendo con gli studi professionali associati degli studi che davvero possano alzare l’asticella rispetto ai bisogni assistenziali. Vedete, io voglio solo tornare un attimo ai livelli di finanziamento del decreto 77 perché in realtà la paura è che i livelli di finanziamento sono assolutamente inadeguati per garantire una riorganizzazione dell’assistenza territoriale e quindi il vero problema è che questo non può preludere ad un inaccettabile privatizzazione, noi dobbiamo comunque tenere quei capi saldi che sono proprio un servizio sanitario nazionale equo, abbiamo detto sempre universale, solidale, equo che garantisca agli indigenti la gratuità delle cure, per cui tutte quelle derive che vanno verso la privatizzazione o addirittura dove si vedeva il distretto un po’ come la figura centrale che coordinava tutte le attività sanitarie, in alcuni casi erano previste delle attività che andavano esternalizzate. Quindi dobbiamo stare molto attenti alle esternalizzazioni di queste attività, tutto quello che prelude alla privatizzazione dobbiamo guardarlo con molta attenzione perché questo potrebbe purtroppo aumentare le diseguaglianze già oggi evidenti. Quindi dobbiamo sicuramente stare attenti a quello che sarà la sanità nei prossimi 40 anni ma stare attenti partendo da dei presupposti che tutto sommato sono stati molto molto importanti per poter garantire un’eguaglianza e un’omogeneità di cure a tanti in base ai famosi livelli essenziali di assistenza, a tutti i cittadini italiani. Quindi io dico: bene, andiamo avanti su questa direzione, peraltro il decreto è una legge, però dobbiamo sicuramente cercare di concordare proprio insieme delle modalità che garantiscano quei prerequisiti che noi riteniamo fondamentali. Su tutti c’è proprio il rapporto fiduciario che deve essere, deve continuare a essere il rapporto su cui si basa proprio la relazione di cura tra la famiglia e il pediatra di famiglia, il pediatra di libera scelta. Quindi se questa relazione di cura continua in questo modo ed ha dei suoi tempi di cura e ha un patto assistenziale che porta poi a questi vantaggi perché, vedete potrei dirvi il Censis in più di un sondaggio ha evidenziato che il pediatra di famiglia, ma anche il medico di medicina generale sono figure professionali che hanno un altissimo livello di gradimento, e questo perché tutto sommato noi abbiamo anche con la nostra attività ridotto il numero dei ricoveri, abbiamo fatto in modo, è qua io sono d’accordissimo con Alberto il pediatra è uno specialista quindi noi dobbiamo ricordarci sempre di questo è uno specialista che comunque con la sua attività riesce a garantire delle cure specialistiche riducendo i ricoveri, 

garantendo la presa in carico a tutto tondo del bambino dalla nascita fino all’adolescenza e consentendo soprattutto a questo bambino di crescere sano per consegnare al medico di medicina generale un adulto sano. È qua che dobbiamo secondo me concordare delle linee progettuali insieme per lavorare su quelle malattie, faceva riferimento il giovane amico collega, l’obesità, il diabete, tutte quelle patologie che forse oggi costituiscono davvero una diciamo condizione a cui dobbiamo guardare per far sì che questi bimbetti poi diventino adolescenti sani e degli adulti sani e, perché no perché il decisore politico guarda anche questo, non gravino sulla collettività, sulla fiscalità generale con delle spese che giustamente deve sostenere il paziente, il bambino affetto da malattia cronica che non viene adeguatamente trattato o indirizzato in un percorso virtuoso fin da piccolo. 

 

Altini: Grazie.  

 

Villani: Tornando a quello che la tua domanda, cioè come integrare, in realtà una riflessione secondo me va fatta su quanto va veloce la medicina. E dico questo perché? Perché effettivamente bisogna considerarlo: molto più veloce di quello che ognuno di noi pensa, va molto più veloce di quello che pensano i politici, va molto più veloce della nostra buona volontà. Per questo è molto importante essere propositivi e io mi auguro veramente che si inizino a trovare delle modalità di collaborazione reale. Molti tra i presenti saranno dei colleghi e sanno che molte malattie che erano prima inguaribili, non incurabili, inguaribili ora sono guaribili, molte malattie per le quali si faceva un enorme difficoltà di gestione attualmente sono gestibili abbastanza bene. Questo che cosa però richiede? Richiede multidisciplinarietà, richiede l’impossibilità di far fronte ad alcune situazioni da soli. Quindi, ribadendo la bontà di quella che è stata la normativa di legge, tenendo presente quella che è l’attuale normativa di legge, dobbiamo essere noi professionisti, visto che la politica va molto lenta, visto che dico subito al carissimo amico Antonio che noi in ospedale siamo abituati da troppi anni a lavorare a iso-risorse, a iso-personale, anzi a ipo-risorse, ipo-personale, quindi a dover inventare delle soluzioni credo che effettivamente da una collaborazione più stretta, da una condivisione di quello che è il patrimonio più importante che è il patrimonio professionale umano, quindi da riuscire a condividere questo. È importante avere lo strumento, avere la tecnologia, ma il vero patrimonio sono i professionisti: più ne facciamo un uso adeguato al loro valore e più ne guadagnerà l’utenza, il bambino; più noi, diciamo, non teniamo conto e riduciamo quella che è la possibilità del contatto reale, proprio perché immaginare quello che era stata un’intuizione geniale, il pediatra che sta nel suo studio, da solo a fronteggiare situazioni, beh, quel pediatra 40 anni fa poteva aggiornarsi tranquillamente ogni 5/7 anni e sarebbe stato un fenomeno di pediatra, oggi se non ti aggiorni ogni tre mesi /cinque mesi stai già dietro. Allora l’integrazione non è più un proposito, è una necessità non del domani stiamo già in grande ritardo. 

 

Altini: Grazie, grazie mille. 

 

Gobbi: Sono perfettamente d’accordo con il professore. Secondo me al di là di tutte le questioni appunto legislative e normative, gli elementi fondamentali sono costituiti dalla formazione e dell’aggiornamento, senza ciò secondo me non si riuscirà appunto a superare questa fase di stallo. Io ho il confronto anche appunto con il corso di formazione in medicina generale: purtroppo in questa fase vi è una grande carenza di medici di medicina generale e per questo motivo si è ricorso a delle soluzioni per cercare di vicariare appunto questo tipo di carenza permettendo comunque anche a medici corsisti, ad esempio, di avere i propri ambulatori, avere i propri mutuati. Ecco, secondo me questo è un elemento che comunque deve essere gestito con un grande equilibrio proprio per non privare comunque il professionista che si sta affacciando appunto sul mondo del lavoro di avere i propri spazi, i propri momenti formativi e di aggiornamento, perché è un bagaglio che non potrà essere poi restituito in futuro. Quindi spero, non conosco adesso nel dettaglio appunto le dinamiche all’interno della scuola di specialità, però spero che appunto il professionista che si proporrà appunto di lavorare sul territorio venga formato perché comunque il lavoro è preciso, il lavoro e specifico e non è assolutamente interscambiabile. E inoltre bisognerà passare per forza per l’integrazione, cercare dei momenti, trovare dei momenti settimanali, bisettimanali, mensili di confronto appunto tra gli specialisti del territorio e gli specialisti ospedalieri, pillole su vari argomenti, in maniera tale da creare almeno un substrato comune. Oltre a questo, poi ci dovrà essere, dovrà sempre essere, dovremmo essere accompagnati da un certo tipo di curiosità anche personale per andare oltre ecco quelli che sono i nostri limiti e cercare di offrire sempre il meglio ai bambini e le famiglie o nel caso al medico di medicina generale all’adulto. 

 

Altini: Grazie Nicola. Su questo palco c’è saggezza, ma anche freschezza, eh! Quindi grazie di questa riflessione. Allora, un tema che mi sta molto a cuore: prima lezione di management Montreal: preparate il dopo di voi. Allora, ma lo stiamo preparando questo dopo di noi? Cioè, stiamo pensando alle generazioni future, a mettere nelle condizioni di, come dire, vincere una sfida veramente difficile anche di sistema? 

 

D’Avino: Devo rispondere: ora qualche politico illuminato ha cominciato già da qualche anno ad aumentare il numero delle borse di studio, ma chiaramente se si fosse fatta prima questa programmazione forse non saremmo arrivati a questo punto e mi spiego: negli ultimi anni ormai sono quasi più di mille le borse di specialità per la pediatria, sono raddoppiati o addirittura triplicate se andiamo a considerare gli ultimi tre/quattro anni. Questo cosa vuol dire: che noi tra cinque anni il problema dei pediatri non l’avremo, il problema lo avremo tra due anni, lo avremo tra tre anni, forse tra un anno perché in questo lasso di tempo è chiaro che quando verranno sfornati mille colleghi specialisti in pediatria tra cinque anni molto probabilmente sia le esigenze ospedaliere, sia le esigenze territoriali verranno completamente colmate. Il problema ce l’abbiamo ora. E secondo me è giusta, il direttore giustamente dice: voi cosa fate per il futuro? Noi abbiamo messo in campo una serie di attività: innanzitutto abbiamo cominciato a ragionare con i direttori delle scuole di specialità, con i 37 direttori delle scuole di specialità d’Italia e perché abbiamo, voi tutti sapete che la specializzazione in pediatria è una specializzazione quinquennale, ha un triennio generalista e un biennio, il quarto e il quinto anno, sono bienni di scelta o della ricerca, quindi ambito universitario, o della struttura ospedaliera o del territorio. Ebbene, noi abbiamo chiesto fortemente che tutti i colleghi specializzandi sappiano cosa si fa sul territorio e lo possono sapere in un unico modo: lo possono sapere vivendoci sul territorio, lo possono sapere essendo proprio inviati per due mesi, per tre mesi, a rotazione e nel biennio quarto e quinto anno per coloro che scelgono l’attività territoriale anche per un numero di mesi maggiore, proprio perché noi abbiamo un’attività organizzativa che è diversa da quella degli ospedali, che è diversa da quella dell’università. Quindi primum movens [47.17] è la conoscenza del territorio, quindi dobbiamo sicuramente partire, dobbiamo dare l’opportunità a tutti i colleghi specializzandi di sapere cosa fa il pediatra di famiglia. Subito dopo dobbiamo cominciare a ragionare in termini di ricambio generazionale e devo dire noi come FIMP, la Federazione Italiana Medici Pediatri che è la federazione maggiormente rappresentativa della pediatria di famiglia, ormai è qualche anno che stiamo lavorando su questo ricambio generazionale, stiamo cercando proprio di lasciare il testimone perché ci siamo resi conto che oggettivamente è fondamentale creare una classe dirigente che abbia le nostre stesse motivazioni, la nostra passione per fare quello che poi richiede oltre tutta l’attività assistenziale, oltre la famiglia, oltre i figli dedicare del tempo al sindacato e a tutti i colleghi che si occupano e che fanno il tuo stesso lavoro. Quindi sicuramente l’attenzione che, dovremo migliorare anche in questo, però non a caso già ormai in varie attività scientifiche e sindacali noi stiamo proprio coinvolgendo un target di colleghi under 40, under 45 che sembrano diciamo… dice perché non li prendete sotto i trenta o sotto i 35? Ma vi garantiamo che non ce ne sono tantissimi almeno ora. Però è importantissimo lavorare sulla formazione a livello universitario proprio perché loro conoscano quali sono le prerogative del territorio e che poi possano, toccando con mano, venendo ad affiancare proprio il pediatra di famiglia sul territorio e io vi garantisco che ci arricchiscono tantissimo questi specializzandi che sono molto più smart di noi, che sono dei nativi digitali che davvero hanno accesso a banche dati e davvero ecco forse in questo sono uno stimolo per noi perché vedete noi certamente riceviamo almeno quanto diamo, forse riceviamo di più da questi specializzandi. Per cui io credo che queste esperienze siano esperienze virtuose che sarebbe bello proprio riprodurre in tutto lo stivale. Quindi rispondo proprio al direttore dicendo: cerchiamo anche qua di rendere omogenee delle procedure che debbono valere dando la possibilità a tutti gli specializzandi di sapere poi che cosa farà il pediatra di famiglia, perché poi noi alla fine facciamo il lavoro più bello, almeno per me il fatto di essere un pediatra di famiglia è un lavoro che ovviamente non cambierei con null’altro. 

 

Altini: Grazie. Alberto tu hai una visione privilegiata, quindi: che cosa potremmo cambiare? 

 

Villani: Pensando a 5 10 anni alla vi dico che dieci anni fa non avrei immaginato la situazione attuale e cinque anni fa, quindi è veramente molto difficile. Credo veramente che sarebbe, però nel rispetto di quelle che sono delle dovute tempistiche generazionali, di quelle che sono le situazioni politiche, tutto nel rispetto di tutti, ma il sogno vero sarebbe arrivare tra 5 anni a un sistema profondamente e radicalmente diverso in cui veramente si è messo al centro il paziente con tutta un’altra serie di figure professionali oltre quelle del pediatra, ma bisognerebbe lavorare proprio in tal senso cioè tenendo conto che l’attenzione all’infanzia è sì gran parte compresa nella pediatria, ma ci vuole una maggiore attenzione ripeto alla cultura dell’infanzia, dei bambini, lavorare molto di più nella scuola, ricordarci che non è tanto una questione di numeri, il problema non sarà mai del numero di medici: se noi abbiamo 400 mila bambini… Oltretutto non è solo un fatto di bambini: noi abbiamo molte meno donne, cioè la generazione, le generazioni passate sono il frutto del boom, del baby boom cioè di coloro che nacquero a cavallo della fine degli anni ‘50 fino al ‘65, quelle erano le mamme che hanno… Quindi noi abbiamo meno bambini anche perché abbiamo meno mamme. Allora non è tanto questione di numeri e Antonio sa che l’aumento del numero degli specializzandi è anche frutto del lavoro che personalmente insieme ad altri colleghi ho fatto, tant’è vero che volendo pensare al futuro 37 scuole di specializzazione in pediatria sono una follia, una follia! Ne basterebbero 10/12. Ora tra quello che è il mondo ideale e il mondo possibile c’è tutto ciò che c’è in mezzo, però tu mi hai chiesto, tanto siamo amici ma è ufficiale la cosa, direttore, cosa penso lo sai molto bene: io sogno veramente una radicale riforma di quella che è la possibilità di assistere i bambini, perché ti ripeto è cambiata radicalmente anche la tipologia, cioè i bambini, i pazienti che si seguivano prima sono completamente diversi sia nel territorio, cioè l’aumento di tutta quella che è la situazione della patologia largamente intesa come neuropsichiatrica ha sicuramente delle radici per quanto riguarda le patologie reali concrete, ma non esiste malattia che col tempo… cioè molte delle patologie che si manifestano sono dovute a delle situazioni che si sono create. Allora credo che effettivamente noi dobbiamo innanzitutto agire diversamente nell’approccio con l’infanzia quindi rivoluzione culturale e maggiore attenzione ai bambini nella scuola e tutto; per quanto riguarda la pediatria credo che un’integrazione reale, sogno… ecco il sogno quale è: che non esista più il pediatra di famiglia, il pediatra non di famiglia, il pediatra ospedaliero, ma il pediatra come figura di riferimento che si fa carico dell’assistenza ai bambini, di tutti i bambini con una elevata professionalità, questo è quello che io sogno per il futuro. 

 

Altini: Grazie Alberto. Nicola. 

 

Gobbi: Nell’attesa appunto che ci siano tutti questi cambiamenti che spero anch’io che si realizzino, appunto le tempistiche sono quelle che sono, io penso sia, esatto, che ognuno di noi debba fare appunto anche un esame di coscienza, un esame su se stessi e cercare di capire se effettivamente sta dando il meglio all’interno del proprio contesto o meno. Bisogna appunto cercare dato che il contesto spesso l’organizzazione non dipende unicamente dal singolo e quindi si rischia di entrare in un vortice di impotenza, bisogna che in un certo senso ognuno di noi cerchi di capire dove può migliorare per offrire in questo intervallo di tempo, appunto in questa fase di transizione il meglio per se stesso e appunto per il destinatario dei servizi di cura. Quindi l’aumento appunto il più possibile di quello che è il bagaglio culturale. l’aggiornamento e cercare di tornare un pochino anche alle origini in un certo senso, appunto il ruolo educazionale che citavo all’inizio è fondamentale soprattutto in un contesto come quello attuale in cui tutti noi abbiamo perso un pochino le coordinate, i punti di riferimento anche a causa spesso di una scriteriata campagna social da parte dei media nazionali che hanno contribuito a erigere proprio nel corso della pandemia un muro fatto di dubbi, di incertezze, di perplessità. Bisogna che appunto si cerchi di recuperare questo ruolo educazionale, ma per farlo, secondo me, ognuno di noi deve cercare di innanzitutto fare un esame di coscienza su sé stesso e cercare di capire se realmente sta dando il proprio meglio all’interno del proprio ambito. Sperando poi che persone competenti si muovano per cercare di migliorare e raggiungere appunto quell’equilibrio ideale e quella totale interscambiabilità appunto a livello professionale. 

 

Altini: Grazie Nicola. Allora abbiamo rimasti proprio due minuti, due minuti e mezzo a testa, questa domanda fuori copione ovviamente, quindi: fareste ancora il pediatra? Cioè un aneddoto personale, quindi quello che avete vissuto lo rifaresti e che cos’è che vi ha alimentato quella scelta? Quindi un aneddoto di vita vostra e per lui che cosa ti sta portando a fare questa scelta? 

 

D’Avino: Sì, io forse ho risposto prima, rifarei il pediatra, rifarei il pediatra di famiglia e ovviamente credo che dobbiamo, io concordo ovviamente con Alberto probabilmente questo percorso è un percorso che potrebbe portare anche a una figura del pediatra nuova. Credo che da un punto di vista di sostenibilità, di realizzabilità è un percorso che probabilmente richiederebbe un po’ di anni e uno stravolgimento anche normativo che non so se è così facile da realizzare. Quindi concludo proprio dicendo: cerchiamo di non gettare il bambino con l’acqua sporca, abbiamo un servizio sanitario nazionale che a mio avviso ancora oggi è all’avanguardia in Europa. Il pediatra di famiglia è l’unica figura in Europa che garantisce a ogni bambino delle cure specialistiche gratuite. Ogni bambino che nasce in Italia ha un pediatra di famiglia di riferimento, partiamo da qua. E comunque mettiamoci insieme attorno a un tavolo, ragioniamo di modelli organizzativi futuri, debbono essere sostenibili economicamente, debbono sicuramente però garantire quello che è previsto dall’articolo 32 della Costituzione che ancora prevede che la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e della collettività e che i degenti hanno diritto a cure gratuite. 

 

Altini: Grazie prof. 

 

Villani: Aggiungo in accordo con quanto ho detto Antonio che non solo chi nasce in Italia, tutti i bambini che sono in Italia fortunatamente hanno questo e speriamo che questo resista. Sicuramente sì perché Mattia, il pediatra è un modo di essere, non è una professione, quindi, è chiaro che chi ha scelto di fare il pediatra è perché ha un suo modo di essere, molto più che una passione, non è certamente un mestiere. Quindi fare il pediatra sono d’accordo con Antonio è la cosa più bella che possa accadere nella vita dal punto di vista professionale, quindi sicuramente rifare il pediatra. Parlo adesso: è qualcosa di completamente e totalmente diverso, ma come è diverso era fare l’ingegnere 40 anni fa, l’impiegato di banca 40 anni fa e oggi: è un’evoluzione. Nella medicina però questo è stato ancora molto, molto, molto più veloce. Credo che per fare il pediatra adesso si faccia un po’ più fatica, è veramente difficile mantenere un livello di competenza adeguato a quello che le difficoltà dei pazienti di oggi richiedono. 

 

Altini: Nicola. 

 

Gobbi: Non ho cambiato idea dopo tutto questo per appunto cercare di perseguire questo tipo di percorso perché appunto come diceva il professore prima comunque la pediatria rappresenta una delle pochissime realtà in cui sostanzialmente il medico riesce ad avere una visione olistica sostanzialmente, sia appunto a livello di conoscenze, sia a livello di lettura appunto della psiche, dello sviluppo punto sociale comunque di un soggetto che è il bambino, che ha un cervello plastico, è un soggetto in transizione e veramente per ogni fascia di età evolve continuamente. Quindi poter fungere un po’ anche da guida insieme alla famiglia rappresenta probabilmente un onore oltre che una professione. Quindi per me questa è una cosa sicuramente molto, molto bella e quindi bisogna che appunto tutto ciò venga fatto con le misure giuste, con i modi giusti, cercando di sfruttare appunto tutti i canali possibili in maniera tale veramente di avere una maggiore uniformità e per rimettere al centro la persona, perché ne abbiamo veramente bisogno in questo frangente appunto di perdita un pochino delle coordinate, di confusione un po’ su tutti gli ambiti. 

 

Altini: Grazie Nicola. Allora io… ci prendiamo alcuni impegni stasera perché a questo punto ci siamo detti che c’è uno spazio di collaborazione importante. Allora noi dobbiamo aprire questo tavolo per lavorare e abbattere diciamo i silos tra le professioni e costruire un percorso per i nostri giovani che gli consenta di esprimere al massimo la loro professionalità e di non dimenticare che siamo qui per i destinatari dei servizi. Io vi ringrazio moltissimo, i nostri ospiti per questa giornata, perché il Meeting è un luogo che consente di incontrare delle umanità veramente interessanti oltre al tema che abbiamo trattato e per questo ricordo a tutti che al di fuori delle sale è possibile, attraverso il Dono ora, in qualche modo sostenere questa iniziativa in modo gratuito, in modo personale e questo consentirà come dire alla Fondazione Meeting che è appena stata riconosciuta come organo del terzo settore di consentirci come dire di avere di nuovo dei luoghi con cui confrontarci sui temi più interessanti.  

Grazie a tutti e buon pomeriggio. 

 

 

 

 

Data

20 Agosto 2022

Ora

17:00

Edizione

2022

Luogo

Sala Ferrovie dello Stato B2
Categoria
Incontri